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Obama: La persecuzione di John Kiriakou


fasal75
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Originale italiano con link: http://znetitaly.altervista.org/art/7626

di Peter Van Buren – 12 settembre

Espongo la cosa secondo il principio che i relatori militari amano chiamare BLUF, Bottom Line Up Front, la sostanza in primo piano: nessuno, tranne John Kiriakou è chiamato a rispondere della politica statunitense della tortura. E John Kiriakou non ha torturato nessuno, ha solo rivelato la cosa.

In una galassia molto, molto lontana
Tanto tempo fa, con voti mediocri e nessuna abilità atletica, feci domanda per una borsa di studio Rhodes. Immagino che il comitato Rhodes della mia scuola avesse bisogno di far pratica e mi ritrovai sottoposto a un rigoroso esame orale. Ecco quale fu la domanda finale che mi fu sparata per mettere alla prova la mia capacità di pensare moralmente e con giustizia: Sei un soldato. Il tuo prigioniero ha informazioni che potrebbero salvarti la vita. L’unico modo per ottenerle è torturandolo. Cosa fai?

All’epoca, un milione di anni fa, in un paese che non esiste più, la mia ovvia risposta fu “mai torturare, mai svilirti, mai sacrificare la propria umanità e la propria anima, nemmeno a costo della vita.” La mia reazione viscerale: diventare un torturatore era una forma di morte civile. (Oggi un universitario, dopo gli anni di Bush degli “interrogatori potenziati” […], probabilmente fornirebbe dettagli sulle tecniche specifiche da impiegare). Il mio supervisore mi disse poi che la mia risposta era uno dei pochi momenti positivi di un colloquio per il resto spettacolarmente naufragato.

E’ di dominio pubblico che dal 2001 a circa il 2007 il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) ha autorizzato atti di tortura commessi da appartenenti alla CIA e da altri. Le torture hanno avuto luogo in prigioni segrete (“buchi neri”) contro persone detenute indefinitamente senza processo. Sono state descritte in dettaglio ed esplicitamente autorizzate in una serie di memorandum sulla tortura stilati da John Yoo, Jay Bybee e Steven Bradbury, legali di alto livello del Comitato Legale del Dipartimento della Giustizia. (L’ufficio degli avvocati del Comitato Legale risponde, tecnicamente, direttamente al Dipartimento della Giustizia, che si presume indipendente dalla Casa Bianca, ma che ovviamente non lo è stato in questo caso). Nessuna di quelle persone, né i capi del Dipartimento della Giustizia, è stata chiamata a rispondere delle proprie azioni.

Alcuni prigionieri torturati sono stati addirittura uccisi dalla CIA. Il procuratore generale Eric Holder ha recentemente annunciato che nessuno sarà ritenuto responsabile neppure di tali omicidi. “Sulla base della completa documentazione sviluppata a proposito dei fatti riguardanti le due morti,” ha affermato, “il Dipartimento ha rigettato l’incriminazione perché le prove ammissibili non sarebbero state sufficienti per ottenere e giustificare una condanna oltre ogni ragionevole dubbio.”

Jose Rodriguez, un alto funzionario della CIA, ha ammesso di aver distrutto registrazioni video di prove potenzialmente ammissibili, che mostravano le torture di prigionieri da parte di agenti del governo USA in una prigione segreta, ritenuta localizzata in una ex base tailandese dell’era della guerra del Vietnam. Non è stato chiamato a rispondere della distruzione di tali prove, né del suo ruolo nelle torture di esseri umani.

Solo John Kiriakou
Il solo uomo, nell’intero arcipelago degli orrori segreti degli Stati Uniti, che affronta l’incriminazione è l’ex agente della CIA John Kiriakou. Del numero incalcolabile di uomini e donne coinvolti nell’intero spettacolo da incubo di questi anni, un solo uomo finisce in carcere.

E, naturalmente, non ha torturato nessuno.

Le accuse contro Kiriakou gli imputano di aver violato, nel rispondere a domande di giornalisti a proposito di sospetti che la CIA avesse torturato detenuti sotto la sua custodia, la Legge Anti-spionaggio, un tempo una legge oscura del tempo della prima guerra mondiale che mirava a punire gli statunitensi che davano aiuto al nemico. Era stata approvata nel 1917 ed era stata oggetto, già da allora, di parecchi dubbi del Congresso. Kiriakou è una delle sei fonti di rivelazioni interne al governo accusate in base a tale legge dall’amministrazione Obama. Dal 1917 alla salita al potere di Obama, solo tre persone erano state in tutto accusate su tale base. Il Dipartimento statunitense della Giustizia afferma che l’ex funzionario della CIA “ha rivelato a giornalisti informazioni riservate, tra cui il nome di un agente della CIA sotto copertura e informazioni che hanno rivelato il ruolo di un altro dipendente della CIA in attività segrete.”

Le accuse derivano da un’indagine della CIA. Tale indagine è stata causata da un deposito di documenti, nel gennaio del 2009, per conto di detenuti di Guantánamo che conteneva informazioni riservate che la difesa non aveva ottenuto tramite canali governativi e dalla scoperta, nella primavera del 2009, di fotografie di presunti dipendenti della CIA tra il materiale legale di alcuni detenuti di Guantànamo. Secondo una descrizione, nel 2008 Kiriakou aveva concesso numerose interviste a proposito della CIA. I documenti della corte gli imputano di aver fatto il nome di funzionari dell’Agenzia sotto copertura a un giornalista il quale, a sua volta, li avrebbe passati alla squadra legale di Guantànamo. La squadra aveva cercato di far identificare ai detenuti specifici funzionari della CIA che avevano partecipato alle loro consegne e torture. Kiriakou è accusato di aver fornito le identità di funzionari della CIA che possono aver consentito di collegare i nomi alle fotografie.

Molti osservatori ritengono comunque che il vero “reato” agli occhi dell’amministrazione Obama sia stato molto diverso. Nel 2007 Kiriakou è diventato una fonte interna. E’ stato registrato come il primo (sebbene all’epoca ex) funzionario della CIA a confermare l’uso del finto annegamento [waterboarding] contro prigionieri di al-Qaeda come tecnica d’interrogatorio, e poi a condannare tale tecnica come tortura. Ha specificamente citato l’uso di tale tecnica contro Abu Zubaydah nella citata prigione segreta in Tailandia. Si riteneva all’epoca che Zubaydah fosse un capo di al-Qaeda anche se molto più probabilmente egli era al massimo un operativo di medio livello. Kiriakou è anche entrato in conflitto con la CIA riguardo ai tentativi dell’Agenzia di verificare per la pubblicazione un libro che egli aveva scritto a proposito delle operazioni antiterrorismo di quest’ultima. Egli ritiene invece che il suo sia un caso da Primo Emendamento, in cui viene punito chi rivela informazioni, che è un’incriminazione selettiva per intimidire gli addetti ai lavori del governo affinché mantengano il silenzio quando vedono qualcosa che non va.

Se Kiriakou avesse effettivamente torturato egli stesso qualcuno, persino causandone la morte, non ci sarebbe stata alcuna possibilità che finisse nei guai. John Kiriakou ha 48 anni. Intravede alla fine di un lungo tunnel una potenziale condanna a fino a 45 anni di carcere perché, nello stato di sicurezza nazionale che comanda a Washington, parlare quando non è il proprio turno è diventato l’unico crimine possibile.

Benvenuti nella giungla

John e io abbiamo avvocati comuni attraverso il Progetto per la Responsabilità Governativa è ho avuto modo di parlare con lui in numerose occasioni. Parla con un tono suadente, assorto ed è pronto a ridere di una battuta non riuscita. Quando l’argomento diventa il suo caso e il modo in cui il governo lo ha trattato, tuttavia, le cose si rabbuiano. Le sue frasi diventano più brevi e il pronto sorriso svanisce.

Capisce il ruolo che il suo governo ha scelto per lui: la testa in cima a una picca, l’esempio, il me
ssaggio a chiunque altro coinvolto negli orrori degli Stati Uniti post 11 settembre. Fai il lavoro sporco che il paese ti chiede, sequestra, uccidi, imprigiona, tortura e ti copriremo. Distruggi le prove di tutto ciò e ti ricompenseremo. Parla e aspettati di essere punito.

Come così tanti di noi che hanno servito onorevolmente il governo degli Stati Uniti solo per vedersi rivolta contro la sua intera potenza per un atto o più atti di coscienza, il dolore viene dal cercare di conciliare le due immagini del governo statunitense nella propria testa. E’ come cercare di elaborare le azioni di un padre violento che si continua a voler amare.

Uno dei rappresentanti di Kiriakou, l’avvocato Jesselyn Radack, mi ha detto: “E’ un errore giudiziario che John Kiriakou sia la sola persona incriminata in relazione al programma delle torture dell’era Bush. L’importanza storica non può essere sottovalutata. Se un crimine così grossolano come la tortura patrocinata dal governo può finire impunito, perdiamo la statura morale per condannare le violazioni dei diritti umani da parte di altri governi. Con il “guardare avanti e non all’indietro” abbiamo fatto un gigantesco salto nel passato.”

Un ex agente della CIA sotto copertura, che uso lo pseudonimo “Ishmael Jones”, abbozza una potenziale difesa per Kiriakou: “Un testimone dietro l’altro potrebbero spiegare alla giuria che Kiriakou è oggetto di un’incriminazione selettiva, che le sue rivelazioni non sono nulla in confronto alle rivelazioni di funzionari dell’amministrazione Obama e di altri burocrati della CIA. Un testimone dietro l’altro potrebbero dimostrare alla giuria che per ogni materiale segreto pubblicato da Kiriakou, i libri di altri burocrati della CIA ne contengono molte volte tanto. L’ex capo della CIA George Tenet ha scritto un libro nel 2007, approvato dai censori della CIA, che contiene dozzine di brani di informazioni segrete: nomi e informazioni sufficienti a trovare nomi.”

Se solo fosse così facile!

Mai più

Per almeno sei anni è stata politica degli Stati Uniti d’America torturare e maltrattare i propri nemici o, in alcuni casi, semplicemente sospetti nemici. E’ rimasta politica USA, anche con l’amministrazione Obama, impiegare le “consegne straordinarie”, cioè trasferire i sospetti di terrorismo catturati in carceri di paesi che sono noti per le torture e i maltrattamenti, un’esternalizzazione di ciò che noi non vogliamo più fare.

Tecniche per le quali gli Stati Uniti hanno impiccato uomini a Norimberga e nel Giappone postbellico sono state impiegate e dichiarate legali. Per imbarcarsi in un programma simile sotto la supervisione dell’amministrazione Bush, uomini e donne hanno avuto lunghe discussioni, con i collaboratori che correvano fuori e dentro dalle stanze con estratti di ricerche per rafforzare le giustificazioni così laboriosamente sviluppate. La CIA ha indubbiamente utilizzato qualche complicata procedura burocratica per assumere professionisti per la propria squadra addetta alle torture. Si sono dovuti aggiornare i vecchi manuali, si sono dovuti consultare psichiatri ed esperti militari di sopravvivenza, creare corsi di addestramento.

Sono state realizzate delle riprese video delle sessioni di tortura e senza dubbio DVD pieni di orrori reali sono stati esaminati al quartier generale. Risultano essere state fatte anche delle dimostrazioni delle tecniche di tortura a beneficio di alti dirigenti presso la Casa Bianca. I torturatori considerati particolarmente efficaci sono stati indubbiamente identificati, probabilmente premiati e inviati in nuove località segrete per nuocere ad altre persone.

Gli Stati Uniti non si sono semplicemente svegliati un giorno e hanno cominciato a prendere a sberle qualche teppista islamico. Non si tratta delle torture praticate da poliziotti canaglia. E’ stato creato un sistema, un meccanismo. Al punto che noi ora possiamo solo ipotizzare molti dei relativi dettagli e la portata di tutto questo è un tributo alle migliaia di persone che continuano a restare zitte riguardo a ciò che hanno fatto, visto, ascoltato o in cui sono state implicate. Molte di esse lavorano ora nelle stesse organizzazioni, restando parte delle stesse società private messe sotto contratto, della CIA e dell’esercito. I nostri torturatori.

Che cos’è che permette a tutte queste persone di mantenere il silenzio? Quanti sono semplicemente spaventati da quel che sta succedendo a John Kiriakou e pensano: ‘Non io, non esporrò il mio collo per vedermelo tagliato”? Sono quasi perdonabili, anche se mettono il loro interesse personale prima di quello del loro paese. Ma che dire degli altri, quelli che restano zitti a proposito di quello che hanno fatto, visto o a cui hanno collaborato e che hanno in qualche modo agevolato, perché continuano a pensare che fosse la cosa giusta da fare? Quelli che lo rifaranno quando un altro presidente spaventato glielo chiederà? O quelli che ci hanno persino provato gusto a farlo?

Lo stesso Dipartimento della Giustizia che dà la caccia all’unico uomo che ha parlato dall’interno contro la tortura continua a mantenere un’unità speciale, sessant’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, dedicata a dare la caccia agli ultimi nazisti al largo. Lo fanno sotto la voce “mai più”. La verità è che quella stessa squadra andrebbe scatenata contro il nostro stato della sicurezza nazionale. Altrimenti, fino a quando non avremo un resoconto completo di quanto è stato fatto dal nostro governo nel nostro nome, tutto è pronto perché accada di nuovo. Sta lì, se lo si vuol sapere, l’orrore vero.

Peter Van Buren, per ventiquattro anni funzionare dell’Ufficio Esteri del Dipartimento di Stato, ha trascorso un anno in Iraq alla direzione di due Squadre di Ricostruzione Provinciale. Ora a Washington, collaboratore regolare di Tom Dispatch, scrive sull’Iraq, il Medio Oriente e la diplomazia statunitense sul suo blog We Meant Well [Avevamo buone intenzioni]. Dopo la pubblicazione del suo libro ‘We Meant Well: How I Helped Lose the Battle for the Hearts and Minds of the Iraqi People’ (The American Empire Project, Metropolitan Books, 2011) [Avevamo buone intenzioni] il Dipartimento di Stato ha avviato le pratiche per il suo allontanamento, riassegnandolo a una posizione vuota di compiti, togliendogli le credenziali di sicurezza e quelle diplomatiche. Grazie agli sforzi del Progetto per la Responsabilità Governativa e dell’ACLU Van Buren andrà in pensione da Dipartimento di Stato con tutti i diritti a fine settembre. ‘We Mean Well’ è stato recentemente pubblicato in edizione economica. Van Buren sta attualmente lavorando a un secondo libro, a proposito del declino della classe media operaia degli Stati Uniti all’origine del ’99 per cento’.

[Nota per i lettori] il 12 settembre le udienze di questo in rapporto alla Legge sulle Procedure Relative alle Informazioni Segrete. Le udienze sono a porte chiuse, dureranno fino al 30 ottobre e stabiliranno quali informazioni segrete saranno ammesse nel corso del processo. Kiriakou si è dichiarato “non colpevole” di tutte le accuse e sta preparandosi a sottoporsi al processo il 26 novembre.]

Questo articolo è comparso inizialmente su TomDispatch.com, un blog del Nation Institute che offre un flusso costante di fonti, notizie e opinioni alternative a cura di Tom Engelhardt, da lungo tempo direttore editoriale, cofondatore dell’American Empire Project, autore di ‘The End of Victory Culture’ [La fine della cultura della vittoria] e di un romanzo ‘The Last Days of Publishing’ [Gli ultimi giorni di pubblicazione]. Il suo libro più recente è ‘The American Way of War: How Bush’s Wars Became Obama’s’ (Haymarket Books) [Lo stile bellico statunitense].

Da Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: http://www.zcommunications.org/the-persec
ution-of-john-kiriakou-by-peter-van-buren

Originale: TomDispatch.com

traduzione di Giuseppe Volpe

Traduzione © 2012 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0


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