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Popolo di destra e popolo di sinistra


Tibidabo
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Nelle visioni olegrafiche della borghesia il popolo è uno e indivisibile.
Nostalgie rousseauviane del mitologico buon selvaggio ad usum burghesiorum.
Il quale borghese, come è nel patrimonio genetico di questa classe intermedia, non ha il coraggio di agire davvero e si limita a piagnucolare di idealistiche ingiustizie di cui - guarda la coincidenza - le prime vittime sono quelli che gli stanno immediatamente sotto...ma la colpa non è sua anche se è lui a infliggerle materialmente per conto dei dominanti...e poi sì...forse...ma è una dolorosa necessità......la colpa autentica è del sistema...infine...

"sapeste cosa dobbiamo passare anche noi...che vi credete..."

Lo sarebbe anche lui vittima, se si opponesse al potere, ma mica è scemo il borghese; la sua prudente mitologia consolatoria immagina un mondo perfetto dove solo alcuni malvagi singoli che si comportano male - i cattivoni - sono i responsabili della decadenza e di qualsiasi altro male.
Cambiare il sistema? E non si può...altrimenti...il borghesino capirebbe che lui per primo dovrebbe compiere qualche sacrificio...
Invece "il popolo è uno solo" quindi gli fai quello che vuoi, è abituato a soffrire, non è un insieme di persone differenziate e quindi anche se amputi qua e là c'ha sta caratteristica curiosissima che torna "uno" come prima..."

"eh, bella cosa essere popolo...peccato che io non lo sono però mi sono tanto simpatici..."

Il popolo è altro, anzi era altro.
Oggi il popolo è diventato massa senza forma cioè un agglomerato socialmente e culturalmente entropico in cui gli ultimi fermenti di cambiamento e ribellione sono sommersi da una marea strabordante di indegnità, vigliaccheria e complicità senza rimorso con il potere.

Ci sono i rimasugli del popolo vero, quello che non si arrende ma è rimsato senza guida, e accanto c'è il popolo massa, la cui unica idea "politica" pensabile è quella di vendersi sottomettendosi all'uomo forte di turno;un popolo che il potere coltiva con il preciso intento di depotenziare definitivamente gli ultimi conati di ribellione.

Quelli che Marx descrive così:

"Col pretesto di fondare un'associazione di beneficenza il sottoproletariato di Parigi era stato organizzato in sezioni segrete; ogni sezione era diretta da agenti bonapartisti; alla testa della Società vi era un generale bonapartista. Accanto a comuni mascalzoni in dissento, dalle risorse e dalle origini equivoche; accanto ad avventurieri corrotti, feccia della borghesia, vi si trovavano vagabondi, soldati in congedo, forzati usciti dal bagno, galeotti evasi, birbe, furfanti, lazzaroni, tagliaborse, ciurmatori, bari, ruffiani tenitori di postriboli, facchini, letterati, sonatori ambulanti, straccivendoli, arrotini, stagnini, accattoni, in una parola, tutta la massa confusa, decomposta, fluttuante, che i francesi chiamano la bohème. Con questi elementi a lui affini, Bonaparte aveva costituito il nucleo della Società del 10 dicembre. Società di beneficenza, - in quanto i suoi membri, al pari di Bonaparte, sentivano il bisogno di farsi della beneficenza alle spalle della nazione lavoratrice. Questo Bonaparte, che si erige a capo del sottoproletariato; che soltanto in questo ambiente ritrova in forma di massa gli interessi da lui personalmente perseguiti, che in questo rifiuto, in questa feccia, in questa schiuma di tutte le classi riconosce la sola classe su cui egli può appoggiare senza riserve, è il vero Bonaparte, il Bonaparte sans phrase"


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