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“Dio non è necessario” Vi spiego perchè Hawking ha torto

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Nyarlathotep
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E cosa possiamo raggiungere, secondo te?

la verità storica.

Che senso ha parlare dell'universo e paragonarlo ad una fede quando conosciamo si e no l'1% dell'universo stesso?

E' come voler paragonare le prestazioni di una subaru da rally con una pizza al formaggio


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duxcunctator
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Carissimo,
il fatto di riconoscere la plausibilità (alias "ragionevolezza") dell'ipotesi di un Dio Creatore, non dà di per sé la Fede.
Né il fatto di avere la Fede (non in "semplice" Creatore/Demiurgo, che spinge il bottone e poi si fa gli affaracci suoi. E che, giustamente, ti fa venir voglia, se le cose stanno proprio così: Ah bello, che hai dato il primo "start" e poi ti sei disinteressato alla grande di tutti i casini che avvengono tra di noi, ma lo sai che c'è? Che mi stai così tanto sulle palle, in quella tua algida indifferenza, che io, da oggi, sto con quell'Altro, che almeno ti combatte esplicitamente, invece di inchinarsi ipocritamente al tuo potere, come tanti smidollati che mi circondano, e che si dicono "cristiani" o "musulmani" o "ebrei" ma che sono in realtà solo dei grandissimi cagasotto. Io a te, Demiurgo senza cuore, mi ribello!. Vedi, carissimo, perché non basta la Fede nel Creatore. Ma ci vuole anche quella nel Padre, e Onnipotente. Non è un caso che siano le prime parole del Credo Cattolico: Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, Creatore di tutte le cose)
impedisce di scoprire le meraviglie dell'Universo.
Anzi.
Con la Fede (quella che dicevamo sopra) dà molto ma molto più "gusto" andare alla scoperta delle meraviglie del Creato.
E, magari, si va anche assai più veloci.
C'è un solo, piccolo, problemuzzo.
E gli altri uomini?
Quelli che, con le meraviglioso scoperte che fa una Ragione abbinata alla Fede, ci vedrebbero solo un mezzo per far soldi e arrecare morte e distruzione?
Come la mettiamo, con costoro?
Li facciamo fuori tutti?

E circa la percentuale di conoscenza dell'universo: penso che se ne conoscessimo l'1% avremmo già fatto in tempo a distruggere la terra e tutto il sistema solare.
Fortunatamente, ne conosciamo (dipende poi chi ci consideri, in questa prima persona singolare) ancora molto meno.


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Nyarlathotep
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il fatto di riconoscere la plausibilità (alias "ragionevolezza") dell'ipotesi di un Dio Creatore, non dà di per sé la Fede.
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Questa è una giusta osservazione, il dio creatore può essere anche un motore immobile aristotelico. Oppure un'intelligenza insita nelle cose che non ha necessità di essere personalizzata come invece fa l'essere umano, un motore che quindi sarebbe esente da amore e da odio.

Comunque accodandomi al tuo discorso, io personalmente, se fossi un credente, non mi alleerei con "quell'altro".

Era forse lui un angelo un tempo? ..Ma gli angeli non hanno quella differenza con gli uomini, che essendo servi di dio non hanno volontà propria (libero arbitrio quindi)? Allora come mai un angelo ha acquisito volontà propria se la sua natura non glie lo permette? Solo Dio può avergliela data, e quindi, per assioma, dio ha pianificato per filo e per segno il suo doppio malvagio, altrimenti non sarebbe onnipotente e onnisciente.

Comunque l'attribuzione di un doppio oscuro in contrapposizione ad una figura primaria di stampo solare è una costante comune in ogni mitologia.

Essendo tutto ciò che abbiamo su "dio" scritto da uomini (io non credo nella favola dell'ispirazione, anche lovecraft era ispirato quindi) e gli scritti degli uomini se circoscritti entro alcuni canoni assumono con l'andare del tempo la forma di mitologia.

Ad esempio, per come sono scritti, i racconti del necronomicon se invece di essere stati redatti nell'800 li avesse scritti davvero un arabo di uno o due secoli avanti, sicuramente ora avremmo le chiese di cthulhu.

E' una caratteristica umana


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AldoVincent
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Hai argomentato con tanta abbondanza che posso rispondere a pezzi.
Cominciamo dai Vangeli.
Io sono convinto, contrariamente a Monsignor Ravasi e la CEI, che il primo sia stato una collezione di "loghie" raggruppate sotto il nome di "Secondo" Marco. Solo da quel testo si può tentare pure una interpretazione "storica" (accidenti, quante virgolette) e lo farei risalire attorno al 70/80 d.C.

La Chiesa accetto’ come canonici, ossia autentici, solamente i gruppi di scritti attribuiti a Matteo, considerato il primo evangelista poiche’ il suo primo Vangelo scritto in greco viene fatto risalire ad una precedente versione aramaica mai ritrovata, Marco e Luca che con il primo avrebbero scritto i Vangeli cosiddetti sinottici in quanto si ritrovano passi che li accomunano, e un Vangelo piu’ tardo attribuito all’Apostolo Giovanni che risente della gia’ avvenuta deificazione della figura del Cristo.
Escluse alcune lettere di Paolo, riportate da Luca che era il suo segretario, nessuno dei Vangeli viene ritenuto dagli storici contemporanei autentico e senza manipolazioni. Ma questo non credo sia importante perche’ non ci troviamo in presenza di storiografie, bensi’ di testi ad uso dei sacerdoti per la diffusione della fede e dottori della Chiesa quali Origene e Giovanni Crisostomo, patrono dei predicatori, intervennero energicamente in difesa della menzogna a loro dire necessaria per la salvezza dell’anima.

Furono gli studi dei filologi Karl Lachmann, C.Hermann Weisse e del teologo C.Gottlieb Wilke a dimostrare che il piu’ antico Vangelo e’ quello attribuito a Marco, compagno di Pietro che ne avrebbe riportato i ricordi dopo la sua morte, completandoli con episodi e frammenti patrimonio della tradizione orale cristiana, riordinandoli in un quadro globale rassomigliante ad una storia evangelica. Brani di questa raccolta si ritrovano nei Vangeli attribuiti a Matteo e Luca che ne avrebbero riportati ampi stralci. Nel Vangelo di Matteo, composto da 1068 versetti ben 620, e dei 1149 versetti del Vangelo Luca ben 350 sono attribuiti a Marco. ( Il problema nasce dal fatto che per molti ricercatori Pietro non si e’ mai recato a Roma, e non ne aveva motivo, visto che in quella citta’ si predicava in latino e greco il Vangelo di Paolo, e Pietro ne era il piu’ accanito avversario in lingua aramaica. E’ piu’ probabile, invece, che pure Marco fosse un allievo di Paolo e che il suo Vangelo, in lingua greca, fosse usato come traduzione di una precedente versione aramaica per diffonderne la dottrina).

Le concordanze dei Vangeli sinottici deriverebbero quindi solamente dalla comune dipendenza di Matteo e Luca da Marco, perche’ quando il loro racconto si dipana autonomamente le contraddizioni sono notevoli, a cominciare dalla genealogia che non concorda, e nemmeno alcune narrazioni dell’infanzia. Matteo fa risiedere la famiglia di Gesu’ a Bethlemme mentre per Luca e’ Nazareth, la fuga in Egitto e la visita dei Magi non concordano, insomma, come sono costretti ad ammettere anche alcuni teologi tradizionalisti, i due Vangeli, escluso cio’ che e’ attinto da Marco e la Passione, che potrebbe essere un’aggiunta postuma, non concordano pienamente.
Il Vangelo di Marco dovrebbe essere stato composto ed assemblato quarant’anni dopo la morte di Gesù e viene attribuito (Atti degli Ap. XVI 14-20) ad un figlio di quella Maria che a Gerusalemme raccoglieva in casa sua una prima comunità proto-cristiana.
Matteo invece si preoccupa di collegare episodi della vita di Gesù con i passi biblici che ne profetizzano la venuta. I versetti V,17 e X, 5-6 sono in netto contrasto con lo spirito della predicazione di Gesù Cristo e probabilmente per assecondare la comunità ebraica ammettono il divorzio in caso di adulterio. I versetti XVI, 17-19 e XVIII, 15-20 alludono ad una chiesa e alla disciplina ecclesiastica in netto contrasto con quanto predicato da Gesù e persino il Padre Nostro parrebbe una preghiera tardo-cristiana inserita da redattori postumi

Salta all’occhio di qualsiasi critico che né Paolo e nemmeno Marco conoscano la leggendaria nascita di Gesù che invece è riportata nelle raccolte attribuite a Matteo e Luca che risentono del lievitare miracolistico nei racconti orali sulla vita del Cristo.
Una evidente contraddizione in tutti i Vangeli è la figura di Gesù Cristo disposto a liberare virilmente Gerusalemme dal giogo straniero e dalla complicità di una classe dirigente corrotta, per ristabilire un Regno messianico, che contrasta con la remissione con cui si lascia catturare.
Quando lo catturano e i discepoli vorrebbero difenderlo ma lui si oppone dicendo:
"Come dunque si avvererebbero le scritture che dicono che così doveva avvenire?"

E pure l’ignominia del patibolo che destò nei discepoli doloroso stupore e generale scoramento, viene giustificata da scritti postumi come volontario sacrificio per riscattare le colpe altrui.
E forse se Gesù Cristo si arrese in questo modo cosi’ remissivo, fu solo per salvare i suoi discepoli da una punizione esemplare. Ma pure questa interpretazione è molto incerta.
C’e’ da registrare pure una teoria, molto controversa, secondo la quale i Vangeli sinottici si ispirerebbero tutti ad una raccolta di detti di Gesu’ denominati fonte Q che circolava in epoca proto-cristiana e le cui tracce si ritrovano anche in alcuni testi apocrifi.

Dopo aver soddisfatto la tua prima domanda veniamo al mio essere ateo
Chi l'ha detto? Dove l'avrei scritto?
Se leggi attentamente quello che ho scritto non c'è in nessun passaggio una negazione di Dio.
Il Demiurgo è un problema ebraico, in quanto pure la Bibbia si ritrova, sotto l'aspetto ermeneutico davanti ad alcune contraddizioni, mentre gli scritti si fanno risalire attorno all'epoca di Davide (nessuna scoperta archeologica ha potuto dimostrarne l'esistenza) mentre la scirruta si potrebbe far risalire a due blocchi, uno di tradizione orale prima della schiavitù e quella dei rabbini dopo Nabuccodonosor (500 a.C) da qui una serie di passaggi, che la nostra bibbia ha tradotto un po' grossolanamente.

ma fermiamoci qui, per non generare confusione.
Papas Makarios, un metropolita con cui ho esplorato alcuni di questi argomenti mi diceva che tentare di risalire alla Verità sulla base di questi scritti è come salire su di un grattacielo e con una canna da pesca tentare di infilare una pallina di ping pong in una damigiana posta sul marciapiede, in una notte di tempesta.
ehehehe

Vado a rileggermi le tue lucidissime considerazioni e vedrò se ci sono argomenti interessanti da approfondire
A presto.


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AldoVincent
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Per il Bereshit mi sono espresso male ma rimane il verbo che significa germogliare e non creare. Vado a cerlarlo e riprenderemo l'argomento.

Mi chiedi notizie di Gesù, eccole, secondo me.

IL FIGLIO DELL’UOMO
IL FIGLIO DI DIO

Il Messia, in greco il Cristo cioe’ l’unto del signore, gia’ dai profeti era chiamato il Figlio dell’Uomo, lo stesso Gesu’ riferendosi a se’ stesso, usava lo stesso epiteto e cosi’ viene denominato piu’ volte nei Vangeli.
Che Gesu’ Cristo venga descritto nel Vangelo di Marco come profeta, per diventare un semi-dio in quelli di Matteo e Luca per poi essere addirittura deificato in quello attribuito a Giovanni, non dovrebbe stupire piu’ di tanto.
All’epoca dei Vangeli non era difficile guadagnarsi tale appellativo, erano figli di Dio Pitagora, Platone, Augusto, Apollonio, lo erano stati i Faraoni e lo saranno gli imperatori romani.
In tempi recenti lo sono stati il Negus, l’Aga Khan e l’imperatore del Giappone.
Ora, se centoventi milioni di persone credono che l’imperatore del Giappone sia figlio di Dio e nessuno ha nulla da eccepire, non vedo perche’ dovrebbe essere scandaloso che un altro cospicuo numero di fedeli creda che il figlio di Dio sia invece Gesu’ Cristo.

Materia di riflessione dovrebbe invece essere la concezione morale della nostra societa’ che si dice pacifica e che predica la bonta’ e la tolleranza, ma non la pratica. E se ti capita di essere buono, invece che considerarlo il minimo comune denominatore della convivenza civile, ti mettono sul giornale e ti danno un premio. Se sei buono, ma proprio buono ti danno il Nobel e se lo sei ancor di piu’ ti fanno santo. Ma se lo sei in modo inarrivabile, allora dicono che non puoi essere umano e ti proclamano figlio di Dio.
Ma stiamo divagando.

Gli evangelisti non fanno che contrapporre a tutti gli altri figli di dio il loro Figlio di Dio anche se Marco usa raramente questa espressione. La usa all’inizio in un versetto molto sospetto d’autenticita’, due volte lo dice una voce dal cielo e una volta lo proclama il centurione sotto la croce, anche se il boia redento e’ un motivo letterario diffuso specie nel primo martirologio.
Marco chiama Gesu’ undici volte Maestro e tre volte Rabbi.
Ed e’ sempre Marco a restituire un’immagine di Gesu’ come un virile dominatore, che rimprovera gli scribi, rovescia i tavoli dei cambiavalute nel tempio, che apostrofa il ricco: “Perche’ mi chiami buono? Nessuno e’ buono, soltanto Dio.”

Ad esclusione di Zeus che si accoppiava con le umane assecondando il canone della bellezza ancor prima che della regalita’, nella tradizione mitologica i figli di dio discendevano tutti da un dio e dal sangue reale. Anche l’idea messianica degli ebrei avrebbe dovuto discendere dalla dinastia di Re Davide, ecco perche’ Matteo ( il piu’ attento evangelista all’aderenza profetica) e poi Luca (il segretario di Paolo, il maggior propagatore della deicita’ di Gesu’ Cristo), lo fanno nascere a Bethlemme in Giudea.

Nel Vangelo secondo Giovanni si legge: “ 7,1- In seguito Gesu’ girava per la Galilea. Non girava per la Giudea perche’ volevano ucciderlo… 7,3- …era prossima la festa degli ebrei, quella delle capanne…Gesu’ sali’ al tempio e insegnava… 7,41…Altri dicevano: “Questo e’ il Cristo…Questi e’ veramente il profeta” ma altri osservavano: ” Forse che il Cristo viene dalla Galilea? Non dice la scrittura che viene dalla stirpe di Davide e dal villaggio di Bethlemme?”
E’ probabile qui che ci troviamo dinanzi alla piu’ tipica testimonianza della mutazione del pensiero cristologico nel proto-cristianesimo che possiamo riconoscere in tre parti:
1- Marco non e’ a conoscenza delle aspettative messianiche dei cristiani-ebrei e non reputa neppure necessario accennare alla genealogia di Gesu’ Cristo
2- Tali aspettative pero’ sono presenti nei Vangeli di Matteo e Luca che iniziano con una genealogia ( che peraltro non collima affatto: nella discendenza di un intero millennio solo due nomi coincidono) per dimostrare la discendenza di Gesu’ dal seme di Davide e registrando un improbabile censimento per giustificare uno spostamento geografico cosi’ marchiano. Da notare che la nascita in una grotta appartiene alla tradizione gnostica. In realta’ i sinottici parlano di una Cataluma che è una locanda in cui al piano superiore dormivano le persone e di sotto lasciavano gli animali. Non e’ per niente miracoloso quindi che Maria per difendersi dal freddo sia rimasta di sotto con l’asinello che la trasportava ( il bue viene aggiunto dopo).
3- Nell’ultimo Vangelo, quello che la tradizione attribuisce a Giovanni, la necessita’ di risalire alla stirpe di Davide non sussiste perche’ nel frattempo si era imposto il culto della Immacolata Concezione e Giuseppe non e’ piu’ necessario in quanto il concepimento sarebbe avvenuto per opera dello Spirito Santo. La Chiesa Cattolica nelle sue tesi piu’ tarde fa collimare le profezie con la discendenza da Davide da parte di Maria ma questa e’ una contraddizione perche’ secondo la tradizione giuridica ebraica si contava solamente la discendenza maschile. Ma anche con questo tardivo accorgimento pare impossibile stabilire una genealogia che unisca Maria alla stirpe di Davide.
(Per quet’ultima affermazione vedasi il lavoro di un teologo cattolico: Daniel Rops: Jesus )

Ci troviamo quindi di fronte all’innalzamento di Gesu’ a figlio di Dio in tre fasi: Marco lo fa risalire al battesimo nel Giordano e ad una voce divina, Matteo testimonia che viene generato da una vergine e Luca lo fa riconoscere da Giovanni ancora nel seno materno.
La cosa su cui concordano sia gli studiosi laici che quelli cattolici e’ che il perno centrale della vita di Gesu’ Cristo, il punto focale della sua esistenza rimane la testimonianza del Battesimo nel Giordano ad opera di Giovanni il Battista.
In verita’ la matassa interpretativa e’ intricata piu’ che mai e oltre al fatto che viene stabilita l’eta’ di Gesu Cristo in trent’anni, piu’ in la’ non andiamo. E’ controversa infatti la durata della sua predicazione ( Matteo e Luca la dicono di un anno, Giovanni invece di tre), gli ebrei usano questo episodio per argomentare che se il Cristo fosse stato puro non avrebbe avuto bisogno del Battesimo. La stessa colomba era gia’ per i Fenici il simbolo della divinita’ protettrice della discendenza ed era il simbolo ebraico per antonomasia dello Spirito di Dio. Il fatto che si fermi sul capo di Gesu’ non e’ altro che una copiatura delle antiche saghe d’investitura, con gli uccelli che fermandosi sul capo del prescelto ne indicano con chiarezza la legittimita’.

Per Marco, e’ la discesa della colomba a determinare che Gesu’ sia Figlio di Dio innalzato e proclamato dalla voce divina. “E subito lo Spirito lo spinse nel deserto” certificando in modo incontrovertibile il rapporto tra l’elevazione a Dio tramite lo Spirito Santo e la sua predicazione.
Un’altra obiezione e’ questa: se il Battesimo ha carattere espiatorio, perche’ Gesu’ Cristo si e’ fatto battezzare? Sant’Ignazio e Tommaso D’Aquino espressero l’opinione che con tale gesto Gesu’ volesse santificare l’acqua ma mi pare che seguendo queste dissertazioni andremmo a perderci molto lontano.

Pure Giovanni il Battista che dal carcere chiede a Gesu’ chi sia, dopo aver visto la colomba e udito la voce di Dio durante il Battesimo, e’ imbarazzante. Si toglie dall’impaccio il Vangelo secondo Giovanni con un rapido accenno al battesimo dopo il quale due discepoli di Giovanni seguono Gesu’ durante la sua predicazione, allacciando in questo modo il Battista a Gesu’ e facendolo diventare il docile precursore mentre altre testimonianze lo descrivono come probabile Maestro e quindi rivale di Gesu’ perche’ certamente la setta del Battista non conflui’ ne
l cristianesimo in quanto credeva che il Messia fosse Giovanni. Continuarono a predicare in Egitto, in Siria in Asia Minore. Ancora oggi i discendenti di quella setta denominati Mandei continuano il loro proselitismo sulle rive dell’Eufrate. Il loro rito iniziatorio si manifesta con una cerimonia comune in cui l’adepto viene purificato con l’abluzione totale del corpo.

Ho scritto troppo.
Occorrerebbe approfondire se questo Gesù Cristo non sia la sovrapposizione delle storie di alcuni condottieri e profeti...
se il caso ne riparleremo...

Cià


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guido
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@duxcunctator-
Egregio, ho solo buttato lì due righe su un argomento per sua natura inadatto ad essere trattato in un forum di informazione e discussione di fatti di rilevanza generale dove ci si dovrebbe sforzare di evitare l'esternazione di credenze ed appartenenze.
Non lo farò più; permettimi solo alcune puntualizzazioni (chiedo scusa per l'OT).
Visto che mi hai psicanalizzato ti devo dire che la comune ricerca di "sicurezza" non corrisponde al mio modo di pensare, si adatta invece alle persone che hanno bisogno di rifugiarsi in un Dio, ponendo così un rassicurante confine al proprio orizzonte mentale.
Per il resto non ho detto che il tempo sia "infinito", è piuttosto il modo di ordinare gli eventi qualora si possa definire qualche rapporto causale, riconoscibile peraltro solo a livello macroscopico ed in termini probabilistici.
Riguardo al "Caso" non mi sono spiegato compiutamente: intendo dire che attribuire una causa al caso è una credenza assimilabile alle altre, ed anche autocontraddittoria.
Infine la nascita della Vita; prima di parlarne occorre accordarsi sul significato del termine.
Saluti.


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AldoVincent
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@duxcunctator-
Egregio, ho solo buttato lì due righe su un argomento per sua natura inadatto ad essere trattato in un forum di informazione e discussione di fatti di rilevanza generale dove ci si dovrebbe sforzare di evitare l'esternazione di credenze ed appartenenze.
Non lo farò più; permettimi solo alcune puntualizzazioni (chiedo scusa per l'OT).

Davvero credi che questi argomenti debbano considerarsi out in uno spazio come questo?
Mi piacerebbe avere l'opinione degli amministratori.


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AldoVincent
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per quanto concerne invece:

Riguardo al "Caso" non mi sono spiegato compiutamente: intendo dire che attribuire una causa al caso è una credenza assimilabile alle altre, ed anche autocontraddittoria.
Infine la nascita della Vita; prima di parlarne occorre accordarsi sul significato del termine.

vorrei aggiungere che presumere che un avvenimento derivi da un altro è un errore come diceva David Hume...


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Affus
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Sai, una cosa è l'esegesi un'altra l'ermeneutica.
Il Vangelo di giovanni è stato compilato da "loghie" 120 anni D.C. e non viene certo definito documento storico, anzi, viene escluso dai sinottici.

Pure questa bibbia citata andrebbe letta e interpretata dall'Ebraico da cui deriva. Ma così a volo d'uccello, tanto per chiarire.
Com'è che il tuo dio crea (crea è impreciso "bereshit" è scritto, cioè il verbo della natura che germoglia. Secondo la Bibbia ebraica quindi il Demiurgo fa germogliare l'Universo, non lo crea) la luce il primo giorno e il sole la luna le stelle, gli oggetti cioè che generano la luce li crea solo il quarto giorno?
Come spieghi questa incongruenza?

Aldo Vincent tu non sai una cosa invece , che noi cattolici tradizionalisti abbiamo una sola versione della bibbia tradotta ed è la versione ispirata dei 70 saggi che circa nel 200 a.C. tradussero i testi biblici dall 'ebraico al greco ad Alessandria d'egitto per la numesora colonia ebraica .
Le altre versioni dall ebraico ad uso e consumo massonico o intellettualistico o illuminista e progressista non ci interessano piu di tanto.
Questa versione ispirata era l'unica che conoscevano gli apostoli nella loro predicazione ed l'unica usata dalla chiesa cattolica fino a prima del concilio vaticano II . In quella versione non si può fare confusione tra creazione e germolgio ,anche perchè c'è la parola dei profeti posteriore che la commenta in mille passi . A noi credenti non interessa la versione che ne fanno gli atei ad uso e cosumo delphini, interessa invece l'interpretazione profetica che la bibbia fa di se stessa , cioe l'intrepretazione che ne da Dio stesso . Il resto viene dal maligno .
Perdonaci se nell'intrepretazione della parola di Dio, ci rivolgiamo a Dio stesso e non alle logiche umane di cui poco ci fidiamo .


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duxcunctator
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il fatto di riconoscere la plausibilità (alias "ragionevolezza") dell'ipotesi di un Dio Creatore, non dà di per sé la Fede.
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Questa è una giusta osservazione, il dio creatore può essere anche un motore immobile aristotelico. Oppure un'intelligenza insita nelle cose che non ha necessità di essere personalizzata come invece fa l'essere umano, un motore che quindi sarebbe esente da amore e da odio.

"Intelligenza insita nelle cose": esiste certamente. La vediamo all'opera in ogni fiore che sboccia. Ed in ogni seme che germoglia.
Ma elevarla al rango di Causa Prima, converrai che non è ragionevole.
Allo stesso modo in cui non lo è l'Universo che nasce dal NULLA.
Se Dio "coincide" con TUTTO-CIO'-CHE-ESISTE, dov'era prima che il TUTTO-CIO' esistesse?
Mia moglie è panteista (o, perlomeno, è convinta di esserlo) e l'amo moltissimo. Ma, ciononostante, non posso esitare nel definire il panteismo un errore. In base sia alla Ragione sia alla Fede.

Circa il motore, esente da amore ed odio: forse tutti i cristiani che hai incontrato non te l'hanno mai detto chiaramente.
Provo a farlo io: Dio (Unico, Creatore, Padre, Onnipotente) con l'odio, e la morte, non c'entra un bel niente. Zero di zero.
L'odio è entrato nella creazione per libera scelta di Lucifero.
Sì, libera scelta: ti mancava anche questa.
Nel loro stato "viatorio", ossia prima della prova (c'è sempre una prova, per tutti, prima o poi: sarà per questo che diamo così tanta importanza agli esami?) da cui scaturirà la differenziazione tra Angeli "confermati in Grazia" (o, da lì in avanti, semplicemente Angeli) ed Angeli auto-dannatisi (o, da lì in avanti, semplicemente Demoni), gli Angeli erano dotati di Volontà, perfetta ma che non aveva ancora perfettamente scelto di stare dalla parte di Dio.
La scelta di Lucifero e delle sue legioni è stata libera, perfettamente libera.
E, visto che hai aperto l'argomento: lo sai qual è stato il motivo della ribellione di Lucifero al suo Creatore? Il motivo del suo "non serviam"?
Prova a dirmelo.

Dio non ha "pianificato" in alcun modo la ribellione di Lucifero. Così come non ha "pianificato" l'errore di Adamo, così tragicamente riversatosi su tutti noi, di generazione in generazione, all'interno del nostro genoma; così come non ha "pianificato" l'errore di Giuda, che pure è stata la causa efficiente della morte in croce di Gesù.
Tutti e tre liberi, seppur in gradi diversi (Giuda era "gravato" dal Peccato Originale; e aveva però, di converso, vissuto tre anni e mezzo accanto all'Uomo-Dio)
Che Dio, questi tre errori, li conoscesse prima che si verificassero, perché Onnisciente, e già avesse, ab eterno, predisposto le contromisure, è sicuramente vero.
Per il semplice fatto che in Dio coesistono passato, presente e futuro, in un eterno attimo presente.
Noi, esseri calati nella temporalità, a questa atemporalità di Dio non possiamo avere la superbia di arrivarci, d'amblais, con la Ragione. Anche se....anche se....probabilmente un fisico quantistico (quell'area della scienza dove le frontiere del "tempo" così come le sperimentiamo ordinariamente sembrano "liquefarsi"), illuminato dalla Fede, intuisco che possa arrivare attraverso la Ragione ad un godimento mistico molto simile a quello dei Santi.
Quindi, il giochetto di prestigio dell'AUT Onnipotente AUT Onnisciente direi di lasciarlo nel cassetto dei trucchi.

Mi parli di "doppio oscuro". No.
Lucifero non è un "altro Dio".
E', semplicemente, un Angelo Ribelle. Padre dell'Odio e della Menzogna.
Ed "assassino" dell'Uomo fin dal principio.
Ovviamente, è concreto interesse di Lucifero (padre anche della Gnosi), alimentare questo antichissimo equivoco sul "doppio di Dio".
Per poi poter convincere le anime che, il dio-cattivo, il vero Stronzo, che gode sadicamente nel veder soffrire gli uomini, avendoli inchiavardati nella materia, è Dio-Padre.
E lui, vuol far la parte del dio-buono, portatore di Luce e Conoscenza.
Che viene a liberare gli Spiriti dalla schiavitù della buia materia.

Film già visto.
Mi vien solo da dire: cosa non ci si inventa, quando si è il Perdente per antonomasia, per trascinare nella perdizione assieme a sé il maggior numero possibile di anime, che pur Gesù s'è guadagnato col Suo Sangue.

Tu, per esempio: cos'è che t'ha fatto cascare in questo tranello senza speranza?

Che ti aspetti ti succeda, dopo la morte fisica?


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Affus
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Marta SORDI
Quegli incontri nella casa del senatore
tratto da: 30 Giorni, anno XIV, marzo 1996, p. 76-78.

Pietro e i primi cristiani nel regno dell'imperatore Claudio

L'allontanamento di Pietro da Gerusalemme è registrato dagli Atti degli apostoli (12,17), dopo la miracolosa liberazione dell'apostolo dalla prigionia di Erode Agrippa I, con un laconico «uscito, se ne andò in un altro luogo». Agrippa I morì nel 44 e questo è il terminus ante quem per la partenza di Pietro dalla Palestina; la data del 42 per l'arrivo a Roma si trova nella traduzione latina di Gerolamo del Chronicon di Eusebio (p. 179 ed. Helm). Ma le testimonianze più importanti, riferite dallo stesso Eusebio nella sua Storia Ecclesiastica, sono quelle di Papia di Gerapoli (vissuto fra l'ultimo quarto del I secolo e la prima metà del II), di Clemente di Alessandria e di Ireneo, ambedue della seconda metà del II secolo. Tutte queste testimonianze affermano che Pietro predicò pubblicamente a Roma all'inizio del regno di Claudio e che i suoi ascoltatori chiesero a Marco di mettere per iscritto l'insegnamento che avevano ascoltato a voce.

La predicazione pubblica di Pietro

Secondo le fonti cristiane del II secolo quindi, la decisione di Marco di scrivere il suo Vangelo era venuta dalla richiesta degli ascoltatori romani di Pietro al tempo di Claudio: in un frammento latino delle Ipotiposi (fr. 9 Staehlin) Clemente di Alessandria spiegava anzi che tra questi ascoltatori c'erano «cesariani e cavalieri». Romani dunque di rango elevato e dell'ambiente della corte. Un ricordo dei rapporti avuti in Roma da Pietro con ambienti romani elevati è rimasto negli Atti apocrifi di Pietro, che appartengono alla fine del II secolo e che, pure in mezzo a particolari evidentemente leggendari, insistono sulla presenza di Pietro in case di senatori (Marcello cap. VIII; Nicostrato cap. XXVIII). Prescindendo dalla leggenda, mi sembra che una conferma di questi rapporti possa dedursi da una notizia di Tacito (Annales XIII, 32), che colloca il mutamento di vita di Pomponia Graecina (incriminata nel 57 per superstitio externa cioè, con ogni probabilità, per cristianesimo), proprio nel 42-43 e presenta, come motivazione ufficiale di questo mutamento, il lutto per l'uccisione della nipote di Tiberio, Giulia figlia di Druso, dolo Messalinae. Sposata ad Aulo Plazio, generale di Claudio, Pomponia apparteneva ad una famiglia che sin dal tempo di Livia era vicinissima alla corte.

Pietro e la corte imperiale

Fin dai primi tempi dell'impero di Claudio il cristianesimo ebbe a Roma accoglienza e diffusione non solo negli ambienti giudaici, ma anche in certe famiglie dell'aristocrazia romana. In effetti la comunità a cui qualche anno dopo Paolo si rivolge nella lettera ai Romani è una comunità composita, in cui sono certamente presenti cristiani provenienti dal giudaismo e cristiani provenienti dal paganesimo.

Il capitolo 16 della lettera ai Romani distingue nei saluti almeno cinque gruppi di cristiani, quelli che probabilmente si riunivano nelle diverse «chiese domestiche». Colpisce fra gli altri l'accenno agli schiavi e ai liberti di Aristobulo, figlio di Erode di Calcide, che nel 54, al momento della morte di Claudio, fu inviato da Nerone a governare la piccola Armenia, (Flavio Giuseppe, Bellum Iudaicum II,13,252), e a «quelli della casa di Narcisso che sono nel Signore» (Rm 16, 11), cioè gli schiavi e i liberti del celebre Narcisso, liberto e collaboratore di Claudio, morto poco dopo di lui, sempre nel 54. La presenza nella comunità cristiana di Roma di cesariani e di personaggi vicini alla corte è confermata del resto anche dai saluti dei cristiani «della casa di Cesare», trasmessi ai Filippesi da Paolo al tempo della sua prima prigionia romana, nella lettera a questi indirizzata (Fil 4,22). Non c'è dubbio, quindi, che conversioni collegate alla predicazione «pubblica» di Pietro ci furono anche all'interno degli ambienti «ufficiali», tra gli schiavi e i liberti imperiali (che al tempo di Claudio erano spesso più influenti degli stessi senatori) e nelle famiglie dell'aristocrazia senatoria ed equestre, nelle cui domus la prima comunità della Chiesa di Roma trovava ospitalità. Ma l'accoglienza che il cristianesimo ebbe a Roma fin dall'inizio in ambienti ufficiali tra schiavi e liberti imperiali, ma anche, a quanto sembra dal caso di Pomponia Graecina, tra personaggi dell'aristocrazia romana senatoria ed equestre, merita un ulteriore approfondimento.

La diffusione del cristianesimo nelle classi alte

Secondo una notizia di Tertulliano (Apol. V,2) a torto ritenuta un'invenzione dell'apologetica cristiana, l'imperatore Tiberio nel 35 aveva proposto al Senato di riconoscere il culto di Cristo come lecito, ma il Senato aveva respinto la sua proposta. Tuttavia Tiberio non si limitò a neutralizzare con il suo voto le eventuali conseguenze negative del senatoconsulto. Come risulta da una notizia di Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche XVIII,95), l'imperatore incaricò il legato di Siria, Vitellio, di deporre Caifa, assicurando così la pace ai cristiani in Giudea, Galilea e Samaria (At 9, 31). Nel 43, Vitellio, che per conto di Tiberio aveva avuto modo di occuparsi dei cristiani, era console ordinario a fianco dell'imperatore Claudio. Si è visto che uno degli ospiti romani di Pietro, secondo gli Atti apocrifi, fu Marcello; e Marcello è il nome dell'amico di Vitellio da lui lasciato a Gerusalemme, secondo Giuseppe Flavio (Antichità Giudaiche XVIII,89) per sostituire Pilato: la coincidenza potrebbe non essere casuale. Il ruolo avuto da Vitellio e dai suoi amici nei riguardi dei cristiani al tempo di Tiberio potrebbe spiegare l'interesse che la predicazione di Pietro a Roma suscitò in una parte della classe dirigente romana nel 42-43; non sorprende quindi che siano stati proprio questi ambienti a chiedere che fossero messe per iscritto le parole che avevano ascoltato. L'effetto di questa maggiore conoscenza fu quello di indicare ai governatori provinciali, in Giudea come nella diaspora, l'atteggiamento che dovevano assumere nei riguardi dei cristiani. Così a Corinto nel 51 col proconsole Gallione, a Efeso nel 52-53, durante il tumulto degli argentieri, in Giudea nel 54 e poi nel 55 con i procuratori Felice e Porzio Festo, i Romani apparvero decisi nell'evitare persecuzioni anticristiane. Questo atteggiamento fu mantenuto sino al 62, al momento della svolta decisiva della politica neroniana.

Il carattere della prima comunità petrina

Riuniti per la celebrazione dell'eucarestia nelle case che i nobili convertiti e i liberti imperiali avevano messo a disposizione, i cristiani di Roma, di cui Paolo, prima del suo arrivo, loda nella lettera ai Romani la fede «nota in tutto il mondo» (1, 8), si comportavano con molta riservatezza nella loro propaganda religiosa. Questo spiega la dichiarazione dei notabili giudei di Roma, al tempo del primo incontro con Paolo (At 28, 17) e la loro richiesta di informazioni su una «setta», di cui sapevano che «dovunque», ma non a Roma, suscitava contrasti all'interno del giudaismo. Questo spiega anche, a mio avviso, l'assenza di conseguenze che ebbe per i cristiani l'espulsione da Roma decisa da Claudio per i giudei nel 49, ma permette anche di comprendere la frase di Paolo nella lettera ai Filippesi (I, 12-14), secondo cui solo con il suo arrivo e la sua prigionia la predicazione cristiana aveva acquistato a Roma ardire e slancio.

L'impronta dell'esperienza di Pietro

Il carattere della comunità di Roma sembra corrispondere a quello che sappiamo del carattere petrino: Pietro era stato il primo secondo gli Atti degli apostoli (10,1) a battezzare dei gentili, nell'episodio del centurione Cornelio (anteriore al 42) e sarà ancora Pietro, al tempo del cosiddetto concilio di Gerusalemme, verso il 49, a prendere per primo la parola per impedire che si imponessero ai gentili convertiti al cristianesimo la circonc
isione e le pratiche giudaiche (At 15,7). Tuttavia, dopo le decisioni di Gerusalemme, recandosi ad Antiochia (Gal 2,10) si era comportato in maniera che Paolo aveva giudicato contraddittoria: finché non erano stati presenti gli inviati di Giacomo, Pietro aveva pranzato liberamente con i gentili; quando quelli erano venuti si era appartato, per timore di quei cristiani che provenivano dalla circoncisione. Quello che Paolo giudicò timore e rispetto umano fu probabilmente volontà di evitare scontri: il comportamento di Pietro rivelava che egli era ben consapevole che «Dio, conoscitore dei cuori, aveva reso testimonianza ai gentili dando ad essi lo Spirito come a noi» (At 15, 8) e che lui stesso (Pietro) era stato scelto affinché, attraverso di lui, «i pagani ascoltassero la parola del Vangelo e venissero alla fede» (At 15, 7), con un evidente ricordo non solo, forse, dell'episodio di Cornelio, ma anche, a mio avviso, della sua prima predicazione romana. Un comportamento analogo a quello adottato verso gli ebrei sembra essere stato tenuto, nella primitiva comunità petrina di Roma, con i pagani: è il comportamento di Pomponia Graccina, così coraggiosa da sfidare l'ira di Messalina e suscitare l'ammirazione di Tacito, ma così riservata nella sua professione di fede da coprire per quarant'anni la sua conversione al cristianesimo con la motivazione ufficiale del lutto per la morte di un'amica.


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Affus
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PIETRO E LA GIUSTIFICAZIONE MEDIANTE LA FEDE

Gli studiosi sono spesso d'accordo che la dottrina della giustificazione mediante la fede sia un concetto eminente paolino, ma si sbagliano di grosso. Fanno affermazioni dettate dalla voce di popolo più che da uno studio serio e meditato delle Sacre Scritture; essi non fanno altro che seguire la corrente dottrinale che in un dato periodo va per la maggiore e solo scoprendo nuovi elementi, cambiano pure loro, tutti in branco.

È chiaro che san Paolo è colui che si è soffermato di più su questo tema, anzi è colui che lo ha sviluppato, ha lottato e portato alle estreme conseguenze dottrinali questo concetto che però, cronologicamente parlando, non è suo.

Il concetto della giustificazione mediante la fede non è suo ma di Pietro!

San Paolo, infatti, dopo il primo viaggio apostolico e subito dopo aver costituito anziani per quelle comunità Atti 14,21.23, ritorna alla chiesa madre d'Antiochia e trova alcuni provenienti dalla Giudea che vogliono imporre il fardello delle prescrizioni mosaiche ai pagani e allora decidono di andare a Gerusalemme dagli Apostoli; così nasce il primo Concilio.

Gli apostoli Pietro e Paolo, da un basso rilievo in calcare poroso del IV-V secolo, (museo paleocristiano Aquilea) .

A parte che i fatti narrati in questo capitolo sembrano scollegati da alcuni capitoli precedenti; come fanno gli Apostoli a stare a Gerusalemme se Pietro ha appena subito una persecuzione dove Erode fa uccidere le guardie che non hanno saputo incarcerarlo?

Sembra più una precisazione posteriore a conclusione dell'opera.

A Gerusalemme dopo molte discussione Pietro prende la parola e afferma innanzitutto che egli in primo luogo, ben prima degli altri, ha ricevuto il mandato di annunziare il vangelo ai pagani e condurli alla fede, e nessuno gli contesta quest'affermazione (Atti 15,7).

In secondo luogo egli ha visto che Dio ha concesso anche a loro, ai pagani lo Spirito Santo (Cornelio docet) "come a noi non facendo alcuna discriminazione purificandone i cuori con la fede" (15,9).

Questo dogma di Pietro scaturito dal primo Concilio di Gerusalemme resterà inciso nella mente di Paolo che lo riporterà in molte delle sue lettere.

Infatti, nella prima predicazione di Paolo a Damasco, subito dopo la conversione, Luca ci dice che questa consisteva nella dimostrazione che "Gesù è il Messia "atteso dagli ebrei Atti 9.22.

In tutte le prediche di Pietro prima dell'episodio di Cornelio, nella prima come in quella davanti al sinedrio, così pure quella di Stefano davanti al sinedrio ed il racconto della conversione dell'eunuco da parte di Filippo: il concetto chiaro della giustificazione mediante la fede non è espresso. Sono presenti altri temi.

In Atti 3,16, nell'episodio della guarigione dello storpio davanti al tempio, Pietro parla della guarigione" fisica "dello storpio avvenuta perché egli ha creduto nel nome di Gesù, "solo nome sotto il cielo in cui vi è salvezza ", ma ancora non compare chiaramente il tema della remissione dei peccati e giustificazione mediante la fede; in quest'episodio Pietro si è soltanto avvicinato.

Quando compare per la prima volta chiaramente ed esplicitamente questo tema nella predicazione apostolica?

Il primo cronologicamente è stato l'apostolo Pietro a parlarne proprio nel racconto dell'episodio di Cornelio, il centurione pagano.

"In realtà sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone.....Tutti i profeti gli rendono questa testimonianza: chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati mediante il suo nome".

"Se dunque Dio ha dato loro lo stesso dono che a noi per aver creduto nel Signore Gesù Cristo, chi ero io da porre impedimento a Dio? " (Atti 10,34).

La precedente predicazione di Pietro verteva prima di allora su altri temi, quali: "pentitevi e fatevi battezzare nel nome di Gesù": Gesù è il salvatore promesso dai profeti ":"noi siamo testimoni della sua risurrezione" :"convertitevi e ricevete lo Spirito", ecc. .

Paolo inizia la sua missione insieme a Barnaba esattamente parecchio tempo dopo l'episodio di Cornelio, dopo avere a lungo consultato gli apostoli e lo stesso Pietro che incontrerà una seconda volta durante la sua prima missione da Antiochia a Gerusalemme per recarvi le offerte di quella comunità con Barnaba, Atti 11,30.

Perciò il chiaro concetto della giustificazione mediante la fede nella predicazione apostolica dei primi apostoli compare per la prima volta in bocca a Pietro e non a Paolo; ce lo attesta lo stesso san Luca.

Così la fortuna teologica di Paolo, l'apostolo delle genti, se così possiamo dire, non è sua ma di Pietro, in quanto Pietro anche lui apostolo delle genti (Atti 15,6), può benissimo affermare davanti a tutta la comunità, senza timore di essere contraddetto e senza autoesaltazione, che "Dio ha purificato il cuore dei pagani con la fede ".

HORTENTIUS


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AldoVincent
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Hai scritto un papello infinito che richiede tempo per essere letto e lo farò. Mi soffermo solo su questa frase iniziale:

Le altre versioni dall ebraico ad uso e consumo massonico o intellettualistico o illuminista e progressista non ci interessano piu di tanto.
Questa versione ispirata era l'unica che conoscevano gli apostoli e che diffondevano...

Gli apostoli non potevano diffondere una bibbia arrivata qualche secolo dopo. Suppongo sia un lapsus e non affondo la lama su questa affermazione.
La precedente invece è offensiva, e denota una sorta di superiorità nei confroni di chi studia l'ermeneutica. io ho studiato il corano con la guida di un imam, ho studiato la Bibbia con l'aiuto di un metropolita greco, e attualmente continuo a seguire i corsi biblici di un mio amico rabbino che viveva in Italia ed ora si è trasferito ad Haifa.
Lo spirito non è massonico ma di pura conoscenza, e questo è il presupposto per qualsiasi dialettica.
Che se partiamo con il concetto che tu sei il depositario di tutta la Verità Rivelata, allora questo meraviglioso spazio che ci viene concesso da CDC non serve a nulla.
con il dovuto rispetto

(Adesso leggo il tuo papello ripromettendomi di rispondere)
Cià


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Affus
Famed Member
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Hai scritto un papello infinito che richiede tempo per essere letto e lo farò. Mi soffermo solo su questa frase iniziale:

Le altre versioni dall ebraico ad uso e consumo massonico o intellettualistico o illuminista e progressista non ci interessano piu di tanto.
Questa versione ispirata era l'unica che conoscevano gli apostoli e che diffondevano...

Gli apostoli non potevano diffondere una bibbia arrivata qualche secolo dopo. Suppongo sia un lapsus e non affondo la lama su questa affermazione.
La precedente invece è offensiva, e denota una sorta di superiorità nei confroni di chi studia l'ermeneutica. io ho studiato il corano con la guida di un imam, ho studiato la Bibbia con l'aiuto di un metropolita greco, e attualmente continuo a seguire i corsi biblici di un mio amico rabbino che viveva in Italia ed ora si è trasferito ad Haifa.
Lo spirito non è massonico ma di pura conoscenza, e questo è il presupposto per qualsiasi dialettica.
Che se partiamo con il concetto che tu sei il depositario di tutta la Verità Rivelata, allora questo meraviglioso spazio che ci viene concesso da CDC non serve a nulla.
con il dovuto rispetto

(Adesso leggo il tuo papello ripromettendomi di rispondere)
Cià

Caro Ado Vincent forse non mi sono spiegato bene .
Gli apostoli nelle loro lettere e predicazione citavano mille volte il Vecchio Testamento ( cosa verificabile subito ) per dimostrare che Gesù era il messia che gli ebrei attendevano,anzi il Figlio di Dio.
Ebbene queste citazioni scritturistiche del V. T. si rifanno tutte alla versione dei Settanta !!!!!! Quindi noi cattolici preconciliari stiamo solo a quella versione che usarono gli apostoli nella loro predicazione .
O vuoi dimostare che anche il V. T. non sisteva al tempo degli apostoli ?


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AldoVincent
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Assolutamente no. Vorrei solo dire, se mi è concesso, che i primi Apostoli predicavano la bibbia ebraica. Così come probabilmente Gesù Cristo, che secondo i Vangeli era un Rabbino.


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