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Lo Spread questo sconosciuto

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SanPap
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Questa è una storia mistery: un post lungo come un feuilleton dell’Ottocento; quindi, per capire la trama, bisogna leggerlo tutto.
L’obbiettivo è ambizioso, ergo chiediamo venia fin d’ora agli esperti per tutti gli errori, le approssimazioni e le omissioni tipiche di ogni sintesi divulgativa.
Vogliamo scendere nella tana dell’orco per guardare più da vicino il mostro, cioè lo spread, e capire se fa davvero così paura e se possiamo infilzarlo, in qualche modo, come fece quell’arcangelo col diavolo. Lo spread è il differenziale del rendimento tra i titoli di debito pubblico decennali italiani detti BTP e i loro omologhi tedeschi detti BUND.
BTP significa Buono Poliennale del Tesoro. Proviamo a seguire la storia di un BTP che chiameremo, per comodità, BTP BuonTemPone. È un titolo di stato a lunga scadenza con un valore nominale multiplo di mille e, in genere, rende interessi fissi netti annui. Voi lo acquistate e,
dopo dieci anni, lo Stato vi restituirà il suo valore nominale. Inoltre, nel corso del decennio,
vi pagherà degli interessi annuali sotto forma di cedole, a cadenza semestrale. Ad esempio,
per un titolo di diecimila euro, con interesse fisso dell’uno per cento, lo Stato vi stacca
ogni anno una cedola di euro cento. Il ‘rendimento’ del BTP BuonTemPone è dato, quindi, da:
cedola+prezzo di acquisto. Dipende, quindi, anche dal prezzo che avete pagato. Se avete pagato novemila un BTP di valore nominale diecimila, alla fine avrete un doppio guadagno:
mille euro – la differenza tra il prezzo di acquisto e il valore nominale di restituzione –
più le cedole degli interessi annuali.
Ora, quando sale lo spread significa che aumentano gli interessi pagati dallo Stato su quel titolo?
Assolutamente no. Una volta che il BTP BuonTemPone è stato emesso e collocato con un’asta –
e inizia a passare di mano in mano nei cosiddetti ‘mercati secondari’ – il suo tasso di interesse (la cedola) non cambia più fino alla scadenza del decennio.
Da questo punto di vista, il BuonTemPone è un investimento ‘fedele’. E allora, cosa diavolo
misura lo spread? Misura non già la differenza tra il tasso di interesse di quel titolo e il tasso di interesse del BUND tedesco, ma la differenza tra il ‘rendimento’ del primo e il ‘rendimento’
del secondo.
Mi sa che dobbiamo capire come fa il ‘rendimento’ a cambiare, se vogliamo prendere
il toro (cioè lo spread) per le corna. E per capirlo dobbiamo fare un altro passaggio. Una volta che è emesso a un tasso dell’uno per cento, il nostro BuonTemPone inizia a gironzolare,
come uno studente curioso, per i mercati mondiali. Da questo punto di vista, è infedele, il lazzarone.
E così, chi ce l’ha in tasca (oggi, per lo più, investitori stranieri, fondi speculativi e banche)
lo vende. Ma a che prezzo? Supponiamo che il titolo del valore di diecimila euro, con tasso all’uno
per cento, sia stato comprato giusto giusto al suo prezzo nominale (di diecimila euro) dalla Banca
Squalo S.p.a. E supponiamo che – dopo un po’ – la Banca Squalo decida di venderlo al Fondo Avvoltoio.
Lo venderà a diecimila euro? Dipende. Anche no. Nel frattempo le cose cambiano, come i maglioni, i governi pretendono di governare, i politici presumono di ragionare (raramente lo fanno davvero).
E così, il BTP BuonTemPone perderà di valore, ma aumenterà di rendimento. [Vediamo come]
Il BuonTemPone ha una scadenza fissa (esempio, dieci anni) e una cedola fissa (esempio, l’un per cento all’anno), ma non è proprio ‘fissato’ del tutto.
Il suo prezzo fluttua sui mercati mondiali dove lui, dopo essere nato dal grembo dello Stato,
si ostina a vagabondare, il ramingo ingrato! Così, se – putacaso – personaggi autorevoli di quello
Stato fanno terrorismo mediatico prefigurando una brutta fine al Paese, il valore del povero BTP diminuisce.
La sua prima acquirente, la Banca Squalo S.p.a., non riuscirà più a liberarsene al prezzo originario d’acquisto di diecimila euro, ma vorrà comunque venderlo (perché dell’Italia si dice un gran male negli ambienti che contano). Allora, dovrà abbassare le sue pretese, ad esempio a novemila e riuscirà così a cedere il BuonTemPone al Fondo Avvoltoio. Ma la cedola resterà uguale perché è fissa (dell’un per cento sul valore nominale), cioè cento euro all’anno.
Ora calcolate l’impatto percentuale (di dieci euro) su novemila e vi accorgerete che gli interessi
sul nuovo valore del titolo sono saliti: non sono più dell’uno per cento, ma dell’uno virgola uno.
Non solo: il secondo acquirente, il Fondo Avvoltoio, alla morte del BuonTemPone (la sua scadenza), si porterà anche a casa cento euro in più rispetto a quanto promesso dallo Stato alla Banca Squalo (la quale avrebbe ottenuto diecimila in restituzione dopo averne spesi diecimila all’acquisto). E più le previsioni si fanno fosche, più le agenzie di rating ci declassano, più le istituzioni internazionali ci bacchettano, più i nostri politici si martellano i cabasisi dicendo ai quattro
venti che il nostro Paese è brutto, sporco e cattivo, più il prezzo del BTP BuonTemPone scende e
più il suo rendimento sale. Se sale il suo rendimento, sale anche (di regola) la differenza tra
questo rendimento, in salita appunto, e il rendimento del cugino di campagna delle lande germaniche, il famoso BUND. Il quale è molto meno creativo, giramondo, eccentrico del BuonTemPone, ma anche assai più affidabile.
Comunque sia, il punto è un altro: lo Stato italiano, su quel BTP BuonTemPone, pagherà cedole più alte? Assolutamente no. La cedola, lo abbiamo detto, resta uguale per dieci anni (l’un per cento su diecimila).
Dovrà restituire un importo maggiore di quello garantito? Assolutamente no. Aveva promesso diecimila in restituzione e diecimila restituirà. C’è qualcosa che non torna, vero? Se – sulle finanze dello Stato – il cambiamento del rendimento del BTP BuonTemPone già emesso, non produce alcun effetto, perché diavolo lo spread fa così paura? Qualcosa non torna.
Allora, adesso smettiamo per un attimo i panni del BTP BuonTemPone, e ricominciamo a ragionare.
Abbiamo detto che un rialzo dello spread – cioè un deprezzamento dei BTP sui mercati secondari – indica un aumento del loro rendimento (rispetto ai BUND tedeschi), ma non un aumento delle cedole che lo Stato paga ai possessori di quel BTP. E allora perché si dice che il rialzo dello spread provoca un rincaro degli interessi pagati dallo Stato italiano per rifinanziarsi? È semplice.
Attualmente, il debito pubblico totale italiano ammonta a circa duemila trecento miliardi.
Esso è costituito, per la gran parte, da titoli di stato. Nel paniere ci trovate il nostro BTP
BuonTemPone, ma anche i BOT (Buoni ordinari del tesoro) e i CCT (Certificati di credito del tesoro).
Di queste migliaia di miliardi in forma di titoli, alcuni sono titoli vecchissimi che stanno per
venire a scadenza, altri di mezza età, altri di fresca emissione. Mano a mano che scadono i titoli,
lo Stato cosa fa? Li ripaga ai suoi creditori.
Per esempio, se la Banca Squalo ha comprato, nel 2008, dieci miliardi di BTP (tra cui il nostro
amico BuonTemPone), nel 2018 la stessa Banca Squalo (o, al suo posto, il Fondo Avvoltoio o chiunque, nel frattempo, sia venuto in possesso del titolo girovagante) va dallo Stato Italiano e se li fa restituire.
In questo modo, ovviamente, si crea un buco nelle finanze dello Stato. E come viene colmato? Attraverso le tasse, certo (ecco dove vanno a finire le imposte che pagate, amici), ma anche con l’emissione di nuovi titoli del debito, per esempio di un nuovo BTP di dieci miliardi. Facciamola semplice. Escono dieci, entrano dieci. Adesso la parola ‘debito pubblico ’ comincia ad avere un senso: è un enorme vortice di miliardi che girano e girano e girano, come in una lavatrice. Sì, ma quanto girano? Tanto per farvi un’idea, i BTP in scadenza nel 2018 sono pari a 135 miliardi. Rispetto a questi BTP, lo Stato risente dell’andamento dello spread? Ovviamente, no. Essi sono stati venduti a un valore nominale e quel valore nominale lo Stato restituirà a chi si presenta all’incasso esibendogli il BTP BuonTemPone (che poi, nel turbinoso passamano del decennio, il BuonTemPone abbia arricchito Paperone e impoverito Paperino, è un’altra faccenda: lui, come già detto, ama i saliscendi).
Ma neppure sulle cedole fisse, nel frattempo pagate dallo Stato, lo spread avrà influito:
ad esempio, 4,50 per quelli del 2007 e 0,25 per quelli del 2015. E allora perché dobbiamo temere
un rialzo dello spread? Perché esso, misurando la temperatura dei rendimenti dei BTP già emessi e circolanti nel mercato secondario, influenza la temperatura (cioè i prezzi) dei titoli di nuova emissione.
Se io, banca Squalo, mi accorgo che tu, Stato italiano, sei meno affidabile (perché il BuonTemPone
che hai messo all’asta in quel bel dì, ne ha combinate di ogni colore in giro per il mondo,
perdendo via via il suo valore), allora i titoli di nuova emissione li comprerò, ma a un prezzo ben
più basso del loro valore nominale (e magari a un interesse più alto). Quindi, il famoso spread
è misurato sul rendimento dei titoli di vecchia emissione, ma – per la casse dello Stato – impatta
sui rendimenti di quelli di nuova immissione. Non solo: lo spread influenzerà anche e soprattutto
i BTP (che sono titoli bramati dagli speculatori e che distribuiscono cedole) più che i BOT e CCT
(i quali sono più un prodotto per prudenti risparmiatori e non distribuiscono cedole).
Se siete arrivati fino a qua, tenete duro perché adesso arriva il bello. Abbiamo capito, finora,
che lo spread è una brutta bestia, ma può farci male fino a un certo punto. Diciamo che ha lame molto appuntite, ma che non possono ferire il debito pubblico italiano già emesso: solo quello di nuova emissione. Quindi, è falso sostenere che un aumento dello spread tra BTP e BUND tedeschi (e cioè, in linea di massima, del rendimento dei BTP di vecchia emissione), provochi un aumento dei rendimenti su tutto il debito pubblico italiano. L’impatto riguarderà solo i titoli di nuova emissione. Allora, poniamoci una domanda elementare.
Quanto ci vorrà perché i titoli di nuova emissione – i quali, in un periodo di fibrillazione come quello attuale, tendono a un rialzo dei rendimenti (prezzo+cedole) – sostituiscano tutti i titoli precedenti? Almeno sette anni. Un recente studio di Unicredit del maggio 2018 aveva simulato lo scenario attuale, cioè un aumento di 100 punti base dello spread (da maggio a oggi è avvenuto proprio questo). Il costo medio del ‘funding’ (cioè del tasso a cui lo Stato si finanzia) salirebbe all’1,10%; significa una percentuale di gran lunga inferiore a quella media dei bond che arriveranno a scadenza nel 2018 (2,23%). Ma il pessimista dice: dal 2019 la BCE non farà più quantitative easing, cioè non ci comprerà più i BTP nei mercati secondari. Voi capite bene che questa
operazione della BCE era tutto ossigeno per noi, perché – come usa dire – calmierava i mercati.
Ebbene, secondo lo studio di Unicredit, i nostri titoli vedrebbero un rialzo del loro rendimento dell’1,53% per le scadenze medio-lunghe. Intanto, però, arrivano a scadenza vecchi titoli emessi anni fa che ci costavano mediamente il 2,25%. Se sostituisco un mutuo dove pago un interesse del 2,25 per cento con un mutuo dove pago un interesse dell’1,53 per cento secondo voi ci perdo o ci guadagno? Ovviamente ci guadagno. Vallo a spiegare a Martina, al PD e a tutte le Cassandre in libera uscita in questi giorni.
Ma lo studio di Unicredit ha immaginato anche il canovaccio peggiore: rendimento medio dei nuovi titoli del 2,53 per cento. Anche in tal caso, l’impatto sarebbe impercettibile per le finanze statali.
Per Unicredit il costo medio resterà sotto il 3 per cento fino al 2025 mentre era al 4 per cento nel 2012.
Tutto ciò per dire che questo spread – quando cominci a studiarlo come un entomologo studierebbe uno schifosissimo insetto – non fa poi così schifo. Semmai, fa schifo il sistema che lo ha concepito (con l’intenzione di subordinare la sopravvivenza di uno Stato alle insindacabili decisioni dei Mercati).
Ma a noi non basta, vogliamo andare a fondo della faccenda e farci un’altra domanda. Come diavolo vengono decisi i ‘prezzi’ dei BTP? Anzi, da chi diavolo vengono decisi? La risposta, lo vedremo, è più diabolica della domanda.
Ora tenetevi forte perché stiamo andando dritti dritti al cuore della faccenda.
Fin qua abbiamo capito che lo spread è una ‘malattia’ che colpisce solo i BTP e che riguarda il loro rendimento.
Quando questo ‘rendimento’ si infiamma, il costo dei titoli di stato di nuova emissione si abbassa.
Cioè, per ipotesi, lo Stato è costretto a vendere un titolo di valore nominale 100, a 99 o 98 o 97 o anche meno.
Ma di quali titoli? Proprio dei BTP che sono bond appetibili agli speculatori, mentre i BOT e i CCT
(i quali non staccano alcuna cedola) interessano per lo più ai piccoli risparmiatori e, quindi, dell’aumento dello spread risentono quasi zero. Bene. Ma allora ci viene spontaneo farci una domanda e anche darci una risposta, come direbbe Gigi Marzullo: quando lo Stato emette dei nuovi BTP fa un’asta, giusto? Chi decide il prezzo di acquisto dei BTP di quella nuova emissione? Lo Stato? Non dire fesserie, baby. Lo decide il mercato, bellezza.
Ora, l’idiota compulsivo che alberga in ciascuno di noi e che viene coltivato in vitro dai media di massa, si sente già più sereno: gli hanno insegnato fin da bambino che dove c’è mercato c’è casa (come nella pubblicità di quella famosa marca di pastasciutta), che il mercato fa le cose per bene (come nella pubblicità di quella famosa marca di formaggini) e che il mercato è il più amato dagli italiani (come nella pubblicità di quella famosa marca di cucine).
Proviamo a zittire l’idiota. Come – concretamente – viene deciso il tasso nelle aste dei BTP? In pratica, attraverso un sistema che è così autolesionistico da far dubitare della sanità di mente di chi lo applica. Soprattutto se chi lo applica è lo Stato (che ci perde) e chi ne usufruisce è il mercato (che ci guadagna). Il sistema si chiama ‘asta marginale’. Supponiamo che lo Stato collochi in asta venti miliardi di nuovi BTP al valore nominale di 100 euro l’uno.
Arriva il primo compratore e si offre di acquistarne dieci miliardi al prezzo di 98 euro l’uno. Poi arriva un secondo compratore che si offre di acquistarne altri cinque miliardi al prezzo di 97 euro l’uno. Infine, arriva l’ultimo che si offre di comprare gli ultimi cinque miliardi al prezzo di 95 euro l’uno. Bene, tutti e tre questi acquirenti si porteranno a casa il BTP al prezzo più vantaggioso e cioè quello di 95 euro l’uno. Nonostante i primi due fossero disposti a pagare 97 o addirittura 98! È un sistema ragionevole secondo voi? Evidentemente, no. Viene enormemente penalizzato il venditore, cioè lo Stato, cioè noi tutti, e generosamente avvantaggiato il compratore, cioè i Mercati. E questa specie di tassa occulta finiscono per pagarla tutti i cittadini attraverso quello che Monti chiamava ‘consolidamento fiscale’ (aumento delle imposte) e che tanti suoi emuli chiamano ‘riforme strutturali’ (cioè taglio della spesa pubblica e quindi della sanità, della scuola, delle infrastrutture eccetera eccetera).
Ma adesso che abbiamo cominciato a capire di più il perverso funzionamento della macchina, dobbiamo chiederci: chi decide il sistema di collocamento (e cioè la tecnica dell’asta marginale)? Lo Stato stesso. Siamo in presenza di una specie di sindrome di Stoccolma delle finanze pubbliche o di psicopatologia dell’interesse collettivo. In pratica, è come se i nostri rappresentanti facessero a gara per trovare le mille sfumature perverse per farsi più del male. Soprattutto se consideriamo che alternative a questo sistema ce ne sono, eccome.
Per esempio, il sistema delle aste competitive applicate ai BOT.
Siamo al dunque. Abbiamo compreso che lo spread è un mostro che influenza soprattutto il futuro. Diciamo meglio: un termometro che misura la fiducia dei Mercati nel Sistema Italia. Se lo spread si impenna, i mercati ci chiedono più soldi in occasione delle nuove emissioni di titoli, soprattutto dei BTP. Ma, tra i vari titoli, non esistono solo i BTP.
Oltre al BTP BuonTemPone, ci sono altri titoli in circolazione: per esempio, i BOT, buoni ordinari del tesoro e i CCT, Certificati di credito del tesoro. Ora, se tanto mi da tanto, ciò significa che – quanto maggiori saranno i BTP in circolazione e quanto maggiori saranno i BTP di nuova emissione venduti alle aste – tanto più alto sarà il famoso rischio spread.
Allora si impone una ulteriore domanda: qual è la percentuale di BTP rispetto al totale dei titoli del debito pubblico? La risposta è, nel 2018: circa l’80 per cento di BTP, circa il 5 per cento di BOT e circa il 7 per cento di CCT (il resto mancia, come usa dire, cioè titoli minori). Verrebbe da aggiungere: Houston abbiamo un problema.
Se il nostro ammontare complessivo di debito pubblico dipende così tanto dai BTP, allora è ovvio che lo spread, la malattia dei BTP, per noi rischia di diventare un virus letale. Anche perché, non è sempre stato così, anzi.
Negli anni Ottanta, i BOT erano il 70 per cento del totale, mentre i BTP erano il 20 per cento. E, più precisamente, nel 2018 solo il 6 per cento di BTP è in mano di risparmiatori italiani mentre il 32 per cento è in mano straniera. Trent’anni fa era il contrario: 4 per cento agli stranieri e 57 per cento ai risparmiatori italiani.
Houston, abbiamo due problemi. Non solo emettiamo troppi BTP, ma li vendiamo molto più agli stranieri (fondi speculativi) che agli italiani (risparmiatori occasionali). Capito adesso perché i Mercati ci tengono per il coppino (per non usare un’altra, più greve e più tonda, metafora?). Gli basta vendere BTP sul mercato secondario per causare un rialzo dello spread e un mezzo infarto ai politici italiani. A quel punto, Renzi, Martina, la Gelmini e Berlusconi iniziano a terrorizzarci dagli schermi televisivi e i grandi giornaloni e i grandi opinionisti gli tengono bordone.
Ma c’è un’alternativa? Certo che sì. L’articolo 123 del Trattato di Lisbona, da un lato vieta agli stati di finanziarsi a costo zero presso la BCE (un altro dei deliri del manicomio chiamato UE, ma sopravvoliamo), dall’alto permette di farlo alle banche pubbliche e private.
Notizia: noi abbiamo una banca pubblica (quasi interamente, pubblica, diciamo) la Cassa Depositi e Prestiti. Se la CDP prendesse soldi in prestito a tasso zero virgola dalla BCE, potrebbe poi investirli o nell’acquisto di BTP calmierando le aste, o nell’acquisto di BOT il cui rendimento è deciso non con il meccanismo autolesionista dell’asta marginale, ma con quello più logico dell’asta competitiva (cioè l’interesse lo decide lo Stato e chi ci sta, ci sta).
Di più: lo Stato potrebbe tornare a promuovere i suoi BOT pubblicizzandoli ai cittadini che farebbero le corse per un titolo remunerato discretamente, ma non ai livelli ben più elevati imposti dai mercati nelle aste dei BTP. Pare brutto?
Per qualche insondabile ragione, evidentemente queste idee a qualcuno non piacciono. E allora teniamoci lo spread.

Fine della storia. Sperando sia l’inizio di un’altra.

pubblicato a puntate su ScenariEconomici.it da Francesco Carraro
www.francescocarraro.com


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comedonchisciotte
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Ottimo.
Segnalo che sembra esserci un errorino:
"il Fondo Avvoltoio, alla morte del BuonTemPone (la sua scadenza), si porterà anche a casa cento euro in più rispetto a quanto promesso dallo Stato alla Banca Squalo"
--> "il Fondo Avvoltoio, alla morte del BuonTemPone (la sua scadenza), si porterà anche a casa MILLE euro in più rispetto a quanto promesso dallo Stato alla Banca Squalo"


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SanPap
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@comedonchisciotte
grazie per la segnalazione
purtroppo non posso effettuare la correzione perché non so come si fa (o forse non è possibile …)


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AlbertoConti
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Grazie della segnalazione, è proprio quello che avrei voluto scrivere su questo tormentone dello spread, una vera e propria truffa finanziaria a scopo di rapina politica prima ancora che finanziaria.
Manca qualche dettaglio illuminante sui metodi di collocamento del BTP decennale, tipo la frequenza mensile delle aste sul mercato primario, la composizione degli operatori (acquirenti) abilitati in base ai regolamenti dello stesso emittente (Tesoro, tramite Banca d'Italia), la libera contrattazione dei titoli sul mercato secondario, la commistione tra funzionari del MEF (dipartimento tesoro) e di Banca d'Italia, posseduta di fatto dalle principali banche private italiane, che italiane non sono più (vedi azionariato).
Ne uscirebbe un quadretto poco edificante, caratterizzato, per usare un eufemismo, dal "conflitto d'interessi" sia economici che politici, ovvero, per usare un francesismo, da una "associazione a delinquere di stampo finanziario", ben più grave di quella semplicemente di stampo mafioso per le conseguenze dei crimini commessi, ovviamente tutti legalizzati dalle Istituzioni preposte.

In pratica lo spread rappresenta una perfetta arma di ricatto politico del sistema iperliberista detto UE per conservare e consolidare il suo potere totalitatrio sui popoli più vessati (PIGS), sintetizzabile da una formula cara all'attuale ipertrofia finanziaria: "la previsione che si autoavvera".

Es.: vuoi uscire dalla gabbia dell'euro? ti prevedo catastrofi che fanno esplodere lo spread così che t'incastro in un debito tanto irredimibile quanto non più rinviabile. Fantasie che diventano realtà, così la smetti di bestemmiare contro il verbo iperliberista!


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SanPap
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@AlbertoConti
certo ci sarebbe tanto altro da dire, il problema è che i tecnicismi sono dietro l'angolo: ho scritto un articolo sulla BlockChain e l'ho mandato in bozza a Rosanna, ma mi ha detto che era troppo complicato; vero, è complicato descrivere a parole strutture matematiche ed algoritmi, purtroppo ci troviamo di fronte ad un mondo che diventa sempre più incomprensibile e complicato, mentre ovviamente sarebbe utile capirlo a fondo: la Cina sta pensando di adottare la BlockChain per alcune operazioni bancarie della sua Banca Centrale, tra queste l'Helicopter Money qualora se ne presentasse la necessità


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Tibidabo
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SanPap;239776 wrote: @AlbertoConti
certo ci sarebbe tanto altro da dire, il problema è che i tecnicismi sono dietro l'angolo: ho scritto un articolo sulla BlockChain e l'ho mandato in bozza a Rosanna, ma mi ha detto che era troppo complicato; vero, è complicato descrivere a parole strutture matematiche ed algoritmi, purtroppo ci troviamo di fronte ad un mondo che diventa sempre più incomprensibile e complicato, mentre ovviamente sarebbe utile capirlo a fondo: la Cina sta pensando di adottare la BlockChain per alcune operazioni bancarie della sua Banca Centrale, tra queste l'Helicopter Money qualora se ne presentasse la necessità

Se vuoi pubblicalo qui che sarebbe interessante
Poi se non si capisce si chiede


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SanPap
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perché no …
ci sono molti disegni, ho visto che tu riesci a caricare le immagini, come hai fatto ? Io no ci sono riuscito, probabilmente perché ho in testa il tool che utilizzo io per i miei lavori e mi ostino a cercare di far lavorare il tool proposto da CDC come quello che utilizzo io.


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Tibidabo
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@SanPap

Magari...per le immagini riesco a mettere solo quelle che provengono da pagine web ossia che hanno un URL, le mie dal pc ci ho provato un paio di volte ma non ci riesco
Forse chiedendo al WM...


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SanPap
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invece il tool che uso io (DexExpress - Rich Text Editor) permette di caricare le immagini da qualsiasi sorgente, anche il pc di casa; ovviamente c'è una certa differenza: il tool attuale di CDC non trasferisce fisicamente l'immagine sui dischi su cui si trova CDC, pro - l'immagine non occupa spazio sul loro disco contra - l'immagine è disponibile fino a quando è disponibile nell'altro sito; il tool che uso io trasferisce fisicamente l'immagine e quindi la situazione si capovolge (ovviamente si tratta di una mia ipotesi)

tornando a noi: provo a pubblicare su uno spazio web libero che assegna all'immagine un URL, Flickr potrebbe fare il caso nostro. Vediamo che succede, non ci ho mai provato.


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SanPap
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provato Flickr, l'immagine si vede ma in una pagina che si sovrappone alla pagina chiamante


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Tibidabo
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@SanPap
Ottimo


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SanPap
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Prova


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fuffolo
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La fregatura dell'asta marginale
"La tecnica dell’asta marginale per i BTp premia gli investitori furbi e la sfiducia verso l’Italia
La tecnica con cui il Tesoro colloca il debito pubblico sul mercato sembra incomprensibile. In sostanza, si premiano i "furbi".
di Giuseppe Timpone, pubblicato il 07 Settembre 2018 alle ore 14:53

Il Tesoro italiano ha il suo bel da farsi ogni anno, dovendo mediamente emettere nuovi titoli del debito pubblico per circa 400 miliardi di euro, per almeno il 90% a copertura dei bond in scadenza. Vi siete mai chiesti come avvenga nel concreto il loro collocamento sul mercato? Esistono due procedure per emettere debito: con la tecnica delle aste e tramite consorzio. In questo secondo caso, il Tesoro concorda con banche e altre istituzioni finanziarie i termini delle emissioni. Normalmente, però, sono le aste il metodo tramite cui i titoli vengono venduti ai privati. Per quelli con scadenza superiore all’anno – essenzialmente, i BTp – la tecnica impiegata è quella dell’asta marginale. Vediamo cosa significa.

Crisi dei BTp, perché l’America e non la Russia ci aiuterebbe con lo spread

Sin dall’invio della lettera del Tesoro alla Banca d’Italia sul cosiddetto “divorzio” tra i due enti nel 1980, è stato stabilito un metodo di collocamento dei bond, che ci appare fondamentalmente incomprensibile. In pratica, ogni operatore, tramite le banche, può inviare al Tesoro per via telematica fino a 3 domande in relazione a ogni bond emesso e fino alle ore 11:00 del giorno del collocamento. Ciascuna domanda dovrà prevedere prezzi (rendimenti) diversi. Scaduto il termine, l’accettazione delle domande non è più possibile e il Tesoro provvede a ordinare le richieste ricevute per ciascun bond in funzione decrescente di prezzo o crescente di rendimento. Qual è l’anomalia del funzionamento di questo tipo di asta? Le richieste verranno accolte tutte allo stesso prezzo “marginale”, quello più basso. Esempio: Tizio si propone di acquistare un BTp a 10 anni e con cedola al 2% a 95, Caio a 95,50 e Sempronio a 96. Tutti e tre si vedranno aggiudicare i bond a 95, il prezzo più basso offerto, ovvero al rendimento più alto.

Questo sistema si presta a pratiche collusive ai danni del Tesoro. Basta che gli investitori si mettano d’accordo tra loro, facendo sì che anche uno solo di loro offra meno di tutti, che l’affare è fatto. Il prezzo di aggiudicazione si abbassa per tutti, per cui lo stato colloca il suo debito incassando di meno e mettendo a bilancio un rendimento annuale più alto. Che ci sia qualcosa che non vada lo dimostrerebbe il fatto che i nostri principali competitor europei non usano una simile tecnica. La Germania, ad esempio, fissa un range compreso tra un prezzo minimo e uno massimo, all’interno del quale le domande vengono accettate. Vi chiederete cosa accade, se il mercato si mostra indisponibile a comprarsi tutti i Bund ai prezzi desiderati dal governo. E qui sta un altro aspetto abbastanza curioso: l’asta può andare tecnicamente “scoperta”, ovvero non tutti i titoli vengono collocati e la parte non acquistata dai privati viene presa in carico dalla Bundesbank, la banca centrale tedesca. E negli ultimi anni è accaduto diverse volte che Berlino non sia riuscita a rifinanziarsi sul mercato per l’importo annunciato, dati i rendimenti infimi offerti, negativi fino alle medio-lunghe scadenze.

Le possibili ragioni dell’asta marginale

Ma non è proprio la Germania ad opporsi strenuamente alla “monetizzazione” del debito pubblico, quella a cui la lettera del divorzio tra Tesoro e Bankitalia pose fine 38 anni fa, quando a Via Nazionale fu comunicato di non avere più alcun obbligo di coprire le emissioni non collocate sul mercato? In effetti, siamo al limite della legalità, stando a quanto dispone il Trattato di Lisbona sul modus operandi della BCE. E per questo l’Italia non sarebbe in grado di adottare la stessa tecnica di aggiudicazione dei bond della Germania. Come farebbe il Tesoro a rifinanziarsi sui mercati, se ai prezzi dati non ottenesse un riscontro totale tra gli investitori? A differenza della Bundesbank, Bankitalia non potrebbe intervenire e sarebbe necessaria una seconda asta, cosa che anche oggi avviene, ma per importi limitati al 25% per la prima riapertura delle aste di BTp e al 10% per le riaperture successive (e i BoT). Vero è anche, poi, che per i CTz, i titoli senza cedola, sono fissati limiti di prezzo minimi accettabili, pari al prezzo medio ponderato sottrattovi 200 punti base, ma eliminando dal calcolo i prezzi considerati eccedenti il limite massimo accettabile, come se sostanzialmente il Tesoro facesse di tutto per mitigare la competizione tra gli investitori, a discapito del proprio interesse.

L’Italia emetterà debito in dollari dopo 8 anni, una buona notizia?

Quale sarebbe il senso di una simile tecnica di asta? Non certo le ricostruzioni dei soliti complottisti alla ricerca di misfatti alla luce del sole, quanto la volontà dello stato italiano di attirare più capitali possibili alle aste, consapevole di non godere di una reputazione tale da potersi permettere alternative apparentemente meno favorevoli agli investitori. In sostanza, saremmo vittime del nostro scarso peso negoziale. Non vogliamo certo dire che l’esplosione del debito pubblico italiano o gli alti rendimenti siano conseguenza delle aste marginali, ma certo che sembra essere arrivato il momento di apportare sostanziali cambiamenti a una tecnica, che non sembra sensata, se è vero che di collocamento in collocamento sentiamo comunicarci dal Tesoro che i rendimenti siano lievitati, nonostante la domanda sia anch’essa aumentata. C’è qualcosa che non quadra in tutto ciò, perché se il mercato adocchia con maggiore interesse i nostri BTp, almeno transitoriamente dovremmo assistere a un calo e non a un aumento dei relativi rendimenti. Non giova alla trasparenza il fatto che a fissare i rendimenti sia colui che offre di meno. In sostanza, una competizione al ribasso, come se vendessi casa a chi fosse disposto a pagarmela di meno. Un premio alla sfiducia, o alla furbizia."

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SanPap
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grazie per le precisazioni
anche nell'asta marginale esiste un limite inferiore, altrimenti potrebbero offrire 0 o 0,1 e a questo prezzo verrebbe aggiudicata l'asta, ma non è dichiarato esplicitamente, non è noto ai partecipanti all'asta ma se lo superi vieni buttato fuori automaticamente; da qui le tre offerte a disposizione di ciascun offerente e il gioco di squadra: scendere, per acquistare al minimo, ma non troppo per non essere buttato fuori.
Chi si è inventato sto giochino ? Andreatta ; e Ciampi lo ha fatto suo. Non è una legge è un accordo tra due … li chiamano padri fondatori … uno a fatto pure in tempo a diventare il nonnino d'Italia


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fuffolo
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SanPap;239827 wrote:
grazie per le precisazioni

me le ha girate oggi un alto dirigente di uno dei ministeri coinvolti che, benchè laureto in economia e con decenni di lavoro alle spalle, non sapeva nulla fino a ieri!
quando gli ho chiesto come venivano collocati i btp e se conoscesse le aste marginali mi ha guardato come un pazzo perchè non poteva credere che il sistema potesse essere studiato per andare contro gli interessi della collettività.
Dopo una verifica ha ammesso che l'inghippo ci sta (in linea teorica) ma non è disposto a crede nella mala fede di chi lo ha escogitato.
Bisogna continuare così, farsi guardare come se fossimo pazzi


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