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IL GIOCO DELLE OMBRE


mystes
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Verità sepolte della II Guerra Mondiale

Alessandro De Felice

<<La Storia è un insieme di menzogne su cui ci si è messi d’accordo>> ha detto Napoleone I° Bonaparte. Con questa frase lo statista ed Imperatore corso ha voluto porre l’accento sul fatto che da sempre la storia, anzi la narrazione storica si è adattata al volere dei potenti di turno. Le storie dei vincitori non contemplano le storie dei vinti, anzi spesso le annullano. La storia scritta dalla politica e dalla propaganda con la penna ben intrisa nell’inchiostro dei vincitori. Napoleone era un uomo complesso, di conoscenze superiori, ed ha certamente colto nel segno con tale affermazione espressa nella solitudine misteriosa del suo tragico, e mai indagato a fondo, epilogo di Sant’Elena. Lo scopo della presente ricerca è quello di resuscitare l’attenzione storico-politica sui nodi irrisolti della guerra che ha caratterizzato gli anni 1939-1945; si tratta per noi di ridare vita a documenti del tutto ignoti, sconosciuti od ignorati. Specie dopo il 1989 si è assistito ad uno strano fenomeno di disinformazione e confusione storica che si è distinto per una sorta di inondazione massiva di false verità che nulla hanno a che vedere con un serio metodo storiografico e che non tengono alla prova scientifica. Dinanzi a queste manifestazioni d’inveterata ignoranza e di propaganda nascosta o spudorata, spesso caratterizzate da chiassosi battages pubblicitari intrisi di demagogia sloganistica, ci si chiede se l’inquinamento culturale sia davvero meno pericoloso di quello ambientale. A nostro avviso il pensiero non può essere limitato e deve essere consentito per un serio ricercatore anche, per così dire, pensare l’impensabile, vale a dire estendere i confini della conoscenza storica. Esumare la storia, dissotterrare la storia, trarre dall’oblio, rimettere in uso cose dimenticate od ignorate e travisate, resuscitare i fatti, riscoprire le verità complesse degli esiti e degli episodi storici e cronologici, illuminare le zone d’ombra della storiografia antifascista e i buchi neri della vulgata ufficiale è un percorso obbligato per noi che crediamo assolutamente che nessun ente governativo ha giurisdizione sulla verità. Compito non semplice in ogni epoca, e ancora più complicato oggi in cui impera la superficialità ragionativa massmediatica, l’analfabetismo televisivo, l’ignoranza storica generalizzata, l’azzeramento culturale, il climax della pochezza sensitiva del pensiero. Nel corso degli ultimi 50-60 anni gran parte della storiografia ufficiale è riuscita a mettere a tacere in modo esemplare le voci contrastanti. Molte attuali indagini scientifiche sono vincolate da un’impostazione mentale ristretta, i cui parametri vengono tacitamente definiti ed applicati in base ad un accordo collettivo, secondo cui il risultato non deve mai oltrepassare un limite prefissato. Attraverso il resistenzialismo dinastico l’Italia risulta oggi un paese invecchiato che non è mai cresciuto. Ma vi è in essa un progetto politico che, da una parte, si avvale della storiografia resistenzialista disponibile alla manipolazione dei documenti ed alle grandi omissioni e, dall’altra, provvede a selezionare, secondo criteri di affidabilità politica e di corte, gli studiosi ammessi a consultare gli archivi decisivi per la ricostruzione degli anni cruciali del periodo 1939-1945. Cosa è, allora, la storia imbavagliata della seconda guerra mondiale? Una storia autoritaria che non ammette il contraddittorio. Ci si chiede quale significato abbia nella nostra storia contemporanea la lunga operazione compiuta dagli storiografi militanti antifascisti per proporre una mitologia della Resistenza lontanissima dalla realtà storica. Dove la parola, anzi il dogma “Resistenza” fa rima con reticenza. Il nostro scopo è quello di giungere a dimensioni storico-politiche di pensiero più vaste, che trascendano le obsolete barriere mentali, dimensioni in cui è possibile ascendere a livelli superiori di conoscenza senza perdere le certezze scientifiche. Prendiamo, tra i tanti aspetti analizzati nel nostro libro, il caso scientifico della Repubblica Sociale Italiana e di Mussolini. L’approccio culturale imperante per mezzo secolo anni ha descritto l’universo fascista-repubblicano-sociale, anzi <repubblichino> - come per 50 anni si è spregiativamente ridicolizzata l’esperienza degli uomini della Carta di Verona -, e l’evento guerra civile, definendo, per la memoria collettiva delle successive generazioni italiane, uno stato di coscienza disturbato, un rapporto alterato con la realtà. Nella Repubblica Sociale Italiana, erroneamente definita di Salò, ci fu tutto ed il contrario di tutto. Non rendersene conto significa ridurre il viaggio della conoscenza ad una serie di luoghi comuni penosi in primo luogo per chi li propone. Ad oggi tutta la costellazione storico-politica della R.S.I. è stata oggetto di una sorta di apartheid ideologico e culturale, di ghetto storiografico cinquantennale volto, in realtà, a nascondere le zona d’ombra e gli angoli della mitologia resistenziale e partigiana e la sua storia rimossa ed imbarazzata. Si dimentica la situazione all’indomani del 25 luglio 1943 e dell’8 settembre. Opportuna è stata quindi la recente pubblicazione dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma dei verbali del Consiglio dei Ministri della Repubblica Sociale Italiana che, in due tomi – per un totale di 1.700 pagine -, documentano le 17 sedute del Consiglio dei Ministri fascista repubblicano tenute tra il 23 settembre 1943 ed il 15 marzo 1945 oltre al materiale della seduta del 16 aprile 1945, seduta prevista ma che non ebbe mai luogo per l’evolversi negativo delle sorti della R.S.I.

I due volumi sono curati dalla Dott.ssa Francesca Romana Scardaccione, ricercatrice dell’A.C.S. Va sottolineato che oltre all’esecutivo repubblicano sociale Mussolini (23 settembre 1943-15 marzo 1945), anche i 3 governi Badoglio (luglio 1943-febbraio 1944; febbraio 1944-aprile 1944; aprile 1944-giugno 1944), i 2 gabinetti Bonomi (giugno 1944-dicembre 1944) e (dicembre 1944-giugno 1945), il ministero Parri (giugno 1945-dicembre 1945) ed i primi cinque esecutivi De Gasperi (dicembre 1945-luglio 1946; luglio 1946-febbraio 1947; febbraio 1947-maggio 1947; maggio 1947-dicembre 1947; dicembre 1947-maggio 1948) svolgono tutti un’attività legislativa senza il concorso parlamentare delle Camere, sciolte dopo il 25 luglio 1943 e rielette con le elezioni politiche del 18 aprile 1948. Il fatto che una prestigiosa istituzione pubblica come l’Archivio Centrale dello Stato, nell’ottica di una vasta ricostruzione dell’attività della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal ’43 al ’48, abbia deciso tale edizione dei verbali di governo della R.S.I. <potrà far gridare qualcuno allo scandalo visto che potrebbe trattarsi di una implicita conferma della tesi che sostiene la piena legittimità del governo costituitosi intorno a Mussolini alla fine del settembre 1943 nel nord Italia>.

Gli avvenimenti, all’indomani della notte del Gran Consiglio, erano grandi, gli uomini restavano piccoli, sempre travolti, spesso smarriti. Solo i fanatici con i loro sinceri ed idealistici accanimenti e gli ipocriti con la loro retorica potevano pretendere che tutto fosse chiaro, la separazione tra il bene ed il male netta. Usare le solite formule conformistiche della <repubblica laica, democratica ed antifascista, nata dalla resistenza> è il modo più facile per fare falso sapere, falsa cultura, discorso di retroguardia. Si è volutamente ignorata, e si continua ad ignorare, l’eccezionale stratificazione concettuale del termine storico-ideologico-politico di <<Fascismo>>, i cui risultati interpretativi maggiori sono stati raggiunti da Renzo De Felice; dopo di lui, dopo gli attacchi riservati al massimo studioso del movimento politico sviluppatosi tra il marzo 1919 e l’aprile 1945, <<fascista>> ha significato qualcosa di “scandaloso”.

Nel dibattito oggi tanto sentito (ma non per questo meno ambiguo) sulla <<morte della Patria>> e la perdita della memoria storica, il problema ci sembra invece quello di ricollocare il Presidente del Consiglio Benito Mussolini, prima, durante e dopo il 10 giugno 1940, nel solco di una coscienza nazionale che, nel bene e nel male, rimane patrimonio collettivo di tutti gli italiani e con la quale essi sono collettivamente chiamati a fare i conti. Ma sarà possibile farlo, finché la retorica dell’autoflagellazione continuerà a sostituirsi a quella della comprensione? Bisogna inserire il Fascismo nella “fenomenologia rivoluzionaria” di defeliciana memoria; ciò è riconoscibile solo a chi abbia la pazienza di ripercorrerne la storia, cogliendone la mutevole complessità senza incorrere in sommarie osservazioni ed errate valutazioni. È ormai tempo di smettere di giudicare Mussolini per la parte finale della sua condotta politica – l’entrata in guerra dell’Italia il 10 giugno ’40 – di cui, tra l’altro, sappiamo ancora troppo poco e non conosciamo tutti i retroscena. I trionfi all’interno ed all’estero degli anni Venti e Trenta ed il disastro della guerra ne fanno entrambi parte. Mostrò vette ed abissi del potere politico, ma Mussolini era un personaggio importante. Era anche un uomo straordinariamente complesso. Le semplificazioni sbrigative e faziose non rendono giustizia né a lui né alla Storia contemporanea. Sottoscriviamo in pieno quanto riportato da Paolo Simoncelli sull’opera di Renzo De Felice relativa a Mussolini:

<<E certo il giudizio di Del Noce sul rapporto di Gentile con Mussolini (riportato alla lettera da De Felice) rimane inciso come passaggio dalla preistoria alla storia del Mussolini il rivoluzionario: <<La consueta caratterizzazione di Mussolini come di un avventuriero disposto ad abbracciare qualsiasi causa purché questa servisse alla sua ambizione è del tutto inadeguata […]. In realtà la sua biografia è il miglior documento per lo studio dell’idea di rivoluzione, intesa come sostituzione della politica alla religione nella liberazione umana, sganciata dal materialismo e dall’utopismo […] e connessa invece con le suggestioni vitalistiche del pensiero del primo novecento>>.

Secondo Augusto Del Noce il fascismo costituisce <<l’epilogo della rivoluzione mazziniana>> e <<il momento mazziniano è appunto il tratto che unisce Gentile a Mussolini>>.

Da qui la nuova proposta interpretativa di Renzo De Felice volta allo studio del Fascismo come <<fenomeno storico <<prismatico>>, da studiare conseguentemente <<in tutte le sue componenti e non inteso come qualcosa di unitario>>.

Il problema dello storico è un po’ quello del politico: l’innovazione nasce dalla varietà, e non certo dall’uniformità. L’innovatore, per parte sua, è spesso un outsider, che rompe gli schemi dall’esterno, perché è capace di pensare in modo diverso grazie alla sua autonomia ideativa.

In generale reputiamo che un lavoro scientifico possa avere come conseguenza la sua incontestabilità, irritando qualcuno: è facile contestare chi espone opinioni, ma è difficile contestare documenti originali e sinora inediti, anche se finiscono col sovvertire l’intero paradigma storico corrente. Nella nostra qualità di liberi studiosi, di ricercatori indipendenti, outsiders o innovatori, sosteniamo che non esistono domande alle quali non sia legittimo cercare di rispondere. Pertanto non vi è ipotesi storica che sia preventivamente esclusa da una ricerca. La storia si scrive basandosi sui documenti, ma anche sulle ipotesi: ma quando i documenti sono attendibili e le piste interpretative tracciate dalle ipotesi sono percorribili? Non è certamente un governativo principio di “autorità” che può guidarci in tale giudizio, che, altrimenti, diverrebbe un pre-giudizio. Dunque non si vede il motivo perché per esplorare con spedizioni conoscitive i nodi storiografico-politici ci si debba fossilizzare esclusivamente su documenti ed ipotesi suggerite da un certo tipo di vulgata o “scuola”. Inoltre non si possono liquidare come inattendibili delle fonti informative e storiche senza motivarne il perché. Noi sosteniamo il diritto alla libera ricerca, ossia la possibilità di analizzare come sorgente storica tutto il patrimonio archivistico, documentario, bibliografico e memorialistico senza esclusioni aprioristiche determinate da un assurdo principio di conformistica “autorità” che oggi appare quanto mai inaccettabile. Lo scopo finale decisivo del nostro lavoro è stato quello di strutturare un enorme allargamento della base d’indagine – con un più ampio fondamento retrospettivo e prospettico - da cui emergesse uno scenario complesso e dei giudizi controversi. In questo senso non si può, anche se si dovrebbe, prescindere da quanto è successo da più di dieci anni a questa parte: sconvolgimenti politici di portata mondiale bussano alla porta dopo il tracollo dell’URSS e dei suoi satelliti e le mutate condizioni internazionali fanno saltare alcuni equilibri post-bellici. I fabbricatori di opinione pubblica ed i mass-media manipolano ed orientano la sensibilità dell’opinione pubblica mentre il sistema, particolarmente in Italia, entra in fibrillazione. A proposito della caduta del muro di Berlino, numerose sono del resto le pubblicazioni e le dichiarazioni dei membri delle amministrazioni Usa dopo il 1989 e, soprattutto dopo il 1992, in merito al <<nuovo ordine mondiale>>. Se, in realtà, nel globo non occidentale, si sa bene che la vera posta in gioco risiede nella crisi dell’ordine mondiale stabilito a Yalta, l’opinione mass-mediatica e pseudo-politica italiana ed europea si è ristretta ed ha ristretto l’area della storiografia internazionale sulla seconda guerra mondiale in un ambito culturale gretto e meschino, in cui l’unico metro di giudizio ammesso è quello del politically correct. Con la caduta del Muro di Berlino, che è qualcosa di molto diverso dall’abbattimento di un cantiere edilizio, paradossalmente, i margini di libertà espositiva per la ricerca storiografica revisionista (parola insensata, perché chi studia ed analizza rivede sempre, anche i propri giudizi) si sono assolutamente ridotti. La comunicazione delle idee si è arrestata; in Italia è facile parlare, ma è difficile approfondire. La stessa trasmissione critica del sapere dominante dovrebbe essere un processo in continua evoluzione, ma non è così, almeno attualmente, e non si considera che non devono esistere standards, ma vari modi di memorizzare la storia, ponendosi, con il rigore critico che abbiamo seguito nell’analisi dei vari casi insoluti di questo studio, sulla linea del tempo. È l’ultimo atto di un collasso psicologico iniziato il 24-25 luglio 1943 e l’8 settembre successivo. Quel 25 luglio 1943 – ed intendiamo riferirci più che al “ribaltone” antimussoliniano (di cui molto resta da chiarire, specie in ordine ad un presunto accordo tra gli sfiducianti di Dino Grandi e lo stesso Duce), all’arresto di Mussolini da cui inizia praticamente la guerra civile in Italia (e qui la immane responsabilità è tutta di Vittorio Emanuele III° e dell’esercito monarchico-badogliano) - che, a nostro avviso, più ancora del 10 giugno 1940 e dell’8 settembre ’43, segna la radice nervosa della negatività della politica italiana sino ad oggi. Inneggiando enfaticamente ed entusiasticamente al 25 luglio 1943 si può stendere il lenzuolo funebre non solo sull’Italia Fascista (1919-1945 o 1914-1945), ma anche sull’Italia del Risorgimento. Tutto questo, mentre la <<staticità e rigidità del sistema di Yalta è definitivamente entrata in crisi, e con essa tutte le organizzazioni che ne sono derivate, nazionali ed internazionali. Valutazioni oggettive, basate sui reali rapporti di forza, permetteranno di ristrutturare le alleanze nel quadro di coalizioni a <<geometria variabile>>, includendo attori statali finora esclusi mentre altri perderanno necessariamente le loro posizioni. Un grande gioco geopolitico è iniziato. La geopolitica vale per tutti, Stati, industrie, religioni, e popolazioni.

Diciamo la verità: in questi ultimi dieci anni, forse più che nei passati, più che informazione, giornali, reti televisive e pubblicistica scolastica e liceale hanno fatto propaganda. Più che esprimere le proprie opinioni, mascherate da ricostruzioni magari anche polemiche, hanno riprodotto cliché e stereotipi ufficiali governativi. E, ciò che è peggio, hanno abdicato all’esercizio dello spirito critico. E allora perché mentire, perché nascondere le verità scomode, perché avere paura del dibattito censurando gli incancellabili punti di alternativa e di contestazione? Se stai dentro una caverna rimani pallido, se ti metti al sole ti abbronzi. E poi ci sono le nuvole che coprono il cielo…

Al di là delle metafore, abbiamo delineato (o cercato di delineare) con le nostre modeste ma pertinenti indagini, insomma, una realtà diversa da quella dipinta dai mass-media, ammettendo la disamina oggettiva anche di punti di vista “maledetti”, come quello dell’ex Primo Ministro giapponese Hideki Tojo, condannato a morte dal Tribunale militare Alleato dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il quale, il 10 settembre 1945, pronuncia queste parole:

<Vi è una grande differenza tra il dirigere un Paese nel corso di una guerra che si ritiene giusta ed essere un “criminale di guerra”>.

L’unico vero scopo dichiarato della nostra faticosa ricerca è stato quello di lavorare con precisione, in profondità, come un esploratore d’archivi, analizzando un’alluvione di carte, libri e documenti. Accumulando dati e stabilendo connessioni, integrando i dati per generare conoscenza. La ricerca, del resto, noi crediamo sia sempre rivoluzionaria, perché non accetta ciò che è dato da una tradizione intrisa a volte di una retorica polverosa ed insopportabile che diventa realtà chiusa e censoria. Scopo di quest’ultima è sempre la divulgazione di una “verità” filtrata dalle esigenze della politica. Uno strano modo di presentare i fatti, attraverso cui la vulgata diventa la tradizione storica ufficiale che si consolida – tramite una ininterrotta serie di menzogne e mistificazioni – in dottrina, catechismo e dogma. La ricerca accurata con spirito analitico, precisione operativa e dettaglio documentativo da noi condotta, con tutto il carico di limiti ed inadeguatezze sicuramente presenti, ha scandagliato un vasto fondale di carte ufficiali ed inedite presenti negli schedari labirintici delle collezioni archivistiche internazionali; riteniamo, comunque, per concentrare una certa attenzione sull’Italia, che abbia visto giusto chi scrive: <Ma probabilmente per essere scritta al meglio, la storia della partecipazione italiana nella Seconda guerra mondiale attende l’emergere di altri documenti, forse ancora custoditi non tanto in archivi secretati ma in abitazioni private, dove giunsero molti anni fa, al termine di peripezie da romanzo>. È molto interessante ciò che ha scritto Jorge Luis Borges:

<I popoli vinti vengono esiliati dietro gli specchi, dove sono condannati a riflettere l’immagine dei vincitori. (Ma un giorno si mettono a somigliare sempre meno ai loro vincitori e, alla fine, infrangono gli specchi e ripartono all’assalto dell’Impero)>.

È venuto il momento – noi crediamo sul serio – che gli italiani rivedano completamente da cima a fondo l’intera storia del Novecento politico e di tutta la Seconda Guerra Mondiale, dalla genesi al suo tragico epilogo, di cui ancora, noi tutti, paghiamo le conseguenze. Se qualcosa non ti è chiaro, leggilo e rileggilo, e rifletti, cerca, domanda a quanti ne sanno più di te, indaga da solo, immergiti nelle carte, fin quando non avrai capito o percepito il disegno che si delinea progressivamente. I mass-media danno notizie semplici, ma la realtà – colle sue inesauribili sfaccettature – non è mai semplice. Come sempre, dietro la cronaca, dietro la storia ufficiale, c’è molto altro…

Perché il titolo Il gioco delle ombre? Le mie indagini archivistiche approfondite, con le relative scoperte e considerazioni, possono rivelare, in ordine alla seconda guerra mondiale ed al Novecento che la precede e la segue, metodi operativi, reti di copertura, amicizie nascoste. E nel gioco delle ombre la segretezza è tutto.

I fatti narrati dalle nostre indagini rendono ancora più grave il masso che continuiamo a spingere in salita, ma sono un efficace antidoto contro il veleno della disinformazione storico-politica.

Solo per chi sceglie l’incredulità, la notte rimane buia.

Alessandro De Felice.

 

 

 


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BrunoWald
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Articolo meritevole, a prescindere dalla sua prevedibile inutilità. "Prevedibile" perché, quando la menzogna conviene un pò a tutti, chi cerca la verità è visto solo come un fastidioso disturbatore.

Come avrebbe detto il Corso, infatti, la storia del fascismo e della Seconda guerra mondiale è un insieme di menzogne su cui ci si è messi d’accordo, nell'interesse di troppa gente; anche di coloro che non ci guadagnano nulla, ma se non altro possono dormire tranquilli, grazie alle favolette rassicuranti che si sono bevuti. Chi invece "non si è messo d'accordo", chi pretende che sia fatta piena luce sulla storia del nostro paese, chi denuncia le manipolazioni e l'ipocrisia che sostanziano l'intera narrativa del dopoguerra, sulla quale si fonda questa repubblica delle banane nata e cresciuta sotto occupazione militare straniera, diventa per ciò stesso un paria, letteralmente relegato ai margini della società.

"Molti nemici molto onore", frase attribuita a Mussolini ma che, a quanto pare, non fu coniata da lui, racchiude sicuramente una verità, alla quale ne aggiungerei una seconda: molti nemici molta igiene! L'inimicizia obbliga infatti a mantenere le distanze, cosa decisamente salutare per chiunque non sia disposto ad unirsi al coro, preferendo la solitudine dell'eretico alla prossimità con cose e persone disonorevoli.

Il fatto che una prestigiosa istituzione pubblica come l’Archivio Centrale dello Stato, nell’ottica di una vasta ricostruzione dell’attività della Presidenza del Consiglio dei Ministri dal ’43 al ’48, abbia deciso tale edizione dei verbali di governo della R.S.I. <potrà far gridare qualcuno allo scandalo visto che potrebbe trattarsi di una implicita conferma della tesi che sostiene la piena legittimità del governo costituitosi intorno a Mussolini alla fine del settembre 1943 nel nord Italia>.

Ma certo che era pienamente legittimo! Il tradimento della monarchia sabauda alla nazione, non al fascismo, consumatosi tra il 25 luglio e l'8 settembre 1943, provocò il collasso dello stato e delle forze armate, nonché lo sbandamento morale di una popolazione abbandonata inerme al nemico invasore e alle rappresaglie dei tedeschi. In simili circostanze, la fondazione della Repubblica Sociale Italiana sul territorio non ancora occupato dal nemico era l'unica iniziativa possibile e doverosa per proteggere quel che restava del paese e dei suoi interessi, anche per recuperare un minimo di credibilità di fronte all'alleato e distoglierlo almeno in parte dai suoi propositi vendicativi. Sono convinto che il Mussolini dell'autunno 1943 non desiderava affatto caricarsi sulle spalle un simile fardello, ma accettò perché era l'unico ad avere l'autorità necessaria per un simile compito, ai limiti dell'impossibile.

L'entità statale fondata nel 1861 aveva ormai cessato di esistere, la sua residua legittimità era stata spazzata via con la fuga di Brindisi. Ricostruire una statualità in quelle condizioni fu un atto genuinamente patriottico, che risparmiò agli italiani sofferenze ancora peggiori, e che non certo a caso si vide immediatamente aggredito dai sicari marxisti decisi a scatenare la guerra civile, cosa che invece Mussolini avrebbe voluto evitare a qualsiasi costo. Sorgerà mai il giorno in cui agli italiani verranno finalmente raccontate queste cose? E soprattutto, saranno ancora interessati ad ascoltare?

Cosa è, allora, la storia imbavagliata della seconda guerra mondiale? Una storia autoritaria che non ammette il contraddittorio.

Non ammette il contraddittorio perché è falsa, e sa di esserlo.

Fin qui, si è trattato di fatti oggettivi. Chiuderò invece con una opinione personale:

poiché lo stato monarchico si è autodistrutto e disciolto l'8 settembre, e poiché la repubblica antifascista è nata sotto tutela dell'occupante straniero e in virtù di una frode elettorale, la Repubblica Sociale rimane a tutt'oggi l'unica entità statale legittima, costituita da italiani su territorio italiano, negli ultimi ottantuno anni.


oriundo2006 hanno apprezzato
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mystes
Noble Member
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anche di coloro che non ci guadagnano nulla, ma se non altro possono dormire tranquilli, grazie alle favolette rassicuranti che si sono bevuti.

Direi: soprattutto da costoro, dalle tante persone che cospirarono per la sconfitta con la speranza certezza di essere sottomessi felici e contenti


BrunoWald hanno apprezzato
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