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Confessioni liturgiche 5: geometrie


GioCo
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Questo è la quarta parte di un POST che prosegue da "Confessioni liturgiche 4", dove cercavo di approfondire una parte riguardante la percezione della realtà che ci circonda.

"Ognuno di noi
pensa a se stesso
sempre e comunque".
@GioCo

Avevo preparato un lungo intervento molto diverso da quello che invece sto per fare qui. Il motivo è un confronto avuto in questi giorni con differenti persone che mi ha dato lo spunto per cambiare impostazione alla parte che volevo dedicare alle geometrie delle relazioni. Parte che nella sua prima versione era forse troppo impegnativa anche per quei pochi che hanno coraggio di seguirmi qui su CDC. Mi sono accorto infatti che ci sono questioni alla base degli schemi che abitano le persone, questioni che personalmente ho iniziato ad affrontare più di venti anni fa e che oggi pur non considerando per nulla superate, non stanno più da parecchio in cima all'agenda delle mie preoccupazioni. Questo però mi rendo conto riguarda me e il mio personalissimo percorso di vita non la massa con cui mi confronto, che di certo non riempie la propria testa di "saghe" mentali come le mie "per sport". Per ciò ringrazio umilmente quanti mi hanno costretto ad "abbassare la cresta" -come si suol dire-. 😉

Veniamo al dunque. Noi siamo abituati a dare giudizio delle azioni partendo dal giudizio cristallizzato sulle identità: siamo stati abituati a dare un significato alle azioni a partire dall'identità e a considerare questo "normale".
Il primo passo da capire quindi è che questa impostazione -artificiosa- costringe a cristallizzare un opinione attorno a un individuo. Costringe cioè ad attribuire più importanza alle persone che alle azioni con la conseguenza che si giudicano le azioni per estensione a partire dal giudizio che abbiamo della persona. Quindi rimanere senza un giudizio sulle persone equivale a non riuscire ad avere un giudizio sulle cose che accadono.

Prendiamo due esempi completamente a caso di identità pubbliche a noi note: Salvini e la Merkel. Se Salvini dice che Putin non è un dittatore e crediamo che sia un pirla, per estensione è facile dedurre che dica una stupidaggine, se la Merkel dice che Putin è un dittatore e pensiamo che sia una persona precisa, per estensione è facile dedurre che dica una cosa corretta. Cambiare giudizio sull'azione significa obbligatoriamente cambiare giudizio su Salvini o sulla Merkel e questo ci obbliga a considerare Putin non sulla base di quello che fa ma sulla base di come altri lo giudicano. Peccato che questo non spiega perchè Putin dovrebbe essere considerato o meno un dittatore e non un rappresentante legittimo della politica russa, eletto democraticamente dal suo popolo e per rappresentare gli interessi del suo paese, capace nel bene e nel male di fare gli interessi del suo paese. Così come non è chiaro perchè i governanti europei (mai eletti dal "popolo europeo") possono permettersi di non fare gli interessi del popolo europeo senza che possano essere definiti dittatori, come Draghi, Monti o la Merkel nel caso della Grecia. A giudicare dalle azioni è indubbio che sono i governanti occidentali ad essere spudorati dittatori, dato che opprimono i popoli con richieste di sacrifici e taglio dei servizi essenziali che (guarda caso) non sfiorano mai i bilanci militari, mentre Putin garantisce non solo prosperità nell'immediato, ma anche un futuro al suo popolo a prescindere dal bilancio militare. Sarà uno Zar ma le briciole pare proprio che si ricordi di farle cadere dal tavolo, mentre non pare proprio che questa azione sia nell'agenda di qualsivoglia governante occidentale. Ma noi sappiamo con certezza che Salvini è un pirla, la Merkel è precisa e Putin è un dittatore.

La prima geometria di cui palerò quindi è quella costruita sull'identità: questa geometria è diversa rispetto a quella che viene realizzata a partire dal giudizio sull'azione e le due tra loro non sono compatibili. Questo modo di giudicare, per tramite dell'identità, è molto rapido e in certi casi è un alternativa conveniente per ciò non è del tutto errato come passaggio. Ad esempio, se sappiamo che un certo commerciante al mercato è bravo a fregare i clienti, questo potrebbe non solo indurci a evitarlo, ma anche aiutare altri alla luce della identità assegnata. Purtroppo il problema è che esiste un solo modo per poter giudicare le persone, cioè giudicare noi stessi: se dico che Giovanni il fruttivendolo e un poco di buono che truffa i suoi clienti a un amico e gli racconto tutto quello che penso su questo individuo, questo ha due ricadute, la prima è dire che "io non sono un poco di buono che truffa i clienti" come Giovanni e la seconda è che ritengo non lo sia nemmeno il mio amico, il quale per non essere messo nella categoria "truffatore" tenderà a darmi ragione anche se di Giovanni non sa proprio un accidenti di nulla, a parte le supposte "truffe" di cui potrò raccontargli. Uno come Giovanni ad esempio, nel momento in cui viene giudicato male, ci permette di dire "io non sono come lui", se poi condividiamo con l'occasione il parere questo avrà due effetti: rinforzare il giudizio negativo su Giovanni a prescindere da quello che fa realmente o che sappiamo, secondariamente farci sentire migliori e piacevolmente in accordo su un giudizio negativo, in quanto l'accordo sui giudizi negativi è il mezzo più rapido e sicuro per incassare approvazione sociale. Va da se che lo "sport" più comune è la libera licenza di gettare fango sul prossimo, non perchè ci importa veramente chiarire quanta cattiveria ci sia nel mondo, ma perché questo unisce i giusti, ci mette dalla loro parte e ci separa dal resto del mondo "ignoto" oppure "ingiusto".

Giudicare le azioni distrugge la geometria fondata sull'identità dato che come si è capito quello sulle persone è sempre un giudizio cristallizzato in modo forzato, dato che l'individuo è per sua natura imprevedibile e non è mai lo stesso nei luoghi e nel tempo. Prendiamo come esempio estremo il film "Riddick", dove un noto criminale senza morale o scrupoli, trova in abbondanza morale e scrupoli in un pianeta alieno e ostile dove naufraga insieme all'equipaggio di una astronave perchè ... la sfida in quel contesto ribalta i ruoli. Possiamo quindi dire che se il giudizio sull'individuo è ciò che noi diciamo essere "l'identità", in verità "identità" è la fusione tra il contesto e le azioni individuali. Per ciò noi non possiamo sapere chi sono le persone, possiamo solo osservare quello che fanno. Accettare che il giudizio è possibile unicamente per le azioni, significa smontare l'intera impalcatura cognitiva con cui conviviamo da quando siamo nati e che fornisce significato e ragione al nostro pensiero. Un pensiero organizzato in modo da rimanere sottomesso alla geometria del giudizio sulle persone, in quando costruito sulla nostra immagine riflessa: infatti giudicare l'identità ha come riflesso renderci egocentrici e allo stesso tempo l'egoismo richiede un costante rinforzo del giudizio sulle persone e su noi stessi, perché l'estrema precarietà dei comportamenti (sia nostri che altrui) impone un costante aggiornamento delle identità in essere, necessario per rimuovere i giudizi di azioni che offuscano le nostre conoscenze e per filtrare i comportamenti "comprensibili". Quindi la geometria dei giudizi costruiti su identità falsifica sistematicamente il giudizio sulle azioni in ossequio a geometrie conservate al fine di assicurare la comprensione del mondo e di noi stessi. Questo non significa che non si può cambiare opinione sulle persone, ma che il cambiamento tende ad essere frenato nella misura in cui l'evidenza dell'azione non conferma l'identità acquisita.

Tuttavia mi rendo conto che può esserci un dubbio: una geometria concentrata sul giudizio delle azioni è possibile? Capisco che la risposta non può essere semplicemente "si", perchè la domanda nasce da un lungo processo di apprendimento che non ha lasciato molti spazi alle alternative. Persino "immaginare" un giudizio basato sulle azioni è complicato. Per semplificare mettiamola così: se una persona commette un furto, non è necessario considerare quella persona "un ladro" per sapere che non ci si può fidare, ma è facile immaginare che siccome ha commesso il furto una volta, l'ostacolo "morale" per commettere quell'azione una seconda è quantomeno più debole rispetto chi non ha mai commesso furto e potrebbe persino essere del tutto assente. Per ciò non ho bisogno di una identità "ladro" per sapere che una data persona può ripetere comportamenti indesiderabili, mi basta il contesto e l'azione che si svolge nel contesto: se abbiamo fame e viviamo in una società dove chiunque oltre noi ha accesso facile al cibo e nessuna prospettiva di ottenere in modo lecito altrettanto, è probabile che finiremo per rubare e rimuovere ogni giudizio morale di sorta, anche se non siamo "nati per rubare" e conserviamo in noi la dignità di essere in fondo "onesti". Ovviamente esiste anche il caso della persona che ruba per il piacere di rubare: quand'ero più giovane molti dei miei coetanei rubavano al supermercato qualunque cosa, pur di vivere e poi raccontare l'avventura vissuta del furto. Molti "picciotti" sono orgogliosi di commettere i crimini che fanno di loro persone di successo grazie alla criminalità organizzata. Tuttavia questo rientra perfettamente nella geometria dei giudizi sulle azioni se ammetto che ognuno porta con sé degli interessi (persino gli animali selvatici portano i loro interessi) e questo disegna nel contesto una intenzione che si concretizza in azione. Se rovescio il paradigma, posso pensare che una azione osservata in un contesto possa essere tradotta nell'interesse portato dall'individuo che agisce. Ma in questo modo e per estensione, considero l'identità sempre identica a se stessa. In altre parole nel giudizio sulle azioni non c'è una "Merkel" o un "Hollande", non c'è "Trump" o una "Mogherini", ci sono individui che nel contesto agiscono e questo ci dice qualcosa unicamente circa gli interessi che essi portano con loro. Ovviamente nel ragionare in questo modo viene poi spontaneo chiedersi "perché" le persone agiscono in quel dato modo: siccome intenzioni e interessi non sono quasi mai cristallini, occorre indagare per approfondire. Quindi il primo "difetto" di questa geometria è che costringe ad approfondire, lasciandoci comunque nel dubbio e senza certezze.

Facciamo un esempio. Ultimamente un amico commentava un esternazione della Merkel a un attentato terroristico su suolo europeo in cui esortava a rimanere uniti contro gli atti di terrore e a non lasciare che lo scopo degli autori (il terrore, appunto) fosse raggiunto. A prescindere dall'identità degli autori, possiamo tranquillamente immaginare che avessero degli interessi per fare quello che hanno fatto ma anche la Merkel aveva i suoi interessi a dire quello che ha detto. Questo amico sosteneva che era facile per la Merkel dire che non bisognava cedere al terrore, dato che l'attentato mica lo aveva subito lei. Io però ho replicato che le sue ragioni erano limpide: una donna come la Merkel che ha dimostrato nel tempo di avere una cura maniacale della propria immagine pubblica, non dice cose a vanvera, tanto meno se delicate come quelle che riguardano un attentato terroristico. Se ipotizziamo che la Merkel sapeva benissimo chi ha commesso gli attentati e perché e che di contro noi non conosciamo i veri interessi degli autori, un uscita di quel tipo assume un doppio scopo: proteggere dal giudizio della massa l'identità pubblica della Merkel e non lasciare trapelare che nel contesto di potere dove lei si trova queste cose sono agite come "norma" e per fini che ci rimangono ignoti. Gli attentati sarebbero quindi "azioni collaterali" nell'applicare strumenti di gestione politica interna "informali" del tutto coerenti con gli ambienti politici ai livelli di governo dove si trova la Merkel.

Aggiungiamo che le geometrie legate al giudizio sulle azioni ci portano a costruire il significato di schemi rituali, li dove invece il giudizio sulla persona ci porta a cancellare i significati di questi schemi per farceli vivere come tradizioni del tutto trasparenti, rendendoli "invisibili". Un esempio è lo schema del potere. Se costruisco geometrie sull'identità devo ammettere che ci sono persone che vogliono il potere perché sono spregiudicate, cattive o comunque meno umane rispetto alla media, in quanto è evidente che il potere raramente è conquistato con l'azione retta e ancora più raramente è conservato con l'azione retta. Questo lo possiamo sperimentare tutti ogni santo giorno. Tuttavia in questo modo non posso capire perché dovrebbero esserci così tante persone "cattive", sono obbligato ad accettare che esistono e che "per fortuna" non faccio parte di quella specifica tribù (se non mi riconosco in quel giudizio, ovviamente).

Il giudizio sulle azioni invece mi rende significativo lo schema: nel caso del potere è semplicemente l'interesse ad agire nel contesto "illegalmente" con il vantaggio specifico di non pagarne le conseguenze, dove per "illegale" non si intende tanto a livello giuridico e amministrativo, ma per il contesto culturale di riferimento. Se il rifiuto di sacrificare a Moloch il primogenito della propria prole è illegale, il potere è potersi rifiutare "ad cazzum" (secondo come ci gira la giornata) non per salvaguardare la prole ma per il semplice riscatto del "piacere" di non doverne pagarne alcuna conseguenza; se uccidere indiscriminatamente chiunque è perseguito dalla legge e dalla società civile in cui ci troviamo, il potere è "uccidere" senza condanna da parte della popolazione e senza essere perseguiti legalmente, come nel caso dell'eventuale "agente governativo con licenza di uccidere".

Grazie a questo schema di lettura, si capisce al volo come una "spia" pur non essendo un militare, ci risulta più potente e temibile di un militare, ma solo dove la sua azione criminale è senza conseguenze. Per ciò ha senso che un agente governativo rischi molto di più su suolo straniero dove quel permesso non vale e ha senso che in un tale contesto quella persona possa essere giudicata più severamente di qualunque militare o civile, a parità di crimini.

Se lo schema è chiaro, diventa anche chiaro perché il giudizio sulle persone occulta e rende illeggibili i comportamenti nei contesti di potere. Ora, ribaltiamo questo nel caso della Merkel citato poco sopra. Abbiamo ipotizzato che la Merkel sapesse benissimo chi aveva commesso gli attentati e perché, ma anche che noi non sappiamo quello che sa lei. Se il potere è riuscire a commettere atti illegali senza pagarne le conseguenze, è evidente che per la Merkel è essenziale gestire conoscenze che hanno il significato esatto di "alto tradimento" per la carica istituzionale che rappresenta, ma anche che deve poter continuare ad agire senza pagarne le conseguenze. Se no non gestirebbe alcun potere equivalente al corrispettivo del suo mandato, ma è anche evidente che questo prescinde dalla Merkel e riguarda il contesto di potere in cui lei agisce. Noi non sappiamo se lei effettivamente sa queste cose, ma possiamo tranquillamente ammettere con lo schema appena descritto rende perfettamente coerente e ammissibile "l'alto tradimento" che la Merkel commette non denunciando agli organi competenti quello che eventualmente conosce: il suo silenzio fa parte dei giochi di potere e lei sa perfettamente che non dovrà mai pagarne le conseguenze. Non solo, ci rende ammissibile anche che la Merkel commetta qualunque crimine coerente a quel contesto, anche superando le nostre più oscure fantasie, pur rimanendo una persona umana perfettamente identica a me o chiunque altro.

Allo stesso modo capiamo perché siamo così ferocemente stimolati, ad esempio nei dibattiti in TV o nei social network, a rimanere incollati alla necessità impellenti di cristallizzare le opinioni sugli individui, a prescindere dal giudizio e dall'individuo, dato che ciò occorre per tenerci "in forma" per tramite degli esercizi della "palestra cognitiva penale obbligatoria" che ci costringe a rimanere incatenati alla nebbie della coscienza.

Bene, mi fermo qui perché non voglio eccedere. Anzi, mi sembra di avere già esagerato come al mio solito, nel tentativo di stimolare l'intelletto. Per ciò come per tutti gli altri interventi di questa "catena", faccio tesoro dei vostri precedenti contributi e attendo con piacere commenti.


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comedonchisciotte
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Facciamo un esempio. Ultimamente un amico commentava un esternazione della Merkel a un attentato terroristico su suolo europeo in cui esortava a rimanere uniti contro gli atti di terrore e a non lasciare che lo scopo degli autori (il terrore, appunto) fosse raggiunto.

Giusto un piccolo inciso su questo punto: chi capisce qualcosa del linguaggio non ha difficoltà ad individuare la parola "terrorismo" come espressione di un mezzo, non di un fine. Con un minimo di logica è facile concludere che l'affermazione è una menzogna, indipendentemente da identità varie e da approcci più o meno giuridici.


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GioCo
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Giusto un piccolo inciso ...

In effetti mi ero posto il problema se specificare che la frase attribuita alla Merkel fosse in sé falsa dato che il terrorismo, come giustamente correggi, è un mezzo, che può essere usato per vari fini tra cui plasmare l'opinione pubblica per scopi politici, distrarre l'attenzione del pubblico o dei media, oppure (come nel caso dell'attentato dell'organizzazione palestinese "settembre nero" nel 1972) esattamente l'opposto, attirare l'attenzione internazionale dove rimane colpevolmente distratta. Non l'ho poi fatto perchè temevo fosse perso il mio scopo, che non voleva tanto portare l'attenzione del lettore sulla Merkel o sul senso della sua frase, ma sul ragionamento del mio amico, largamente condiviso e condivisibile ma frutto di un giudizio sull'identità e quindi debole.


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ignorans
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Gioco,
Ma perché non provi ad essere sintetico?
Viviamo immersi in un ambiente culturale nel quale si dice che prima venga l'analisi e poi la sintesi. Non è vero! È il contrario. Prima la sintesi e poi l'analisi.
Quindi ti prego dì in un rigo quello che vuoi dire.


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GioCo
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Gioco,
Ma perché non provi ad essere sintetico?
...
Quindi ti prego dì in un rigo quello che vuoi dire.

Perché la sintesi è una falsificazione ed è possibile nella misura in cui le persone hanno esperienza di certe cose. Prova ad essere sintetico nello spiegare a qualcuno il suo primo giorno di lavoro! Nello specifico la sintesi può essere: prova a giudicare le azioni e non i soggetti. Dopodiché il 99,9% delle volte chi dice "ho capito" giudica soggetti come azioni (fa confusione).


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ignorans
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Gioco,
Ma perché non provi ad essere sintetico?
...
Quindi ti prego dì in un rigo quello che vuoi dire.

Perché la sintesi è una falsificazione ed è possibile nella misura in cui le persone hanno esperienza di certe cose. Prova ad essere sintetico nello spiegare a qualcuno il suo primo giorno di lavoro! Nello specifico la sintesi può essere: prova a giudicare le azioni e non i soggetti. Dopodiché il 99,9% delle volte chi dice "ho capito" giudica soggetti come azioni (fa confusione).

Ma tu fidati, Gioco, delle persone, fidati della loro capacità di capire.
Non sarà che giudichi le persone?


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GioCo
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...
Ma tu fidati, Gioco, delle persone, fidati della loro capacità di capire.
Non sarà che giudichi le persone?

Nel mio precedente "Confessioni liturgiche", commentavi così:

Mi sembra tutto molto esagerato. Ma te, non ti senti un po' esagerato?
Io ti sento troppo attivo, troppo proteso verso la conquista (?).
È tutto più semplice, rilassiamoci.
Esiste solo l'infinito. Nient'altro.
In ogni caso, in quanto umani, non abbiamo bisogno di questa sapienza. Noi dobbiamo operare e valutare. "ho fatto bene", "ho fatto male", se ho fatto male, cambio. Non c'è altro. Il problema è solo non riconoscere l'errore e non cambiare. Che è il comportamento più comune.
Inutile assorbire troppa "conoscenza", tanto eventuali rivelazioni non ci possono essere "date".

Io non so cosa "esiste" e non ho certezze nemmeno sull'infinito, tanto meno su te e il mio prossimo, quindi quello che dici circa la fiducia ha senso solo per te. Provo e osservo e poi mi adeguo, tutto qui. Non ho certezza sul fatto che tu voglia o possa capire e non ne cerco. D'altronde se l'articolo ti sembra eccessivo, ridondante, pedante o troppo ripetitivo, sei libero di leggerti qualcos'altro: in tanti preferiscono leggersi topolino e va bene, anche lì possiamo trovare quello che cerchiamo. Se preferisci stimoli semplici ai miei tentativi di farti fare la fatica di ragionare non mi offendo 😉 . Ma quello che scrivo, scusa se è poco, è il frutto di anni di ricerche faticose che non hanno "fine" se non in se stesse. Non lo dico per farmi "figo", mi pesa troppo sentirmi così. Lo dico perché è il mio modo di essere che ho imparato ad accettare. Ma come ho detto non ho la pretesa sia il tuo o quello di un altro. Ovvio che questo "modo di essere" può apparire a qualcuno -come te- esagerato.

Per ciò scusami tanto se sono quel che sono.


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ignorans
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Gioco,
Dalla tua sintesi è apparso che pensi che le persone giudichino altre persone e non le azioni. Come se ci fosse nella gente un programma, un condizionamento del quale neppure si accorgono. Mi ha colpito il fatto che questa modalità si potesse applicare anche al tuo caso, in quanto dai una connotazione all'altro come inadatto a comprendere, se non portatore di esperienza.
Per il resto, io ti leggo perché in effetti offri degli stimoli intellettuali che nessun altro offre nel forum. Però vorrei capirti e arrivare a delle conclusioni.
Il discorso sarebbe lungo perché non solo gli altri umani sono vittime di giudizi che hanno radici nella nostra struttura mentale, ma anche le cose, gli oggetti.
Non è tutto frutto di proiezioni?


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GioCo
Noble Member
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Gioco,
Dalla tua sintesi è apparso che pensi che le persone giudichino altre persone e non le azioni. Come se ci fosse nella gente un programma, un condizionamento del quale neppure si accorgono. Mi ha colpito il fatto che questa modalità si potesse applicare anche al tuo caso, in quanto dai una connotazione all'altro come inadatto a comprendere, se non portatore di esperienza.
Per il resto, io ti leggo perché in effetti offri degli stimoli intellettuali che nessun altro offre nel forum. Però vorrei capirti e arrivare a delle conclusioni.
Il discorso sarebbe lungo perché non solo gli altri umani sono vittime di giudizi che hanno radici nella nostra struttura mentale, ma anche le cose, gli oggetti.
Non è tutto frutto di proiezioni?

Allora, premetto una cosa importante. Non ho mai detto di essere "fuori" dal problema che denuncio, solo di essermene accorto in quanto agisce (ovviamente) in primis su di me e poi esaminando quanti ho potuto, ho verificato che agisce anche sul mio prossimo. Siccome non ho trovato eccezzioni nonostante le abbia cercate puntigliosamente, mi è parso naturale generalizzare. Ho scritto di non considerare superata la questione, solo che non la metto più in cima alla mia "agenda delle preoccupazioni", non perché sia meno importante ma perché non è la prima ed è già un certo tempo che me ne occupo. Quali possono essere le cause? Le speculazioni sono evidentemente un pane inevitabile, ma per quanto mi riguarda credo siano da ricercare sia in un origine biologica innata (facendo nostra l'ipotesi per nulla capata in aria di un intervento sul nostro genoma) che in un origine educativa. Ma mentre su quella biologica ci posso fare poco (a meno di togliere la strordinaria capacità plastica del sistema nervoso umano) comunque quella educativa mi pare la via percorribile più sensata ... ma forse dovremmo parlare di contro-educazione? Non so, valuta tu.
Per quanto riguarda "capirmi", forse è meglio che tu sappia che nemmeno io ci capisco molto di me stesso. Ho capito alcune cose, poche ed elementari. Ma come ho detto, il fatto che siano poche ed elementari non significa che siano poi comunicabili. Il linguaggio è prima di tutto un filtro oltre che un mezzo per condividere saperi. Tramite il linguaggio si possono trasmettere le cose sapute, non quelle fuori dal sapere (intendo umano). Sfortunatamente le intuizioni di cui spesso siamo partecipi come enti isolati, come gli occhi che vedono e non vedono, cioè colgono l'immagine ma il cervello poi filtra e "non vede ciò che l'occhio coglie", fare arrivare queste intuizioni al "pleroma" (con riferimento non tanto spirituale ma umanista, cioè alla "sapienza comune" umana) è un operazione piuttosto macchinosa e non può essere fatta senza un certo "sforzo". Lo sforzo di stare pazientemente nell'osservazione dell'accadimento riconoscendo la nostra ignoranza.


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ignorans
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" ci sono tante cose che non vediamo vedendole che non sentiamo sentendole".
Mi è sempre piaciuta questa frase.
Aspetto il prossimo pezzo. Saluti


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