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Maurizio Moscone, I cattolici "utili idioti", ARAC

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Maurizio Moscone, I cattolici "utili idioti", ARACNA editrice s. r. l., marzo 2008, pp. 156, ISBN: 8854816582, Prezzo: € 10,00

A mo' di presentazione di questo libro, proponiamo parte del Capitolo II:
2.6. Il "dossettismo" e l'influsso di Maritain nella formazione politica dei cattolici progressisti

Secondo Dossetti il fascismo si era imposto in Italia anche grazie all'azione della Chiesa, la quale venne accusata di essere responsabile della sua affermazione. Dichiarò infatti:

Nell'estate del '43 [...] scoprii la responsabilità dei cattolici nell'avvento del fascismo, soprattutto negli articoli [di Civiltà Cattolica] durante l'affare Matteotti. Ricostruii per conto mio quello che era effettivamente accaduto e che poi vidi confermato anni dopo, quando ero già in politica, da libri scritti ad hoc sul momento cruciale dell'avvento del fascismo: la responsabilità dei cattolici, la responsabilità specifica della "Civiltà Cattolica", la responsabilità quindi anche del papa (39).

Secondo il sacerdote la rifondazione della società italiana, una volta caduto il fascismo e ripristinata la democrazia, necessitava della riforma della Chiesa, che non si era battuta come il comunismo per il superamento delle situazioni di oppressione e di ingiustizia in cui viveva il popolo.
Dossetti era convinto che le masse cattoliche dovevano allearsi con le masse socialiste e comuniste per combattere democraticamente contro quel "disordine stabilito" che, secondo Mounier, era funzionale al mantenimento della società borghese.
Mounier, insieme a Maritain, è il filosofo che ha ispirato il pensiero politico di Dossetti, il quale, come sostiene Campanili, condivideva «la lettura maritainiana e mouneriana del comunismo come tentativo di risposta secolare ad un nuovo corso di civiltà originato dalla mancanza di risposta dei cristiani ai temi nuovi posti dal mondo moderno» (40)
Dossetti, nonostante la sua simpatia per il comunismo, aveva conosciuto nella sua esperienza partigiana la brutalità e la violenza praticata dai militanti socialisti e comunisti.
Il sacerdote, durante la resistenza, è stato presidente del Comitato di Liberazione Provinciale di Reggio Emilia, e con questa città, insieme a Bologna, è rimasto costantemente in contatto, per cui sarà venuto a conoscenza delle spedizioni punitive operate dai comunisti, che provocarono, negli anni successivi alla Liberazione, tra le quattro e le cinquemila vittime nelle campagne fra Reggio Emilia, Bologna, Modena, Ferrara (41).
In particolare a Reggio Emilia, come ricorda Spreafico, i morti del dopoguerra furono circa 500, vittime di un clima di odio politico, omertà e intimidazione. Sparizioni misteriose, esecuzioni sommarie di persone ritenute vicine al regime fascista, ma anche assalti alle sedi democristiane, con sprangate e percosse [...] ai militanti trovati all'interno. [...] Gli ultimi delitti avvennero nel 1955: i contadini democristiani Afro Rossi e Giovanni Munarini furono uccisi a fucilate dall'ex partigiano rosso Guerino Costi (42).
Il clero reggiano, nonostante l'impegno manifestato per il rilascio di prigionieri da parte del comando tedesco, non fu risparmiato dalla follia omicida comunista, infatti alcuni sacerdoti furono «giustiziati da bande partigiane rosse. Come don Umberto Pessina, don Dante Mattioli, don Carlo Terenziani e addirittura il povero quindicenne seminarista Rolando Rivi. Eppure, la Chiesa reggiana aveva profuso tutto il suo impegno nel periodo nero dell'occupazione nazista. Oltre a formare le coscienze, l'allora vescovo monsignor Eduardo Bretoni e molti sacerdoti si erano impegnati in prima persona per ottenere, per esempio, il rilascio di prigionieri dal comando tedesco» (43)
Nella provincia di Reggio Emilia i partigiani comunisti avevano commesso una serie di delitti politici, che «non avevano alcun rapporto - scrive Pansa - con la resa dei conti dopo la sconfitta del fascismo. Erano azioni mirate contro avversari politici o di classe» (44).
I comunisti italiani intendevano attuare una rivoluzione con lo scopo di instaurare nel Paese un regime dittatoriale analogo a quello vigente in Unione Sovietica, quindi le vendette e poi le epurazioni non avevano per scopo soltanto di mettere fuori gioco chi aveva compiuto crimini di guerra o anche chi era stato soltanto fascista. Per i dirigenti comunisti italiani, l'obiettivo era un altro e ben più importante: indebolire un'intera classe dirigente, la borghesia, e sostituire il vecchio ceto dirigente con una nuova leadership in cui il PCI fosse pienamente rappresentato.
In questa logica [...] era necessario annientare chi poteva mettersi contro la rivoluzione immaginata (45)

Tra i cattolici che furono annientati per essersi messo contro la rivoluzione comunista è emblematica la storia di Giorgio Morelli, detto Il solitario, un giovane appartenente a una brigata partigiana cattolica comandata da un sacerdote, che dette vita a un giornale clandestino, "La Penna", con l'approvazione di Dossetti (46)
Il giovane giornalista denunciò sul giornale i frequenti delitti politici commessi dai comunisti e fu invitato dalla DC reggiana a moderare i suoi interventi per non turbare gli equilibri politici tra democristiani e comunisti all'interno Comitato di Liberazione (47).
Morelli non si conformò alla logica di partito e continuò a scrivere articoli di condanna nei confronti dei comunisti che assassinavano cittadini innocenti, facendo anche i nomi dei presunti colpevoli, come nel caso dell'uccisione di un parroco, don Luigi Ilarucci, quando accusò un potente capo partigiano di essere il mandante dell'omicidio (48).
L'attività giornalistica di Morelli fu interrotta da «due killer che gli spararono sei colpi di rivoltella» (49).
Dossetti, avendo partecipato attivamente alla resistenza, era consapevole del carattere violento e omicida del comunismo; prese quindi le distanze dal "socialismo reale" e auspicò un «socialismo spirituale e cristiano [...], che sarà la grande conquista dell 'Europa di domani» (50).
Questo "socialismo spirituale" doveva essere edificato dalle forze cattoliche e da quelle comuniste, le quali dovevano quindi essere inserite nella "nuova cristianità", prospettata da Maritain nella sua opera intitolata: Umanesimo integrale.
La riflessione filosofica di Maritain ha influenzato fortemente il pensiero di Dossetti, il quale così si espresse durante l'intervista rilasciata a Elia e a Scoppola: «Nel '30 lessi il Primato dello spirituale di Maritain, edito in italiano nel '26. E naturalmente, dopo, seguii il pensiero di Maritain che mi legò» (51)
Dossetti lesse l'edizione francese, del 1936, di Umanesimo integrale (52) e condivise l'idea di "nuova cristianità", la quale ha costituito il nucleo concettuale che ha orientato e permeato tutta l'attività politica di Dossetti e dei dossettiani.
Secondo questa idea i valori cristiani sarebbero entrati a far parte del patrimonio culturale delle forze comuniste, anche se sradicati dalla loro origine trascendente, per cui su questa base valoriale comune, anche se imperfetta, veniva ipotizzata la nascita di una "nuova cristianità" della quale avrebbero dovuto far parte cattolici e comunisti.
Maritain riteneva che se fossero esistite delle "formazioni cattoliche" favorevoli alla collaborazione con le forze comuniste, esse sarebbero riuscite a «piegarlo [il comunismo] - scrive il filosofo - non solo a tendere ai cristiani una mano senza Dio, ma a liberarsi dall'ateismo che è la radice dei suoi altri errori» (53)
Il comunismo, secondo Maritain, si situava all'interno di un processo storico-esistenziale che doveva condurre l'umanità verso una «una nuova civiltà [che] sarà stabilita fuori dai quadri - infranti della civiltà borghese» (54)
Il fascismo, al contrario del comunismo, si opponeva a questo processo evolutivo della storia e tendeva alla conservazione delle strutture capitalistico-borghesi. Afferma i
nfatti il filosofo: «Al contrario [del comunismo], le diverse specie di "fascismo" si sono costruite fin dall'inizio come un riflesso di difesa contro questo processo esistenziale [che doveva condurre a una nuova civiltà] e insieme contro il comunismo; tendono dunque, in virtù del loro principio originario, a mantenere lo svolgimento della storia nell'interno dei quadri della civiltà capitalistica» (55).
Secondo Maritain l'economia capitalistica era governata secondo principi liberisti ed espresse la sua preferenza per la collettivizzazione dell'economia, perché riteneva che fosse necessario «in larga misura collettivizzare l'economia per permettere alla persona di condurre una vita sovracollettiva» (56).
Il filosofo riteneva storicamente superati i sistemi liberali e teorizzava l'alleanza tra cattolici e comunisti, anche se era pienamente consapevole delle conseguenze nefaste che l'ateismo comunista aveva provocato in Europa e delle persecuzioni che subivano i cristiani nei paesi socialisti, come viene da lui evidenziato in questo elenco di violazioni dei diritti dell'uomo e della Chiesa commesse dal comunismo:

Il cristiano vede nel comunismo, portato a un punto di estrema violenza, errori che feriscono crudelmente la sua intelligenza e il suo cuore: la volontà di costruire un mondo senza Dio, e di trarre dalla vita un'etica individuale, familiare e sociale egualmente senza Dio, la negazione radicale dei valori contemplativi e l'affermazione della fecondità dell'odio, la evizione della saggezza sacrificata alla idolatria della scienza, la pretesa di socializzare l'uomo tutto intero, un oblio ostentato dell'anima e del suo destino, il rifiuto di riconoscere nella vita alcuna riserva sacra, e di concepire che possa coesistere colla comunità temporale l'autorità educativa sull'essere umano d'un corpo sociale sovra-temporale come la Chiesa. Vede la religione odiata, la propaganda antireligiosa ostinatamente perseguita, o soltanto modificata nei metodi, malgrado le offerte di collaborazione fatte ai credenti. Vede una moltitudine d'uomini fatti a immagine di Dio prestarsi come piombo fuso all'impronta dell'ortodossia "materialista" e del conformismo ateo, e obbedire ad altri uomini con un tripudio nella sottomissione, che è permesso solo nei confronti di Dio (57)

Maritain, dopo avere descritto questa serie di deviazioni morali, sostenne che i comunisti aspiravano a ideali di giustizia, che sono condivisi anche dai cristiani. Sostenne infatti che il cristiano «sa anche che nell 'uomo che li professa, errori estremi testimoniano più generosità che tiepidezza, e che molti professano quegli errori solo in virtù d'una ignoranza inveterata, e d'un orribile inganno sull'identità di ciò che odiano: vede in molti giovani comunisti una fame e una sete di giustizia che ignora il proprio nome, e ama queste anime ardenti» (58)
Secondo il filosofo i cristiani erano stati colpevoli di un peccato di omissione per non aver impedito le "distruzioni che minacciano il mondo", mentre il comunismo, inserito in un processo storico di emancipazione dei lavoratori, aveva difeso la causa dei poveri a differenza del cristianesimo che non aveva dato ascolto alle loro richieste di giustizia. Maritain affermò infatti che il cristiano riconosce nell'orrore delle distruzioni che minacciano il mondo, il volto delle omissioni di generazioni di cristiani - delle sue omissioni; sa che il comunismo è parassita d'un movimento storico di emancipazione della forza-lavoro umana, movimento inevitabile e insieme normale in se stesso, e delle esigenze di giustizia che sono come "l'animo indignato della natura" e delle verità d'origine cristiana che si sono corrotte a furia d'attendere; e che anche facendola urlare contro Dio, è la voce dei poveri e dei senza-averi che trasmette alle nostre orecchie; sa che mai i poveri hanno ottenuto giustizia - non dico dai santi, dico dalla massa degli uomini presi socialmente, cristiani e non cristiani - se non quando l'hanno reclamata con la forza (59)

Secondo Maritain, i cristiani, per instaurare una società giusta, dovevano «lavorare sin d'ora per un avvenire lontano quanto si voglia [per] preparare una nuova cristianità» (60), nella quale dovevano collaborare insieme forze cattoliche e comuniste.
Le idee di Maritain, espresse in Umanesimo integrale, si diffusero nella Democrazia Cristiana e diventqrono patrimonio comune della sinistra del partito (61). Tali idee, come ricorda Corti, furono confutate «dalla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica (anno 1956, v. III, pp. 449-463) in un importante articolo del direttore padre A. Messineo, considerato allora portavoce di papa Pio XII; detto articolo si conclude con le parole: "L'umanesimo integrale non è l'umanesimo dell'uomo rigenerato dalla grazia... Nella sua sostanza l'umanesimo integrale è un naturalismo integrale"» (62).
La sinistra democristiana nonostante il severo giudizio espresso dalla Civiltà Cattolica, i cui articoli erano (e sono) vagliati dalla Segreteria di Stato della Santa Sede, condivise le idee espresse da Maritain in Umanesimo integrale. Infatti, scrive Corti:

Le idee di Maritain incontrarono sempre maggior credito e adesione tra i cristiani: qui in Italia il successo si fece un po' alla volta addirittura travolgente, favorito anche dagli stessi avversari, i quali, mentre non intendevano certo farsi inquadrare dai cristiani, vedevano però in quel progetto un'occasione d'incontro che bloccasse l'avanzata allora in atto dei cristiani sul piano nazionale.
Va detto, per amore di verità, che diversi dei primi portatori delle idee di Maritain, e del suo discepolo e braccio destro in politica Mounier, erano persone colte, disinteressate e per più aspetti esemplari. Tali, del resto, erano gli stessi Maritain e Mounier, così qui in Italia Dossetti, Lazzati, La Pira e parecchi altri fino a Martinazzoli (63).

Le idee di Maritain hanno favorito l'avvicinamento della Democrazia Cristiana alle posizioni politiche espresse dalle forze comuniste. Tale avvicinamento è stato progressivo e si è realizzato compiutamente soltanto dopo la caduta del muro di Berlino avvenuta nel 1989.
Gedda manifestò sempre la sua contrarietà a questo avvicinamento e forse per questo motivo i suoi Comitati Civici furono, come si espresse lui stesso, "silenziati" dai vertici della Democrazia Cristiana, perché «serpeggiava - scrive Gedda - nel partito una corrente, capeggiata da Dossetti, favorevole a un'alleanza con i comunisti» (64).
Secondo Gedda i Comitati Civici avevano il compito di «sorvegliare che il partito rimanesse coerente con la sua qualifica di cristiano» (65) Essi, come ricorda Invernizzi, «verranno progressivamente emarginati dalla vita politica, nonostante il favore del Pontefice e nonostante Gedda diventasse nel 1952 presidente nazionale dell'ACI. [...] La DC, con la segreteria di Amintore Fanfani, dal 1954, comincerà a dotarsi di proprie strutture per rendere superfluo 1'apporto dei CC» (66).
Nel 1963, come è stato ricordato precedentemente, la Democrazia Cristiana di Moro formò un governo di centro-sinistra, insieme ai repubblicani, ai socialdemocratici e ai socialisti, i quali interruppero l'alleanza con i comunisti.
I governi di centro-sinistra che si sono avvicendati nel paese fino al '68 sono stati caratterizzati da una politica economica statalista, che favorì la nazionalizzazione delle industrie, come nel caso dell'industria elettrica e comportò un aumento abnorme del debito pubblico.
I partiti di governo, e in modo particolare la Democrazia Cristiana, gestirono la politica in modo clientelare per garantirsi il voto degli elettori, non assicurarono l'efficienza dei servizi pubblici, occuparono banche, aziende di Stato, ministeri, ecc. La Democrazia Cristiana si identificò sempre di più con lo Stato, dando vita a fenomeni di corruzione che troveranno il proprio epilogo negli anni Novanta con "Tangentopoli".
Le elezioni che si svolsero nel 1968 penalizzarono i partiti di governo, che pe
rsero gran parte del loro consenso ed entrarono in crisi mentre in Italia era in atto la contestazione giovanile: il Sessantotto.

_______________

Note

39 P. SCOPPOLA, op. cit., pp. 28-29.

40 G. CAMPANILI, Dossetti politico. Con documenti inediti, cit., p. 30.

41 Cfr. V. R. SPAGNOLO, In Emilia il "triangolo dell'odio", in "Avvenire", 26 aprile 2002.

42 S. SPREAFICO, La Chiesa di Reggio Emilia tra antichi e nuovi regimi, Cappelli, Bologna 1982, p.94.

43 Ibid

44 G. PANSA, Il sangue dei vinti, Sterling, Milano 2006, p. 390.

45 Ivi, p. 439.

46 Cfr. ivi pp. 394-395.

47 Cfr. ivi, p. 396.

48 Cfr. ivi p. 397.

49 Ivi, p. 398.

50 G. DOSSETTI, Fede religiosa e idea socialista, citato in G. CAMPANILI, Dossetti politico. Con documenti inediti, cit., p. 112.

51 P. SCOPPOLA, op. cit, p. 17

52 Cfr. ivi p. 33.

53 J. MARITAIN, Umanesimo integrale, Presentazione di P. Viotto, Borla, Roma 2002, p. 290.

54 Ivi p. 292.

55 Ibid.

56 Ivi p. 289.

57 Ivi, p. 300.

58 Ivi, p. 301.

59 Ibid

60 Ivi, p. 302.

61 La Pira nel 1947, alla fine dei lavori della Costituente, regalò una copia di Umanesimo integrale a Togliatti e ad altri comunisti, durante una cena (cfr. P. SCOPPOLA, op. cit., p. 79).

Durante lo svolgimento del congresso della Democrazia Cristiana del 1949, Attilio Piccoli chie¬se ai dossettiani che contestavano: "insomma cosa volete?" e un giovane delegato rispose: "Umanesimo integrale."

62 E. CORTI, Breve storia della democrazia cristiana con particolare riguardo ai suoi errori, cit., p.12.
La critica della Civiltà Cattolica era rivolta unicamente alle tesi espresse in Umanesimo integrale, perché la Chiesa ha sempre riconosciuto i meriti di Maritain in campo filosofico, soprattutto per quanto riguarda l'attualizzazione del pensiero di San Tommaso. Pio XII, in occasione della presentazione delle credenziali di Maritain come ambasciatore della Repubblica Francese presso la Santa Sede, disse:
«Noi apprezziamo e salutiamo in Vostra Eccellenza un uomo che facendo apertamente professione della sua fede cattolica e del suo culto per la filosofia del Dottore Comune, mette le sue eminenti doti al servizio dei grandi principi dottrinari e morali, che, soprattutto in questo tempo di universale disordine, la Chiesa non cessa di insegnare al mondo» (A.A.S., 1954, p. 107).

63 E. CORTI, Breve storia della democrazia cristiana con particolare riguardo ai suoi errori, cit., p. 14. Nota n. 8.

64 L. GEDDA, 18 aprile 1948. Memorie inedite dell'artefice della sconfitta del Fronte Popolare, Mondatori, Milano 1998, p. 191.

65 Ibid.

66 M .. INVERNIZZI, Democrazia Cristiana e mondo cattolico nell'epoca del centrismo (1947¬-1953), in: «Cristianità», 277 (1998).

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