Certo che è GUERRA,...
 
Notifiche
Cancella tutti

Certo che è GUERRA, prima di tutto spirituale e poi anche materiale...


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 2213
Topic starter  

Bioguerre del secolo: l'inizio della fine del dominio silente

Le emozioni sono qualcosa che va molto oltre il calcolabile e il prevedibile, indipendentemente dal mezzo di calcolo e dal modello matematico, perché non sono il semplice risultato "estetico" di un processo biochimico corporeo, ma il risultato di interferenze "bio-energetiche" che vanno ben oltre la dimensione materiale sensibile del corpo.

Ok, bella gente, volevo scrivere tutt'altro e siccome non ho voglia di fare pezzi diversi questo sarà un po' un mix di argomenti... cheee in parte lascio telegrafici per non farlo diventare un mappazzone che non digerirebbe nemmeno Lotito, in arte Monsieur Mangetout (Sig. Mangia-Tutto). Il demonimatore comunque sarà la guerra spirituale, un tipo "speciale" di guerra che non prevede necessariamente violenza fisica e aggredisce (oggi) la dimensione sociale. Anzi, di solito si basa sul suo opposto, cioè l'ostentazione della assenza di violenza fisica e l'ostentazione "dell'obbligo coercitivo assunto per necessità superiore" per valorizzare la componente sociale, ma ci arriviamo, al solito un passo alla volta che se no si fa indigestione.

La prima parte non si occupa della frase in apertura, ma di qualcosa di "tangente" e ugualmente essenziale che riguarda la solitudine spirituale, una specifica condizione di natura emotiva: sapete, quella cosa che accade quando vi sentite soli in mezzo a una folla... Rigurarda le relazioni affettive in essere in un dato contesto, che per noi sono letteralmente un alimento. La guerra spirituale non è infatti combattuta a colpi di cannone ma di indebolimento della combattività che ha caratteristiche essenziali persistenti e distintive. Una di queste è che a "confrontarsi" sono sempre due eserciti che si ritengono vigendevolmente il bene che combatte il male. Quindi come si distingue "il bene"? Beh, in effetti è dura, perché non rituarda mai "gli stati generali" degli eserciti, diciamo "le bandiere" e le dichiarazioni di intenti (di solito ideologiche) che configurano la reciproca rivalità degli schieramenti in campo, ma solo il confronto consumato nella dimensione del singolo e questo incasina un po' il quadro. Diciamo che "statisticamente" (ricordando che la statistica è quella roba dei polli che se ce ne sono dieci e me li mangio tutti, se siamo in dieci abbiamo mangiato un pollo a testa, ma voi morite di fame io no) l'esercito più piccolo in genere è quello che tende a rappresentare le battaglie "più giuste". Non è il bene, ma "riassume" l'atto "costruttivo", quello che cerca di ripristinare un equilibrio rotto e punta a modellare un rapporto omeostatico (=armonico e organico) in nome della Vita. L'altro, che "riassume" l'atto "dispotico", punta alla rottura di ogni armonia e in specie quelle che si vanno formando nuove, in nome della Morte. Quest'ultima tende a interpretare l'armonia come nemico, non il singolo combattente. Detto questo i colpi bassi di solito con il procedere della "battaglia spirituale" tendono a non essere risparmiati da entrambi i lati con tutte le conseguenze che si possono osservare. Un esempio per tutti: diversi "pazzi", il cui schieramento è totalmente inifluente in questo caso, stanno cercando di calcolare "il meteo" emotivo generale, con il buffo intendo di volerlo controllare, come la metereologia appunto dove l'intento è lo stesso. Come se "i raggi cosmici" fosse possibile porli sotto controllo. Solo una testa quadra militare può concepire una sciocchezza di questa portata e c'è solo da sperare che combatta dalla parte "sbagliata" (o "giusta" a seconda di come la vogliamo vedere) ma comunque...

 

Usare lo smartphone per "guidare una rivolta pacifica" vi assicuro che non va in direzione alternativa. La direzione alternativa potrebbe essere "buttare via lo smartphone" e imparare a farne a meno o con una soluzione un po' meno grezza sapere che senza reti emotive positive che ci uniscono poste come bene supremo e superiore da salvaguardare ad ogni costo, non si va da nessuna parte, quindi il nostro "dovere" principale non è protestare in piazza, ma usare la piazza per ripristinare reti di legami emotivi distrutti, riconoscendoci, o detto in altri termini per costituire gruppi di mutuo-auto-sostegno.

La solitudine spirituale riguarda (per quanto detto) un aspetto della battaglia che sottende l'erosione dei rapporti affettivi che in generale abbiamo stabilito nel nostro spazio Vitale. Un po' come rimanere senza vivieri e trovarsi in pieno inverno, cioè senza possibilità di procurarsene di nuovi. Una condizione miserevole, ne converrete e che non pone in condizioni di forza.

Per combattere questa specifica condizione, prima dell'avvento di questa nuova era ideologicamente materialista e fintamente anti-religiosa e anti-ideologica "dell'abbondanza imperitura" data dal "campo dei miracoli" la cui ubicazione segreta sanno solo il Gatto e la Volpe, si evocava il rapporto affettivo ultraterreno come l'unico in grado di permettere all'Uomo di superare il suo inverno spirituale terreno se e quando l'incontrava. Cosa che era sempre possibile, data la frequenza con cui in passato era facile perdere relazioni umane, tra miseria generale, guerre fisiche, pestilenze, carestie e quant'altro.

L'epoca che si sta chiudendo della mimata abbondanza (l'idea che un sistema di risorse finito potesse accogliere una crescita infinita grazie all'infinita capacità umana di risolvere i pasticci che si verrebbero a creare con la "scIenzIa") trascina con se la fine di un impero, quello economico basato sulle bugie, i raggiri e il @GioCo d'azzardo. Naturalmente chi se ne è avantaggiato fin'ora ne era conscio ben prima degli altri: l'odore del disastro imminente delle marachelle combinate arriva prima al naso del Gatto e della Volpe che alle loro "vittime" (di legno) perché ben sanno quello che hanno fatto e ben sanno che le loro vittime ne sono ignare. Per ciò i furbacchioni hanno pensato a una specie di "atterraggio morbido" per contenere il disastro e conservare il culo al caldo, cioè continuare a esercitare la loro opera "furba" senza doverne pagare le conseguenze. Si tratta di un atterraggio buffo, tipo quello degli aironi approntato all'ultimo secondo quando in modo un po' goffo ma sostanzialmente innocuo ruzzolano sull'asciutto toccando terra, perché sono uccelli acquatici e tendono ad atterrare meglio dove c'è acqua. Insomma, un atterraggio grezzo, roccambolesco e "paradossale", non desiderato ma obbligatorio per tentare di salvare capra e cavoli dagli eccessi della "crescita infinita" di ca%%i paduli.

Ora, il problema maggiore da superare per costoro è che la crescita infinita ha lasciato uno strascico duro da superare: l'idea democratica. Bella, falsa, ma vai te a dirlo adesso a chi ci ha creduto davvero e ha speso tutta la vita per difenderla! Cioé l'idea surrettizia che "i diritti umani" governassero il Mondo dando "il potere", disceso da non si sa dove dato che nel frattampo abbiamo rinunciato al Sacro senza sostituirlo con altro concetto ultraterreno, che "il popolo" (altra entità interessante da individuare) potesse godere di autogoverno se non addiritura di una sorta di "coscienza collettiva" a cui appellarsi e che permetteva a un altra entità astratta, la nazione, di autodeterminarsi "magicamente". Come se l'impianto generale degli Stati basati sulla furbizia, la maldicenza, lo sgambetto e in generale il tradimento e il ricatto per questioni di potere, cioè la massa ributtante di marciume su cui è fondata e "che ha sempre comandato il Mondo" da quando esiste la politica, garantissero qualcosa. In effetti quel "sempre", riferito a chi comanda il Mondo, riguarda una specie di "primo reset" (tutt'ora gestito con grande perizia perché non emergano "prove" che tale passato sia mai esistito) che è servito per lasciarci senza memoria di un passato in cui le cose venivano governate "spiritualmente" con tutt'altro principio e consapevolezza, cioè esotiricamente parlando un tempo in cui "non era il basso astrale a dominare la coscienza degli umani", per ciò eravamo consapevoli di essere Uomini e non semplici umani o miserabili governati dagli istinti peggiori che poi, come ripeto, essendo pulsioni emotive, corrispondono alla "corrente elettrica" che ci fa funzionare e per noi non è la stessa cosa se la presa la attacchiamo alla centrale a carbone o nucleare, alla diga o alla pala eolica. Per ogni fonte energetica ci sono pro e contro da valutare bene.

Perché accade tutto questo? Semplice, perché siamo il cibo per qualcun altro che adora prendersi ciò di cui ha bisogno senza fare troppa fatica, come noi quando coltiviamo gli alberi da frutto. Quale cibo? Ovvio, se noi ci cibiamo (letteralmente) di affetto, tutto quello che lo distrugge e lo deperisce, perché se fosse lo stesso cibo emotivo adesso dovremmo nuotare in un oceano di affetto. Un po' come se i vermi che adorano il marciume dei cadaveri avessero preso il potere nel Mondo. Chiaro che a loro farebbe comodo che il marcume dei cadaveri aumenti il più possibile e questo trasforma inevitabilmente il Mondo in un posto (per noi) abbastanza repellente dove vivere. Tipo film di Zombie. Non di meno un poco di "cibo" a noi indispensabile per generare il marciume, va lasciato, se no "la cultura" (in senso lato) si esaurisce come i morti. Cioè non fornisce più la giustificazione perché sia reso possible proseguire sulla via della "marcificazione" (ogni somiglianza fonetica è puramente voluta). In altre parole si esaurisce la coltivazione degli umani a scopi di produzione emotiva distruttiva e questo i vermi (autoeletti Signori del "ciucia chi e ciucia là") non lo vogliono.

Quindi l'Uomo medio viene cresciuto con l'idea il più possible prossima a quella "dei vermi" che alimentare (in qualche modo) il marciume sia un "bene", sia "giusto", sia "necessario", sia "doveroso" e così via, quindi collabora "da adulto" volentieri per il resto della sua vita a distruggere la sua stessa base alimentare socio-emotiva, l'affetto, al fine di trasformarla in cibo per i vermi, che altrimenti rimarebbero senza. Perché se non siamo noi a collaborare, per loro, creando il cibo che a loro serve, non c'è modo di "aggredirci e costringerci". La base perché tutto ciò fuzioni è l'accordo.

Da questo si deduce che il primo effetto dell'indebolimento di una guerra spirituale è un atto autolesionistico inconsapevole di adesione al Male. Cioé mascherato da qualcosa d'altro ed è più che mai facile nasconderlo se il Mondo in cui si nasce e si cresce non fa che alimentarci con stronzate, oppure "fake news" (per usare un termine caro agli avversari) stratificate in modo tale da creare montagne di verosimiglianze tutte che si rimandano l'una con l'altra per confondere e imprigionare la coscienza che diventa "Mente che mente". Cioé un meccanismo biologico originariamente perfetto, che però alimentato a merda per produrre "cibo per i vermi" diventa un disastro. In particolare il corpo diventa una prigione che ci riduce in un stato di chiavitù e la Vita un condizionamento atto a produrre merda spirituale per conto di qualcun altro.

 

Al solito, ricordo che non scrivo verità, non so cos'è, non la cerco e non la millanto. Mi limito a descrivere quadri coerenti il più possibile allargati sulla cui base poi si possano fare ragionamenti logici e altrettanto coerenti. Tutto qui.

Proseguiamo.

Ora si cambia argomento e si scende un poco più nel pratico: la socialità, cos'è? Ci sono infiniti modi per definirla e non tutti sono in accordo. Ma noi qui, dopo la prima parte, non faremo fatica a osservare come la socialità non sia altro che l'aspetto esteriore e residuo del rapporto affettivo che si riesce a stabilire tra individui umani. L'affetto tende poi ad allargarsi oltre la sfera dell'Uomo, è per sua natura espansivo, ma questo è un aspetto che andrebbe trattato a parte, perché porta verso un altro tipo di disastro. In via molto telegrafica: un orsacchiotto o il nostro animale da compagnia, non risponde con la stessa "qualità" di affetto di cui abbiamo bisogno come Uomini, perché ha natura unica, immensamente più complessa e specifica, di cui non possiamo fare a meno. Per ciò se preferiremo ad esempio "i cani" agli umani, perché ci forniscono un "affetto più a buon mercato", la condanna spirituale sarà inappellabile. Chi lo sa, lo sa e basta, chi è alimentato solo a merda non capirà, pensando mille cose sbagliate di quanto ho appena scritto. Purtroppo le "leggi superiori" esistono a prescindere da me e da come vengono interpretate e si faranno sentire prima o poi "a modo loro" se non rispettate. Questo solo per dire che tratterò unicamente la socialità tra persone umane del nostro tempo e ristretta all'area occidentale, cioé "Uomini" degradati verso bestie "dalla guerra spirituale" in corso che è millenaria e che ora ha come epicentro staccidente d'occidente, ma non è arrivata ieri e non finirà domani, per ciò non risparmia ne risparmierà nessuno... cioé NESSUNO!

 

Fare rete, fare rete, fare rete! Si, ma quale?

Partiamo dal libro di Lambert Maguire, un modesto educatore che lavora in America e ha scritto poco, ma almeno l'ha fatto sistematizzando concetti che se fossero stati elaborati fuori tempo massimo, non avrebbero il valore che hanno oggi. Il "lavoro sociale di rete" è un libro che non ci dice nulla di nuovo, ma è rimasto attualissmo dal 1985, anche se ribadisce il concetto di rete sociale che non era nuovo al suo tempo (vedi wikicopipiedi QUI) ma riformulandone la centralità emotiva, cioé l'essenziale necessità di salvaguardare prima di tutto il nostro "cibo spirituale" poi il resto. Attenti che quando parlo di "cibo spirituale", non intendo affatto qualcosa di esotico o di astratto, ma di fisico, MOLTO fisico: senza affetto è dimostrato persino dalla medicina che non c'è modo di "salvare" i nati prematuri. Le reti sociali (umane) vengono così distinte in primarie, secondarie e terziarie a seconda di come in un ideale cerchio di relazioni poniamo la distanza affettiva, dal coniuge, all'amico, fino al conoscente o all'impiegato delle poste.

Va detto subito che il concetto sottostante di rete, spunta per la prima volta in ambito tecnico e in specifico nello studiare la rete delle telecomunicazioni con il telegrafo e altri mezzi di trasmissione "con codice morse" con fili o senza (=radio) dato che in mare era un po' difficile stendere cavi tra e con natanti. Prima di quel periodo infatti pur esistendo metodi di comunicazione a distanza (tipo "segnali di fumo" per intenderci) non avevano carattere strutturale e sistemico diffuso e quindi il loro impatto sulla società era del tutto marginale. In quel caso la priorità evidente era sempre data dalla comunicazione in presenza e non c'era molto da discutere in proposito. Con il diffondersi della "comunicazione a distanza" di tipo moderno e quindi le infrastrutture relative, tutta una serie di nodi sui limiti della comunicazione sono venuti immediatamente al pettine. Uno di questi (quello che qui vorrei mettere in evidenza) era che il linguaggio verbale non veicola mai la sostanza, il significato, ma solo la scatola, il contenitore con cui si vorrebbe trasmettere quel significato ponendo chi ne dipende in una condizione automatica di "fragilità" cognitiva (un aspetto molto studiato oggi). In altre parole, c'è un immensa mole di "comunicazione altra" che passa per canali esterni a quello verbale e/o del mediatore tecnologico (che funziona da "filtro") e complica la comunicazione dal momento che questa presuppone una presenza, un contatto almeno visivo (ma poi anche fisico) tra persone. Tanto per dirne una, "dare una carezza" come la comunichi con un telegrafo? Se lo scrivi dall'altra parte si percepisce solo "abiguità" nelle intenzioni, perché presuppone una densità comunicativa infinitamente superiore che in questo caso viene a mancare a causa del mediatore. Con i moderni smartphone la questione è ridotta, nel senso che l'aggiunta della componente visiva a quella sonora riduce i termini di rischio di malinteso, ma non li scongiura minimamente! Senza contare che il mediatore tanto più veicola informazione tanto più introduce pericolosissimi passaggi intermedi in cui diventa possibile qualsiasi manipolazione della comunicazione in infiniti sensi diversi e senza che chi trasmette e chi riceve possano accorgersi di nulla o farci qualcosa. Si entra cioè nell'era della tirannia della comunicazione, il meta-mondo tipico dell'inferno, dove anche il piacere diventa artificioso, come quello prodotto dalle droghe.

Evidentemente tutto questo è possibile per la presenza del mediatore e non per un altro motivo. Da qui poi al concetto di metamondo (vedi Treccani QUI) e l'idea di "oltreuomo" del transumanesimo che iniziano a prendere corpo nell'immaginazione e in romanzi che ci preparano alla tecnoera futura, come "Il neuromante", il passo è stato obbligato.

Quindi esiste un idea di socialità mediata dal mezzo (nel nostro caso l'infrastruttura di internet) ed esiste una socialità esterna al mezzo, in presenza e "della vecchia scuola", che impone una conoscenza delle leggi emotive e delle condizioni in cui ci troviamo, ma ad ogni modo le due cose non possono incontrarsi o convivere semplicemente perché l'una esclude l'altra in prospettiva evolutiva. Quindi posso "nascere e crescere" connesso alla rete, certamente, ma quale rete? A seconda della rete dentro cui evolvere, l'umanità sarà differenziata nettamente e non c'è "mediazione" possibile, le due strade a un certo punto si divaricheranno nettamente, come tra noi e un altra specie.

E' una legge che ci sovrasta e non lascia scampo.

Per concludere, vorrei introdurre un paio di concetti partendo dalla stanza-corpo. Se entro in una stanza senza finestre, dopo un po' non mi accorgo che c'è un fuori, perché vedo solo quello che sta dentro la stanza e finché non esco, rimango "prigioniero" di ciò che mi dice la stanza. Un esempio può essere la virutalità digitale e il metamondo. Ma se nella mia stanza c'è una finestra e posso "vedere" (non sapere) che c'è altro esternamente le cose cambiano. Se parlo al telefono con qualcuno che sta nella sua stanza diversa dalla mia e senza finestre e gli dico che c'è un fuori, cosa penserà, dal momento che non vede? Qualsiasi cosa immaginabile. Difficilmente quello che LUI vedrebbe se nella sua stanza ci fosse una finestra.

Un altro concetto è quello del "buon padre". Un ideale tipicamente cristiano ma spesso raccontato in modo molto poco coerente. In specifico, la tecnologia della comunicazione semplifica (di parecchio) le relazioni emotive, ne più e ne meno di come può fare l'affetto che impariamo a dare all'orsacchiotto da piccoli o al nostro animale da compagnia. L'orsacchiotto "è vivo"? Se lo chiedi a un bambino ti dirà facilmente di si e che lui ci gioca e che è "suo amico". Naturalmente però lui stesso sa che non è la stessa cosa che avere un amico animale e che averne uno umano è ancora un altra cosa. Ma è la scala di difficoltà che cambia e noi tendiamo a dare più importanza a quello che ci richiede meno fatica perché questa è un altra legge che ci sovrasta e comanda i corpi dei viventi. Cosa ci spinge a complessare le nostre relazioni emotive? La nostra specifica natura umana che ne ha bisogno. Ecco allora che entra in @GioCo il principio del "buon padre", cioè della relazione direttiva che assume un ente esterno che ci guida verso un equilibrio omeostatico emotivo con il mondo che ci circonda. Più o meno come un cartello stradale (o il navigatore) che ci da l'orientamento. Qualcosa che sembra semplice ma richiede un intera vita per essere messo a punto. Ecco perché gli anziani un tempo erano così preziosi!

In questo caso le parole diventano importanti, perché assumono significato metaforico e simbolico. Come ad esempio i "capricci delle anime giovani" che vogliono la Vita, la bramano senza vederla ne riconoscerla, chiusi nelle loro stanzette e dentro la loro mestizia credendo che ciò che sanno basti a definire il Mondo e finiscono con ciò nelle braccia della Morte (e del basso astrale) che li istruisce al fine di distruggere ciò che non capiscono.

Noi possiamo fermarli? Se vi dicessi che non ha senso compiuto la domanda ci credereste? Se ad esempio se dicessi che dovete fermare un suicida perché la sua scelta è sbagliata, mettereste al primo posto la Vita o la scelta individuale? Ecco, a questa domanda rispondo: non importa, accadrà ciò che ti occorre per trarne le conclusioni che ti servono e se sono sbagliate, servivano così, sbagliate. Allora non dobbiamo fare niente? No, certo che no. Tentare di fermarlo è un dovere se ci troviamo al cospetto di un tale gesto. Ma è il significato di ciò che accade che ci interrogherà in ogni caso. Per esempio, qual'è l'affetto che lui ha ricevuto e quale quello che noi saremo in grado di offrire "dopo" se sopravvive?


Darkman hanno apprezzato
Citazione
BrunoWald
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 453
 
Postato da: @gioco

Ora, il problema maggiore da superare per costoro è che la crescita infinita ha lasciato uno strascico duro da superare: l'idea democratica. Bella, falsa, ma vai te a dirlo adesso a chi ci ha creduto davvero e ha speso tutta la vita per difenderla! Cioé l'idea surrettizia che "i diritti umani" governassero il Mondo dando "il potere", disceso da non si sa dove dato che nel frattampo abbiamo rinunciato al Sacro senza sostituirlo con altro concetto ultraterreno, che "il popolo" (altra entità interessante da individuare) potesse godere di autogoverno se non addiritura di una sorta di "coscienza collettiva" a cui appellarsi e che permetteva a un altra entità astratta, la nazione, di autodeterminarsi "magicamente".

Direi che in questo passaggio hai condensato la questione centrale del nostro tempo. Sul piano politico, almeno, perché poi ti addentri decisamente in altri terreni. L'idea che ci sia "qualcuno" o "qualcosa" che si nutre delle nostre emozioni negative, ed agisce al fine di mantenere la nostra coscienza ancorata al basso astrale è molto interessante, alternativa all'idea che la stupidità umana sia una circostanza naturale (nella maggior parte della specie), ma in mancanza di riscontri, o di una spiegazione articolata e coerente, rimarrà una narrativa fatta propria da una ristretta cerchia di persone. Ne parlava anche Castaneda in uno dei suoi ultimi libri, il ché non è una garanzia trattandosi di un personaggio alquanto controverso, che iniziò la sua carriera manipolando a suo uso e consumo le tradizioni degli indiani del sudovest per farsi pubblicità nei psichedelici anni '60, e la concluse fondando una setta new age. Ma sto divagando.

Tornando alla citazione, le cose stanno proprio come dici. Coloro che distrussero l'antico regime dovettero inventarsi l'ossimoro di "sovranità popolare" non potendo in alcun modo legittimarsi come governanti: per poter regnare dietro le quinte avevano bisogno di una classe politica che ci mettesse la faccia al posto loro, da essi controllata ma legittimata formalmente dalla delega popolare. Di fatto, questi poteri occulti sono i veri sovrani, solo che i sudditi non lo sanno, e ora che hanno deciso di toglierci il giocattolo rischiano che molti ci rimangano male, visto che l'idea paradossale che il potere provenga dal popolo è diventata un luogo comune (in un certo senso è anche vero, ma non certo nel modo in cui lo si è inteso negli ultimi duecento anni).

Quindi, da una parte abbiamo poteri reali ma illegittimi, che più agiranno apertamente per imporci i loro "reset", più si esporranno a un pericoloso logoramento (dopotutto, il loro forte è sempre stato una magistrale capacità di dissimulare, di proiettare illusioni); dall'altra persone sveglie che si opporranno in tutti i modi all'assoggettamento, ma lo faranno afferrandosi a qualcosa - la democrazia - che è sempre stata un'illusione proiettata dai loro nemici. Un bel problema. Credo che ne usciremo solo con un nuovo paradigma, una nuova idea di società, più realistica dell'attuale, ma allo stesso tempo capace di imprimere una tensione ideale senza la quale non saremmo molto diversi dal bestiame.


RispondiCitazione
Condividi: