18 gen
Argentina 2010. Come Bergoglio capitanò e perse la battaglia sul matrimonio gay
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L'annunciato "Family Day" del 30 gennaio a Roma contro l'incombente legge sulle unioni omosessuali sta creando un forte attrito ai vertici della conferenza episcopale italiana, tra il presidente Angelo Bagnasco e il segretario generale Nunzio Galantino.
Galantino ha fatto intendere che un sostegno della CEI alla manifestazione non ci sarà e ha detto che se un vescovo vorrà parteciparvi "potrà farlo ma non potrà pretendere che vi partecipino tutti gli altri vescovi". E sulla legge in cantiere ha fatto capire che la ritiene accettabile, salvo che sulle adozioni e sul ricalco delle unioni omosessuali sul matrimonio tra uomo e donna.
Il cardinale Bagnasco, invece, ha anzitutto imposto al quotidiano della CEI "Avvenire" di dare rilievo e apprezzamento alla manifestazione del 30 gennaio. Cosa che puntualmente il giornale ha fatto a partire dal 16 gennaio, rompendo il silenzio dei giorni precedenti.
Inoltre, lo stesso 16 gennaio, Bagnasco ha telefonato a Kiko Argüello, fondatore del Cammino Neocatecumenale, per incoraggiarlo a partecipare in massa al Family Day, ben sapendo che nella precedente manifestazione del 20 giugno l'apporto del Cammino era stato determinante per portare in piazza migliaia di famiglie.
Kiko ha aderito di slancio e ha riferito all'agenzia Zenit della telefonata del presidente della CEI e del suo sostegno:
"È importantissimo che i vescovi italiani siano uniti a noi, perché altrimenti saremmo lì soli ad esporci, a farci dire che siamo ‘omofobi’ e cose del genere. Non è vero, dietro a noi c’è la Chiesa che ci sostiene in questa difesa della famiglia cristiana a cui si sta facendo tanto del male".
Ma soprattutto, domenica 17 gennaio il cardinale Bagnasco si è pronunciato in pubblico contro la bozza di legge nel suo intero impianto: "una grande distrazione da parte del parlamento rispetto ai veri problemi dell’Italia". E ha dato il suo sostegno al Family Day: una manifestazione "condivisibile" e dalle finalità "assolutamente necessarie".
Il 25 gennaio la CEI ha in programma la sessione invernale del suo consiglio permanente e quindi si prevede che vi saranno scintille.
Galantino ha sempre fatto mostra di agire su mandato diretto di Francesco. Ed è verosimile che in questo caso sia così, essendo nota la ritrosia del papa a portare la Chiesa in piazza, per battaglie di questo tipo:
> Alle unioni gay Bergoglio non dice di no
Fino all'ultimo, però, ci sarà un margine d'incertezza su ciò che Francesco farà, senza escludere delle sorprese, visto come agì nel 2010 quando un'analoga vicenda interessò la sua arcidiocesi di Buenos Aires e l'intera Argentina.
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In quell'occasione Jorge Mario Bergoglio rimandò a casa i cattolici che s'erano attestati davanti al parlamento per una veglia di preghiera contro l'incombente approvazione del matrimonio omosessuale. Li convinse a "evitare la contrapposizione".
Lasciò però trapelare una lettera che aveva scritto a delle monache carmelitane di clausura, in cui incolpava il diavolo di sobillare i politici pro-gay, con espressioni molto colorite, e chiedeva preghiere.
I particolari di quella vicenda sono stati ampiamente ricostruiti in questi servizi di www.chiesa:
> Bergoglio, il generale che vuole vincere senza combattere (10.3.2014)
> Contro il matrimonio gay il generale Bergoglio mandò all'assalto le suore (15.11.2013)
> Diario Vaticano / Sei voti in più per le unioni "gay" (10.6.2013)
Nel 2010 la legge sul matrimonio gay fu comunque approvata dal parlamento argentino. Ma ancora oggi si discute se a far precipitare il tutto non sia stato proprio il comportamento di Bergoglio.
Attendibili fonti cattoliche di Buenos Aires ci hanno fornito nei giorni scorsi ulteriori informazioni sulla vicenda. Che si possono così riassumere.
La lettera di Bergoglio alle monache carmelitane, fin lì segretissima, apparve all'improvviso l'8 luglio 2010 non sull'agenzia ufficiale, l'AICA, dell'episcopato argentino, ma sul sito web dell'arcidiocesi di Buenos Aires, evidentemente per volontà del suo arcivescovo.
Fu una bomba. La lettera invase i media e anche l'AICA dovette alla fine pubblicarla. Per giorni e giorni in Argentina non si parlò d'altro, fuori e dentro il parlamento, dove i sostenitori della legge avevano buon gioco a irridere le espressioni usate da Bergoglio contro il diavolo e contro di loro.
Il più acceso promotore della legge, il kirchnerista Miguel Pichetto, ostentò il suo stupore per il fatto che "una persona tanto intelligente come il cardinale" si esprimesse così. La stessa presidente Cristina Fernández de Kirchner si dichiarò allibita di fronte a "questo ritorno al Medioevo".
Fino all'8 luglio in Argentina si erano svolte numerose e affollate manifestazioni contro la legge. E in parlamento non era affatto sicuro che i favorevoli al matrimonio gay fossero in maggioranza.
Ma dal giorno della pubblicazione della lettera tutto cambiò. Lo scontro si polarizzò tra l'oscurantismo della Chiesa e i lumi del "progresso". Il 14 luglio ebbe inizio in parlamento il dibattito conclusivo e nella mattinata del 15 il matrimonio gay passò con una maggioranza di soli 3 voti.
Effettivamente, all'epoca, tra molti cattolici impegnati in difesa della famiglia c'era disagio per le espressioni usate nella lettera da Bergoglio, che in pubblico si era sempre pronunciato con estrema misura.
E anche oggi, come allora, molti si chiedono se la sua mossa di rendere nota una lettera siffatta non abbia avuto un effetto controproducente. Di fatto agevolando l'approvazione della legge.
Le fonti cattoliche argentine ci hanno chiesto di non rivelare la loro identità, perché "se a Roma c’è un 'new establishment' ecclesiastico che rende ciò pericoloso, anche qui a Buenos Aires conviviamo con esso da tempo".
Prepariamoci al presepe con due Giuseppi...
Prepariamoci al presepe con due Giuseppi...
magari vestiti da drag queen, sarebbe alquanto discriminante nonché fascista e omofobo vestirli in maniera classica quindi fallocentrica e maschilista
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