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riflettendo sulle mie riflessioni


tatotripodo
Estimable Member
Registrato: 2 anni fa
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Tutte le storie che si avviano a conclusione portano inevitabilmente in se strascichi di polemiche e di riflessioni sulle vicissitudini e gli accadimenti che hanno contraddistinto, condizionandolo, il periodo in esame.
La sensibilità sociale di ognuno di noi “ci costringe se vogliamo” a tirare le somme elencando pragmaticamente i successi e le sconfitte del momento storico in questione.
Generalmente sembra un susseguirsi di rivelazioni che solo l’handicap della combine fra routine, ozio e negligenza c’ha impedito di focalizzarle anticipatamente. Essenziale, ad ogni modo,per restare sopra le righe è l’apparire di ogni cosa e la considerazione di essa nel proprio divenire in conformità al contesto e alle problematiche sociali del periodo.
Il governo Monti chiude un ciclo, oserei dire il primo ciclo della storia repubblicana del dopoguerra, fondato sulle intese e sui compromessi che c’hanno condotto qui ,sull’orlo del fallimento.
Stavo inizialmente per proporvi una chiave di lettura diversa da quella reale o per meglio dire a parer mio tale e con la quale concluderò… ma è pur sempre una chiave di lettura in antitesi alla mia preferita per cui la esporrò egualmente.
Tutte le analisi di mercato e le statistiche di gradimento delle istituzioni di tutto il mondo nel settore economico e politico ci dicono che il governo Monti ,seppur fra il diffusi malumori, sta andando nella giusta direzione … quella auspicata dalla governance del mercato globale.
Differentemente da altre situazioni analoghe non è bastato l’alto profilo professionale e l’indiscutibile curriculum di Monti per restituire credibilità al paese( e non parlo della credibilità di certi antiberlusconiani spariti anche dagli usci delle proprie case…… cose da chi l’ha visto) ma di quella credibilità economica e finanziaria che per ormai lunghi 50 anni ci ha reso secondari fra le economie più avanzate.
E’ invece stato l’agire del governo che giorno dopo giorno ha convinto i più scettici. Un agire costante a 360 gradi che ha colpito tutte le categorie sociali. Un agire che ha proposto questo governo alla sua naturale posizione che merita ….fra Francia e Germania come illustri e proficui protagonisti del destino economico europeo.
Ma cosa la storia può e deve insegnarci?
Perché sull’orlo del fallimento nazionale il Pdl ha deciso di abdicare?
Perché sembra finalmente giunto un clima di serenità fra le diverse fazioni politiche propositrici di pensieri ideologici contrapposti che fino a poco tempo fa riducevano la diatriba politica in Berlusconi si Berlusconi no?
Cosa c’è al di là di tutto questo?
Riformare progressivamente lo Stato , estinguere privilegi e contraddizioni insite sia nelle istituzioni che nella struttura sociale del paese crea inevitabilmente perdita di consenso popolare riducendo la forbice della preferenza elettorale. Se questa preoccupazione è stata alla base dell’immobilismo decisionale della politica degli ultimi 50 anni corriamo dritti verso una palese considerazione: il fallimento della democrazia o più limitatamente il fallimento della politica che la rappresenta attraverso i partiti politici. Due sono gli scenari che configurano il potenziale reo in questo contesto.
Il politico ostaggio del popolo oppure il popolo ostaggio della politica.
In entrambi i casi si configura un fallimento della democrazia.
Nel primo caso ci troviamo di fronte al politico servo del suo elettore che non può e non potrà mai essere scevro da condizionamenti nelle sue scelte decisionali dovendo tener conto del consenso. Ciò rappresenterebbe ( uso generosamente il condizionale) una grossa macchia nera nella sfera pubblica dell’uomo politico che risulterebbe impotente nei confronti dell’elettorato.Questa situazione configura inoltre una scarsa intelligenza sociale del cittadino che preferisce la rappresentanza sulla base della cosi detta promessa elettorale rispetto ad una rappresentanza fondata sulla fiducia e sul bene collettivo e l’interesse pubblico.
Nella seconda ipotesi ci troviamo di fronte ad un popolo schiavo della politica che a suo dire agisce per il primo ma che in realtà ne condiziona negativamente l’esistenza presente e futura per garantirsi la promessa elettorale futura. Insomma un popolo gestito e manipolato per fini politici, beninteso di una politica che guarda solo a se stessa.
In un caso o nell’altro siamo di fronte ad un sicuro fallimento ,stando così le cose.
Il vero cambiamento non può partire dalla politica su base rappresentativa. In quel caso può partire solo dalla coscienza collettiva di quel popolo che ne determina il destino.
Nel mio piccolo ho fatto una scelta: andrò ad esprimere la mia preferenza alle prossime amministrative. Se mi chiedete a chi darò il mio voto vi rispondo che non lo so, non ve lo dico e anche se lo dicessi non sarebbe vero.Di certo non darò il mio voto a chi mi prometterà la risoluzione di un problema personale ne a colui il quale prometterà un posto di lavoro per un’amica cara, comunicandogli ufficialmente che non sono corruttibile, non sono in vendita ma altresì ricordandogli che colui che ha fatto quelle promesse altro non è che uno come tutti gli altri .
Tato Tripodo

http://imparzialeoforseno.blogspot.com/2012/03/riflettendo-sulle-mie-riflessioni.html


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