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Ostaggi uccisi in Libia,mancano pezzi sulle ultime ore


helios
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Ostaggi uccisi in Libia, un mese fa la "prova in vita". Poi il raid Usa e lo stop ai contatti con i sequestratori
L'Huffington Post | Di Andrea Purgatori

Pubblicato: 04/03/2016 08:44 CET Aggiornato: 04/03/2016 08:44 CET

Uccisi nell’attacco delle milizie di Sabrata ad un presunto convoglio dell’Isis che si stava allontanando dalla città, oppure all’interno della loro prigione? Il filmato di pochi secondi nel quale sono stati riconosciuti i corpi di Salvatore Failla e Fausto Piano qualcosa racconta. Ad esempio che tra le nove vittime ci sono una donna e un bambino. E che dopo la sparatoria qualcuno ha inutilmente cercato di salvare la vita dei due ostaggi, tamponando le loro ferite con degli assorbenti igienici. Ancora troppo poco per capire esattamente come è andata, anche se la versione al momento più accreditata parla di un tentativo di trasferire i nostri connazionali da Sabrata verso un rifugio più sicuro all’interno, sulle montagne.

Un mese fa, i nostri servizi segreti avevano ricevuto la “prova in vita” dei quattro ostaggi italiani. Un video che, come sempre in queste situazioni, rappresentava un passaggio cruciale nella delicata trattativa per liberarli. E aveva alimentato un cauto ottimismo sull’esito positivo del sequestro. Ma un’incursione a Sabrata di jihadisti legati all’Isis, che prima di ritirarsi avevano decapitato una decina di miliziani, e il bombardamento americano del 19 febbraio scorso (49 morti) su un campo d’addestramento del Califfato dove l’intelligente statunitense credeva fosse nascosto il terrorista tunisino Noureddine Chouchane, mente dell’attentato al museo del Bardo, avrebbero gettato tutta l’area in un caos totale facendo saltare i contatti coi rapitori che sarebbero stati costretti a spostare gli ostaggi.

Un grande punto interrogativo riguarda proprio il gruppo che deteneva Piano e Failla, insieme a Gino Pollicardo e Filippo Calcagno. I quattro italiani, dipendenti della Bonatti di Parma, erano stati sequestrati a luglio mentre raggiungevano il compund di Wafa, dove si trova uno dei due giacimenti di gas gestiti dall’Eni in territorio libico. Ed era stato chiaro dall’inizio che fossero finiti nelle mani di un gruppo armato di un centinaio di banditi specializzati in traffico d’armi, petrolio e migranti, che aveva fissato il riscatto per la loro liberazione in una cifra intorno ai dieci milioni di dollari. Trattativa complessa e indiretta, vista l’assenza in Libia di uomini dei nostri servizi segreti, che però a gennaio era giunta a un punto di svolta con la consegna della “prova in vita” degli ostaggi. Ora però ci si chiede se nelle settimane passate ci sia stato un passaggio di mano dal gruppo di criminali ad un altro in qualche modo legato all’Isis, che era il bersaglio dell’attacco di ieri.

Difficile rispondere, anche perché la situazione libica non ha solo polverizzato le fazioni e le tribù ma le ha anche divise al loro interno rispetto alle alleanze sul campo. Adesso l’obiettivo è di individuare i due ostaggi superstiti che, secondo alcune fonti interpellate dall’Huffington Post, potrebbero essere stati a bordo di un convoglio passato sulla stessa strada prima del blitz delle milizie di Sabrata.

http://www.huffingtonpost.it/2016/03/04/ostaggi-libia-prova-vita_n_9381154.html?utm_hp_ref=italy

I servizi avevano ricevuto prove in vita dei 4 italiani a gennaio.
Era stato anche fissato il riscatto in 10milioni di dollari (non euro).
Coincidenza strana è che mentre a forte Braschi controllavano nelle loro tasche è accaduto un terremoto, che hanno attribuito alla mancanza di un milione del riscatto delle vispe terese in Siria.Coincidenza strana anche la morte in Egitto di Regeni nello stesso periodo che dicono sia morto sotto interrogatorio non si sa per quali informazioni.
Pare che la storia sia completamente diversa e che se effettivamente ora sono i vita gli altri due ostaggi italiani un riscatto è stato pagato.Forse meno del 10mln di dollari richiesti vista la liberazione di due soli ostaggi.


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