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Due, Tre passi per l'Inferno


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Tempo fa ho scritto circa i "famigerati" tre passi per l'inferno, un modo metaforico di intendere il rapporto tra noi e certa nostra espressione emotiva, diciamo quando concerne "i contratti con Lucifero". Credo sia il tempo di andare oltre. In effetti sarebbero due, perché l'ultimo è compiuto già su suolo infernale, ma facciamo prima un ripasso veloce per riprendere gli argomenti e introdurli anche a chi non se li ricorda o non ha letto i miei contributi precedenti.

I tre passi sono: persuadere, minacciare, reprimere (fisicamente).

Il primo passo non è esattamente un passo che possiamo identificare come verso qualcosa di brutto. Si tratta della cosiddetta "fascinazione", cioé convicersi o essere convinti di qualcosa perché ci appare come giusto, buono, corretto o comunque si voglia positivo e desiderabile e verso cui ha senso procedere. A volte può essere anche prospettata come una "scelta inevitabile", diciamo un "male minore", ma ciò che lo caratterizza è la totale assenza di minaccia. Se lo facciamo, lo facciamo seguendo una volontà "nostra" che ci abita, magari nata da una proposta, mai da una costrizione di qualsiasi tipo. Non appaiono obblighi da perseguire che ci spingono, ne osserviamo qualcosiasi altra cosa che ci costringa a procedere in quella direzione in qualsivoglia maniera. Questo non vuol dire che non veniamo spinti, solo che al momento di procedere, non vediamo se qualcosa ci sta spingendo.

Questo primo passaggio è fondamentale per gli altri due, perché non sono in alcun modo possibili senza. Ogni passo verso l'inferno è infatti rigidamente conseguente, non c'è modo di saltare al terzo senza passare dai primi due.

Ora due precisazioni perché il primo è anche il passaggio più delicato e che ci richiede maggiore attenzione. Se è vero che non ci sentiamo in alcun modo costretti, non significa che non siamo stati costretti ma che non ce ne siamo accorti. Entrando più nello specifico, non avremmo mai e poi mai proceduto in quella direzione se non fossimo stati spinti "da qualcosa", ma siccome non ce ne siamo accorti al momento opportuno, non potevamo fare altro che cadere vittime di questa "forza ignota". L'esempio che faccio spesso è la trappola per topi: è ovvio che il topo (dal suo punto di vista) non è costretto a entrarci, ma qualcosa lo costringe ugualmente e questo qualcosa è la trappola ideata apposta per indurlo a entrarci. Qualcosa che il topo non è in grado di concepire (almeno non finché "è troppo tardi") e per ciò non può che caderne vittima.

Il secondo passo è più semplice ed è ciò che accade una volta scattata la trappola. La minaccia. Non si può tornare indietro, senza essere dissuasi da una qualche minaccia o una barriera che ci impedisce di tornare sui nostri passi. Siamo costretti a quel punto a fare il terzo passo che trasformerà la minaccia in repressione fisica. La caratteristica del secondo passo è che la minaccia non produce danno fisico. Se tornassimo indietro in tempo, trovando il modo di aggirare l'ostacolo o comunque superarlo, tutto si risolverebbe senza danno fisico. Solo un brutto spavento. Se invece si procede nella direzione suggerita dalla minaccia seguendo la paura indotta, allora arriverà un momento in cui tornare indietro comporta un qualche danno fisico, aggiunto a quello emotivo.

Dall'esterno, il secondo passo è chiamato anche "soglia del guardiano". Il guardiano è quello emotivo che noi stessi accettiamo e mettiamo a guardia della frontiera che divide i passi che ci avvicinano all'Inferno, cioé a una qualche forma di disagio psico-fisico permanente. Facciamo un esempio: vivo nella selva e i miei genitori mi mettono in guardia sul lupo che si aggira nel fitto bosco e me lo descrivono. Vado nella foresta e vedo un lupo e questo mi spaventa a morte. Torno a casa e da quel momento in poi il guardiano sorveglierà la soglia interiore, cioé il confine tra lecito e illecito, rispetto al mio "vagare libero nella selva" e tenderà a minacciare il Lupo (questa volta con la maiscola) tutte le volte che metterò il naso fuori di casa. Possiamo superare il guardiano?

Certo! Ma non vogliamo e anche quando ci proveremo tenderemo a fallire perché il guardiano è spietato e non sente ragioni. Questo renderà il guardiano un mito ai nostri occhi, una forza inarrestabile, un ente coercitivo assoluto e quindi implicitamente da adorare come forza divina. Il divino che ad esempio ci fa arrabbiare quando veniamo "punti sul vivo". I nostri ripetuti fallimenti nell'affrontare i guardiani generano poi l'ideale della forza, dell'inarestabile, di ciò che va oltre e che non è altro che la nostra disperata proiezione di desiderio di libertà oppressa, contenuta dai confini angusti dei nostri stessi guardiani interiori.

In poche parole, più emotività ci domina, più siamo esposti a dosi di prepotenza e di ignoranza (o limitatezza) emotiva, sia subita che ostentata. Più dipenderemo dai nostri guardiani interiori più non potremo fare altro che agire sempre più per rinforzare i confini che essi governano, poiché a loro non interessa altro.

Così (emotivamente) i desideri tendono a diventare credenze che tendono a diventare dogmi. Quando una credenza diventa dogma, un guardiano della soglia viene eletto a nostro Imperatore. Cioé acquisisce su di noi una tale predominanza che non potremo fare altro, non avremo nessuna possibilità, se non quella di seguirne gli auspici. Se rispetto a un comune guardiano di confine ancora possiamo esercitare qualche grado di libertà tramite la scaltrezza, davanti al nostro Imperatore ogni sotterfugio sarà represso con una violenza, una prepotenza e una crudeltà da uccidere alla nascita qualsiasi minimo grado di libertà. A quel punto affrontare il nostro sommo guardiano, non potrà che significare affrontarlo fisicamente e senza poterne uscire illesi.

Se pensiamo che questo discorso riguarda in fondo solo noi privatamente e non coivolga nessuno, allora non abbiamo capito niente. Ogni guardiano diventa tale SOLO se condiviso. Se rimane nostro e solo nostro, al massimo diviene una spinta interiore a tracciare strade nella selva che poi potremo o meno seguire. In altre parole, i guardiani proprio in virtù delle loro capacità, quella di creare confini, possono essere anche utili se impiegati per creare dei percorsi cognitivi nuovi. Ma se si lascia loro spazio per dominare il nostro inconscio, allora il verdetto è già scritto: ogni luogo dove andremo, ogni cosa che faremo, ogni pensiero che ci abiterà, sarà solo l'altra faccia della nostra miseria e non avrà alcuna importanza chi saremo, se un signor nessuno o la persona più ricca e importante del Mondo.


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