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Primo maggio?Il grande assente era il lavoro


helios
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Primo maggio? Il grande assente era il lavoro

Cronaca

02/05/2016 4 minuti fa - Massimo Visconti

Diciamolo chiaramente che fanno bene gli Inglesi a rifiutare il primo maggio come festa nazionale del lavoro mentre la considerano una giornata come un’altra, tipo la giornata del fungo porcino.

Nelle feste ci sono balli, canti, torte e discorsi gioiosi mentre in Italia il trascorso primo maggio c’era poco da ballare o cantare, il motivo della torta è completamente inesistente mentre ci sono stati tanti discorsi ma quelli, si sa, non mancano mai. Discorsi di tipo Istituzionale come quello, di tutto rispetto, del Presidente della Repubblica in occasione della consegna delle stelle al merito al lavoro, c’è stata anche la presenza del Presidente del Consiglio nell’arena di Giletti e poi, dulcis in fundo, gli immancabili comizi dei sindacalisti che da Genova a Roma hanno coralmente fatto il pianto greco sul lavoro che non c’è. Lo hanno fatto Cgil, Cisl e Uil a Genova e lo ha fatto l’Ugl a Roma. Il filo conduttore dei sindacati è stata la mancanza di lavoro e, ovviamente, il dato della disoccupazione con particolare riferimento a quella giovanile oltre al mancato sviluppo a causa della carenza di investìmenti. Dall’altra parte il presidente Renzi sul divano di Giletti osannava l’azione di Governo che, secondo il Presidente del Consiglio, ha fatto registrare un aumento degli occupati nell’ultimo anno di circa 395 mila unità e la promessa che la Salerno Reggio Calabria sarà ultimata entro il 22 dicembre prossimo.

Due visioni diverse di una realtà che sta però sotto gli occhi di tutti e che se da una parte da ragione al Presidente del Consiglio, essendoci stata un’impennata dei contratti a tempo indeterminato dovuta alla “regolarizzazione” di rapporti di lavoro atipici come le partite iva o peggio ancora il lavoro nero, dall’altra vede quaranta giovani su cento che sono senza lavoro. Aspettiamo il termine dei tre anni previsto dal job act per tirare le somme ma non possiamo fare a meno di registrare un dato negativo legato al fatto che il potere di acquisto di salari e pensioni diminuisce giorno per giorno e che gli importi sia dei salari medi che degli assegni pensionistici, nella stragrande maggioranza dei casi, non è sufficiente per arrivare alla fine del mese

Il segretario generale della Uil Barbagallo ha detto che “il paese è fermo e non ci sono proposte per la ripresa”, Susanna Camusso della Cgil ha detto che “il governo danneggia solo i lavoratori” e la Furlan segretaria della Cisl ha chiesto al governo “di occuparsi di lavoro”. Insomma il primo maggio è andato in scena il solito rito del rimpallo, tra governo e sindacati, delle responsabilità su quello che non va in materia di lavoro. Non sono serviti nemmeno i dati Istat dati in pasto all’opinione pubblica alla vigilia della festa del lavoro dove, secondo l’Istituto di statistica nazionale, e diminuita la disoccupazione e sono aumentati i posti di lavoro così come sono aumentate le retribuzioni contrattuali. Anche in questo caso non possiamo che registrare discrasie tra i dati Istat e le opinioni raccolte tra la gente ma ormai siamo abituati a questo. Il vero problema è cercare di dare risposte ai cittadini, agli occupati che non arrivano a fine mese, a coloro che il lavoro lo hanno perso o che magari alla soglia dei cinquanta anni lo stanno perdendo sapendo le difficoltà che incontreranno per trovarne un altro, a quel 40% di giovani che hanno perso le speranze di trovarne uno di lavoro, ai pensionati con assegni da fame.

A tutte queste categorie di cittadini, dei bei discorsi fatti nelle piazze o nei salotti televisivi non importa nulla, vogliono fatti e non parole e il compito della politica e del sindacato è quello di collaborare per (almeno) cercare di darne. In sintesi forse fanno bene in Inghilterra dove il primo maggio non è festa nazionale ma il tasso di disoccupazione è del 5,1%, sei punti in meno dell’Italia. Ecco perché, forse, sarebbe meglio non “festeggiare” ma operare perché il lavoro (ri)diventi veramente lo strumento per restituire quella dignità che Papa Francesco ha detto “che deve appartenere a tutti”. Forse se i sindacati e i rappresentanti del governo il primo maggio invece di “scontrarsi” in televisione o sulle piazze “s’incontrassero” pacificamente senza pregiudizi ideologici o trionfalismi esagerati per cercare di trovare soluzioni “partecipate” al problema del lavoro allora si potrebbe ricominciare a festeggiare il primo maggio con canti, balli e torte.

Sarebbe il segno che il festeggiato, il lavoro, si è riappropriato della sua festa e l’ha tolta a chi, tra politici e sindacalisti, ne hanno calpestato il vero significato sociale, di crescita e di sviluppo-

http://www.lultimaribattuta.it/46148_primo-maggio-grande-assente-lavoro


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