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LA FINE DELLA LIBERTA’: VERSO UN NUOVO TOTALITARISMO?


mystes
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Pubblico la “Premessa” di questo straordinario libro di Gore Vidal (pubblicato nel 2001) per ribadire (qualora ce ne fosse bisogno!) il concetto che la paternità del terrore nel mondo e delle guerre fomentate e no sono ESCLUSIVAMENTE del globalismo nordamericano. Vidal dà un elenco a lui noti degli assassinii politici ordinati dagli Stati Uniti. Ai nomi di Lumumba e di Allende occorre aggiungere quelli di Saddam Hussein e di Gheddafi, all’epoca ancora vivi, veri DELITTI orchestrati con la proditoria volontà di uccidere. Auspico che le parole di Gore Vidal siano di ammonimento a coloro che ancora si illudono di vedere negli Stati Uniti il simbolo della libertà e della democrazia! Quando è vero il contrario: è proprio da oltre-oceano che giungono le minacce e i pericoli contro la nostra libertà e contro la nostra sovranità politica e finanziaria!

 

Alcuni lettori, considerando l’immagine di copertina - la Libertà imbavagliata - penseranno che, se i miei scritti sono stati così ampiamente pubblicati negli Stati Uniti, sebbene in maniera discontinua, allora non può esserci censura. I miei scritti che vertono su argomenti delicati vengono però pubblicati con riluttanza, e solo perché, in cinquant’anni, mi sono guadagnato una schiera di lettori fedeli. Tuttavia, ora che l’America ci dà dentro più del solito, con la sua guerra perpetua per la pace perpetua, si è impedita la pubblicazione del primo saggio che appare in questo volume.

Dopo gli eventi dello scorso 11 settembre, Arno J. Mayer, professore emerito di Storia a Princeton, uno dei nostri più illustri intellettuali, ha scritto Untimely Reflections (‘Riflessioni inattuali’), in cui spiega perché è successo quel che è successo. Nessuno ha accettato di pubblicarlo, neanche «The Nation», con cui io stesso collaboro. Alla fine, è uscito su «Le Monde». Ecco alcuni passaggi che agli americani - a meno che non conoscano il francese o, adesso, l’italiano - non è concesso leggere.

In epoca moderna, fino a oggi, gli atti di terrore individuale sono stati l’arma dei deboli e dei poveri, mentre gli atti di terrore economico e di Stato sono stati l’arma dei forti. In entrambe le forme occorre naturalmente distinguere tra obiettivi e vittime. Questa distinzione è quanto mai chiara al riguardo del fatale attacco al World Trade Center: l’obiettivo è uno dei maggiori simboli e fulcri del potere economico e finanziario globale; la vittima è la forza-lavoro, sventurata e (parzialmente) subalterna. La distinzione non si applica all’attacco al Pentagono, il comando militare supremo - l’ultima ratio regum - della globalizzazione capitalista, anche se ha provocato, per utilizzare il linguaggio del Pentagono, danni “collaterali” in termini di vite umane.

A conti fatti, dal 1947 gli Stati Uniti sono stati l’avanguardia e il principale esecutore del terrore “preventivo” di Stato, agendo però esclusivamente nel Terzo Mondo e dunque in maniera notevolmente dissimulata. Oltre ai consueti colpi di Stato durante la guerra fredda, operati in competizione con l’Unione Sovietica, Washington ha fatto ricorso all’assassinio politico, a squadroni della morte e a riprovevoli paladini della libertà (fra i quali Bin Laden). Ha orchestrato l’uccisione di Lumumba e di Allende; ha provato a fare lo stesso con Gheddafi e Saddam Hussein; ha posto il proprio veto contro qualunque sforzo di mettere un freno non solo alle violazioni di accordi internazionali e risoluzioni ONU da parte di Israele, ma anche al terrore preventivo che questo Stato ha esercitato.

Come in Europa sappiamo, «Le Monde» è un giornale intellettualmente alto e di tendenza moderata, che da sempre sostiene Israele. E il professor Mayer, da parte sua, la “laurea” se l’è presa nei campi di concentramento.

 

 

 

 

 

 


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