Cambiamento Epocale
 
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Cambiamento Epocale


GioCo
Noble Member
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Oggi è un giorno speciale e non solo perché è il mio compleanno (niente auguri per favore, l'idea di festeggiare mi inquieta) e perché la corte costituzionale tedesca si palesa per il simpatico teatrino dei pupi che è il diritto (insieme alla politica) attualmente, ma perché è venuto il momento di chiarire alcuni punti che sono rimasti in Ombra per cinquant'anni.

Cercherò di essere sintetico e di semplificare nei limiti del mio possibile, tenete conto che è tanta roba.

Iniziamo con due documenti che vanno incrociati. Uno l'ho già postato su un altra discussione ed è un intervista per Vox di Glauco Benigni, uno dei pochissimi dello scenario che si espone in prima persona per parlare di argomenti delicati a cui nessuno si dedica, argomenti che ruotano attorno al concetto praticamente assente dal dibattito di sovranità digitale (che non c'è, non esiste e non la stiamo nemmeno mettendo in discussione). L'altro è un documento di Vitangeli che è in ottima forma e ha appena pubblicato uno straordinario notiziario intitolato "50 anni di terrore" che ripercorre le tappe della politica neoliberista (che personalmente preferisco indicare con il termine ordoliberlista, perché lo ritengo linguisticamente più accurato e perché indica una ideologia storica precisa legata alla repubblica di weimar) fino ai giorni nostri, sottolineando come il terrore sia stato sempre utile a una minoranza di magnati della finanza che non ottenevano tanto e solo vantaggi economici, ma soprattutto politici.

Più precisamente quello che individuo è la cessione del bene pubblico senza contropartita nelle mani dell'interesse privato per scopi politici. Ma andiamo per gradi.

Negli anni '60 il nemico dell'ordoliberismo era il comunismo perché semplicemente collettivizzava l'interesse, ad esempio gestendo e realizzando scuole, teatri, trasporti e altri enti pubblici liberamente usufruibili. L'usufrutto del bene collettivo senza costi aggiuntivi individuali  da parte della popolazione non era privo di costi sociali. Una marea di volontari effettuavano convintamente per semplice dedizione all'ideologia comunista un lavoro di supporto all'infrastruttura infinitamente più importante del bene o del servizio collettivo. Pensiamo ad esempio all'organizzazione degli eventi pubblici, alla circolazione delle notizie con il volantinaggio, alla semplice pulizia e molto altro. Stiamo parlando degli anni '60 e la maggioranza assoluta di queste attività non erano nemmeno conteggiate nell'ordine più generale delle cose, perché venivano date per scontate. La generazione che se ne occupava usciva dalla seconda guerra mondiale, terminata solo quindici anni prima e c'era nell'aria la volontà di lasciarsi tutto quel dolore e quella distruzione alle spalle. Quindi il lavoro nelle fabbriche e la lotta sindacale catalizzava l'attenzione di tutti.

Chiedo anche di fare un piccolo sforzo e dimenticare che eravamo i perdenti, perché vinti e vincitori sono concetti militari e strategici che interessano fino a un certo punto le masse. Alle masse interessano i morti e i sacrifici richiesti dalla situazione subita fino in fondo, per esempio le rinunce ai beni fondamentali come il cibo, gli affetti e un tetto sulla testa dovuti ai bombardamenti. Cioè sulla linea generale dei significati e dell'importanza delle relazioni con il contesto, non prevale di certo l'idea della sconfitta o della vittoria se si sono subiti danni infrastrutturali rilevanti, ma di uscire da una situazione depressiva stritolatrice tremenda.

La parola che ricorre e che dobbiamo imparare a usare è infrastruttura perché è quello che ha permesso a questa ideologia ordoliberista non solo di prevalere sul comunismo ma di diventare un pensiero unico (indiscutibile) globale che non è più nemmeno considerata ideologia ma norma sociale. Negli anni '60 erano in pochi a studiare e conoscere a fondo Marx e il capitale. C'era una generale diffidenza verso il capitalismo e c'era nel concreto un confronto tra la cosiddetta "classe operaia" organizzata nei sindacati istituiti nelle sedi di partito che portava avanti le sue istanze internamente alle sedi produttive (le fabbriche). Apparentemente quindi si consumava un braccio di ferro tra due poteri, uno che dichiarava di difendere il bene collettivo e uno che invece difendeva il bene privato. Il confronto è certamente deviato, cioè lontano da quello che sta accadendo in sedi totalmente in Ombra e che individuano il tallone d'Achille dell'ideologia comunista nella sua propensione ad essere cavalcata.

In questo contesto arriva la televisione e siccome le forze in gioco sono a favore del pensiero comunista (parzialmente obliterato da quello cattolico che aveva interessi concorrenti nella gestione della massa come denunciava già il Guareschi) si farà da subito una televisione pubblica e una legge che proibisce quella privata nazionale. In quegli anni, freschi della sconfitta nazifascista, tutti in Italia capivano al volo qual'era la potenza della propaganda e cosa era in grado di fare già solo con la carta stampata e la radio, quindi tutti capivano al volo che un nuovo mezzo di telecomunicazione potente come la televisione che portava in casa delle persone non solo la voce ma anche le immagini di ciò che accadeva nel mondo mentre accadeva, doveva essere rigidamente controllata a livello pubblico. Cioè dai partiti e le loro ideologie che all'epoca erano la diretta espressione della volontà pubblica, in quanto erano i canali ufficiali attraverso i quali si esprimeva l'interesse privato e collettivo anche nel confronto.

Proprio negli anni '60 però inizia ad arrivare oltre oceano con la televisione da Hollywood un bombardamento mediatico costante, atto a modellare stili di vita e pensiero di massa, pensiamo ad esempio a "Happy Days". Tutto ruotava attorno al carosello che si presentava come una necessità utile all'industria per promuovere quei beni e quei servizi che la ricerca stava letteralmente facendo uscire dal cilindro magico, un giorno si e l'altro pure, inondando le famiglie italiane di beni e servizi prima del tutto sconosciuti. Pensiamo ai prodotti di bellezza, all'innovazione della plastica, alla rivoluzione dei trasporti con l'invenzione dell'utilitaria (la famosa 500 della FIAT) e dello scooter (la lambretta della Innocenti o meglio ancora la vespa della Piaggio) che liberavano la mobilità pubblica perché rendevano accessibili mezzi prima per pochi, consentendo nello spazio di pochissimi anni spostamenti interni al paese prima del tutto sconosciuti. Vorrei insistere sull'evidenza evidente che non erano le invenzioni a essere importanti ma la propaganda che li selezionava rendendoli appetibili per il pubblico dell'epoca.

Questo a fronte di una richiesta di nuova manovalanza a basso costo (cioè con basse pretese) decretò con la realizzazione delle infrastrutture stradali e una conseguente transumanza mai vista prima dal sud al nord Italia. Transumanza che però non era una colonizzazione fissa come in passato, ad esempio durante al conquista del West, perché manteneva la mobilità interna e quindi decretava il successo di altri stili di vita prima totalmente ignoti, come la vacanza che permetteva ai lavoratori del sud di tornare periodicamente nelle loro terre native abbassando di parecchio il disagio di doversi trapiantare in una nuova realtà etnica a loro non congeniale. Ma non il conflitto sociale che ancora ha lasciato profonde cicatrici nella memoria del paese che non si è mai ripreso da quella avventura "etnico-razzista". Naturalmente l'impoverimento del sud Italia corrispondeva all'arricchimento del nord e funzionalmente rendeva la stessa dipendente dall'infrastruttura a tutto vantaggio della gomma sulla rotaia, ma anche del controllo sullo sviluppo industriale che per tramite dell'indotto rimase saldamente in poche mani e in questo la malavita organizzata, protetta dalla politica ai massimi livelli, diede sicuramente un grosso contributo almeno fino agli anni '90 quando viene rottamata definitivamente la DC.

Si sviluppò quindi una tendenza politica in questo predominio degli "improvvisi nuovi stili di vita" che era quella di creare la sigla (il vettore) e poi far seguire qualcosa che nelle premesse era ciò che veniva indicato ma nella pratica era tutt'altro, solo che soddisfando in parte le aspettative della promessa ciò che contava era al più considerato una ricaduta, involontaria ma inevitabile, quindi lasciata in Ombra. Così la televisione era la promessa di ricevere notizie vere, perché faceva vedere cosa succedeva nel mondo e un immagine vale più di mille parole. Ma insieme al notiziario che faceva vedere selettivamente quello che importava secondo gli interessi del momento, tralasciando quello che non faceva comodo, c'era la pubblicità che faceva vedere tutt'altro. Da "come natura crea" a "contro il logorio della vita moderna", fino a "la cerca e la trova", le sigle nei caroselli non erano solo gaie forme di diffusione dell'informazione utili all'industria moderna, ma modelli di comunicazione dissonante che hanno percolato nella coscienza della massa finendo per dominare tutta la comunicazione, banalmente perché sono efficaci. Sono una forma di potere verso il prossimo e funzionano benissimo a qualsiasi livello.

Il quarto potere (l'informazione) era quindi chiarissimo fin dalle premesse che doveva diventare il primo e il veicolo principale era la propaganda. Quindi attraverso la televisione e il cinema, vennero create altre forme di propaganda come quella predittiva veicolata dalla fantascienza. Allora in Star Trek vediamo computer, cellulari, analizzatori portatili dell'ambiente e tanto altro che poi nelle stesse forme arriveranno molto più tardi come "novità tecnologiche". Ribadisco che negli anni '60 e '70 cose come i computer o i comunicatori portatili civili (cioè accessibili tanto quanto un utilitaria) erano pura fantascienza. Mancava tutto, soprattutto mancava l'infrastruttura che invece era per i telefoni a filo, la radio, la carta stampata, il cinema e la televisione. Un discorso diverso va fatto invece per gli ambienti militari. Tuttavia, il punto è che le meraviglie della tecnologia non sono mai discusse per il loro reale impatto ambientale e civile. Solo per il vantaggio privato. Questo perché l'ordoliberismo ha cavalcato il comunismo nel suo lato più debole: l'immaginario collettivo. Tutti preferiscono le festose giornate "Happy Days" alle grigi e tristi di un comunismo che effettivamente si presentava sotto la falsa patina della necessità collettiva operaia per mascherare un oppressione totalitaristica del leader supremo di turno eletto a divinità. Tutti capiscono al volo che se si parla di libertà, di sicuro quella oppressiva totalitaristica non la contempla, ma per sua stessa ammissione, dato che la volontà privata deve sempre essere sacrificata per il bene superiore che nel comunismo è quello collettivo a parole ma poi stringi stringi è quello che ha deciso il capo-mafioso di turno sia un "bene collettivo", imposto poi con la forza.

Ma pochi hanno visto proprio nella propaganda la stessa identica forza manipolatrice del consenso, solo più sottile e più efficace. Ora tutto è regolato dalla pubblicità: vuoi fare un pezzo sull'Iraq e sei un giornalista affermato di un famoso quotidiano? Beh, se non è gradito all'inserzionista non fa parte della "linea editoriale" e non è quindi politicamente corretto.

Se un manager di una multinazionale che si occupa di distribuzione alimentare volesse piazzare un ipermercato in un luogo dove domina la piccola distribuzione, deve cambiare gli stili di vita della popolazione target. Mettiamo che sia una zona con scarsità d'acqua. L'infrastruttura debole è quindi quella idrica. Inizio martellando la popolazione locale sull'importanza dell'acqua e sulla necessità del suo risparmio. Promuovo comitati e istituisco servizi con tanto di aziende certificate che si occupano dell'acqua pubblica. Mi metto d'accordo al contempo con la malavita locale per abbassare la qualità dell'acqua che esce dai rubinetti delle case diminuendo la portata. Faccio un inchiesta che denuncia come i contadini a corto di acqua per i campi rompono le conduttore pubbliche e come non sia possibile controllare il fenomeno dato l'estensione della rete idrica. Martello sulla necessità di cambiare stile di vita nel consumo dell'acqua. Faccio pressione sulle amministrazioni perché razionino l'acqua in modo che i contadini non abbiano il vantaggio nel rompere le conduttore e offro i miei servizi di gestione infrastrutturali. Le realtà politiche locali iniziano a dipendere da me per un servizio pubblico di prima utilità. Chiedo allora che mi sia dato lo spazio da me già scelto per costruire l'ipermercato. Ma l'amministrazione ha già valutato l'impatto ambientale e vuole che quella sia un area pubblica e per farci un parco, non vuole farci una zona industriale o comunque non vuole cementare. I miei servizi idrici iniziano a denunciare forti problemi e la gente protesta perché l'acqua è troppo poca e troppo scadente. Improvvisamente la stampa scrive che l'amministrazione pubblica sta assetando i suoi cittadini e contemporaneamente che proprio questi cattivi amministratori non vogliono che i cittadini abbiano una splendida nuova città commerciale che offrirebbe opportunità di lavoro incredibili. Capita l'antifona non si fa il parco ma si fa l'ipermercato, ma il cittadino che abita a un chilometro che prima prendeva il latte il pane sotto casa a piedi, ora deve prendere la macchina e passare almeno mezza giornata al centro commerciale, per prendere tutto quello che potrebbe servire (cioè evitare di doverci tornare). Questo aumenta decisamente l'inquinamento nella zona e impoverisce il territorio perché 100 negozi che impiegano un indotto sparso, non gravano sull'amministrazione pubblica, sul diritto civile e l'infrastruttura, come invece richiede sempre la concertazione nelle mani di un attore unico. Tuttavia come l'acqua ora anche il pane e il latte dipendono dallo stesso attore e ovviamente di questa "ricaduta involontaria" non si discute mai.

Moltiplichiamo per 70 anni la fregatura e facciamone un sistema unico su cui fondare l'intero assetto globale. Costruiamo infrastrutture sempre più capaci di risucchiare nelle mani di pochi privati ogni bene pubblico e ogni interesse immaginabile di massa. Ecco a voi internet e la meravigliosa opportunità (vera) del digitale. Rendiamo tutto molto rapido in modo che nessuno si soffermi a criticare le sigle, ad esempio che "internet libera l'informazione" o che "l'economia basata sulla concorrenza è il sale della democrazia moderna" e noi avremo un cocktail micidiale di veleni mentali, soporifere stronzate e stordenti cretinate rimbalzate in modo che risultino "fantastiche" partendo dall'assunto di "pensare con la nostra testa". Si certo, ma con le idee di qualcun altro che dopo averle normate ora le ha pure rese obbligatorie.


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