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Bombardamenti in Serbia: il sì di Cossiga e D'Alema


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Ho letto l'intervista di Fabrizio Roncone a Francesco Cossiga pubblicata sul Corriere del 23 febbraio con il titolo: «Portai D'Alema a Palazzo Chigi per fare la guerra» e sono rimasto sbalordito dalla leggerezza con la quale l'ex presidente della Repubblica affronta il grave tema degli attacchi aerei e terrestri italiani contro i serbi nel 1999. Eppure, da cattolico ed esperto della sua dottrina, quale Cossiga ama definirsi, egli dovrebbe ben conoscere la teoria della Chiesa sulla cosiddetta «guerra giusta».
Meno, o quasi per nulla, invece, mi ha colpito la facilità con cui D'Alema si è prestato al gioco, dato che l'essenza del marxismo, dottrina sulla quale il nostro ministro degli Esteri si è formato, è il relativismo morale e filosofico.
Mi sovvengono in proposito, con amarezza, i versi dei «Sepolcri» di Ugo Foscolo, su «quel grande», Niccolò Machiavelli, «che temprando lo scettro a' regnatori», alle «genti svela di che lagrime grondi e di che sangue».
Non a caso, il padre del marxismo italiano, Antonio Gramsci, fu un grande estimatore dello scrittore rinascimentale che separò la politica dalla morale, tanto da teorizzare il moderno partito comunista come la reincarnazione del Principe machiavellico.

Marco Viglione,

Caro Viglione, Sin dagli anni in cui fu giovane sottosegretario alla Difesa, Francesco Cossiga è sempre stato atlantico. Quando era presidente del Consiglio, nel dicembre del 1979, ebbe una parte determinante nel dibattito alla Nato sui missili SS20 che l'Unione Sovietica stava installando nei suoi territori occidentali con testate multiple e una gittata che avrebbe permesso a Mosca di colpire le maggiori città occidentali. Helmut Schmidt, cancelliere social-democratico della Repubblica federale, denunciò il pericolo e sostenne che occorreva rispondere alla minaccia sovietica installando missili americani di eguale gittata e potenza in alcuni Paesi europei della Nato. Ma non sarebbe riuscito a convincere la sua opinione pubblica se non avesse dimostrato che altri membri dell'Alleanza erano pronti ad accogliere le armi americane. Cossiga sostenne Schmidt e assicurò che l'Italia avrebbe fatto la sua parte.

Credo che tra la fine del 1998 e gli inizi del 1999, quando cominciò a prospettarsi l'ipotesi di un'azione militare della Nato contro la Serbia di Milosevic, Cossiga abbia avuto una reazione analoga a quella del dicembre 1979. Le parole dette a Fabrizio Roncone ripetono affermazioni già fatte in altre circostanze. Era convinto che l'Italia, in quella occasione, dovesse stare con gli alleati della Nato, e temeva che il governo Prodi, soggetto alle pressioni di Rifondazione comunista, non avrebbe avuto la forza di partecipare al conflitto. Più volte, nei mesi seguenti, disse che il partito da lui fondato con Mastella (l'Udr) serviva a permettere che il nuovo governo, presieduto da Massimo D'Alema potesse fare a meno di Bertinotti. La guerra contro la Serbia mi sembrò sbagliata, ed è per questo, forse, che gli argomenti di Cossiga non mi hanno mai interamente convinto. Ma non bisogna dimenticare che l'Italia veniva da una lunga fase durante la quale aveva perduto buona parte della sua credibilità internazionale. La tesi dell'ex presidente della Repubblica (occorre stare con gli Alleati per riconquistare la loro fiducia) non era priva di un certo fondamento.

Quanto all'uomo che, come presidente del Consiglio, decise la partecipazione alla guerra, le ricordo che Massimo D'Alema motivò sempre l'operazione come un intervento umanitario: giustificazione che in quel momento andava molto di moda e che da allora, dopo le ultime guerre americane, ha perduto buona parte della sua attrattiva. A me, tuttavia, sembrò che all'origine della decisione vi fosse anche un altro motivo. D'Alema fu il primo ex comunista alla presidenza del Consiglio e sapeva che gli americani sorvegliavano attentamente le sue mosse. Se avesse proclamato la neutralità dell'Italia, molti, a Washington, avrebbero osservato che il lupo aveva cambiato il pelo, ma non il vizio. Insomma, partecipammo ai bombardamenti sulla Serbia anche per dimostrare che il nuovo D'Alema era diverso dal vecchio.

Sergio Romano
Fonte: www.corriere.it
6.03.08


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