Questa fotografia (che fa parte della serie di fotografie vincitrici del World Press Photo 2019 nella sezione Nature – Storie) è stata scattata il 26 maggio del 2017 a Ulan Bator, in Mongolia e ci mostra un Umano che depone a terra dei Falchi morti. Sullo sfondo un cavo elettrico traccia una linea parallela all’orizzonte. Il cavo non è ritratto nella fotografia per caso.
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Mi domandavo come mai notavo che i falchi erano sempre più rari. L'avevo spiegato con la catena alimentare, ossia probabilmente i topi od altri animali che cacciavano erano avvelenati da pesticidi o veleni vari, che i falchi, essendo consumatori secondari, concentravano nel loro corpo. Teniamo presente che nei cinghiali sono stati ritrovati i "ricordi" di Chernobyl, ossia isotopi radoattivi: la catena è vegetali o funghi>cinghiali. Non so come siano le linee elettriche in Mongolia, ma qui da noi l'alta tensione (gli elettrodotti) hanno una distanza dei cavi più che sufficiente. Rimane la media-bassa tensione: però, anche 50 anni fa le linee a medio-bassa tensione erano ad una distanza di circa 30 centimetri, oppure isolate. Bisognerebbe avere pià dati per capire, da noi, il fenomeno.
Putroppo noto che nonostante le linee eletriche abbiano già parecchi decenni di presenza sul territorio (in italia l'elettricità ha iniziato a circolare tra i paesi tardivamente per via del territorio aspro, basta leggere le testimonianza di de Martino sul territorio del sud italia per capire che anche negli anni '70 rimanevano vasti territori isolati) non c'è uno studio serio e approfondito sul loro impatto ambientale che evidentemente non si argina con l'interramento, in quel modo viene solo reso meno esplorabile e al solito così si rimandano i problemi "a dopo". Se tanto mi da tanto, cosa dovrei pensare delle infinite installazioni per la diffusione in etere di frequenze radio? Del satellitare? Del wi-fi? Della telefonia mobile? Delle installazioni radar? Insomma di tutte le infinite altre installazioni che fanno largo uso di fonte elettromagnetica?
L'elettromagnetismo è un altro problema, peraltro mai ammesso dai governi, però per salvare i falchi (se questa è la ragione della loro diminuzione) basta distanziare più i cavi. Secondo me, c'entra l'uso massiccio di pesticidi, più che le linee elettriche. O si fa uno studio approfondito, epidemiologico, oppure non si cava il ragno dal buco. Comunque è vero: un tempo era normale vedere un falco volteggiare nel cielo, oggi è un evento raro.