Ma in Italia la lotta nonviolenta per Gaza è possibile !
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L' azione di Hamas del 7 ottobre ha reso evidente anche la poca incisività che hanno avuto in Palestina le lotte nonviolente. Potremmo scrivere libri sulle esperienze di lotta nonviolenta in Palestina, ma in questi giorni è davvero difficile pensare a forme di lotta nonviolente in quel territorio martoriato.
Questo scetticismo mi pare anche di averlo letto nell' articolo di Mao Valpiana "La sconfitta della nonviolenza incompiuta.." e nell' intervista a Judith Butler di Giansandro Merli, pubblicati su il manifesto nei giorni passati.
E' possibile invece praticare forme di lotta nonviolente in altri luoghi per tentare di aiutare i palestinesi. Per esempio quello che fa Israele ha il consenso, fino a prova contraria, del governo italiano e di Ursula Von der Leyen ed anche l' opposizione italiana e parte della sinistra europea non hanno criticato apertamente l' operato di Netanyahu e del suo attuale governo.
L' appoggio di USA e di altri paesi occidentali non è un aiuto da poco per Israele e questo potremmo contestarlo con decisione con pratiche nonviolente, organizzate nel modo migliore possibile.
Quindi, dato purtroppo che l' attuale crisi con scontri armati rischia di non finire presto, dovremmo organizzarci, al meglio che possiamo, per contestare l' aiuto italiano ed europeo alle operazioni militari di Israele. Non faccio neanche un accenno a come farlo o a parlare di Hamas. L' unico scopo di queste righe è affermare con forza che in Italia la lotta nonviolenta in aiuto ai palestinesi è possibile e, se fatta bene, potrebbe anche essere a loro utile.
Marco Palombo
Fonte ilfattoquotidiano
Con la spesa critica si può colpire l’occupazione militare israeliana: i marchi da boicottare
La buona notizia è che non serve inventarsi nulla di particolarmente nuovo: basta prendere esempio dalla storia. La ricetta l’hanno scritta nel lontano 1959 un gruppo di militanti sudafricani che si battevano contro il regime di apartheid coloniale che esisteva in quel Paese: «Non vi chiediamo niente di speciale – scrissero – vi chiediamo solamente di ritirare il vostro sostegno al regime di apartheid smettendo di comprare prodotti sudafricani». Ci vollero anni ma alla fine la decolonizzazione divenne realtà, e il boicottaggio – colpendo al cuore l’economia del colonizzatore – ebbe un ruolo cruciale.