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Echelon Italia:orecchio dei servizi segreti-di Gianni Lannes


greiskelly
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15-2-2012

di Gianni Lannes

Il braccio supersegreto dello spionaggio italiano: la struttura più potente mai realizzata in Italia su pressione del governo USA. Milioni di persone schedate nel Belpaese da una rete riservata sulla quale il Parlamento non ha il diritto di sapere nulla. Intercettati abusivamente dal RIS (Reparto Informazioni e Sicurezza), senza un mandato della magistratura: giudici non malleabili, giornalisti indomabili, ma anche industriali, politici, ecologisti, ambasciatori, contestatori sociali, prelati come don Gallo, chi si oppone alla guerra o all'installazione di basi militari straniere, chi combatte civilmente l’alta velocità. Non mancano poliziotti, carabinieri e finanzieri non allineati alle direttive supreme del sistema di potere. Una branca supersegreta al di sopra della legge proprio come Eurogendfor.
co il grande fratello militare. «We are watching you»: “ti stiamo osservando”. Dallo spazio, infatti, qualcuno ci spia. Non si tratta di extraterrestri, ma di satelliti controllati segretamente dai governi. A confronto le intercettazioni telefoniche di spioni pubblici e privati che hanno coinvolto la Telecom dei tempi di Tronchetti Provera (Tavaroli e soci), sembrano una bazzecola. L’aria e il cielo sono intrisi di segnali elettronici. Intercettarli è facile come raccogliere la pioggia con un secchio. Numerosi cittadini con la fedina penale immacolata, a loro insaputa sono schedati elettronicamente, grazie ai prodigi di un braccio supersegreto dell’ex Sismi, specializzato in spionaggio d’ogni genere e guerra elettronica. E’ tutto documentato nei fascicoli personali: dalle credenze religiose a quelle politiche, fino alle attività professionali e del tempo libero. Siamo controllati e sorvegliati da tempo a nostra insaputa. Il presidente del Consiglio Monti, se non fosse troppo distratto dalle pressioni estere, dovrebbe informare subito le Commissioni parlamentari competenti: Affari costituzionali e Difesa.
Silenzio assordante - Oltre un anno fa, precisamente il 31 gennaio 2011, ben sei deputati (prima firmataria Elisabetta Zamparutti) hanno osato presentare al Ministro della Difesa, Ignazio La Russa, l’atto parlamentare numero 4/10647, sulla base di una mia inchiesta giornalistica risalente al 2009, poi aggiornata. Nonostante ben sette solleciti, neppure il governo tecnico nominato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - quindi senza alcuna legittimazione del popolo sovrano - si è ancora pronunciato in materia.

Signor presidente Monti, lei che ha dimestichezza con gli “alleati”, sorry, padroni nordamericani” saprebbe rivelare all’opinione pubblica sempre più inebetita, chi gestisce questa struttura, quale tipo di informazione utilizza e di quale mandato politico gode? Esistono fondati sospetti che tale sistema di spionaggio al di fuori del controllo parlamentare, possa venire utilizzato per fini difformi da quelli della sicurezza e della pace? Ma di che si tratta? Proviamo a spiegarlo, poiché il responsabile della Difesa - passato e presente - tace inspiegabilmente. Ne sa qualcosa Massimo D’Alema, presidente del Copasir? Per la cronaca: nel Comitato parlamentare per la difesa della Repubblica figura pure Fabrizio Cicchitto, tessera P2 numero 2232.

RIS - I carabinieri non c’entrano anche se hanno accumulato illegalmente decine di milioni di fascicoli e detengono illecitamente migliaia di tracce biologiche (Dna) su ignari cittadini. Allora, di che si tratta? Semplice: della struttura supersegreta e più potente mai realizzata in Italia, nata anche per intercettare - senza alcuna autorizzazione della magistratura e all’insaputa del Parlamento italiano - particolari soggetti non addomesticabili. Una rete riservata che non fa capo ad apparati pubblici dello Stato, ma al Reparto Informazioni e Sicurezza, il servizio segreto che raggruppa i tre vecchi SIOS di forza armata e che ha il compito di accedere, captare ed elaborare qualsiasi forma elettronica di comunicazione in transito nel Mediterraneo ed anche oltre. E’ un’attività così gelosamente custodita che qualche tempo fa, l’allora capo di Stato Maggiore della Marina, Paolo La Rosa, interpellato da due parlamentari della commissione Difesa, negava addirittura l’esistenza, trincerandosi dietro il segreto di Stato. Rispose infatti La Rosa, in una lettera di cui siamo legalmente in possesso: «Con riferimento alla richiesta di autorizzazione alla visita avanzata dai parlamentari in oggetto, si comunica che non risultano in Cerveteri e nel territorio nazionale strutture denominate “Echelon Italia” – Conclude infine l’ammiraglio di squadra – Si soggiunge che in linea generale, quanto al regime delle autorizzazioni delle visite dei Parlamentari ai siti protetti dal segreto di cui all’art. 12 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, vige il disposto della legge 24 giugno 1988 n. 206 e relativo regolamento d’attuazione». “Echelon” o strutture simili in Italia non esistono? Il cuore dell’Intelligence fantasma – collegato a varie stazioni di ascolto distribuite capillarmente nella Penisola – è mimetizzato all’interno di una caserma dell’esercito nel territorio di Cerveteri in provincia di Roma. Un lungo recinto e poi un muro protetto all’interno da un terrapieno, filo spinato e telecamere difendono due palazzine basse, una decina fra antenne paraboliche – in collegamento col sistema satellitare Sicral – e alcune casematte per la sorveglianza. «La base viene utilizzata attualmente come orecchio elettronico per intercettare comunicazioni radio militari e civili (Sigint), segnali elettromagnetici militari (Elint), comunicazioni via satellite (Comint), trasmissioni immagini (Imint), telefonia di vario genere» attesta la documentazione riservata dello Stato Maggiore Difesa. I messaggi vengono trasferiti, trascritti e analizzati a Roma, all’aeroporto militare di Ciampino e a Forte Braschi. Ovviamente, tutto in nome della lotta al terrorismo internazionale e della sicurezza generale. Ma al servizio di chi? In Italia non si può intercettare nessuno senza l’autorizzazione della magistratura. Nel caso dei Servizi segreti occorre il nulla osta delle Procure Generali della Repubblica presso le Corti d’Appello. L’assoluta discrezionalità e l’assenza di regole democratiche sembrano essere i tratti essenziali del Reparto informazioni e Sicurezza, peraltro mai sottoposto finora ad un controllo parlamentare. Sembra un scherzo: un organo dello Stato non sottoposto a controlli, che occupa due interi edifici a 37 chilometri da Roma. Ma la faccenda diventa seria se si pensa che il RIS è la mente operativa dell’Intelligence italiana dove si concentra la massima mole di notizie riservate esistente nel Paese: informazioni particolari su aziende e privati cittadini.

Strane deroghe - Singolare coincidenza. «L’attuale normativa sulla privacy riconosce ampie deroghe proprio ed esclusivamente per i servizi di informazione e sicurezza» dichiara Antonio Martino (aspirante piduista) il 20 ottobre 2004, allora in veste di Ministro della Difesa, nel corso dell’audizione presso la Commissione Affari costituzionali. E aggiunge, a tale proposito: «In questo ambito, ho indicato soluzioni strutturali per assicurare un rapporto sempre più efficace tra il Sismi ed il reparto informazioni e sicurezza dello stato maggiore della Difesa (…) Gli ambiti di competenza del Ris sono complementari a quelli del Sismi. Il Ris realizza un sistema informativo organico ed integrato, a disposizione del capo di Stato maggiore della Difesa (…) In quanto servizio specialistico a supporto diretto dello strumento militare in tutte le sue componenti, quindi non destinatario di un controllo politico diretto». Un altro riferimento ufficiale è racchiuso in uno scarno paragrafo del Libro Bianco pubblicato dal ministero della Difesa nel 2002. A pagina 41, a proposito del “R.I.S.” si legge: «I SIOS (Servizi Informazioni Operative e Situazione) di Forza Armata sono stati sciolti e l’attività informativa è
stata portata a livello interforze presso lo Stato maggiore della Difesa. Il trasferimento di competenza è stato sancito dalla direttiva del Ministro della Difesa n.1/30863/14.8/97 in data 15 maggio 1997 e l’attività, dopo una fase sperimentale, ha assunto una definitiva configurazione in data 1° settembre 2000 con la costituzione del Reparto Informazioni e Sicurezza ed i dipendenti Centro Intelligence Interforze e Scuola Interforze Intelligence/Guerra Elettronica». E ancora: «L’attività di ricerca informativa e di sicurezza s’inquadra naturalmente in quella del SISMI che, operando a più ampio raggio, è in grado di fornire l’inquadramento generale della situazione ed il sostegno di riferimento con i servizi collegati. Non va peraltro trascurata la funzione di sicurezza interna svolta a tutela delle strutture ed infrastrutture militari in Patria, in stretto collegamento, in questo caso, con l’Arma dei Carabinieri e con gli organi specializzati del servizio stesso a tutti i livelli ordinativi».

Chi controlla i controllori? - «Il Centro Interforze di Formazione Intelligence/GE è un istituto militare, dipendente dal II Reparto Informazioni e Sicurezza (RIS) dello Stato Maggiore della Difesa – spiega una nota ministeriale – In particolare il centro provvede a qualificare ed aggiornare il personale, appartenente alla Difesa, per l’impiego nel settore dell’Intelligence. In tale ottica i corsi afferiscono in maniera peculiare a tutte le discipline dell’Intelligence (IMINT, SIGINT, HUMINT, OSINT, ACINT, MSINT) e della guerra elettronica, in funzione di quelle che sono le necessità addestrative formulate dal RIS o dagli Stati maggiori di singola Forza Armata». Computer di ultima generazione sono la mente operativa. Software ultraveloci in grado di entrare nelle nostre case, ascoltare e registrare le telefonate, setacciare la posta elettronica e le altre forme di comunicazione che viaggiano su Internet, aprire e decifrare tutto quanto viene trasmesso dalle banche dati. Penetrare nel mondo della finanza, svelare i movimenti di denaro, individuare le scelte strategiche dei gruppi industriali, rivelare notizie riservate sulle indagini giudiziarie in corso, sui politici sotto inchiesta, sui boss mafiosi sotto controllo, sui giornalisti ficcanaso. Una concentrazione senza precedenti di informazioni sensibili – inaccessibile ai parlamentari della Repubblica – gestita da un ramo speciale dei servizi segreti e conservate senza limiti di tempo. Il sistema è attualmente in grado di captare e analizzare miliardi di comunicazioni private al giorno che passano attraverso il telefono, il fax, la rete internet. Creato nel 1997 dall’ammiraglio Fulvio Martini (direttore del Sismi dal 5 maggio 1984 al 26 febbraio 1991) il RIS ha avuto come primo responsabile l’ammiraglio Sergio Biraghi. Il suo successore è stato un altro ufficiale di marina, l’ammiraglio Sirio Pianigiani. Le voci ben mimetizzate di spesa sui bilanci dell’ultimo decennio del ministero della Difesa ne documentano inequivocabilmente l’attività. Un esempio? La «costruzione di un inceneritore per documenti classificati a Udine», oppure la «realizzazione di impianto palazzina Tlc a Jacotenente» in piena Foresta Umbra, all’interno del Parco nazionale del Gargano. Quali satelliti utilizzano i servizi segreti? Il SICRAL (Sistema italiano per comunicazioni riservate ed allarmi) - costato 500 milioni di euro - è il primo satellite italiano per telecomunicazioni ideato completamente dalla Difesa e sviluppato dal consorzio Sitab (Alenia, Fiat Avio, Telespazio). Il 7 febbraio 2001 è stato posto in un’orbita geostazionaria. «Il sistema militare di osservazione da satellite HELIOS ed il sistema satellitare duale italiano COSMO Sky-Med, sono utilizzati da parte italiana tramite strutture risalenti alle responsabilità dello Stato Maggiore della Difesa, in collegamento con il Sismi» decreta il 6 marzo 2006, il ministro Martino. Humint e Sigint corrono insieme. Quando l’Intelligence si interessa a personaggi su cui non avrebbe titolo per indagare, usa la tecnica dei galleggianti: si apre cioè un fascicolo genericamente intestato a un certo affare, o ad una fonte, e poi si allegano ad esso i fascicoli galleggianti sul personaggio che interessa. Un calcolo preciso è impossibile farlo. E’ possibile ipotizzare che circa 1 milione di persone siano stata schedata dai nostri infaticabili 007 con la divisa. Molto in voga è l’abitudine di archiviare fascicoli particolarmente delicati non a Forte Braschi, ma in uffici di copertura dislocati in tutto il territorio nazionale. Tali operazioni non richiedono e nemmeno presumono che chi è oggetto delle intercettazioni stia violando la legge. Già nel ’95 venne alla luce un’attività informativa prestata negli anni 1989-91 al capo del Sismi, Fulvio Martini, dal colonnello Demetrio Cogliandro: in sostanza, un’illegittima raccolta di informazioni di natura personale su uomini politici, ed esponenti del mondo finanziario, sindacale ed industriale. Il Comitato parlamentare che sovrintende all’attività dei servizi aveva esaminato la documentazione concludendo il 5 marzo 1996: «Salvo qualche nota sporadica, il contenuto delle carte è del tutto estraneo alle finalità istituzionali del Servizio (…) Essi appaiono destinati ad offrire strumenti di pressione e di ricatto (…) contro soggetti politici ben individuati (…) Sono state raccolte informazioni di ogni genere, notizie relative agli intrighi che si sviluppavano nel sistema di governo». Non è cambiato nulla. Attualmente, gli archivi dei Servizi Segreti presentano un’estensione sempre più smisurata. Nonostante il trascorrere dei decenni e malgrado ripetuti segnali d’allarme che hanno rivelato l’accumulo disinvolto di milioni di fascicoli e la loro illegale e spregiudicata utilizzazione, il materiale scottante ora viene depositato in banche dati elettroniche. Il 17 novembre 1987, l’ex ministro della Difesa, Attilio Ruffini, alla «Commissione Affari Costituzionali della Camera rivelava: «Nessun governo è in grado di controllare singolarmente i milioni di fascicoli per verificare se rientrano meno nell’ambito dei compiti istituzionali dei Servizi. Ci si deve necessariamente fidare di quanto affermano i direttori dei servizi o i loro subordinati». La situazione verrà confermata dall’ammiraglio Martini alla stessa Commissione, il primo dicembre ’87: «Quando il Presidente del Consiglio mi chiese se potevo affermare in Parlamento l’inesistenza negli archivi di qualcosa che potesse prestarsi a un giudizio negativo, gli risposi che potevo dargli questa assicurazione, sottolineando come negli archivi di Forte Braschi esistessero circa 18 milioni di pratiche». Lo “zio Sam” con Echelon ha fatto scuola anche in Italia: la base di ascolto di San Vito dei Normanni (attualmente dismessa e recentemente incendiata), in provincia di Brindisi ha registrato istante per istante la strage di Ustica (27 giugno 1980) e intercettato i sequestratori dell’Achille Lauro nel 1985. Eppure, nessuno ha mai chiesto conto in sede ufficiale alle autorità Usa il chiarimento dei misteri d’Italia. Intercettare, catalogare ed archiviare la vita di chiunque è una violazione dei diritti umani. La democrazia è costruita su diritti che prevalgono su qualsiasi interesse collettivo, individuale, economico politico e di sicurezza. Il vero problema è capire se si stia sistematicamente smantellando il concetto di privacy individuale, uno dei diritti umani più basilari.

Echelon - Ideato nel 1947. E’ un sistema di sorveglianza mondiale realizzato da alcuni Stati durante la Guerra fredda. Viene gestito da Usa, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda (accordo Ukusa). L’infrastruttura spaziale è stata insediata nei primi anni ’60, lanciando in orbita un gran numero di satelliti spia. Responsabile di questi progetti è la National Security Agency (NSA), la più grande agenzia di intelligence nordamericana, in collaborazione con la Cia e la Nro. I centri elaborazione dati terrestri sono ubicati a Menwith Hill (Gran Bret
agna) ed a Pine Gap (Australia). Anche l’Italia ha ospitato una struttura di questa rete spionistica – orecchio poi trasferita a Gioia del Colle – nella base di San Vito dei Normanni, dal 1964 fino al 1994. Negli Usa è nata nel 2001, la “Total information awareness”, una banca dati unica che ha lo scopo di raccogliere informazioni sui cittadini di tutto il mondo dal comportamento sospetto.

Enfopol - L’organizzazione, in collaborazione con l’Fbi americana, è nata ufficialmente il 23 novembre 1995 grazie a un accordo di cooperazione europeo per un sistema di controllo totale di tutti i mezzi di comunicazione. Le radici sono state sviluppate fin dal 1991 nell’ambito della conferenza di Trevi, dai ministri dell’Ue e si sono concretizzate nel 1993 a Madrid. Secondo l’associazione inglese per i diritti civili Statewatch esistono intese segrete sotto forma di “Memorandum of Understanding Concerning the Lawful Interception of Telecommunications” (Enfopol 112, 10037/95). L’Italia svolge un ruolo di primo piano all’interno del programma, perché ospita, in provincia de L’Aquila, la base terrestre di Iridium, la rete di satelliti per le comunicazioni cellulari. Enfopol coordina la collaborazione europea dei ministeri degli interni e della giustizia. E’ al di fuori dei controlli parlamentari europei.

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di Gianni Lannes

Anche in Occidente i diritti dell’essere umano sono sempre più carta straccia. Alzi la mano chi ha mai sentito parlare del Trattato di Prüm, sottoscritto da sette Stati membri il 27 luglio 2005, e ratificato dal Parlamento italiano, con la Legge n. 85 del 30 giugno 2009.

In ossequio alle dottrine autoritarie Usa, nonché ai Trattati di Velsen e di Lisbona -approvati in tutta fretta dai parlamentari di stanza a Bruxelles e Strasburgo (compresa Sonia Alfano che tiene conferenze pubbliche con Forza Nuova, sponsorizzata in campagna elettorale dal comico eterodiretto Beppe Grillo) senza uno straccio di coinvolgimento popolare, almeno nel belpaese- la libertà risulta sempre più vigilata nel vecchio continente.

Oltre Orwell - il codice ereditario umano è balìa di alcuni Stati europei. Il pretesto è apparentemente nobile: la lotta contro «il terrorismo internazionale, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale» mediante la cooperazione. In sostanza: il Dna (acido desossiribonucleico), viene immagazzinato per 40 anni in una banca dati istituzionale.
Lo standard europeo Issol (Interpol Standard Set Of Loci) “aveva inizialmente solo 7 marcatori più amelogenina” spiega l’avvocato Giorgio Ponti “Nell’aprile 2005 è stata decisa l’introduzione di 3 nuovi marcatori ritenuti molto sensibili. Non tutte utilizzano il medesimo standard di archiviazione, anche se la risoluzione del Consiglio E del 9 giugno 1997 ‘invita’ gli Stati membri alla realizzazione di uno standard comune. La più affollata banca dati europea è quella inglese con 3 milioni di profili”.
La legge numero 85, promulgata il 30 giugno 2009, a firma del Presidente Giorgio Napolitano, nonché del premier Silvio Berlusconi e dei Ministri Franco Frattini, Roberto Maroni e Angelino Alfano, nel disinteresse generale si intitola appunto «Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d’Austria, relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum). Istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA. Delega al governo per l’istituzione dei ruoli tecnici del Corpo di Polizia penitenziaria. Modifiche al codice di procedura penale in materia di accertamenti tecnici idonei ad incidere sulla libertà personale».

Genesi - Il primo progetto di legge per la regolamentazione del prelievo coattivo risale al 1998: l’allora Ministro della Giustizia Giovanni Maria Flick (del Governo di centro-sinistra guidato da Romano Prodi) presentò al Senato, il 20 gennaio, un disegno di legge (disegno di legge n° 3009 rubricato sotto il nome di «Disciplina dei prelievi di campioni biologici e degli accertamenti medici coattivi nel procedimento penale» ) che non è mai arrivato a divenire Legge dello Stato. L’Italia, che non era tra gli Stati promotori dell’accordo di Prum, il 4 luglio 2006, a Berlino, nella persona dell’allora Ministro degli Interni, Giuliano Amato, ha sottoscritto, insieme al collega tedesco, Wolfgang Schaueble, una dichiarazione congiunta sull’ingresso dell’Italia nel Trattato di Prüm.
L’articolo 5 recita una garanzia al di sopra di ogni sospetto: «presso il Ministero dell’interno, Dipartimento della pubblica sicurezza, è istituita la banca dati nazionale del DNA. Presso il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, è istituito il laboratorio centrale per la banca dati nazionale del DNA».

Ad ogni buon conto i danni sono a responsabilità limitata, infatti, l’artico 4 dispone inequivocabilmente: «quando agenti di una Parte contraente operano nel territorio nazionale, lo Stato italiano provvede al risarcimento dei danni causati dal personale straniero limitatamente a quelli derivanti dallo svolgimento delle attività svolte conformemente al medesimo Trattato».

Compresi i minori - Chi sono le prime cavie oggetto della normativa? L’articolo 9 stabilisce: «i soggetti ai quali sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari; i soggetti arrestati in flagranza di reato o sottoposti a fermo di indiziato di delitto; i soggetti detenuti o internati a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo; i soggetti nei confronti dei quali sia applicata una misura alternativa alla detenzione a seguito di sentenza irrevocabile, per un delitto non colposo; i soggetti ai quali sia applicata, in via provvisoria o definitiva, una misura di sicurezza detentiva».
La legge non risparmia i bambini. L’articolo 29 dispone il «Prelievo di campioni biologici e accertamenti medici su minori e su persone incapaci o interdette». Un abominio? L’ennesimo abuso di potere? Oppure ordinaria amministrazione?

«Il prelievo coattivo è vincolato oggettivamente nel senso che può aver ad oggetto solo il materiale indicato in via alternativa dal legislatore: saliva o capelli; la soglia massima dell’intervento fisico sull’indagato che non consente è un prelievo di saliva o capelli autorizzato dal pm - puntualizza l’esperta Paola Felicioni, autrice del saggio Accertamenti sulla persona e processo penale (Ipsoa 2007) - Occorre chiedersi qual è la disposizione che trova applicazione in un’ipotesi di tal fatta in cui non sussiste l’urgenza dell’intervento della polizia giudiziaria sulle persone, diversi dalle ispezioni personali, possa essere compiuto un rilievo-prelievo di “materiale biologico”».

La Corte Costituzionale con la sentenza numero 238, risalente al 9 luglio 1996, aveva già chiarito la «genericità del potere conferito al Giudice di emettere un provvedimento coattivo per assicurare il compimento della perizia: non sono infatti indicati i “casi” e i “modi” del prelievo coattivo da persona vivente: carenza di precisazione circa la natura e la possibilità di estensione della coazione; incompatibilità di tale “genericità” con i principi dell’articolo 13 della Costituzione, che richiede, per tutti gli atti di restrizione della libertà personale, una duplice garanzia: la riserva di legge “nei soli casi e modi previsti dalla legge”, e la riserva di Giurisdizione “atto motivato dall’autorità Giudiziaria”».

L’articolo 1 (comma 4) del Trattato di Prüm prevede addirittura che «Entro e non oltre tre anni dall’entrata in vigore sarà presentata una iniziativa in previsione della trascrizione delle disposizioni del presente trattato nell’ambito giuridico dell’Unione europea».

Fedele nei secoli - Ma a chi? Senza voler scomodare le rivelazioni del generale in pensione Nicolò Bozzo, braccio destro del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa -“cercare di spiegare perché l’anima nera, presente nell’Arma come del resto altrove, abbia potuto affermarsi a scapito dei valori più autentici”- dopo i 70 milioni e passa di fascicoli custoditi illegalmente dall’Arma dei carabinieri su italiane e italiani, vicenda emersa qualche tempo fa grazie alla coraggiosa denuncia di un sottufficiale, subito messo a tacere, siamo infine, ai prelievi biologici sul corpo umano. In altri termini, siamo tutti un po’ meno liberi per ragioni di ‘sicurezza’.
Esiste già da un bel pezzo l’archivio delle tracce biologiche raccolte attraverso le perizie delle forze dell’ordine e nei prelievi su indagati. In un unico data-base, affidato alla gestione di un apposito organismo (Ris dell’Arma, in seguito Eurogendfor, la super polizia militare europea), vengono c
atalogati con un sistema di codici a barre tutti i campioni raccolti. L’enorme mole di informazioni è custodita all’interno di un sistema informatico controllato a più livelli e accessibile solo dai diversi gradi dell’autorità giudiziaria. Rispetto al passato, la novità fondamentale è nella possibilità di confrontare i campioni in tempo reale attraverso un software speciale. Attualmente, infatti, ogni campione di Dna rimane confinato all’interno del procedimento giudiziario in cui è stato raccolto, rendendo solo incidentali i confronti. In realtà, la creazione di una banca dati copre il vuoto legislativo che ha consentito la nascita di archivi istituzionali al di fuori della legalità. Come, ad esempio, quello del Ris carabinieri di Parma, che custodisce migliaia di campioni biologici. L’archivio segreto dell’Arma è stato casualmente svelato durante un processo per furto in cui l’imputato ha scoperto che il proprio Dna veniva da anni conservato -violando la normativa sulla privacy- dagli uomini del reparto investigativo scientifico.

Controllo generale - Basta essere fermati per una verifica di routine per finire nel cervellone del Viminale anche senza aver commesso reati. L’anno scorso 15 milioni e passa di cittadine e cittadinid’Italia sono stati inseriti nell’archivio delle forze dell’ordine. Ma non è tutto nell’era del grande fratello militare. Siete in auto con il vostro amante o con la campagna di università il giorno in cui avete marinato le lezioni. Una volante della Polizia o una pattuglia dei Carabinieri (ma anche della Guardia di Finanza o della Forestale e della Polizia Penitenziaria) vi intima l’alt per un normale controllo. Voi esibite i documenti, il vostro accompagnatore pure. Tutto in regola. “Prego potete andare”, vi dicono cortesi gli operatori delle forze dell’ordine. Siete tranquilli, in fondo il vostro “peccato” non è (ancora) reato, e alla polizia che gliene importa se voi avete l’amante o non siete andati a scuola? Tornate a casa dopo esservi ricomposti (o ritruccate) e proseguite la vostra vita di tutti i giorni. Ma a vostra insaputa, è scattato un meccanismo infernale di controllo, denominato ‘Sistema di indagine’ (Sdi) dal quale non uscirete più, per il resto dei vostri giorni. E che potrebbe rendervi la vita molto dura, anche se siete un innocuo rappresentante di biancheria intima con qualche indecisione sentimentale. Osserviamo come funziona e soprattutto quali problemi crea questo sistema voluto dall’ex Ministro dell’Interno Enzo Bianco e ampiamente sviluppato dal Ministero dell’Interno. Per comprendere il meccanismo creato da quando lo Sdi ha soppiantato il vecchio Centro elaborazione dati (Ced), occorre fare un passo indietro e vedere come operava fino al 2000 il cosiddetto cervellone del Viminale, sede del Ministero dell’Interno. Fino a qualche anno fa la verifica della vostra autovettura e dei vostri documenti finiva nelle statistiche numeriche delle attività di controllo del territorio. In passato, infatti, il vostro nome veniva iscritto nel cervellone solo in caso di arresto o denuncia, per un qualsiasi reato; oppure se presentavate un esposto per lo smarrimento dei documenti. Nel 2001, secondo i dati del Viminale, furono denunciate dalle forze dell’ordine 152.399 persone; ne vennero identificate ai posti di blocco 14.897.666, su 7.870.021 veicoli controllati. Mentre prima dell’entrata in vigore dello Sdi, nel cervellone venivano iscritte solo le 152 mila persone denunciate, oggi invece vengono registrati mediamente 15 milioni di cittadini identificati e assolutamente estranei a qualsiasi imputazione o sospetto e quindi totalmente immacolati. Mentre prima c’erano limitazioni ben precise, oggi tutto confluisce nel calderone di un sistema di indagine che coinvolge alla lunga l’intera popolazione.

Privacy inesistente - Secondo il Dipartimento della Pubblica Sicurezza «Il Ced interforze viene regolato dalla legge 121/1981 e dall’articolo 21 della legge 26 marzo 2001, n. 128. Prevede la raccolta, elaborazione, classificazione e conservazione delle informazioni e dei dati in materia di tutela dell’ordine, della sicurezza pubblica e di prevenzione e repressione dei reati e da quelle a tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Il Sistema rispetta le norme sulla protezione dei dati, individuando in modo univoco la persona che effettua operazioni di immissione e di interrogazione della Banca dati (mediante uso di password e user Id)». La spiegazione è ineccepibile, ma non esauriente. Il problema non è come e da chi questi dati vengano utilizzati, ma perché vengano raccolti e quali siano le necessità di sicurezza che giustificano l’inserimento del nominativo di un cittadino in una banca dati così delicata per il semplice fatto di essere stato identificato dalle forze dell’ordine.

Schedature di massa - Il controllo del territorio ha a che vedere con la prevenzione, quell’attività che si fa per impedire i reati e che consiste nel fermare delle persone nella ipotesi che qualcuna di queste possa essere un latitante o un trafficante di droga. Secondo quanto prevede la normativa in vigore, invece, questa routine è stata inserita nel più complesso sistema d’indagine, trasformandosi in un’attività investigativa a carico di cittadini ignari di questa schedatura. Con la legittima giustificazione di operare una prevenzione dei reati, si è creata una schedatura di massa dove sono già inclusi, a loro insaputa, milioni di cittadini. Nella lista dei potenziali ‘cattivi’, dove una volta finivano solo quelli indagati o condannati, adesso ci sono anche quelli colpevoli solo di essere stati identificati. Dal Ministero spiegano: «Il compito principale del Sistema informativo Interforze è senz’altro quello della raccolta e gestione di tutti i dati e le informazioni che derivano dalle attività di prevenzione e repressione dei reati. Il Sistema di Indagine Sdi, richiedendo la raccolta delle informazioni là dove sorgono, prevede l’alimentazione da parte di tutti gli uffici segnalanti e dai relativi operatori». Il che tradotto vuol dire: non solo la Polizia, ma anche gli altri corpi raccolgono le notizie e le inseriscono nel sistema. Precisazione che, invece di tranquillizzare, preoccupa ancora di più. Nessuno dovrebbe detenere informazioni sulle frequentazioni, sulle abitudini e quant’altro di un singolo cittadino, a meno che non vi sia un’esplicita richiesta della magistratura, per indagini. E sembra chiaro che nessun giudice può aver autorizzato indagini su milioni di cittadini italiani. C’è poi da chiedersi se il Garante della privacy non abbia nulla da dire sul fatto che annualmente una media di 15 milioni di cittadini, senza aver commesso alcun reato, vengono schedati e inseriti in un cervellone che, da qui all’eternità, potrà documentare ove erano alla tal ora, di tale giorno e con chi.
Si dice che dall’11 settembre del 2001, siamo tutti un pò meno liberi, per ragioni di sicurezza. In realtà la genesi dello Sdi è antecedente alla tragedia di New York e porta la firma di entrambi gli schieramenti politici.

http://sulatestagiannilannes.blogspot.com/2012/02/europa-controllo-in-italia-schedature.html


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