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Balene uccise per gioco alle isole Feroe


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Da alcune settimane sulle pagine di internet e via mail dilaga un appello-protesta che recita: "Vergogna in Danimarca: stop alla strage di balene". In realtà è doverosa una precisazione: non si tratta di Danimarca, bensì delle isole Fær Oer, arcipelago danese a sud dell'Islanda, dotate di un proprio governo (sono diventate una regione autonoma del Regno di Danimarca dal 1948) che stabilisce indipendentemente le regole della caccia.

La Danimarca, dal canto suo, non sostiene apertamente la caccia commerciale delle balene, ma la consente nelle isole Feroe e nella Groenlandia, sostenendo che parte del Regno danese non fa parte dell'Unione europea. Inoltre non si parla di balene in senso stretto ma di balene-delfino o meglio "balene-pilota" (cetacei della specie Globicephala melas, Famiglia Delphinidae) note anche come globicefali, che raggiungono la lunghezza di 5-7 metri e un peso di oltre due tonnellate.

Detto questo, su tutto il resto nulla da eccepire: si tratta di una vera e propria mattanza. E senza una reale ragione (non che una ragione possa renderla più giustificabile): la carne di questi cetacei, inquinata da tossine e metalli pesanti, non è conforme agli standard dell'Unione sugli alimenti per il consumo umano e quindi non commerciabile. Si tratta quindi di puro "divertimento": una strage che si perpetua ormai dal lontano 1709, nell'indifferenza e il silenzio generale.
La denuncia è arrivata dalla Sea Shepherd Conservation Society la società fondata nel 1977 dal Capitano Paul Watson, cofondatore anche di Greenpeace.
La macellazione - testimonia l'associazione - avviene a colpi di ascia, martelli e uncini trasformando le terse acque della costa in un mare di sangue. Gli animali, per natura miti e socievoli, si muovono in branchi numerosi solitamente composti da femmine con i piccoli. Attirati dai motoscafi che tendono a disorientarli si avvicinano alle baie in cerca di cibo e, una volta arenati a riva, vengono brutalmente uccisi dagli abitanti sotto gli occhi incuriositi perfino dei bambini che per l'occasione restano anche a casa da scuola e poi saltano, divertiti, sulle carcasse. Migliaia i cetacei uccisi (se ne contano almeno 2000 ogni anno) che gridano e si lamentano per le ferite mortali.
Nonostante le balene del Nord Atlantico siano considerate specie protetta dalla "Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitats", le Fær Oer hanno un proprio governo che stabilisce indipendentemente le regole della caccia: e che quindi consente questo orribile massacro.
Una strage che ricorda quello che avviene ogni anno al largo di Taiji in Giappone dove vengono uccisi circa 20.000 delfini destinati alle industrie alimentari e ai ristoranti o (i più "fortunati") ai delfinari e ai circhi acquatici.
Proprio il Giappone è tra i Paesi dove ancora continua la caccia alla balena, in barba al bando mondiale per scopi commerciali sancito nel 1986 con una moratoria dall'IWC, la Commissione Baleniera Internazionale. Con la scusa della caccia a fini "scientifici" la Norvegia, l'Islanda (dal 2006) e il Giappone uccidono (illegalmente) ogni anno almeno circa 1400 balene. Che finiscono poi nei piatti dei ristoranti.
Sono almeno due milioni le balene uccise nell'ultimo secolo: l'Unione Mondiale per la Conservazione della Natura nel suo rapporto ha identificato 13 (delle 80 esistenti) specie di cetacei a rischio di estinzione, mentre di altre 39 non si hanno dati certi.
La cattura e l'uccisione avvengono in modo violento: l'arpione viene sparato da un cannone ed entra nel corpo della balena a una profondità di 30 centimetri per poi esplodere. L'arpione però non riesce sempre a uccidere la balena all'istante ma solo dopo mezzora o anche un'ora di lenta e atroce agonia.

Roberta Marino
Fonte: www.liberazione.it
8.01.2009


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