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Selezione della specie


diotima
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Follie della provetta: mi compro un figlio che somiglia a un attore.

di Zornitza Kratchmarova

La notizia è di oggi, pubblicata sul Corriere della Sera: una donna di 58 anni, sposata con un uomo di 74, ha dato alla luce ieri a Milano due gemellini, un maschietto che pesa 2 chilogrammi e una femminuccia di 1,8 chilogrammi. La maternità è stata possibile grazie all’impianto di embrioni in un paese dell’Est.
Ma le follie della fecondazione assistita non si fermano qui, come dimostra questa inchiesta pubblicata sul nostro settimanale

Ho 34 anni, sono single e voglio un figlio tutto per me. O almeno è quello che, da qualche settimana, faccio credere ai vari consulenti, coordinatori di pazienti o direttori di banche (del seme, s’intende) che rispondono alle mie richieste d’aiuto. Sono a caccia del donatore giusto: alto, bello, sano. E pure laureato. Punto sugli Stati Uniti perché la legge americana sull’inseminazione artificiale è così permissiva che i padri potenziali si scelgono a catalogo. E, fatto non secondario, ho amici a New York da cui posso fermarmi il tempo necessario, come sottolineo nelle email, perché tutto vada a buon fine. Mando una decina di messaggi scegliendo tra le centinaia di siti specializzati che popolano internet. L’occhio cade su The Fertility Institutes di Los Angeles, con sede anche nella Grande Mela. A quanto pare è l’unico centro ad avere imboccato la strada della «maternità cosmetica»: nel 2010 aveva annunciato che grazie a test genetici i suoi esperti sarebbero stati in grado di creare il bebè su misura; con il sesso, il colore di carnagione, occhi e capelli decisi al momento. Jeff Steinberg, direttore della clinica, sostiene di poter selezionare i tratti somatici del nascituro con la diagnosi preimpianto, utilizzata solitamente per evitare che i bambini nascano con malattie gravi. Metto da parte l’etica e scrivo: sono disposta a fare la fecondazione in vitro pur di avere un maschietto con occhi verdi e capelli castani. In un paio di giorni arriva la risposta di Dinah (si firma con il solo nome), la coordinatrice dei pazienti. Impossibile scegliere le caratteristiche fisiche del bebè, taglia corto. Il sesso sì (garantito al 100 per cento, assicura), ma nulla di più. Voglio incontrare il dottor Steinberg, sarò a New York fra una settimana. Peccato, risponde Dinah, il direttore non ci sarà. Come dire: nulla da fare. Lascio perdere.

Nel frattempo ricevo l’email di una certa Ana della Manhattan Cryobank, centro che accetta meno del 3 per cento dei potenziali donatori (gli altri non superano gli innumerevoli esami clinici richiesti). Pare siano in grado di selezionare un papà che rispetti i miei desiderata. Basta pagare 50 dollari per usufruire del servizio «photo match». Ana insiste perché invii le foto dei miei «modelli ideali», così potrà farmi sapere se nel loro carnet c’è l’uomo giusto per me. L’appuntamento per la consulenza è venerdì prossimo, alle 10. Costo: 80 dollari, da pagare al momento. Quello che conta è l’una. Motivo: «Il liquido seminale è lavato e pronto per essere impiantato nell’utero» puntualizza il direttore. Il mio stupore alla parola «lavato» è lampante. Ravin chiarisce: «È stato purificato dalle prostaglandine, ossia dagli acidi che potrebbero provocare crampi dolorosi se impiantati direttamente in utero, e sterilizzato perché conservi al meglio le sue proprietà». Ad alzare il prezzo è anche il fatto che l’identità di entrambi i donatori è nota. Alla clinica, almeno. E potrebbe esserlo anche al nascituro se, compiuti i 18 anni, decidesse di scoprire chi è il padre naturale. «La madre non può conoscere il donatore. Lo stabilisce la legge dello Stato di New York» dice Ravin. Annuisco e ringrazio. Mi rifarò viva. Ho il tempo per fare una passeggiata, mangiare un hot dog e leggermi le biografie dei due potenziali papà.

Ore 14.55, sono alla Cryos New York, la filiale della banca danese. Ad accogliermi è Ty Kaliski, il direttore delle attività. Ci accomodiamo in un open space con vista sui grattacieli. Kaliski è molto gentile, dice che per l’inseminazione, a meno che non opti per quella fatta in casa (mi fornirebbero loro l’intero kit necessario), devo rivolgermi a una struttura specializzata. Mi consiglia un sito www.fertilitylifelines.com) dove basta digitare il codice postale per trovare uno specialista vicino a casa. E suggerisce: «Nel nostro stesso edificio c’è una clinica, la Riverview Fertility, può rivolgersi a loro». Ringrazio, lo farò. Intanto elenco le caratteristiche del mio donatore ideale. Provo ancora con Colin Farrell. Kaliski sorride, non è convinto. «Di ragazzi belli ne abbiamo anche noi». E punta su Drew. «Ha occhi azzurri, capelli castani, è alto 1,82 per 68 chili» dice tutto d’un fiato, precisando che ha 24 anni. «è uno sportivo con 56 battiti cardiaci al minuto ». Anche il suo curriculum non è male. Ha finito le scuole con il massimo dei voti, terzo su 300 studenti. Ora va all’università e sogna di fare il regista. Si autodefinisce un intellettuale, predisposto alla leadership. Gioca a football e a baseball. È di religione presbiteriana. Nella sua scheda c’è persino un albero genealogico. Nelle sue vene scorre sangue irlandese da parte materna. I genitori sono laureati, padre manager, madre artista. «È perfetto» sintetizza Kaliski. «Può acquistare o prenotare il seme. Abbiamo 18 dosi lavate da 0,5 ml, qualità ottima: Mot20. Altrimenti ne abbiamo altre 44, lavate, di una qualità un po’ inferiore: Mot10». Mot20? Mot10? Sgrano gli occhi. «È l’unità di misura che calcola il numero di spermatozoi in grado di fecondare le uova». E mi porge una tabella: nel Mot10 oscillano tra i 5 e i 9,5 milioni per singola cannuccia (alla Cryos New York usano questo contenitore al posto delle fiale); nel Mot20 sono tra 10 e 15 milioni. E, sorpresa, la qualità varia di volta in volta.

«Stress e stanchezza non aiutano» spiega Kaliski, precisando che i donatori sono tenuti all’astinenza sessuale per 3-5 giorni prima di ogni seduta. «Ed è il motivo per cui molti abbandonano il programma» aggiunge. Anche lui, come Ravin, mi dà una seconda scelta. È Linus, pure lui niente male: 1,80 metri per 72 chili, castano con occhi chiari. Dico che leggerò tutto con calma. E Kaliski: «Dimenticavo… Ecco le foto di Drew e Linus da bambini». Bellissimi, non c’è che dire. Me ne vado senza pagare un dollaro. Pagherò se deciderò di acquistare il seme. Per entrambi c’è la possibilità di avere dosi lavate di Mot20 a 500 dollari l’una. «In genere ne basta una per singolo ciclo di inseminazione» sostiene. «Ma la maggioranza delle clienti ne acquista due alla volta, per sicurezza». Pochi passi e busso alla porta della clinica Riverview Fertility, sullo stesso piano della Cryos: il terzo. Nessuna consulenza, avrei dovuto chiamare prima. Ma posso mandare una email. Lo farò una volta tornata in redazione. E riceverò, ancora una volta, una risposta solerte. Il dottore mi vuole incontrare. Deciderà lui quali eventuali esami farmi fare. La visita costa 350 dollari. Mentre per l’inseminazione dovrò pagare 1.000 dollari circa, compresi gli esami del sangue e l’ecografia. La giornata si avvia alla fine. Sono provata ma felice. Ho quattro potenziali papà tra cui scegliere e volendo potrei averne altri. Basta riformulare le richieste. E poi Kaliski è stato chiaro: tra i loro donatori ci sono persino alcuni top manager di Wall Street. A questo punto a me l’ardua scelta: meglio un bebè nato dal seme di un artista o da quello di un mago della finanza? Mah. che invii subito la foto. Decido di puntare in alto. Seleziono tre ritratti. Prima scelta: l’attore Colin Farrell, capelli scuri e occhi cangianti, che Usa People ha inserito tra i 50 uomini più belli del mondo. Poi Luke Perry, tra i protagonisti di Beverly Hills 90210, la serie tv cult degli anni 90, amatissimo da milioni di ragazzine dell’epoca, me compresa. Infine Johnny Depp, irresistib
ile. Clic ed è fatta. Faremo del nostro meglio, risponde prontamente Ana.

Ma la caccia continua. Scopro che nel cuore di Wall Street c’è la filiale di quella che è considerata la clinica del bimbo perfetto: la Cryos International, danese, di Aarhus. Nella home page campeggia il numero 18.227: sono le gravidanze messe a segno dal 1991. Tutte, o quasi, con seme vichingo. Niente male. Chiamo: la loro agenda è piena, ma fanno un’eccezione. Mi riceveranno venerdì alle 15. E, sorpresa, la consulenza è gratis, così come il «photo match», che faremo al momento. Il fatidico giorno è arrivato. E alle 9.48 sono in 110 East 40th street, a due passi dalla Grand Central Station. È un edificio tutto vetri, al piano terra c’è la suite 101. È la Manhattan Cryobank. Il custode mi scorta, ammiccando. Dice: è la banca del seme. Ad aprire è Alan Ravin, il direttore. Esclama: «Ho il donatore che fa per lei, identico a Colin Farrell: il numero 119». Uno dei più richiesti, pare. Occhi azzurri e capelli castano chiari, sangue greco-tedesco. «Davvero affascinante» commenta Ravin. Chiedo di vedere il profilo: nato nel gennaio 1980, in Illinois, alto 5’11” e pesa 185 Ibs. Il calcolatore su Google segna: 1,80 metri d’altezza e 84 chili. È laureato in arti drammatiche e teatro, fa lo scrittore, gli piace viaggiare. Si autodefinisce «esploratore». Tra le abilità segnala il brevetto da sub e la capacità di stare in apnea 3 minuti. Sorrido, divertita. «Se vuole saperne di più può acquistare per 15 dollari il profilo lungo: 14 pagine compilate a mano dal donatore». E per altri 30 dollari posso avere un cd con una sua intervista di 13 minuti. «La voce è importante» aggiunge Ravin. Decido di acquistare tutto. Comprese le foto, due scatti per 30 dollari, di quando era bambino. Ravin suggerisce anche un secondo donatore: il numero 160. Meglio averne due. Accetto e pago, 255 dollari in contanti. Chiedo alcuni dettagli sulle tariffe delle fiale da 0,5 ml. Quelle dei miei prescelti sono le più care: 435 dollari.

redazione
http://blog.panorama.it/hitechescienza/2011/09/23/follie-della-provetta-mi-compro-un-figlio-che-somiglia-a-un-attore/


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