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TecnoEvo


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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In futuro questo periodo sarà indicato come l'inizio dell'era dell'Acquario (QUI) o "TecnoEvo" ("tecnicamente" iniziato nel 2020) un periodo in cui si è verificato il passaggio verso la tecnologia (etimologicamente "arte oratoria" oggi traducibile in pratica con "informatica" e "internet") o salto cognitivo dove inizia ad avere per le persone più importanza il logos tecnico della stessa vita corporea, cioé del rapporto con il quotidiano "selvaggio" privo del tecno-mediatore del logos. Come ad esempio accade nella percezione o nell'intuizione che sono più frequenti nel mondo animale.

Anzi diventa sostitutiva, non tanto nel comportamento quanto nell'atteggiamento. Cioé nel modo di disporsi o di presentarsi, come riflesso di un determinato stato d'animo oppure anche come forma deliberatamente assunta di comportamento. In sostanza non solo ingegneria del comportamento, ma anche predisposizione a comportarsi in modo ingegnerizzato e non più etico (più avanti specifico, comunque ricordo che "ethòs" riguarda l'abitudine, l'uso, la consuetudine, il costume, il carattere, l'indole e si contrappone all'abuso o malcostume). In questo il ruolo "educativo" dei nuovi media, come la TV, il cinema, internet è certamente centrale, in primis la necessità di farci accettare a tutti costi "l'invadenza" costante, continua, pressante che il mediatore tecnologico ha nella società e nelle mente di ogni individuo, come una lama che affonda nella carne viva dell'umanità.

Un esempio su tutti è il bambino che inizia in tenera età a imparare a intrattenersi giocando con lo smartphone o il tablet o con altra tecnologia di punta che verrà nel tempo poi calata nella vita di tutti i giorni.

Se la tecnologia (come principio) definisce quest'era antropologica, la colonna portante della prima parte di questo periodo in occidente sarà senza alcun dubbio il tecnoschiavismo. Cioè l'abuso strumentale della tecnologia per dividere le masse fondamentalmente per grado e tipo di dipendenza che ognuno conserverà rispetto il mediatore tecnologico. Un accenno di questo lo vediamo in Cina con l'attribuzione di "punti" premio a seconda di come viene valutato da una I.A. il cittadino e con ciò quindi viene riformulata a tutto vantaggio di una parte dell'umanità rispetto un altra, l'idea di "contratto sociale". Di fatto per accedere ai vantaggi del contratto sociale del tecnoevo sarà sempre più necessario cedere in cambio diritti che diventano per ciò da "bene inalineabile comune" a privilegio per pochi. La mancanza di questi vantaggi però non si tradurrà esattamente in una "scelta" di campo, ma in una guerra ideologica che non avrà nulla di diverso rispetto quelle del passato ad esempio tra socialismo e liberismo. A parte le apparenze dietro le quali verrà nascosta.

In realtà sotto la crosta malcelata rimarrà "la vecchia clava" della prepontenza, cioè l'uso strumentale di un mediatore fisico per fini possessivi che diventa solo più evoluto esteticamente, non nel principio. Spiegherò questo concetto partendo da una similitudine, il tecnorazzismo della ideologia gender.

Però sono obbligato a fare una premessa fondamentale. Quando parlo di tecno-qualchecosa quel "qualcheccosa" conserva la radice semantica astratta originaria ma cambia radicalmente il suo significato in virtù del quandro semantico più vasto che la comprende che in questo caso è il principio tecnologico appena esposto.

Così quando parlo di "tecnorazzismo" non intendo affatto indicare il razzismo classico, come quello tra bianchi e neri o tra vatussi e pigmei. Se si conserva la radice semantica, cioé l'idea che si possa dividere l'umanità in gruppi equamente distinti e distinguibili per tratti somatici per poi valutarli singolarmente come "più" e "meno", defindendo il classico "popolo eletto", la sua versione tecnologica non distingue affatto su base biologica, anzi non cerca proprio tratti corporei distintivi che invece amalgama indistintamente apposta (ricordate la pubblicità di Benetton? tipo QUI) perché rinnega il corpo esaltandolo (su questo torno più avanti). Il tecnorazzismo è puramente "tecnico" (cioé basato sulla parola, sulla "techné" - arte) o potremmo dire in altri termini più pratici "l'affermazione -con la forza- della supremazia del principio sulla realtà" indipendentemente dalla verifica pragmatica (vi invito a leggere con calma QUI a proposito). Soprattutto quando il principio in specifico non è per nulla attinente alla realtà. Questo perché ad affermarsi è la virtualità sulla realtà, dal momento che ciò che noi intenderemo (e intendiamo ora) per "virtuale" nel tecnoevo è l'idea narratologica della realtà, cioè di quello che ci raccontiamo potrebbe o crediamo dovrebbe essere (ad esempio "Matrix"). Se parliamo di "come natura crea" non parliamo di natura o di creazione, ma di una specifica frase pubblicitaria ben connotata che identifica una specifica industria dolciaria che non ha neanche a che vedere con ciò che si potrebbe definire "sano" dal punto di vista alimentare a meno che biscotti e merendine di origine industriale non siano per voi il massimo del "sano" e del "naturale". Tipico quindi del tecnorazzismo è il "tecnostracismo", che ha una connotazione precisa, quella di ribaltare specularmente la semantica, si diceva un tempo "ribaltare le frittate" ma senza che l'interlocutore se ne possa rendere conto. Lo fa in un modo "innocente", non se ne rende conto, esattamente come un posseduto perché è un posseduto.

Tecnicamente posseduto! Cioé dalle parole "chiuse in se stesse" ad anello (soprattutto) e quindi anche dalla tautologia e dalla sua nemesi -distribuzione equa- che è nella declinazione pratica di adesso l'intelligenza artificiale che si autodefinisce tale (intelligenza) senza esserlo in quanto artificio, simulazione, tentativo di scimmiottare esteriormente, come nella recita.

In questo caso parleremo quindi di "anello perverso" o di abuso cognitivo semantico. Tornando quindi ora al tecnorazzismo gender iniziamo a capire che con il gender e il razzismo non c'entrano niente e qui c'è il primo bias cognitivo GRAVE che possiamo osservare, tra la logica linguistica pragmatica (cioé il comunicare in modo "etico") è l'abuso del linguaggio in senso tecnico e distopico, alienante o "esagerato" (implicitamente "per scelta" non cosciente perché se fosse cosciente diventerebbe automaticamente una "non scelta" cioé una scelta assurda, grottesca, paradossale, in quanto distruttiva e/o autodistruttiva ma fatta sotto l'insegna positiva opposta, di segno contrario).

Nella realtà il gender attiene all'esigenza (sempre esistita nell'umanità) di non aderire (=non accettare cocciutamente) rispetto le sembianze date biologicamente. Siccome non ci scegliamo colore della pelle, altezza, sesso e tante altre caratteristiche alla nascita, perché non possono essere chieste da chi poi le rivestirà prima di nascere, se nel corpo che maturi non ci ritrovi un sesso riconoscibile (come un altro aspetto) è un bel guaio. Vero e grosso pure. Non bisogna però cadere nel razzismo classico e pensare che non essendo un "nostro" problema, allora chi ce l'ha è "malato" o comunque un "minus quam perfectae" rispetto le norme sociali, cioé da sanzionare moralmente, deprecabile. Ancora più grave sarebbe "psicologizzare", fregandosene di tanti aspetti cruciali, come il nostro sentire interiore che per quel che ne sappiamo potrebbe rimanere parallelo all'educazione e fare riferimento a qualcosa d'altro, infinitamente più intrigante se arrivasse prima del corpo. Una sorta di "storia extra-corporea", come un informazione non-biologica che abita il corpo e si distingue come "diversa". Il semplice fatto che possiamo coltivare comportamenti che rifiutano il corpo in cui abitiamo (da sempre e a prescindere dalla cultura) ci suggerisce infatti che non è empiricamente possibile immaginare di ridurre tutto alla componente biologica.

Paradossalmente quindi il gender esprime una possibilità, suggerisce cioé qualcosa più sulle nostre origini che del sessismo in sé ed è per questo che più che averne paura dovremmo averne massimo rispetto e guardarlo con estrema attenzione curiosità, soprattutto se "non è un nostro problema".

Viceversa invece il tecnorazzismo gender cosa fa? Mutua questo aspetto e lo rovescia di senso, lo rende un problema sociale giustificato da norme (sempre sociali) di natura repressiva che tendono al giudizio morale, tipo "gender è sbagliato". Se fossi credente sarebbe come dire a questo punto (sempre per padarosso) che "anima è sbagliata" in quanto ente distinta dal corpo che possedendolo potrebbe benissimo non riconoscerlo proprio, non aderire a ciò che abita, come noi in una casa "tecnicamente" nostra, attribuibile a noi, non riusciamo però a "sentirla" nostra, al punto da doverla cambiare.

Questo discorso pare a favore del gender e in un certo senso è così, ma il punto è il mediatore tecnico, la parola, non il concetto sottostante. Se infatti dico che a casa mia non sto bene, chi può osare dissentire o condannarmi? Nessuno che abbia buon senso. Ma se dico che "non possiedo" casa mia, la faccenda cambia.

Radicalmente.

La prima domanda infatti protrebbe essere: "in che senso, scusa?". In che senso non riusciamo a dire di possedere una casa che è la nostra? Nel senso che tecnicamente può essere "posseduta" da un ente terzo non meglio precisato a prescindere dalla nostra volontà che ne esercita una distinta (di volontà) e la usa per fini e scopi divergenti rispetto ai nostri. Oggi ad esempio basta un inserto elettronico interfacciato con i neuroni del cervello, abbiamo la tecnologia per realizzarlo. Ma è importante capire il concetto non la declinazione concreta che poi può assumere che è molteplice, imprevedibilmente molteplice.

Basta infatti la parola a stabilire una forma di possessione, non è necessario arrivare all'elemento fisico intrusivo, ma questo elemento dal momento che diventa probabile denuncia la bontà del principio fisicamente.

Abbiamo detto che il tecnorazzismo gender non ha molto a che vedere con il gender e nemmeno con il razzismo secondo il loro significati "classici". Il tecnorazzismo infatti non fonda le sue radici sulla diversità di orientamento di genere ma sulla possibilità tecnica di cambiare genere che è infinitamente diverso. Infatti il problema di non sentirsi bene nel proprio corpo può essere fisico, tanto quanto una possessione eseguita con mezzi elettronici non ci farebbe sentire "in noi" (=padroni di quel che facciamo) ma non c'entra niente con la possibilità tecnica di seguire o meno un percorso di cambiamento di genere che attiene la possibilità residua che abbiamo di compiere quella scelta volontariamente. Chi infatti stabilisce che ha senso fare una scelta del genere? Le parole che nella loro radice rimangono ambigue.

Infatti un passo sulla scelta di genere dovrebbe essere molto ragionato, perché devastante sotto infiniti punti di vista. Non è un giochino e non è come "comperare biscotti", ma è palese che l'industria che promuove la tecnologia non può fare altro che spingere sul tasto dell'ambiguità e di certo l'ultima preoccupazione è di rendere i propri potenziali clienti consci di cosa si tratta, altrimenti diventa impossibile promuovere il prodotto o anche solo creare l'esigenza. La scelta infatti diventa automaticamente una "non scelta" se diventiamo coscienti che l'esigenza è stata creata artificiosamente. Ma è peggio di così: dal punto di vista simbolico dare potere alla tecnolgia di cambiare genere significa consegnare a un profittatore le chiavi di accesso al nostro corpo a livello umano e biologico TOTALE, cioé dare il nostro consenso (quasi-informato) perché qualcuno (totalmente ignoto) abbia la possibilità di accedere a sua discrezione alle nostre facoltà psicofisiche, integralmente. Ad esempio creando un patogeno "alla bisogna" (sua). Che può avere obbiettivi militari. Ma per farlo c'è sempre la necessità di "chiedere un consenso" che renderebbe altrimenti il maleficio (del possesso) impossibile. Anche quello più moderno rispetto la buona vecchia clava.

In cambio di promesse non mantenibili perché basate su tautologie, tipo "come natura crea". Così cambierai genere.

Quindi cosa si fa? Si chiude in un bias cognitivo (anello perverso) il concetto per poterne fare abuso apposta!

Semplicemente con le parole, cioè con un atto magico, ed è qui che iniziano i guai seri e concretamente drammatici, in un infinita cascata di conseguenze via via sempre meno controllabili, a tutti i livelli ma in primis (per ovvi motivi) sociali. Perché l'abuso richiede controllo e il controllo richiede sicurezza che esercita possessione che implica abuso e via così ad anello in relazione semantica satanica (perversa) sempre più accelerata e omnicomprensiva del nostro spazio di significazione (che noi oggi tendiamo a chiamare per questo "proiezione di potenza" - QUI).

Ne più e ne meno che l'Anello di Sauron: più lo usi più ne abusi. Fino alla distruzione tua e di ciò che ti circonda, cioè all'esaurimento del carburante (=significazione) che alimenta quell'abuso.

Così vale per le terapie e la farmaco vigilanza, tanto quanto per la fruizione di spazi abitativi e pubblici, come pure per la partecipazione alla vita politica e al confronto dialettico, ad esempio con l'idea che possa esistere un "fake newser" che anticamente chiamavano "bugiardo" che però diventa preminente rispetto la notizia. Per ciò non conta più la "news" ma chi la pronuncia che deve essere un canale controllato che possa garantire la sicurezza della bontà della notizia e che quindi ha bisogno d'esercitare una forma di possesso (=esclusivo) che implica per forza un abuso che richiederà sempre più controllo e via che si attiva un altro anello perverso sempre più distruttivo.

Quando quindi parliamo di tecnoschiavismo intenderemo qualcosa che conserva il concetto astratto ma non centra niente con lo schiavismo classico. Ad esempio, nella transumanza di corpi tra l'Africa e l'Europa, è evidentissima la differenza con lo schiavismo della prima ora: tanto per cominciare con un altro bias cognitivo è lo stesso soggetto che si fa schiavo e paga pure salato per diventarlo!

Ma per noi che non dobbiamo compiere traversate della fortuna con il sogno dell'eldorado di una vita comoda all'occidentale e di un lavoro remunerativo, ne più e ne meno dei cercatori d'oro del vecchio west, per "sistemarci", perché siamo già sistemati, la storia non cambia. Cambia il tipo di ricatto, perché l'abuso è sempre fondato sul ricatto, dato che è con quello che si "firma il contratto sociale" di natura satanica per dare tutto in cambio di niente.

Ad esempio, si mette in forse il lavoro e si costringe la gente con questo trucco a fare una terapia genica sperimentale spacciata per vaccino "che ci salverà tutti". E' ormai un segreto di pulcinella che non salverà proprio nessuno e non garantirà un bel fico di nulla, a parte forse tanti "speriamo" e un posto di lavoro sempre più vacante per tutti (proprio per questo) come già mostrato (tipo chi viene licenziato solo per aver espresso dubbi sulle terapie geniche sperimentali o sull'opportunità che siano rese obbligatorie) dall'impossibilità di esercitare quel diritto fondamentale. "Colpiscine uno per educarne cento", dice il saggio proverbio.

Pochi vedono l'insieme, la traiettoria storica antropologica trasversale di natura "spirituale" (nel senso dello "zeitgeist" o spirito del nostro tempo) e si tende invece a farne una questione settoriale di volta in volta, politica, economica, difensiva, legale, culturale o quant'altro, perdendo di vista il quadro generale che le investe solo TUTTE.

Se non faremo quindi il passo essenziale di fare nostro quel quadro generale, nessuno potrà salvarsi da questo rivolgimento storico antropologico, traendone la lezione più importante, in un certo senso nuova e in un altro sempre la stessa: la tecnologia, cioé l'arte del logos, non può essere esercitata come fine a se stessa, cioé predicata come forma di possessione, senza cadere nella perversione e nella sua stessa schiavitù.

Anche se ne soffriremo sempre la tentazione.


Citazione
orckrist
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 361
 

Sono un appassionato di fantascienza e, purtroppo, mi trovo a pensare che tutto questo assomiglia tanto al film "QUINTET" di Robert Altman.

In questo film a far da corollario alla trama principale (che sembra lasciata in sospeso alla fine), l'ambientazione, il modo di muoversi e la psicologia dei personaggi ci sono una miriade di particolari, di frammenti che rimangono appena abbozzati e sospesi come qualcosa riflesso in uno specchio e colto di sfuggita.

Ma innescano strane linee di ragionamento che mi portano spesso a pensare: "Questo sembra proprio quello che sta succedendo ora, guarda come quello assomiglia a questa cosa che leggo...." 


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