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Regeni,capo intelligence ital.na era alCairo fino 4 febbraio


helios
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Giulio Regeni, il capo dell'intelligence italiana era al Cairo nelle ore in cui si cercava il ragazzo ucciso
Andrea Purgatori, L'Huffington Post
Pubblicato: 10/02/2016 21:59 CET Aggiornato: 10/02/2016 22:33 CET

Forse è solo una coincidenza o forse no, ma proprio nelle quarantotto convulse ore consumate a cavallo del ritrovamento del corpo martoriato di Giulio Regeni, il generale Alberto Manenti, direttore dell’Agenzia per la sicurezza esterna (Aise), si è trovato al Cairo faccia a faccia con i vertici dei servizi segreti egiziani. Questo risulta all’Huffington Post da almeno due fonti, che hanno confermato le voci che circolavano già da alcuni giorni.

È possibile che si trattasse di una missione programmata da tempo, ma a questo punto non è nemmeno da escludere che la decisione di inviare in Egitto il capo del nostro servizio segreto sia stata invece presa dal nostro governo proprio per esercitare il massimo della pressione nel momento in cui l’allarme per la sorte del giovane ricercatore era altissimo e in molti cominciavano a temere che la sua sparizione avesse un esito tragico.

Sta di fatto che il viaggio di Manenti è avvenuto al termine di una escalation di contatti tra Roma e il Cairo, cominciata con una urgente e ripetuta richiesta di informazioni fatta dal nostro ambasciatore alle autorità egiziane, proseguita con un intervento diretto del ministro degli Esteri Gentiloni al suo omologo, e culminata con un doppio colloquio telefonico tra il presidente del Consiglio Matteo Renzi e il presidente al-Sisi.

Giulio Regeni era sparito nel nulla il 25 gennaio, giorno del quinto anniversario della rivolta di piazza Tahrir, dopo un’ultima telefonata ad un amico e un appuntamento al quale non è mai arrivato. Il ritrovamento del suo cadavere, (scoperto casualmente da un conducente di taxi ai margini dell’autostrada Cairo-Alessandria, secondo la polizia) è avvenuto il 4 febbraio. Lo stesso giorno in cui il direttore dell’Aise avrebbe lasciato la capitale egiziana. Una tempistica così precisa da autorizzare a ritenere che, chiunque siano stati gli assassini, il governo egiziano fosse venuto in qualche modo a conoscenza di ciò che era accaduto.

Tutti gli interrogativi e gli scenari sono adesso possibili, ma la spiegazione più semplice e ovvia sembra anche quella che più si avvicina alla verità: l’intervento del generale Manenti (e forse la minaccia di possibili conseguenze sul piano dei rapporti bilaterali) avrebbe convinto gli egiziani a restituire almeno il corpo del ragazzo, anche se nelle condizioni orribili in cui era ridotto.

Chiunque sia stato a sequestrare Giulio Regeni, a tenerlo segregato per almeno tre o quattro giorni, a torturarlo e infine ad ucciderlo, è adesso materia di una indagine complessa che probabilmente non ci consegnerà mai una ricostruzione convincente sulle motivazioni e forse nemmeno l’identità dei suoi assassini. Ma che si sia trattato di un delitto “politico” commesso da apparati governativi o da infiltrati dell’opposizione all’interno delle strutture della sicurezza è ormai evidente per modalità e ferocia, e il governo egiziano difficilmente potrà eludere le proprie responsabilità con una versione di comodo.

http://www.huffingtonpost.it/2016/02/10/giulio-regeni-intelligence-al-cairo_n_9203506.html?utm_hp_ref=italy


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