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IL FUTURO DELL'ARGENTINA


mystes
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Javier Milei, candidato della destra, è in testa alle elezioni presidenziali argentine. Aderente alla Scuola Austriaca di Economia, è contrario all'intervento massiccio dello Stato in economia e favorevole a un intervento minimo dello Stato. È laico, favorevole ai valori della vita e contrario alle agende globaliste.

Chiunque conosce l'Argentina sa che il Paese ha bisogno di una grande riforma per smantellare il modello economico creato da Perón, che è durato quasi un secolo e ha generato instabilità e povertà storiche. Ma Milei sarà in grado di superare quest’ostacolo?

La storia politica dell'Argentina si divide in prima e dopo il peronismo.

Il 4 giugno 1943, un colpo di Stato militare inaugurò un nuovo governo e Juan Domingo Perón assunse la carica di Segretario del Lavoro e della Previdenza Sociale, per poi essere eletto presidente per due mandati con un discorso a favore delle masse e dei lavoratori; favorì l'estensione del sistema pensionistico, la creazione del salario minimo e della tredicesima. Allo stesso tempo, Perón fu accusato di accogliere in Argentina personaggi dello sconfitto regime nazista in Germania.

Peron tornò al potere nel 1973 ma morì l'anno successivo, lasciando al suo posto la moglie Isabelita, che fu deposta due anni dopo da un altro colpo di stato militare. Nei sei anni successivi si ebbero sette presidenti.

Il segno indelebile che rende questo modello politico insostenibile ancora oggi è la natura assistenzialista dell'alta spesa non legata alle entrate e, proprio come accadde in Brasile con Getulio Vargas, le politiche assistenzialiste si sono istituzionalizzate come modello di stato sociale permanente. L'Argentina non ha mai più raggiunto il livello di sviluppo dell'epoca pre-peronista.

Nel 1983, Raül Alfonsin, un avvocato legato all'Internazionale Socialista, vinse le elezioni presidenziali. Pur opponendosi a Peron, adottò misure simili a quelle del suo avversario. Divenne famoso per aver creato il Piano Austral, che però non servì a contenere la disoccupazione, che sfiorava il 10%, e l'inflazione, che raggiunse il 209%.

La soluzione fu quella di rivolgersi al Fondo Monetario Internazionale (FMI), che richiese tagli alla spesa pubblica. Vista però l'inerzia del governo nell’adottare le misure richieste, il Fondo negò ulteriori crediti. Alfonsin cercò anche di congelare i prezzi e i salari, di smettere di stampare moneta, di organizzare tagli alla spesa pubblica e di creare una nuova moneta. I sindacati si opposero al blocco dei salari e gli imprenditori a quello dei prezzi. Sotto pressione, il presidente non riuscì a contenere l'inflazione, inoltre anche i grandi esportatori si rifiutarono di vendere dollari alla Banca Centrale. L'Austral si svalutò e l'alta inflazione si trasformò in iperinflazione.

Le elezioni presidenziali del 1989 si svolsero durante questa crisi, quando il giustizialista Carlos Menem vinse le elezioni. Alfonsin trasferì il potere a Menem cinque mesi prima del previsto perché non poteva più affrontare la crisi. Menem decise allora di risolvere il problema economico con la dollarizzazione dell'economia, una formula non sperimentata ma già praticata in Argentina fin dagli anni '80. Menem fu l'ennesimo che non riuscì a riformare lo Stato giustizialista, e alla fine del XX secolo la crisi economica e l'instabilità tornarono al galoppo. Cinque presidenti furono insediati e poi dimessi in meno di tre anni!

Nel 2003, giunse al potere Néstor Kirchner, anch'egli del partito giustizialista, con promesse di riforme di ampio respiro che non furono realizzate: al contrario, Kirchner appaltò i lavori pubblici, senza riuscire a contenere la povertà, che raggiunse il 25% della popolazione attiva.  Kirchner e la moglie aumentarono la loro ricchezza personale e furono protagonisti di scandali di corruzione, in uno dei quali Cristina fu riconosciuta responsabile e condannata a sei anni di carcere. 

I Kirchner riuscirono a governare solo dilazionando la crisi, elevando in modo inverosimile il debito pubblico, che fu la causa di una iperinflazione. Logorato anche dalla crisi del 2008/2009, il giustizialismo sembrava essere stato definitivamente sconfitto da Mauricio Macri, il candidato della destra. Pia illusione!

Macri assunse la presidenza dello stato con i conti in rosso, una crisi di sfiducia tra il pubblico e gli investitori, poche riserve federali, un'inflazione al 30% su base annua. Il governo Macri decise di stabilizzare il peso, dando maggiore libertà al tasso di cambio. Le quote di esportazione delle materie prime furono ridotte, ma le misure di austerità timide e incerte non produssero risultati certi. La strategia di una riforma lenta e insicura non ha prodotto risultati soddisfacenti tra il governo e l’opposizione. Nel 2019, l'inflazione ha toccato il record del 56% annuo, la disoccupazione è salita dall'8 al 10% e la percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà è salita dal 29 al 35%. Senza idee e risorse politiche, Macri fu sconfitto dal candidato socialista Alberto Fernandez.

L'attuale presidente è l'immagine di tutti i problemi passati e presenti del Paese.

Fernandez ha dovuto affrontare la stessa crisi e annunciare misure che producono l’effetto contrario seminando rabbia e discorda tra la gente, in poche parole un doppio disastro. Il tasso d'inflazione, secondo gli ultimi dati dell'Indec, era del 115,6% nel giugno 2023, più del doppio rispetto al momento dell’inizio del nuovo governo. Le misure socialiste del suo governo hanno anche allontanato gli imprenditori e la povertà ha colpito più della metà della popolazione. Tormentato dalla sua scarsa popolarità, Fernandez si mostrava responsabile rinunciando alla rielezione.

Questo scenario triste e preoccupante sarà il palcoscenico di Milei, il quale non deve dimenticare che la più grande tragedia del passato è consistita nel fatto che coloro che emersero per riformare lo stato e le istituzioni finirono per soccombere. Gli argentini sono ancora in attesa di un lieto fine che potrà aversi solo attraverso riforme sane e responsabili dello Stato.

Milei, se vincerà le elezioni, avrà la maggioranza al Congresso per le sue riforme? Il popolo vuole davvero questo cambiamento o è disposto ad accettare qualsiasi opzione? La via d'uscita sarà di nuovo la dollarizzazione dell’economia? O quella di eliminare la banca centrale? Attendiamo le risposte a queste e altre domande nei prossimi capitoli di questa telenovela argentina!

Fonte:

  https://lpbraganca.com.br/milei-vai-enfrentar-peron/

Traduzione: mystes

Questa argomento è stata modificata 7 mesi fa da mystes

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Martin
Trusted Member
Registrato: 2 anni fa
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Chi conosce l' Argentina sa che e' un Paese di fannulloni, parassiti, perdigiorno e ciarlatani. Su 45 milioni, solo 9 milioni lavorano e pagano le tasse, per mantenere altri 20 milioni di pensionati e sussidiati. C'e' poco da fare, chi lavora in Argentina e' un idiota, perche' l'argentino medio lavora solo se soffre la fame: la poverta' gli fa un baffo.  Milei cerchera' di costringerli a lavorare, ma prima, massimo a marzo-aprile 2024,  ci saranno violenti e sanguinosi scontri di piazza, per difendere il diritto peronista a non fare un emerito cazzo tutto il giorno ed a ricevere sussidi.

Se ci sara' una reazione seria ai disordini di piazza (repressione e arresti di massa), forse il Paese avra' chance di recuperarsi. Se invece prevarranno le sirene evocanti il capitalismo cattivo, finiranno nell'anarchia e nella poverta' ancor piu' generalizzata.

Tutto qui, il resto sono chiacchiere. Per chi conosce l'Argentina, ovviamente. Gli altri possono cullarsi nei loro sogni e nelle loro ideologie....


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oriundo2006
Famed Member
Registrato: 2 anni fa
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Non sono stato ( ancora ) in Argentina ma la situazione è simile a tutta l' America Latina, credo. Quando popoli interi fanno così è perchè sono stati duramente vulnerati da ferite inferte loro nel passato e mai più rimarginate.

Probabilmente un ampio e duraturo 'scavo' storico nelle ragioni di questa disaffezione verso la vita civile deve esser ancora intrapresa, ma temo che la stagione dei vari Bergoglio più che incitare a rendere ragione alle vittime sia uno schiaffo alla memoria del passato ed anche un sedativo per non indagare più di tanto e darsi alla vita giorno per giorno.

Sempre quando si indagano le ragioni profonde delle azioni collettive ci si imbatte nei presupposti valoriali fondamentali e questi devono esser tenuti in adeguata considerazione, sia quelli lontani nel tempo sia quelli vicini, insieme si capisce al ruolo delle elites 'civili' che, a quanto ho potuto leggere, si sono intersecate in modo decisivo con le vicende della massoneria locale ed internazionale.

In attesa di un reset profondo, che sicuramente avverrà, probabilmente servirà un parlar chiaro senza illusioni di nessuna sorta: ma ci si può attendere questo da politici selezionati proprio per tacere ed occultare ? E si potrà attingere a quelle riserve di volontà ed azione che da sempre giacciono nel profondo della coscienza collettiva di ogni popolo ? 

Penso che l'Argentina, chiedendo ed ottenendo l'adesione ai BRICS si stia muovendo per un reinizio, sperabilmente senza nè lacrime (alla greca ) nè sangue ( come altrove ). Tutta la sovrastruttura delle varie nazioni sta vacillando in connessione ai mutamenti indotti dal modo di produzione cibernetico. Anticiparne gli effetti o semplicemente mitigarne le applicazioni pratiche sul lavoro e la vita attende anche da noi la sua attuazione.


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mystes
Noble Member
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Post: 1457
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In attesa di un reset profondo, che sicuramente avverrà, probabilmente servirà un parlar chiaro senza illusioni di nessuna sorta: ma ci si può attendere questo da politici selezionati proprio per tacere ed occultare ?

No, questi politici tutto sanno fare (soprattutto rubare) meno quello di parlar chiaro e di essere onesti!


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