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Viy, breve approfondimento


GioCo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Esistono almeno due pellicole di Viy, una del 1967, molto più fedele al racconto di Gogol a cui si rifanno entrambe, l'altra del 2011.

Non ho ancora terminato di vedere la più vecchia delle due pellicole (mi macano gli ultimi 20 minuti) ma posso già accennare alcune importanti differenze. Come ci si poteva attendere gli "effetti speciali" sono adeguati al tempo di produzione delle due opere, ma mentre quella del 2011 si permette una recitazione abbastanza approssimativa e lascia che lo spettatore rimanga appagato più che altro delle splendide scenografie, quella del '67 colpisce per la carica espressiva teatrale che "riempie" la povertà delle scenografie (quasi tutte in ambiente libero) e nonostante le evidenti differenze culturali che ci separano dai protagonisti "cosacchi", non è difficile in questo caso comprendere bene ogni singola situazione e manifestazione emotiva degli attori. La storia fila via liscia, ma il ritmo è completamente diverso: frenetico quello del 2011, "salmodiato" quello del 1967. I canti corali che donne e uomini ci offrono nei vari momenti rituali dello scandire degli eventi, sono semplicemente stupendi e mi richiamano alla mente come anche noi, quando eravamo contadini, avevamo l'abitudine di cantare coralmente nelle diverse occasioni.
Cantare (insieme ad altri) ha una funzione non solo celebrativa, ma "mette in fase" o "accorda" pensieri e ragioni, costruisce legami affettivi solidi, compatta l'identità di gruppo. Noi lo possiamo vedere ancora negli stadi e nei concerti in cui le persone cantano i testi insieme al cantautore, oppure in chiesa in rare occasioni in cui ancora si partecpia coralmente alla funzione.

Questa seconda pellicola è forse una delle più potenti produzioni di quel "realismo magico" di cui Gogol spesso è stato additato come un precursore. In verità l'autore afferma nel proprio scritto (questo specifico) d'aver semplicemente riportato (così come lo ricordava) un racconto popolare delle sue terre di origine e in effetti Viy o Wiy è un entità demoniaca la cui tradizione originaria risale a quelle popolazioni, la cui particolarità sta nelle palpebre che coprono uno sguardo che uccide.
Nelle terre però cosacche, dove la religione che si è imposta è quella ortodossa, gli stessi hanno finito per diventare difensori dei confini del territorio russo dello Zar e difensori della fede ortodossa contro tartari e turchi. i Cosacchi tendevano però a creare tensioni, a causa del loro tradizionale stile di vita libero ed insofferente verso l'autorità. Perciò anche in Russia i Cosacchi si rivoltarono spesso contro i voivoda, rappresentanti locali del potere centrale scelti fra la nobiltà russa i quali spesso si appropriavano dei beni destinati alla comunità, ma talvolta anche contro il governo stesso.

Da queste radici si capisce perché poi la rivoluzione d'ottobre iniziò proprio in queste terre (prevalentemente ucraine) quelle che adesso gli anglofoni ci dicono dovrebbero essere "liberate dai russi", come al solito con uno spessore e sensibilità culturale vicino allo zero assoluto.

Piccola aggiunta: Gogol passo del tempo in Italia, dove conobbe grandi del nostro passato e si innamorò di Dante, tanto che volle realizzare un opera ispirata a queste radici che però è rimasta incompiuta. Tuttavia è indubbio che la più alta produzione artistica dell'uomo che forse più di tutti rappresenta la radice culturale russa ha potuto elevarsi alla sua massima espressione dopo aver soggiornato in Italia.
Sapendo questo e guardando come la massa tende a rivolgersi sognante alla migliore produzione aglocentrinca, mi chiedo: ma noi dobbiamo proprio essere sempre così c...i da martellarci le palle e saperci "sudici italioti" per nessuna ragione?!


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GioCo
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Ho appena finito di vedere l'ultima parte che mi mancava e il confronto tra le due pellicole (piccolo refuso, quella più recente è del 2014) è forse molto più interessante di quello che credevo.

Nel racconto di Gogol non c'è l'incontro tra le due culture, quella inglese e quella cosacca, immersa nel panorama dei confini meridionali russi, così come ci mostra la pellicola più recente, che forse è un tentativo di recuperare una riconciliazione rispetto a una spaccatura tutta unilaterale e voluta dalle strategie dei neocon, tentativo di riconciliazione che si fonda su una base condivisibile di valori comuni (il riferimento continuo è a Newton e alla ricerca scientifica di stampo inglese dell'epoca, un aggiunta libera rispetto al racconto originale).

In verità in Vij del 1967 (non Viy come viene più spesso tradotto) è un demone che permette alla strega di avere la meglio sul cerchio magico che protegge il protagonista, ma può romperlo solo se lo stesso posa su di lui lo sguardo. Quindi l'idea che il demone possa uccidere con lo sguardo rimane fedele alla tradizione nella pellicola del 1967. In questo film tuttavia, non è un prete ortodosso a pregare tre giorni per l'anima della figlia del capo del villaggio (ricordiamo che i capi cosacchi sono scelti dai nobili russi) ma un filosofo e qui c'è la classica componente grottesca e satirica di Gogol, che da una parte indica come la filosofia sia inutile senza la fede e dall'altra come la pratica filosofica, quando si scontra con l'ingnoto e incrocia lo sguardo delle cose che non si possono guardare, non fornisce gli strumenti cognitivi adatti al malcapitato e fallisce miseramente il compito di affrontarli (in antitesi esatta del sottinteso della pellicola del 2014) conducendo verso la morte chi è costretto alla prova. Tuttavia anche la strega fallisce, perché dopo il terzo giorno non arriva a soggiogare il filosofo, non spezza la sua volontà nonostante lo uccida di paura, perché quell'uomo rappresenta anche la tensione del confine tra la cultura russa e quella greca e mediterranea e le origini di una tempra che per noi è difficile da immaginare oggi, ma che rieccheggia nelle nostre tradizioni in quelle gesta di San Paolo, che incitano a resistere nonostante qualunque avversità.

Personalmente non sono un fan della resistenza a ogni costo, ma non posso non notare che ci restituisce un significato importante che si riduce alla parola "speranza", una parola che per noi in questo momento di estremo buio dello spirito, è un sinonimo di "resistenza".


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