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Gheddafi/ Sinistra un bel tacer non fu mai scritto


Maria Stella
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
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Gheddafi / sinistra.. un bel tacer

Si un bel tacer non fu mai scritto ed a sinistra aver fatto la cagnara cui assistiamo, non fa fare una gran bella figura, avrebbero fatto molto meglio a tecere, ma tantè , sono degli allegroni e fare ridere gli piace evidentemente.

Per non dimenticare poi quando Prodi presidente del Consiglio e Napolitano presidente della repubblica accolsero in pompa magna nientepopodimeno che il presidente del Sudan Omar Hassan el Bashir dittatore sanguinario condannato dal tribunale dell' Aja per crimini contro l'umanità accusato di sostenere le milizie arabe Janjaweed, responsabili di gran parte dei massacri in Darfur (450.000 morti e 2.700.00 profughi). In poche parole un genocida.

E la cosa non ci fece fare una gran bella figura nel mondo, ma alla sinistra la cosa non la toccò, non si strappo' le vesti, tacque, per le anime belle il genocidio è cosa da bimbi se "torna utile" ..

Amnesty accusò l’Italia essere unico paese così tanto con vicino al Sudan.

E 25 eurodeputati francesi e inglesi gli chiesero conto della iniziativa definita "improvvida iniziativa". Prodi parlò di una "occasione utile". Molti in europa non videro niente di utile nel rischio di legittimare un governo andato al potere con un colpo di stato islamista.

Tartine e champagne, tacquero indifferenti

Ma ci facciano il piacere!!!

9/9/2006
Incontro Prodi-Gheddafi in Libia
Premier rientrato in Italia nella notte
Un incontro tra il premier italiano Romano Prodi e il leader libico Muammar Gheddafi si è tenuto a Sirte, in Libia. Secondo fonti qualificate italiane il primo incontro di Prodi con Gheddafi è durato meno di un'ora. I due avrebbero affrontato i temi del controllo dell'mmigrazione clandestina, le questioni economiche bilaterali e le questioni africane. In nottata il premier italiano è rientrato a Roma.

Felice Manti per il Giornale scrive oggi una specie di riassunto per una gran bella storia d'amore Sinistra / Gheddafi
http://www.ilgiornale.it/interni/quanti_fratelli_sinistra_gheddafi/31-08-2010/articolo-id=470114-page=0-comments=1

Gheddafi viene in Italia e l’opposizione lo copre di fischi. Qualche tempo fa era lui a dirsi «fratello» di Romano Prodi e «amico» di Massimo D’Alema. Succede. È come vedere la tua fidanzata storica che si bacia con il tuo rivale. Tutta questa polverosa indignazione che l’opposizione di sinistra ha sollevato in questi giorni altro non è che gelosia. Muammar Gheddafi, fino al 2008, era praticamente «cosa loro». E oggi che il premier Silvio Berlusconi gli ha scalzati la sinistra s’indigna.
Il rapporto tra Muammar e il Professore va avanti del 1996, all’alba del suo primo tragicomico biennio da premier. Anche allora fu stretta di mano nel tendone, danaroso contratto con l’Eni firmato e ciao. «Voglio esprimere la mia gratitudine a mio fratello Romano», disse qualche anno dopo il Colonnello. Era il 27 aprile del 2004, per lui era la prima volta in Europa dopo vent’anni. Tutto grazie a Prodi, che da presidente della Commissione europea gli aveva spalancato le porte di Bruxelles e si era speso, con successo, contro l’embargo dell’Onu alla Libia. «Oggi - rispose Prodi - è un grande giorno per l’Europa». In mezzo, in quegli otto anni, ci furono decine di incontri e telefonate riservate.
La sinistra italiana, dalla Bindi in giù, si spellava le mani dagli applausi per il grande lavoro dell’ex premier. «La stampa straniera - gongolò il fedelissimo di Prodi Giulio Santagata - aveva bollato l’apertura di Prodi a Gheddafi come una iniziativa sconsiderata e incomprensibile, un passo falso. Oggi credo che qualcuno dovrebbe rendere merito alla lungimiranza di Prodi». Persino l’allora ministro degli Esteri Lamberto Dini fu ricevuto due volte nella tenda. Lui, il Colonnello, era vestito con camicia e pantaloni verdi militari e un cappellino da ranger. E la prima domanda fu: «Come sta Prodi?». Finì, come sempre, che il titolare della Farnesina tornò in Italia con in tasca un altro accordo da 5,5 miliardi di dollari per la ricerca di gas naturale e un oleodotto da realizzare tra la società nazionale petrolifera libica e ovviamente l’Eni. A sinistra nulla da dire, allora.
E Massimo D’Alema? Ah, D’Alema, D’Alema. Uno che andava sotto braccio a Hezbollah tra le macerie di Beirut figurarsi se si è mai imbarazzato di fronte al leader libico. I due si dicono «amici», e Baffino in passato non ha nascosto di aver fatto al Colonnello un sacco di moine. Quando si decise di far processare in Olanda da un tribunale scozzese i due libici accusati dell’attentato contro il jumbo della Pan Am del 1998 (270 morti) a Lockerbie, fu un D’Alema raggiante a chiamarlo nella tenda per complimentarsi. E nel 1999, prima di rotolare rovinosamente per la debacle alle Regionali, si precipitò a invocare una pietra tombale sul passato colonialismo italiano in Libia «per rafforzare la cooperazione tra Tripoli e l’Italia» in chiave anti immigrazione e per portare un po’ di soldi libici in Italia. Insomma, quando si tratta di affari la sinistra tutti questi scrupoli sui diritti umani non se li è mai posti.
Della metamorfosi dalemiana al tempo si accorse persino il New York Times: «La visita di D’Alema in Libia evidenzia una recente priorità della politica estera italiana: proiettarsi, in fretta e per prima, verso i paesi petroliferi del Nord Africa e del Medio Oriente. Sembra molto probabile - aggiunse il Nyt - che il Colonnello Muammar Gheddafi visiterà l’Italia». «È presto», replicò Baffino a favore di telecamera mentre scendeva dal Falcon di ritorno dalla Libia con in braccio Anisa e Amira, le due bambine italiane figlie di Abubaker Sharif, un libico che le aveva avute da due donne di Pisa. Le bimbe erano bloccate in Libia dal ’96 perché senza permesso d’espatrio. Il regalino del Colonnello non bastò a far restare D’Alema a Palazzo Chigi, ma i due continuarono a sentirsi.

Nel 2006 scoppiarono le violenze a Bengasi dopo la maglietta con le vignette anti-Islam mostrate dal leghista Roberto Calderoli al Tg1. Gheddafi, saggiamente, disse che quell’incidente non avrebbe compromesso i rapporti tra i due paesi.

Parole apprezzate subito da un altro dei leader della sinistra di allora, Francesco Rutelli: «Un possibile governo di centrosinistra, guidato da Romano Prodi, sarà in grado di rendere credibili e concreti i progetti di cooperazione e di contribuire a chiudere ogni contenzioso e divergenza bilaterale».

In effetti il Professore vinse per 20mila voti, Gheddafi lo chiamò per fargli gli auguri e Romano corse subito a incassare l’abbraccio del Colonnello. Era l’otto settembre di quattro anni fa, sembra passato un secolo. Lui e Muammar a cena: menù a base di montone e altre specialità locali, il tutto innaffiato con thè alla menta, coca cola e birra analcolica, raccontano le cronache dei giornali. E quando l’anno dopo scoppiò un piccolo giallo sulla sua salute, e si ipotizzò che il Colonnello fosse morto, chi sciolse l’enigma? Prodi. «Mi ha chiamato Muammar, sta bene».

Detto da uno che quando vuole (vedi seduta spiritica durante il rapimento Moro) coi morti ci parla davvero fa ridere, ma questa è un’altra storia.
Con Prodi premier D’Alema si mise addosso la casacca della Farnesina. E il pensiero tornò a sette anni prima, al grande «gesto riparatore» solo sfiorato nel ’99: la costruzione dell’ormai famosa autostrada costiera da sei miliardi di euro tra Egitto e Tunisia da appaltare alle aziende italiane in cambio del mea culpa sui tragica deportazione dei libici in Italia nel 1911-12. «È stata una pagina tragica e vergognosa», disse subito D’Alema, con la mano tesa.

Miele per le orecchie di Gheddafi. Il problema è che però quell’accordo lo firmò Berlusconi, il 30 agosto 2008, aprendo definitiv
amente la cassaforte libica alle imprese italiane.

È allora che il Pd Marco Minniti s’infuriò. Con Gheddafi? No, con Silvio l’ingrato: «Fu il governo Prodi il primo a dialogare con Gheddafi. E il primo ministro europeo a fargli visita ufficiale nel 1999 fu D’Alema».

E pensare che dopo lo storico accordo l’ex premier Ds aveva bofonchiato ai suoi durante un comizio ad Alessandria, schiumando di rabbia: «Ci chiese un sacco di soldi e gli dissi di no, Berlusconi invece glieli ha dati subito. Tanto sono vostri».

Era appena l’anno scorso, e già allora il Colonnello era fuori moda.

Ultima chicca: uno dei figli di Gheddafi, Saif al-Islam, qualche tempo fa rivelò a Panorama: «Mi piace molto Berlusconi ma politicamente sono di sinistra: un socialista e non un conservatore. Quindi, solo per questo, preferisco D’Alema». E poi uno si stupisce perché si arrabbiano...
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Insomma, ho fatto un sogno premonitore forse e quindi ragazzi vi dico che destra o sinistra conta zero, solo una cosa vi unisce: le bugie hanno le gambette corte, e partendo da questo dato di fatto magari potreste azzerare favole e ciarle per cominciare a lavorare per il Paese, cioè per i vostri veri datori di lavoro, i cittadini italiani, visto che quelli con i quali qualcuno sperava di sostituirci spendendosi tanto ed attivamente, poi alla fine non è che si siano dimostrati tanto teneri e simpatici, quanto credete che vi faranno durare ancora? Siete tanti tantissimi, troppi scommetto che a loro ne basta 1 , risparmiano. 😉


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