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Berlusconi stoppa patto sulle riforme


helios
Illustrious Member
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Berlusconi stoppa il patto con Renzi
“Quello sulle riforme accordo inutile”
L’ex premier in tv: «Valuteremo e voteremo ciò che riterremo buono».
E sul Senato: «C’era un’intesa, poi Renzi ha combinato un pasticcio»
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L’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi
il caso Berlusconi e le rivelazioni di Geithner: “Gravissimo silenzio delle alte cariche”

Silvio Berlusconi non cambia lo spartito sulle riforme, e dopo che martedì Forza Italia ha appoggiato il testo del governo in un passaggio procedurale in Senato, oggi arriva un nuovo stop del suo leader. La cosa non sembra però impressionare Matteo Renzi, che dice di non voler «indietreggiare». Il governo studia anche un «piano B» nel caso in cui Berlusconi si sfili definitivamente dal patto sulle riforme costituzionali e sull’Italicum.

Martedì Forza Italia si è schierata con la maggioranza nella Giunta per il Regolamento del Senato per fermare il ricorso di Roberto Calderoli contro l’adozione del ddl del governo come testo base delle riforme. Come è accaduto altre volte, dopo 24 ore il «mood» degli Azzurri si è capovolto: prima sono arrivate le critiche di Giovanni Toti all’Italicum e alle riforme e poi è arrivata l’esternazione di Berlusconi. Ad una domanda se proseguirà l’intesa con Renzi, il leader di Forza Italia ha replicato: «No, è inutile prendere accordi prima. Aspettiamo di vedere le riforme in Parlamento. Se riteniamo che siano buone le votiamo, altrimenti votiamo contro».

Maggioranza e Forza Italia si erano già accordati su una serie di modifiche al ddl Renzi-Boschi, in particolare sulla riforma del Senato: dando più spazio ai rappresentanti dei Consigli Regionali e meno ai sindaci, o ponderando il numero dei senatori di ciascuna Regione sul peso demografico. Tutte richieste avanzate da Forza Italia che andrebbero recepiti in emendamenti condivisi (il termine per presentarli è fissato al 28 maggio). Le parole di Berlusconi cosa significano? Gli «azzurri» si ritirano anche da questi accordi già siglati?

Il capogruppo di Scelta Civica in Senato, Gianluca Susta, ha rilanciato oggi la tesi di Angelino Alfano: Renzi «prenda atto che le riforme o si fanno dentro la maggioranza di governo o non si fanno», anche perché a Palazzo Madama «i numeri ci sono anche senza Berlusconi», sempre che Renzi «ascolti con maggiore attenzione e rispetto i partiti che sostengono» il governo.

Il premier si è mostrato decisionista: «Non indietreggeremo di un passo sul percorso delle riforme». Sta di fatto che a Palazzo Chigi si sta prendendo in considerazione l’ipotesi di Susta e Alfano non solo sulle riforme di Senato e Titolo V, ma anche su quella elettorale. Il primo passo sarebbe quello di blindare la Commissione Affari costituzionali, con Pi e Pd che sostituirebbero i due esponenti che hanno mandato «sotto» la maggioranza il 7 maggio scorso, quando si votò l’ordine del giorno Calderoli: Mario Mauro e Corradino Mineo. Sui contenuti, poi, andrebbe trovato un nuovo accordo sulle modalità di elezione del futuro Senato. La convinzione espressa da Alfano più volte è che il referendum popolare sancirebbe il successo anche in caso di sostegno della sola maggioranza.

E profonde modifiche toccherebbero anche l’Italicum, a partire dall’abbassamento delle soglie sia per i partiti che corrono da soli sia per quelli che si coalizzano. Comunque tutto è rinviato a dopo le Europee anche perché il Governo è convinto che a seconda dei risultati si apriranno scenari diversi.

http://www.lastampa.it/2014/05/14/italia/politica/berlusconi-stoppa-il-patto-con-renzi-quello-sulle-riforme-accordo-inutile-H1SNezz6yoBtxRznBfNURJ/pagina.html


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ugo magri

roma

Da venerdì scorso è proibito pubblicare i sondaggi. Ma la legge permette di farli. E i primi a passarseli sottobanco non sono i personaggi politici, come verrebbe da immaginare, bensì gli istituti finanziari più importanti. Guarda caso, sulla piazza milanese ieri c’era grande fibrillazione: importanti operatori di Borsa davano per certa una vittoria grillina alle Europee. Da Milano le voci sono rimbalzate immediatamente a Roma, nei palazzi che contano. Dove in molti già si chiedono quale potrebbe essere (a parte tutti gli altri eventuali contraccolpi) l’impatto di un trionfo a Cinque stelle sulle riforme. La risposta che nelle sedi altolocate si raccoglie è netta: se Grillo andrà forte, a maggior ragione le riforme dovranno essere portate a compimento. Perché rinunziarvi sarebbe come alzare bandiera bianca. Né il Pd, né il vecchio e nuovo centrodestra sembrano ancora pronti alla resa...

Se invece la domanda si riferisce al patto tra Berlusconi e Renzi, beh, in questo caso nessuno mette la mano sul fuoco.

Le riforme andranno fatte, d’accordo; ma il premier non dovrà contare sull’ormai ex-Cavaliere. Per due ragioni. La prima è che Berlusconi si sta vistosamente sfilando. Tra le sue ultime esternazioni ne spicca una molto simile a un «de profundis»: «Stiamo ritenendo di non poter seguire la strada proposta da Renzi», contro il quale Berlusconi aggrava il tono della sua critica. Indigesta per Forza Italia è la bozza di Senato delle autonomie presentata dalla ministra Boschi. Ancor meno accettabile è la legge elettorale in gestazione, che prevede un ballottaggio tra i due schieramenti più grossi. A Berlusconi l’«Italicum» non conviene più, perché ha rotto con gli alleati. Salvini, segretario della Lega, fa finta di non conoscerlo. E con Alfano si è creato un solco incolmabile sul piano umano, oltre che politico. Da sola, Forza Italia avrebbe zero chance di arrivare e vincere al ballottaggio. Insomma, il leader forzista pare deciso a stracciare le intese del Nazareno.

Casini invita a non prenderlo troppo alla lettera, «in campagna elettorale Berlusconi dice cose che non pensa nemmeno...». Ed effettivamente può essere che dopo il 25 maggio l’uomo torni sui suoi passi, specie se verrà bastonato dagli elettori. Ma perfino in quel caso non è detto che un ripensamento berlusconiano sia sufficiente a tenere in vita il patto del 10 gennaio. Ed ecco il secondo motivo di scetticismo: a fronte di una travolgente avanzata grillina, l’intesa col Condannato rappresenterebbe per il premier un motivo di debolezza e di grave imbarazzo. Sarebbe numericamente vantaggiosa ma politicamente molto difficile da gestire: anche questa è una valutazione molto diffusa specie in Senato, dove di riforme si sta discutendo. Figurarsi la reazione grillina davanti a un patto costituzionale che tagliasse fuori un terzo del Paese...

Guarda caso, con molta tempestività Alfano si è fatto avanti: «Se Forza Italia partecipa alle riforme, bene. Altrimenti le approviamo a maggioranza, andiamo al referendum e lo vinciamo», ha twittato. Quagliariello, che del Ncd è coordinatore nazionale, conferma precisando: l’«Italicum» andrà cambiato, ma sulle altre riforme noi ci saremo... Se l’onda grillina diventerà tsunami, gli alfaniani si propongono come salvagente del governo e delle riforme.

http://www.lastampa.it/2014/05/13/italia/politica/la-paura-di-grillo-incrina-il-patto-sulle-riforme-ojRvqEcM6eqcImL1ImGe9J/pagina.html


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