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Il metalmeccanico di Walter


Tao
 Tao
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Massimo Calearo da Confindustria a capolista in Veneto: come Colaninno, contro Colaninno
Il presidente di Federmeccanica ha chiuso un mese fa un contratto che non piaceva alla Fiat. Sfumata la poltrona di vice della Marcegaglia. Berlusconi punta su D'Amato. Per Veltroni il Pd ha iniziato «la più grande rimonta della storia politica italiana»

Calearo ha detto sì. Veltroni, da Pisa, ha annunciato che «un grande industriale sarà il nostro capolista alla camera nel Veneto». E' lui. Voleva pensarci ancora un po' ma è lui: Massimo Calearo, presidente di Federmeccanica, uomo di fiducia di Montezemolo. L'ultimo e il più atteso acquisto del partito democratico che, con meno clamore, ieri ha imbarcato tra i candidati anche la campionessa del salto in lungo Fiona May.
Ma è il capo dei metallurgici versante Confindustria l'uomo del giorno. Veltroni lo ha candidato con tutte le intenzioni: «Sento che la sinistra radicale parla di lotta di classe contro i padroni, noi abbiamo un'idea diversa, noi proponiamo un grande patto fra produttori e lavoratori». Messa così, il «grande industriale» - che ha duecento dipendenti a fare antenne per auto massimamente per la Fiat in quel di Isola Vicentina - non poteva rifiutare. D'accordo, solo l'estate scorsa giustificava lo sciopero fiscale lanciato da Umberto Bossi, ma adesso «ho accettato la proposta di Veltroni perché credo che questo sia un momento fondamentale per il futuro del paese». E poi perché «se nel partito democratico trovano spazio anime, culture e interessi anche non di sinistra come quelli di cui io sono portatore significa che la politica italiana sta veramente cambiando».
Siederà accanto ai super poliziotti che il Pd sta candidando, agli scienziati alle giovanotte e al generale, e accanto ad almeno un operaio metalmeccanico, il sopravvissuto della TyssenKrupp. E a Matteo Colaninno: in questo caso però la candidatura non raddoppia ma bilancia quella dell'ex presidente dei giovani industriali. I rapporti tra Colaninno e Montezemolo sono tanto mal messi che il presidente di Confindustria ne battezzò l'ingresso nelle liste del Pd definendolo un candidato «figlio di papà». Calearo riequilibra il Pd con Montezemolo e Montezemolo con il Pd.
Imprenditore del nordest, ai ferri corti con il governatore forzista Galan al punto da cancellarne il nome dal Giornale di Vicenza nel cui consiglio di amministrazione siede, grande sostenitore dei programmi Usa sull'aeroporto Dal Molin, Calearo era in realtà un po' in calo in Confindustria. Colpa dell'ultimo contratto dei metalmeccanici, firmato poco più di un mese fa con grande scorno della Fiat. E così la sua candidatura a vicepresidente con Emma Marcegaglia alla guida degli industriali era destinata a sfumare. Veltroni lo promuove, persino non escludendo di chiamarlo eventualmente al governo; la sinistra arcobaleno ne trae argomenti per confermare la deriva moderata del Pd; il centrodestra accusa il colpo. Berlusconi insiste per avere l'ex presidente di Confindustria D'Amato, il forzista Sacconi spiega stizzito che «una cosa sono i confindustriali e un'altra gli industriali, come ci ricorda la sintonia diretta tra Berlusconi e la platea del convegno di Vicenza nel 2006». Quel giorno, quando il cavaliere poco prima delle elezioni maltrattò gli imprenditori troppo poco ostili alla sinistra, litigò con Della Valle e si prese applausi a fiumi dalla base nordestina, Massimo Calearo era in veste di padrone di casa: era ed è rimasto fino a tre giorni fa il presidente degli industriali di Vicenza. Sgraditi gli eccessi berlusconiani, nella sostanza anche lui si dichiarò più d'accordo con Tremonti che con Prodi.

Che non fosse di sinistra come ha precisato ieri era dunque fuori discussione, ma il candidato Calearo è comunque «un'esagerazione» secondo il segretario della Fiom Gianni Rinaldini: «Mettere in lista addirittura il capo di Federmeccanica è troppo». Non che Rinaldini sia sorpreso, «l'operaio metalmeccanico e il padrone metalmeccanico insieme è la conferma della linea interclassista del Pd, la prova che non parliamo più di un partito di sinistra: adesso anche quelli che hanno fatto finta di non capirlo capiranno». E in effetti qualcosa potrebbe incrinare la pace veltroniana, se anche un sindacalista come Fausto Durante che nella Fiom rappresenta l'ala moderata vicina ad Epifani teme che «Calearo può farci perdere più voti di quelli che può far acquisire». Ma per Veltroni non c'è problema, il Pd sta tentando «la più grande rimonta della storia politica italiana».

Andrea Fabozzi
Fonte: www.ilmanifesto.it
Link: http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/03-Marzo-2008/art13.html
3.03.08


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