Arte e potere - 1
 
Notifiche
Cancella tutti

Arte e potere - 1


[Utente Cancellato]
Reputable Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 365
Topic starter  

Metto in libri perché il secondo post successivo a questo sarà su un testo antico poco conosciuto ma considerato una delle testimonianze più importanti dell'originario volgare italiano, se non ricordo male inserito in qualche canone non so se dall'Accademia della Crusca o da qualcun altro:

"I salterelli dell'Abbrucia sopra i mattaccini di ser Fedocco"

di Agnolo di Cosimo detto il Bronzino, pittore allievo di Pontormo il quale a sua volta era allievo nella bottega di Andrea del Sarto dove aveva come compagno di apprendistato il Rosso Fiorentino, un pregresso che se guardato con attenzione spiega il senso, il destino letterario e soprattutto politico della raccolta di versi del Bronzino.
Bel titolo risonante, molto rinascimental toscanaccio, scritto più che in "volgare" in argot o volendo essere precisi in linguaggio jonadattico:

"Mentre che ’l Gufo ruguma e la frotta
gli cresce intorno degli scioperoni,
Bertuccia, toi de’ fogli e de’ carboni,
fammel da’ piedi infin alla cicotta..."

o anche

"Sarebbe mai la vostra galeotta
ita a traverso o smarriti i padroni
che d’agli, aringhe e sugo di stoppioni
non ci avete, tant’è, fatto condotta?
Noi speravamo — o nostra sempliciotta
fede! — aver di coreggie e busecchioni
copia e di cervellate e zibaldoni..."

Splendida espressione di quel mondo rinascimentale vitalissimo in bilico fra osterie malfamate e arte sublime, fra sensualità sfrenata, promiscua, ambigua e amore per l'armonia perfetta delle forme, fra recupero dell'antico e rinnovamento radicale, fra scienza nuova e magia antica.
Espressione di libertà individuale innanzitutto.
O forse del suo contrario...

Primadellesabbie rilevava appunto la contraddizione fra la libertà della ricerca intellettuale nel rinascimento e il dispotismo delle signorie politiche.
Forse è una condizione costitutiva dell'arte che in quanto "arte" non è altro che una modalità dello spirito e della conoscenza asservita a un'altra modalità che la priva della sua autonomia e la rende funzionale a sé stessa trasformandola appunto in una "attività" intrinsecamente subordinata chiamata "arte", da considerarsi dotata di momento veritativo e conoscitivo "limitato" o meglio "da limitare con attenzione". In ogni caso che non può essere compresa "direttamente", quello è consentito solo alla modalità dominante che è quella logico deduttiva, ma solo attraverso metafore il che in sostanza significa "in forme che rendono impossibile trasformarle in progettualità" (difficilissimo da dire in due parole...).

Per introdurre il tema vi linko tre fra i passaggi chiave del film di Derek Jarman su Caravaggio.
Michelangelo Merisi, giovanissimo, di umili origini (non si sa bene storicamente quanto umili ma certamente la sua ascendenza non era paragonabile all'aristocrazia romana) viene "educato" dai principi cardinali di Roma che ne intravedono il talento. Una educazione "completa" che lo mette immediatamente su un piano di netta superiorità di fronte ai suoi simili (di estrazione sociale).
La "completezza" di questa educazione, e della precedente vita picaresca del pittore adolescente, viene rappresentata con discrezione ma in maniera molto esplicita.
Michele ha quindi qualcosa di un po' imbarazzante nella sua vita ma l'essere grande artista già affermato da ragazzino lo mette nella condizione di chi non solo non si macchia delle brutture del mondo ma che sa perfettamente come rispondere all'uomo del popolo che gliele rinfaccia.
Caravaggio quindi impara istintivamente per primissima cosa a trattare il popolo (da cui egli stesso proviene) con l'ironia e l'indifferenza un po' sprezzante del rampollo di una famiglia della ruling class.

Qui dal minuto 17:34 fino a 19:15 ("Catholic" in inglese significa anche "ambiguamente eclettico")

https://www.youtube.com/watch?v=82EgRa9RW-U

Perché sceglie il disprezzo invece della sovversione?
La chiave del film è proprio nella tardiva e confusa presa di coscienza politica dell'artista di fronte al potere.

Michele ha capito come la classe dominante tratta e considera il popolo ma non comprende di essere lui stesso popolo, oggetto e tramite dello sfruttamento di classe.
Accecato dalla libertà dal bisogno datagli dalla protezione dei suoi patroni crede di essere "parte della famiglia" (in seguito glielo dirà il Papa stesso ma facendogli capire che lo è solo in condizione di servo) e quindi non può fare altro che desiderare di ripetere anche lui in prima persona il dominio e lo sfruttamento di classe su quelli che pure sarebbero i suoi fratelli di classe sociale.

Da 19:53 a 22:00, così all'ultimo vedete come mette in posa gli uomini del popolo per rappresentare la storia sacra. Li tratta dall'alto in basso nel suo atelier ma un tormento interiore lo porta sempre a cercare la loro compagnia anche se non ha il coraggio di avvicinarglisi se non nelle modalità che gli hanno insegnato i principi (notevole la resa della seicentesca bettola romana).

https://www.youtube.com/watch?v=82EgRa9RW-U

La storia è un po' lunga e si complica abbastanza fino al bellissimo colpo di scena finale.
Ma poco prima c'è la presa di coscienza di fronte al Papa ossia al potere supremo, quello vero, non disponibile a farsi incantare dalle grazie giovanili e artistiche di Michele.
Caravaggio ormai adulto improvvisamente comprende che quel mondo aristocratico gli è estraneo e ostile e si affida al proprio prestigio di artista per chiedere al Papa una grazia per l'amico in carcere.
Lì in Vaticano capisce finalmente di essere solo un servo; prima il nipote del Pontefice, il cardinale Scipione Borghese, lo accoglie parlandogli per la prima volta da superiore a inferiore, poi il maestro di cerimonie gli insegna le regole del cerimoniale che prevedono l'inginocchiamento, il bacio dell'anello e un atteggiamento di sottomissione totale davanti al Santo Padre e infine il Papa stesso, al termine del colloquio, gli rivela la verità, chi è lui in quanto artista, quale distanza siderale lo separa dalla classe dominante ma, e qui è il dramma, ormai anche dal popolo.

Da 130 fino a 109

https://www.youtube.com/watch?v=82EgRa9RW-U

Dopodiché il colloquio con Ranuccio aprirà definitivamente gli occhi di Michele non solo sulla sua condizione, come con il Pontefice, ma sulla sua irreversibile sconfitta esistenziale.
Nel film la malattia che porta alla morte Cravaggio non è dovuta al sole di Porto Ercole o a una delle varie patologie che gli sono state attribuite ma è solo ed esclusivamente un male dell'anima, quello di uno spirito miracolosamente rimasto integro che scopre di esistere solo in quanto sottomesso, di non avere né la forza né più il tempo per ribellarsi, che quindi si spegne sentendo che è venuta meno quella possibilità di libertà che sentiva come unico motivo valido per vivere.

Dicevo in un altro post che "conta la finalità".
Intendevo dire che qualsiasi creatività o ricerca culturale deve avere come fine la ribellione concreta e attiva al sistema di potere basato sul dominio e lo sfruttamento altrimenti si sta semplicemente cercando di essere cooptati o ci si sta, consapevolmente o no, mettendo pienamente a servizio.
Se lo si fa consapevolmente si perde qualsiasi autentica creatività, se lo si fa inconsapevolmente si mantiene la creatività ma si sublima la ribellione in forme fini a sé stesse, che rinviano continuamente una presa di coscienza che però rimarrà sempre attiva sottotraccia generando quel disordine caratteristico della vita dell'artista.
Il film di Derek Jarman va oltre e illustra in maniera drammatica cosa accadrebbe se la presa di coscienza avvenisse consapevolmente e per intero.


Citazione
Condividi: