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Le tenebre vanno illuminate, non distrutte o negate


GioCo
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Non si può distruggere la distruzione stessa. Questa (e altre) evidenze evidenti sempre dimenticate e sempre ricordate (ciclicamente) che ho intenzione di portare alla vostra attenzione oggi, sono la firma della nostra impronta emotiva e ci impongono la sua volontà (che non è quella da identificati) cioè la meravigliosa architettura della nostra Natura molteplice. La frase significa che se voglio porre fine a un ingiustizia, nessuna guerra potrà farlo. Una guerra può solo aggiungere ingiustizia e qualche volta con ciò spostare l'attenzione dove l'ingiustizia non c'è: così non vedi che ciò che consideri "giusto" è solo un raddoppio del danno. Stiamo andando avanti così da millenni, fate voi i calcoli di cosa significa.
 
Non c'è niente di più maestoso e potente della nostra natura emotiva ... purtroppo. Alcuni potrebbero anche pensare "meno male", immaginando alle cose migliori a cui è legata che verrebbero perse altrimenti, ma il punto è che quando si aggredisce la nostra Natura significa sempre aggredire il sistema emotivo e da questo non può che derivarne infinita sofferenza e nient'altro. Sofferenza fine a se stessa (aggiungo) per la semplice conseguenza che distruggere la distruzione non fa che moltiplicarla, qualsiasi essa sia, compresa l'emozione (distruttiva).
 
Ma a guardare bene, cosa significa "distruggere la distruzione"? Significa concepire la lotta non come sacrificio della nostra identità terrena per la salvaguardia dei perduti (cioè di coloro che non ce la fanno) apparentemente inutile, al fine ultimo e unico di salvare noi stessi dal rifiuto dell'Amore verso le Leggi Eterne che ci legano indissolubilmente al nostro prossimo e la Gioia che deriva dal cessare ogni ostilità contro noi stessi, egocentricamente, ma riportare tutto sempre a una lotta tra Bene e Male dove il Bene deve sconfiggere il Male ma è sempre un modo relativo di considerarlo. In fondo il Bene è la conservazione dell'identità terrena, l'incapacità di guardare noi stessi e le nostre miserie in via impersonale, mentre ciò che ci fa soffrire (il Male) è la dissoluzione di quell'identità e nient'altro.
 
Non è difficile accettare che l'eroe della nostra proiezione immaginifica vinca e ci riscatti dalle infinite ingiustizie di questo mondo popolato dalla disperazione, tanto almeno quanto l'ignavia. Così se stai attaccato alla TV a guardarti il telecovid quotidiano, non è colpa di un gruppo di plutocrati tecnostregoni oscuri (come Crookes che ha inventato il tubo catodico - QUI) o dei mezzi magici da loro escogitati apposta per generare assuefazione, non meno del pendolo di Chevreul, dato che seguono lo stesso principio.
 
Meglio guardarsi dentro e vedere come questa condizione ci ha aiutato a sopportare il dolore di vivere sotto il dominio dei morti subendone a lungo le conseguenze, cioè a condividere quel modo di essere che da un pezzo ha perso la capacità di guardare il futuro con speranza e allegria nonostante il dominio di quel futuro rimanga saldo in mano alle Tenebre. Perché non saranno mai quelle interiori dell'Animo umano senza il nostro consenso, cioè non possono in ogni caso generare la nostra propria disperazione (interiore) senza la nostra approvazione consapevole e partecipante nel condividerla.
 
Ma quella volontà consapevole e partecipante segue il filo distruttivo della dipendenza dalla Paura. Noi non guardiamo la TV e non smanettiamo ostinatamente (per non dire ossessivamente) sul vetro di un cellulare solo per essere assuefatti da una realtà di silicio (non notate come tutto riconduca a questo elemento?) che ci da piaceri effimeri nel suo riflettere gelido, lucido e trasparente la tenebra del nostro animo, ma per tenere fuori la Paura da cui dipendiamo come dei cagnolini ammaestrati.
 
Fuori da dove? Da Noi? Noi chi?
 
Ecco se non si introietta che l'emozione ha sempre la doppia caratteristica di essere indiretta e contro-intuitiva e quindi propria di una logica ferrea però mai immediata, tale da renderla sempre padrona assoluta di ogni nostra volontà rispetto la guida dell'attenzione (=l'emozione comanda sempre) si continuerà a dipendere da quella Paura per ignoranza. Perché le Tenebre non controllano la Paura ma l'assuefazione (=dipendenza e tolleranza) e lo fanno per mezzo dell'ignoranza che noi accogliamo volentieri, dal momento che ci risparmia la sofferenza che comporta rinunciare alla dipendenza dalla Paura (come la sofferenza che comporta la dipendenza dall'eroina).
 
E' sempre stato così e sarà sempre così.
 
Certamente un assuefazione chimica ma anche comportamentale perché non interessa solo la chimica ma l'intera struttura nervosa. Per questo un robot (che con Karel Čapek che inventò il termine era un modello biologico, quindi un bio-robot, una specie di Frankenstein che anticipa la biotecnologia moderna - QUI) sarà creato apposta e avrà apposta l'apparenza umanoide confortante, sarà cioè un qualche genere di tecno-umano libero da questa componente fastidiosa in cui noi potremo  trasformarci volontariamente. Oppure soffrire.
 
Ecco, però niente si ottiene per niente. Questa è un altra evidenza evidente. Ma quale costo avrà perdere la componente fastidiosa emotiva? Quale costo avrà non dipendere più dalla Paura? Beh, a parte l'ovvietà che non sapremo cosa abbiamo perduto, finché non abbiamo capito cos'è e a cosa serve la Paura e le altre emozioni (o se preferite perché ci accompagnano in questo viaggio nel mondo dominato dai morti) c'è il piccolo guaio che a sottendere la struttura emotiva c'è il punto di incontro tra la possibilità di ascendere, cioè comprendere la volontà cosmica quel tanto sufficiente da abbracciarla, oppure diventare semplicemente esecutori incoscienti del suo proprio ordine superiore.
 
Quello che intendo è che non c'è comunque scelta riguardo l'ordine eterno. Non esistono scappatoie e per fortuna aggiungo pure. Ma tentare di evadere dall'immutabilità al posto che arrendersi ad essa riconoscendola, corrisponde a illudersi che sia possibile farne a meno e di illusi (come i maghi bianchi o neri) è da sempre pieno il mondo. Tuttavia l'illusione non è sostenuta da motivi futili, questo è secondo me il grande errore che si commette nel giudicare con troppa leggerezza, tanto che è meglio soprassedere al giudizio, perché siamo troppo deboli. Se siamo dipendenti dalla TV (tutti e senza scampo, anche chi come me non ce l'ha e non la guarda perché ha rinunciato consapevolmente) non è per un motivo futile. Non è di certo per quella schifezza di notiziario che ci ostiniamo a seguire o criticare e non è neppure per quella specie di rituale porno-horror che è lo sport del fine settimana che serve ad alimentare interminabili discussioni tanto pleonastiche quanto appassionate per difendere la squadra del cuore. Si tratta di imparare ad affrontare queste condizioni. Come?
 
Noi dipendiamo dalle nostre emozioni esattamente come un drogato dipende dalla sua dose quotidiana e con le stesse identiche orride ripercussioni sulla nostra vita. Dovremmo farcene carico responsabilmente, iniziando almeno a riconoscerlo: un malato compie il primo passo solo quando riconosce la sua propria condizione miserabile. Che poi fosse la chiesa di un tempo con i suoi rituali a renderci miserabili o la TV e internet di questa modernità diversamente predatoria e oppressiva, non cambia niente. Schifezza era un tempo, schifezza rimane adesso. Ciò che cambia è che almeno prima sapevamo che era una schifezza e nessuno si illudeva che fosse meno che oppressiva e predatoria quella chiesa, solo si sperava che almeno la fede fosse rivolta a qualcosa di superiore, adesso invece siamo felici di accogliere la dipendenza dalla modernità che un mercanteggiare con il futuro a volte solo per l'aspetto predatorio a volte solo per quello oppressivo.
 
Dipende dal tipo di emozione con cui stiamo camminando nel deserto (spirituale) interiore.
 
Che siccome non è l'Amore verso l'Eternità e le sue leggi immutabili osservata con Gioia, noi non accogliamo la modernità intelligente e auspicabile che tanto desideriamo, nemmeno nella sua versione più minuta e vicina. Cioè la conoscenza che ci rende liberi. Accogliamo (per pura ignoranza) la tecnologia che è quella dei tecno-maghi neri (negromanti) e la intendiamo modernità. Per la logica del mondo-specchio delle superfici di vetro, ovviamente se ci raccontano che questo corrisponde a un progresso, questo realizza nel concreto un regresso. Eccovi allora ancora una volta un altra evidenza evidente tra le tantissime che rimangono nascoste dentro le sue tasche capienti.
 
Nella storia dell'Umanità io credo non sia la prima volta che si arriva alla necessità di un reset e nemmeno sarà l'ultima. Il problema non è demografico, quella è una conseguenza non una causa: siccome c'è un problema irrisolto a monte (forse anche più di uno?) allora esiste un problema demografico. Quel problema riguarda l'obbligo di perseguire pedissequamente il Male, là dove si manifesta. Uccidiamo il Male o in alternativa lo neghiamo per non affrontarlo.
 
Il Male non è qualcosa che si può affrontare con il Male. Con tutta la propaganda che abbiamo in testa, oggi questa banalità è divenuta persino rivoluzionaria. Noi abbiamo oggi una sovrabbondanza di eroi nella narrativa moderna che rappresentano la brutalità con cui si può sconfiggere il Male tramite un Male ancora più grande. La Punizione, il perseguire con ogni mezzo ciò che ci deprime l'animo, che ci danneggia, che rifiutiamo, corrisponde a non combattere l'emozione che ci incatena alle nostre responsabilità. Allora la malattia diventa un tabù che in polinesiano significava sia sacro che proibito a sottintendere l'evidenza evidente che niente di ciò che è proibito è meno che sacro e viceversa. Ma vi è un proibito che intende imporre le leggi eterne, totalmente avulse dalle ragioni umane che rimane ingestibile perché inconoscibile ed un proibito umano che sottintende ragioni emotive non affrontate: io non passo con il semaforo verde perché è solo una regola della strada, ma principalmente perché rischio un incidente e in secondo luogo la multa se passo con il rosso, entrambi dettati logici della Paura. Tuttavia la polizia o una autoambulanza possono e lo fanno a sirene spiegate e questo rende entrambe per semplice effetto osmotico sacre, non nel concreto ma nel simbolico e per questioni emotive. Infatti oltre ad essere istituzioni di ordine superiore nell'ambito civile che innalzano chiunque vi appartenga nella classifica del nostro immaginario collettivo, possiedono la sirena che funziona esattamente come le campane del campanile di una chiesa o la voce del muezzin dal minareto: propagano in orizzontale la loro influenza che è principalmente emotiva. Per contrasto un nobile o potente della terra con la torre (simbolo di potere) che oggi è il grattacielo o le antenne teletrasmittenti, intende verticalizzare un potere che immagina già terreno, fatto di ricchezza materiale e territoriale. Quelle torri gli occorrono quindi per amministrare il suo potere terreno.
 
Il Male non è affrontabile nemmeno con il Bene. Perché sia il Male che il Bene sono parziali, dal momento che sono l'uno l'antitesi dell'altro. Non può esistere nessun Male senza il suo proprio Bene. Bisogna poter comprendere entrambi separatamente quindi e poi rimetterli insieme per capire che non si può fare a meno di ciò che ne risulta, ne ha senso distruggerlo. Lo si capisce e basta. Così è un Male che io debba dipendere dalla mia paura per poter accettare la regola della strada, ma è un Bene che ciò sia condiviso a livello sociale perché il rischio di fare incidenti in generale diminuisce, tuttavia questo diminuisce anche l'attenzione alla guida e quindi è anche un Male. Però è un Bene che si possa guidare con relativa tranquillità e sicurezza anche se è un Male che l'eccesso di tale sicurezza possa portare disattenzione nel momento peggiore ...
 
Com'è facile osservare la catena di Bene e di Male è fittamente intrecciata e interdipendente e solo il limite della nostra conoscenza ci impedisce di osservare ogni dettaglio. La trama rimane fitta e sottile a livelli incredibili. Ma il punto è un altro: il Bene, dal momento che rimane totalmente complementare al Male non serve a combatterlo, serve solo ad affermarlo. Così come il corpo illuminato da un lato proietta sul muro l'Ombra, allo stesso modo illuminare solo parzialmente qualcosa proietta il Male o il Bene come Ombra nella nostra immaginazione. Basterebbe proiettare la luce in tutte e due le direzioni e sarebbe facile concludere che stiamo guardando (indirettamente) la stessa cosa da due lati differenti. O no?

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oriundo2006
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L' ontologia del male non e' quella del bene. Il male ha proprieta' differenti, non e' semplicemente il calco inverso del bene, non ne e' la sua ombra, non e' la reciprocita' intransitiva. E' molto di piu' e nello stesso tempo molto di meno. 

Il male e' il LIMITE del bene. Spostando in avanti questo limite possiamo progredire. Non lottando contro di esso lo facciamo avanzare fino ad elidere la nostra stessa coscienza nell' indistinto nulla da cui esso proviene: l' identificazione senza coscienza...e dunque l' identita' completa con 'esso' significa l'assenza della nostra essenza piu' verace. Ponendo dei limiti, delle barriere alla sua potenza lo costringiamo entro i nostri limiti, le nostre barriere necessarie alla nostra sopravvivenza: il male occupa un tempo/spazio nostro...ed e' necessario studiarne le mosse e poi eliderlo definitivamente prima che ci faccia sprofondare nell' indistinto abisso 'arcontico' da cui proviene. Anche se ha forma umana non e' umano. Anche se si e' incarnato in diverse epoche con diverse vesti, non e' soggetto. Anche se si presenta ingannevolmente nelle vesti del bene, non lo rappresenta, non puo' rappresentarlo perche' non lo e': la sua potenza e' tale solo se gli concediamo la nostra esistenza. 

In sintesi, non  ne abbiamo bisogno per la nostra vita. Nasce e si afferma nella negazione di questa nostra vita, della nostra essenza piu' profonda, nella condizione orribile in cui ha ristretto l'umanita', prendendovi il posto dell' Essere Supremo attraverso il consenso che certuni hanno dato in cambio del potere, potere che non puo' che esercitarsi nella distruzione, nella negazione ontologica perche' questa e' identica alla sua essenza/assenza. La sua natura e' egoisticamente parassitaria, replica se' stesso nella sua identita' negativa in tanto in quanto la applica, e la puo' applicare, la puo' estendere ai disgraziatissimi soggetti umani proprio nella nostra estrema difficolta' di difesa contro di 'esso': ma i soggetti non sono la sua proprieta', non ne e' il 'padre' perche' la sua ontologia e' appunto differente. 

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GioCo
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Postato da: @oriundo2006

L' ontologia del male non e' quella del bene. Il male ha proprieta' differenti, non e' semplicemente il calco inverso del bene, non ne e' la sua ombra, non e' la reciprocita' intransitiva. E' molto di piu' e nello stesso tempo molto di meno. 

Forse sarebbe meglio distinguere il Male ancestrale e oscuro, certamente vicino a quello che descrivi, lontano dalla coscienza collettiva ma vicino al nostro subcosciente (qualcosa che riguarda gli incubi più inconfessabili) che possiamo intuire (volendo) per la parte di influenza che esercita sulle nostre vite, ma questo interessa da sempre una ristretta cerchia di individui, non la massa.
 
Poi c'è un altro Male, più vicino e piccolino che è quello inscritto nel rapporto tra preda e predatore o negli eventi avversi del nostro quotidiano, cioé qualcosa di molto più prosaico e immediato. Questo era il Male a cui mi riferivo e che scrivo con la M maiuscola perché è il Male concreto della massa, quello riferito al piccolo malandrino domestico che poi provoca atti delatori ad esempio. Un virus può essere certamente inteso anche come un Male che promana da quel basso astrale oscuro e potente, ma non puoi descriverlo di certo come qualcosa che ti fa ammalare solo se glielo concedi, no? Non credo che al netto di persone con psicopatologie specifiche (in ques'era discretamente comuni) si possa trovare chi desidera la malattia. Almeno razionalmente parlando.
 
D'altronde è difficile capire dove stia il Bene nell'ammalarsi, soprattutto in questo momento dove la malattia è di certo una scusa per ottenere politicamente altro.
 
Ma come ripeto spesso, non esiste l'atto univoco: una torre è simbolicamente un contrafforte difensivo ma se ci stai dentro mentre crolla diventa il suo esatto rovescio. Non esiste modo di agire per provocare il Male per il Male in via assoluta e definitiva. Però è vero che mano a mano che l'atto si fa denso di significati malvagi evidenti è per noi esseri limitati più difficile carpirne il lato positivo, perché l'orrore ci tiene distratti.
 
Se nel più leggero (ma diffuso) Male riusciamo a trovare questo lato positivo per non farci distrarre, diventa poi possibile tentare di risolvere anche quelli gravi. Se no, no. Quindi va da se che piuttosto che combattere battaglie surreali grandiose, forse conviene prima guardare a quelle a noi più vicine e piccoline. O no?

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oriundo2006
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Le une dipendono dalle altre. La presa di possesso, nella nostra stessa coscienza, del Nemico ovvero l'abbassamento di coscienza verso la volonta' cattiva, voluto e provocato ad esempio con le droghe o l' alcool, o meno, provoca a cascata tutta una serie di atti e di fatti che sono come 'instradati' nella direzione maligna, come d' altra parte tenere a distanza la degradazione impedisce la sua messa in atto o la sua ripetizione. L' e' dura...specie in questa dannata nostra epoca, dove qualsiasi atto o fatto richiede per esser compiuto in modo appropriato un enorme dispendio energetico...ed e' sovente difficile se non impossibile capire cosa sia meglio: spesso le alternative portano entrambe a risultati dannosi. Ultimamente rivaluto molto il 'wu wei' della filosofia antica cinese...in tanti casi l' unica soluzione e' non prendere posizione almeno pubblicamente, riservandosi le forze per agire poi quando il momento e' piu' favorevole. Ma sai qual'e' spesso il nostro nemico segreto ? La bonta' d' animo. E dunque capisci come il Nemico abbia colonizzato nel profondo l'animo umano.

A proposito, ho scoperto qui:

https://reseauinternational.net/confucius-epousera-t-il-marx/

delle considerazioni interessanti, che nel tempo avevo dimenticato. Tra le altre, il laissez-faire e' solo l' applicazione economicista del famoso detto cinese: ai suoi tempi, Adam Smith l' aveva copiato da Quesney, grande specialista del pensiero cinese ( e suo grande deformatore in senso suprematista occidentale...ma ca vas sans dire... ). Grattate grattate ... dietro il pensiero occidentale c' e' sempre un saggio orientale che millenni prima l' ha detto. Ma e' davvero applicabile il wu wei nel campo morale ? 

Ciao


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GioCo
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Postato da: @oriundo2006

[...] Ma e' davvero applicabile il wu wei nel campo morale ? 

Mah, ammetto la mia totale ignoranza circa il Tao. Ma istintivamente provo una profonda diffidenza perché il suo taijitu è un simbolo che si pretende sia pansemiotico, cioé capace di rappresentare il tutto che secondo me rimane distante da qualsiasi considerazione umana ne vogliamo fare ed è bene ci rimanga per quel che mi riguarda (sigh! 😶 ). Poi a guardare bene i cinesi, sarà millenaria e di altissimo profilo la loro filosofia, ma a me sa più di inculata. Non a caso piace sempre a chi non ha un ca%%o di meglio da fare che cumulare gratifiche e potere. Cmq grazie alla tua a muzzo scopro adesso che il mio pensiero sembra rifarsi alla teoria del significato di C. S. Peirce ripresa poi da Eco per la definizione della pansemiotica (?!). Non sono sicuro, superficialmente sembrerebbe che si accosti al tipo di approccio che ho riguardo la comunicazione, ma ho sentore che ci sia anche qui la fregatura. Mi riprometto di approfondire la questione che mi è oscura anche perché tendo a tenermi lontano da elucubrazioni troppo dotte, dal momento che dimostrano spesso di esagerare "alla Kant" e poi finiscono per sparare epiche ca%%ate ... o lavorare per confondere con i paroloni. Ma hanno un seguito agguerrito con cui non mi interessa proprio confrontarmi, dal momento che il risultato più probabile è di riempirmi la testa poi di altrettanta confusione che mi costringe a lambiccare il cervello per sciogliere i loro nodi gordiani. Già successo troppe volte ...

 


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Truman
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Una nota: "Invece di maledire il buio, accendi una candela." E' una frase che alcuni attribuiscono a Confucio ed altri a Lao Tze.


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GioCo
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Postato da: @truman

Una nota: "Invece di maledire il buio, accendi una candela." E' una frase che alcuni attribuiscono a Confucio ed altri a Lao Tze.

Avevo già risposto alla suddetta diverso tempo fa. Si può iniziare dicendo che il buio non si maledice per il semplice fatto che rappresenta ciò che non vediamo e per ciò di cui ignoriamo spesso l'esistenza. Quindi è una tautologia, più che una perla di saggezza: si pretende che il buio sia conoscibile pur rimanendo buio. Se poi la candela si vuole rappresenti la conoscenza, basta dire che nel cosmo pieno com'è di attività stellare non domini la luce. Non si capisce quindi perché dovrebbe una candela in una stanza.
 
Non bastasse si può sempre ricordare che una candela non illumina necessariamente la stanza interamente, ma può renderla tetra e piena di ombre, non illumina necessariamente ciò che conviene, ma può illuminare noi e a volte è per questo molto più saggio che rimanga spenta: nel buio delle profondità marine una luce che si accende non è quasi mai un buon segno.

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