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Calipari, stop dagli Usa: «Niente nomi di chi sparò»


Tao
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Decisione «definitiva». Castelli: amareggiato. E attacca i pm di Milano
Attentato di Nassiriya, fermati alcuni sospetti

ROMA - Gli Stati Uniti sbattono la porta in faccia all’Italia. Comunicano «in modo definitivo» che non forniranno alcuna informazione sui componenti della pattuglia che il 4 marzo 2005 uccise a Bagdad il dirigente del Sismi Nicola Calipari, né sulla sparatoria avvenuta sulla Route Irish dopo la liberazione di Giuliana Sgrena. E dunque confermano che non consentiranno di identificare ufficialmente Mario Lozano, il soldato che, secondo il rapporto finale americano, fece fuoco contro la Toyota degli 007. Trattamento diverso lo riservano invece al presunto terrorista Abu Omar al Kurdi, detenuto in un carcere iracheno che ha confessato di aver progettato la strage di Nassiriya che nel novembre 2003 provocò la morte di 17 militari e due civili: i magistrati italiani sono stati autorizzati a interrogarlo in videoconferenza. Proprio ieri il vertice del contingente che si trova a Camp Mittica ha comunicato che la polizia locale ha fermato alcune persone sospettate di aver avuto un ruolo di fiancheggiatori nell’attentato di giovedì scorso che ha ucciso due carabinieri e un ufficiale dell’Esercito.

LA SPARATORIA - Washington chiude dunque la partita sul «caso Calipari». La tanto attesa risposta all’istanza di rogatoria è un «no» senza appello. Nella risposta formale il Dipartimento di Giustizia statunitense ricorda che c’è già stata un’indagine congiunta che ha portato a conclusioni, non condivise dallo Stato italiano, ma in sostanza ritiene quelle conclusioni «non rivalutabili». La decisione finale sul futuro dell’inchiesta spetta ora ai pubblici ministeri ma appare difficile che si riesca a celebrare un processo per l’omicidio del funzionario del servizio segreto militare. Nel gennaio scorso sono stati depositati gli atti di indagine in vista di un possibile rinvio a giudizio e in attesa che gli Stati Uniti facessero conoscere le proprie intenzioni. Nessuno si è mai illuso che l’amministrazione americana potesse decidere di collaborare, ma rimaneva la speranza di riuscire a ottenere quantomeno notizie più precise sull’identità dei soldati che la sera del 4 marzo si trovavano al posto di blocco. Non è accaduto e adesso bisognerà fare i conti con il codice penale. Secondo l’articolo 7 si può punire lo straniero che compie un reato all’estero contro un cittadino italiano «abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle sue funzioni». Ma questa «punizione» può arrivare se, come impone l’articolo 10 «lo straniero si trova nello Stato italiano». I magistrati dovranno dunque decidere se si possa chiedere il rinvio a giudizio di Lozano e celebrare il processo nei suoi confronti «in contumacia» o se, dopo il diniego degli Usa a collaborare, il caso debba essere archiviato.

L’ATTACCO DEL MINISTRO - Il Guardasigilli Roberto Castelli fa sapere di essere «amareggiato per il rifiuto delle autorità di Washington», ma coglie l’occasione per polemizzare con i pubblici ministeri milanesi che avevano sollecitato l’estradizione di 22 agenti della Cia accusati del rapimento dell’imam Abu Omar. Richiesta che lo stesso ministro si è rifiutato di inoltrare. Quella che riguarda le indagini sulla morte di Calipari è, afferma, «una vicenda lunga e complessa finita in maniera non positiva per l’Italia forse anche a causa delle polemiche con la procura di Milano che possono aver influenzato questa decisione americana. Il ministero ha fatto di tutto, e anche di più, per avere una risposta diversa dagli Usa. Questo mi lascia con l’amaro in bocca». Immediata è la replica del procuratore aggiunto Armando Spataro: «Sono esterrefatto da queste dichiarazioni di un ministro della Repubblica. Esse imporrebbero che almeno egli dichiarasse espressamente cosa gli è noto sulle ragioni della decisione delle autorità americane, poiché il diritto internazionale, anche quello consuetudinario, non prevede che le rogatorie o le richieste di estradizione siano strumento di baratto». Parole alle quali il Guardasigilli decide di replicare subito: «Il procuratore Spataro cerchi di fare il suo mestiere, cioè cercare di catturare i terroristi, cosa che non gli riesce benissimo, e lasci la politica ai politici». È l’ultimo capitolo di una polemica a distanza che va avanti da mesi e non appare affatto chiusa.

Fiorenza Sarzanini
Fonte: www.corriere.it
5.05.06


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