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14 luglio: risposta a Filippo Facci


Tao
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Vedo con piacere che anche Il Giornale si occupa della giornata di “rumoroso silenzio” dei blog, per la penna di Filippo Facci: un collega che non reputo per niente stupido, ma che ogni tanto si riposa anche lui.

Prima di tutto, va specificato che non intendo contestare Facci per il quotidiano che gli ha pubblicato il pezzo in prima pagina, di proprietà del capo del governo che vuol imporre il decreto in questione. E’ la vecchia questione del conflitto d’interessi, e mi dispiace che “di là” non si accorgano che le prime vittime ne sono proprio loro, diminuiti dal conflitto in questione in termini d’autorevolezza e credibilità

Ma, appunto, non parliamo del “Giornale” e parliamo invece dei contenuti del pezzo di Facci.

A un certo vittimismo di categoria stile mi-straccio-le-vesti, roba insomma da giornalisti, ora si aggiunge un’antistorica e anche un po’ patetica - mi scuseranno - pretesa di separatezza da parte dei cosiddetti blogger, i proprietari cioè di blog e di siti internet che per il prossimo 14 luglio hanno indetto uno sciopero: in pratica significa che non aggiorneranno i loro blog con ciò ritenendo - mi scuseranno ancora - che gliene freghi qualcosa a qualcuno.

Prego, sei scusato, meglio patetici che supini. Che invece gliene freghi qualcosa a qualcuno - a parte le migliaia di cittadini che tengono un blog e che sono un pezzo della società - è evidente dal semplice fatto che ne scrivi anche tu, dopo che ne hanno parlato parecchio giornali, radio e tivù, oltre al fatto che se ne parla parecchio sia on line sia off line, in questi giorni: c’è tra l’altro un tentativo di mediazione in corso da parte di alcuni parlamentari del Pdl, c’è una proposta di emendamento dell’Idv. Non pretendo che la cosa al momento interessi al mio ortolano Tonino, ma forse a suo figlio di 13 anni sì, magari tra un paio d’anni, quando terrà un blog anche lui e subirà gli effetti di questa legge.

Loro la chiamano «giornata di protesta contro il decreto Alfano e l’emendamento ammazza-internet», che poi sarebbe quella parte del decreto (comma 28, lettera a dell’articolo 1) secondo il quale «Per i siti informatici le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono». In pratica, cioè, dovrebbero comportarsi come il resto della stampa ed esserne più o meno equiparati: e peggior bestemmia per loro non esiste.

Mah, qui veramente nessuno ha detto che l’equiparazione è una bestemmia, tanto che la protesta è nata anche da giornalisti che fanno i blogger, o da blogger che fanno i giornalisti, vedi tu. Siamo tutti comunicatori, oggi, professionisti e non: è il Web 2.0, bellezza. Il fatto è che un’applicazione di norme pensate decenni fa per la carta stampata a una realtà molto diversa come i diari on line - compresi quelli dei ragazzi di 15 anni - è (quella sì) del tutto antistorica, oltre che un po’ ignorante. Poniamo che l’adolescente Giovannino scriva che la compagna di classe Teresa è un po’ racchia, poi la mamma di Teresa si incavola e chiede la rettifica immediata: beh, se Giovannino non scrive subito che in realtà Teresa è splendida (magari solo perché per due giorni non si collega in rete), si becca un bel cinquemila euro di multa. Caspita, che legge lungimirante! E non ti viene il dubbio che una norma così burocratizzi la comunicazione on line, non solo di Giovannino? E che da Giovannino si arrivi a disincentivare buona parte dei contenuti immessi in Internet?

A peggiorare le cose c’è che a promuovere l’iniziativa c’è un collega dell’Espresso con non reputo per niente stupido, Sandro Gilioli, ma che ogni tanto si riposa anche lui.

Grazie. Ma in questi giorni riposo poco.

Che cosa vogliono costoro? È semplicissimo: vogliono che la rete resti porto franco e che permanga cioè quella sorta di irresponsabile e anarchica allegria che era propria di una fase pionieristica di internet e che era precedente a quando «la rete» non era ancora divenuta ciò che è ora: un media rivoluzionario, ma pur sempre un media, dunque la propaggine di altri media anche tradizionali che sono regolati dalla legge come tutto lo è. Nel credersi una razza a parte, invece, i blogger si credono alternativi anziché complementari a tutto il resto, si credono vento anziché bandiera: in lingua italiana significa che vogliono continuare a poter fare l’accidenti che vogliono e quindi a scrivere e a ospitare qualsiasi «opinione» anche diffamatoria, qualsiasi sconcezza o tesi incontrollata e appunto declinata di ogni responsabilità.

No Filippo, da te questa sciocchezza non me l’aspettavo. Come fai a non sapere che un blog è già oggi del tutto responsabile penalmente se ingiuria o diffama? Hai idea di quanti blogger siano stati denunciati per diffamazione (ah, compreso il sottoscritto…). Perché proprio tu - che di blog ci capisci - scrivi un’inesattezza così grave? E come fai a non sapere che - al contrario di quanto scrivi - diversi blogger stanno collaborando con parlamentari e giuristi per l’estensione condivisa di norme sulla Rete? Nessuno tra gli organizzatori della giornata di “rumoroso silenzio” del 14 luglio, si crogiola nell’ “irresponsabile e anarchica allegria” di cui parli. Ma un conto è pensare norme moderne che partono dalla realtà e dalle dinamiche della Rete, un altro è applicare meccanicamente ai blog e alle piattaforme di condivisione delle leggi pensate mezzo secolo fa per un altro mezzo, cioè la carta stampata. Inoltre: credo che se tu ci rifletti bene, arrivi alla conclusione che definire la Rete “una propaggine” dei media tradizionali - perdonami - è una grave corbelleria.

Simbolo ne è poi l’anonimato dietro il quale milioni di cuor di leoni abitualmente lanciano sassate e nascondono la tastiera. In teoria non dovrebbe essere così già ora: le leggi sulla diffamazione infatti già riguarderebbero anche loro, dovrebbero rispondere cioè di insulti e falsità come chiunque altro. In pratica non succede niente del genere: e siamo al punto, l’unico che conta, che cioè non va bene, così non funziona. In rete circola ogni cosa e risalire a un responsabile è un’impresa disperata o inutile, soprattutto se alla fine ti spunta solo un incolpevole ragazzino che pensava di scarabocchiare i muri della sua cameretta virtuale o poco più. Va da sé che lo sciopero abbia tonalità insopportabilmente apocalittiche (e il bavaglio, e ci vogliono zittire, il solito martirio) e va da sé che la maggioranza degli aderenti non pare aver capito neppure di che cosa si sta parlando.

Ecco, vedo che con l’esempio della cameretta virtuale e del ragazzino inizi a comprendere un po’ meglio la complessità del problema. Vedi Filippo, di fronte a un fenomeno innovativo come la Rete (l’editoria diffusa, le “camerette” su MySpace, etc) ci sono due approcci: o uno rinuncia ad affrontare e a capire gli elementi di novità e di complessità, e per pigrizia intellettuale si limita ad applicare all’elemento nuovo regole pensate per elementi vecchi; oppure si sforza di comprendere quello che di nuovo sta accadendo per affrontarlo con strumenti diversi, magari confrontandosi con chi in Italia e all’estero studia da anni questi fenomeni. Chi ha scritto la legge che tu difendi ha scelto, decisamente, la prima strada. Non è da te seguirlo.

A uno come Gilioli, poi, io non chiederei un silenzio di cui non importa a nessuno: chiederei che spiegasse come risolvere dei problemi che indubbiamente ci sono. Sennò deve capire che i blogger ne escono come dei reazionari e basta, altro che la rivoluzione e la rete e tutte le menate.

No, nessuno parla di rivoluzioni, ma qui di reazionario c’è solo il tuo articolo. Quanto a “risolvere i problemi che ci
sono” (e meno male che ammetti che ci sono) è ovvio che io da solo non combino un bel niente. Però c’è una cosa che si chiama confronto, discussione, proposta diffusa (immagino non ti piaccia la parola “crowdsourcing”). Forse per legiferare sulla rete questa cosa è necessaria. Altrimenti vengono fuori i mostri come l’emendamento D’Alia, che prima è stato approvato al Senato poi è stato fatto fuori alla Camera, perchè (grazie alle tantissime proteste in Rete, quelle di cui non frega nulla a nessuno….) i parlamentari si erano accorti che era una boiata pazzesca.

Così pure, sono abbastanza certo che Gilioli la vedrebbe diversamente se fosse capitato anche a lui quello che capita a me da anni solo perché un giorno ebbi l’impudenza di criticare Beppe Grillo; gli racconterei, cioè, la lotta contro i mulini a vento per impedire che ogni notte, sull’enciclopedia Wikipedia, sotto la voce che porta il mio nome, dovesse leggersi che assumevo abitualmente stupefacenti o fossi sessualmente perverso; l’impossibilità di prendersela con siti o blog che avevano server nel Wisconsin, perdere tempo e soldi con avvocati costretti a inseguire fantasmi internettiani che diffondevano notizie false e orrende ma che qualcuno faceva sempre in tempo a leggere, archiviare, rilanciare. Provi a digitare il mio nome in chiave di ricerca, Gilioli, e poi mi dica che cosa dovrei fare secondo lui: tenendo ben conto che non ho mai querelato nessuno in vita mia né vorrei farlo.

Vedi, Filippo, il fatto che tu sia oggi più conosciuto e stimato di ieri è proprio la prova che la Rete tende ad autocorreggersi, a marginalizzare le voci senza credibilità. Se un idiota scrive che sei pedofilo, alla fine, sarà lui a perdere autorevolezza e credibilità in Internet, non tu. Guarda che - seppur assai meno conosciuto di te - li ho avuti anch’io i miei problemini, e la Rete è piena di insulti paranoici anche verso di me. Ma questi screditano chi li scrive, non chi li subisce.

Ma a parte me, che ora non c’entro un tubo, il problema più generale resta un altro: i blogger o sono ragazzini o sono ragazzini dentro, spesso scelgono di non filtrare nulla e di non moderare il proprio blog e di fottersene insomma del codice civile e penale che riguarda quella retroguardia che è il resto del mondo. Ma un irresponsabile deve restare tale ovunque bazzichi, sorry: la tua libertà non può andare a discapito della mia, la regola non cambia mai, neppure in internet. Gli scioperanti temono che un semplice obbligo di rettifica possa «disincentivare e soffocare la comunicazione on line non solo nei blog, ma anche nelle piattaforme di condivisione dei contenuti». Sciocchezze. Gli assennati non hanno niente da temere. Ne hanno i cretini, gli anonimi e i disinformati. Quando mi è capitato d’incrociarli o di beccarli, poi, erano quasi sempre personcine che semplicemente non avevano il coraggio di dare un nome e un cognome alle proprie opinioni. Qui, nella retroguardia, li chiamiamo vigliacchi.

No, ti prego: non dare una definizione univoca dei blogger, come se fossero un’entità omogenea. I blogger sono come gli automobilisti, i passanti, gli amanti del gelato al cioccolato e i subacquei: persone, semplicemente persone, tra le quali trovi di tutto, vigliacchi e coraggiosi, idioti e intelligenti, e così via. Se violano il codice penale, vengono perseguiti e ci mancherebbe. Ma una legge che applica meccanicamente alle “camerette” di MySpace le norme pensate per il Corriere della Sera, è semplicemente stupida. E lo sanno anche i parlamentari del Pdl (sì, del Pdl: come Antonio Palmieri e Bruno Murgia) che in queste ore si stanno sbattendo per far approvare un ordine del giorno che consenta un’interpretazione della legge che non vada a incidere in modo devastante sui blog e sulle piattaforme di condivisione. Ah, tra l’altro: si stanno sbattendo anche grazie a questa protesta on line, di cui secondo te non frega niente a nessuno

Un caro saluto.

Ps: ringrazia da parte mia i colleghi che hanno messo una foto di quando non avevo i capelli bianchi 😉

Alessandro Giglioli
Fonte: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it
Link: http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2009/07/07/14-luglio-risposta-a-filippo-facci/
7.07.2009


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Tao
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Mi arrivano email che mi chiedono di unirmi allo sciopero dei blog, sciopero che serve a protestare contro un ddl che sta venendo fatto. In tutta onesta’, la mia risposta e’ che NON sciopero. Il primo dei motivi per cui NON lo faccio e’ che questo “sciopero” non e’ uno sciopero, ma una manifestazione politica mainstream, adeguatamente foraggiata da alcuni giornali, la quale non mi interessa in quanto tale. La blogsfera deve essere libera, e pertanto NON inquinata dai partiti e dalle loro cazzate: permettere ai partiti di organizzare porcherie politiche usando i blog equivale a ricreare qui gli stessi merdosi equilibri che ammorbano la carta stampata e la TV.

Esiste una vulgata che cerca di stabilire un’equivalenza assurda, la quale vorrebbe che la blogsfera sia indipendente quando e quanto e’ di sinistra, cioe’ quando e quanto si piega a cattivi maestri. La risposta e’ che no, anche io credo ad una blogsfera indipendente, e proprio perche’ indipendente significa indipendente, non ho intenzione di partecipare a manifestazioni di parte.

C’e’ una regola fondamentale che disciplina la fruizione dei diritti, ed e’ quella che vuole che un diritto si fermi quando inizia un diritto di qualcun altro. Nello scorso post, ho ricevuto una massa di risposte cavillose, le quali praticano tutte uno sport storico della sinistra: “la sacra missione che giustifica tutto”.

L’uomo di sinistra e’ sempre impegnato in qualche battaglia altissima, purissima, levissima, in nome della quale i diritti degli altri devono andare a farsi fottere, perche’ loro, i cavalieri del bene, stanno combattendo per una tale bellissima conquista che si, dai, chi se ne frega se si viola qualche legge e si viola il diritto di qualcuno?

Secondo queste merde subumane (1) , ogni forma di tutela che protegga il proprio avversario politico (perche ‘ protegge tutti, quindi anche lui) e’ un cavillo ingiusto, da rimuovere, in nome di un’idea di liberta’ che giustifica qualsiasi porcheria. Il fatto che Livatino sia morto perche’ nella sua procura c’era un bel canale aperto che portava fuori notizie non li sfiora, perche’ questa legge che esiste gia’ e tutela il segreto istruttorio si pone tra il desiderio di sangue di queste bestie incivili e il loro bersaglio: come osa, la legge , mettersi tra lui e il mio ODIO?

Negli ultimi 30 anni, ogni volta che e’ stato necessario fare i propri porci comodi, a sinistra, ci si e’ nascosti dietro la foglia di fico di qualche diritto. La foglia di fico dell’ ABUSO di qualche diritto. Cosi’ oggi scopriamo che sia legale piazzarsi a due chilometri di distanza con un’attrezzatura professionale e spiare chiunque, a patto che sia il bersaglio dell’odio di una massa rancorosa e biliosa, i cui istinti peggiori sono fomentati da abili burattinai dell’odio. Come diceva Heinlein, l’odio e’ una merce che vende bene.

Non mi illudo che qualcuno riporti del fatto che questo blog non scioperi: sono convinto che i soliti Repubblica e Unita’ parleranno di sciopero riuscitissimo e del 99.999% della rete che si e’ unita a questa titanica manifestazione indetta da Eugenio Scalfari(2) e dai suoi scagnozzi.

Ma questo non mi importa: per me e’ importante dire “io non c’ero”, per me e’ importante, e lo sara’ quando questa roba diverra’ regime, poter dire che io non c’ero, che io non mi sono unito a questa massa peggio che fascista: la dittatura di “tutti”.

E ho piu’ paura di una dittatura delle masse , della dittatura di “tutti”, che non della dittatura di un singolo uomo: le masse (il “tutti”) sono di gran lunga piu’ feroci, oscurantiste, fasciste, vessatorie, incivili, tiranniche e violente di qualsiasi dittatore al potere, Hitler compreso.

Non mi interessa sapere che sia Berlusconi o meno: anche perche’ non si sta violando esattamente e solo il diritto alla privacy di berlusconi, ma ci stanno prendendo di mezzo anche le cosiddette “escort”: che troviate esecrabile o meno il suo lavoro, anche la escort e’ una persona con dei diritti. E siccome di mezzo sembra che ci sia un pappone legato alla criminalita’ barese, non e’ che queste tizie stiano rischiando poco: e no, non sono neanche nelle condizioni di “fare libere scelte” o di “scegliere liberamente di parlare”. La Sacra Corona Unita ha dei pregiudizi verso la gente che “sceglie liberamente di raccontare”.

La ratio di una legge a tutela di un diritto e’ volte difficile da cogliere. Ovviamente, poiche’ nessuna legge e’ perfetta, succedera’ che la sua applicazione sfidi il senso comune: sentir parlare dei diritti di un mafioso o di un “colpevole” e’ strano, ma rimane il fatto che un diritto dimane un diritto.

Quando Mosley si fece beccare a fare giochi sadomaso(3), fece giustamente ricorso ad un tribunale, il quale sanci’ che avendo lui preso ogni precauzione perche’ tali giochi fossero privati, si era trattato semmai di una violazione da parte del giornale: fu uno dei pochi momenti nei quali ammirai il diritto anglosassone, nel quale l’antipatia verso la vittima non autorizza a violare i suoi diritti.

E’ ovvio che con una buona attrezzatura un giornalista professionista possa aggirare le misure prese da una persona che dopotutto di mestiere fa altro(4), ed e’ per compensare questo squilibrio che esiste la legge. Mosley mi e’ antipaticissimo, e proprio per la dinamica dei giochi estremi pagare una persona poco coinvolta e’ (a mio avviso) una violazione della policy: se una pratica dolorosa diviene piacevole e’ dovuto ad una particolare lettura del cervello , senza la quale il gioco rimane doloroso ed umiliante.(5) Ma il fatto che io lo trovi antipatico non mi permette di giustificare eccessi contro di lui.

Esistono alcune belle parole , a livello politico: che sono “liberta’”, che sono “diritti”. Il problema e’ che esse pongono una questione, ovvero dove una liberta’ debba fermarsi, e dove un diritto abbia dei limiti. Il mio diritto di parola e di opinione mi permette di affermare che Scalfari faccia turismo sessuale? La risposta e’ no, e se lo dicessi verrei querelato , a mio avviso giustamente. Questo perche’ il mio diritto deve fermarsi dove iniziano i diritti di Scalfari, che a me il personaggio sia simpatico o meno.

Adesso la domanda e’ : e se fosse vero?

Per un qualche stravagante motivo, si e’ creata una superstizione per la quale la verita’ sarebbe un valore tale da permettermi di violare la vita altrui: se sto dicendo una cosa VERA allora posso dirla. In base a questo ragionamento, pubblicare la foto della propria ex fidanzata in performances intime sarebbe lecito: si tratta di cose vere.

Signori, ho un annuncio per voi: questo blog ha appena installato uno spyware sul vostro computer, il quale mi spedira’ per email tutta la vostra posta elettronica, con particolare riferimento ad attachment .jpg e .gif.

Cagati sotto? Che strano: con ogni probabilita’ avrei parlato di fatti veri. Come mai trovate insopportabile che io possa accedere al vostro PC, visto e considerato che si tratterebbe di fatti “veri”?

E perche’ temete cosi’ tanto di essere spiati, intercettati, perche’ installate di continuo sul vostro PC dei programmi per eliminare lo “spyware”, quando in ultima analisi i vostri dati sono “veri”?

Un delirante commento dello scorso post sostiene addirittura che quando un fatto sia “moralmente” grave allora sia necessariamente pubblico: interessante, qui siamo arrivati ai peggiori deliri papalini, quelli per cui la morale interviene contro il diritto e giudica se sia il caso di far valere dei diritti o meno.

“verita” e`una bella parola, cosi` come “diritti” e cosi´come “liberta”‘ , ma un abuso di tutte queste parole, usate come foglia di fico per coprire i piu’ bassi istinti , e’
un attentato ai diritti stessi e alla stessa liberta’.

Quando il tribunale ha condannato il giornale al pagamento di centomila sterline per Mosley, non ha represso la liberta’ di informazione, anzi l’ha rafforzata: nel momento in cui un diritto si svolge all’interno di un rispetto collettivo, il diritto (di stampa o di informazione che sia) diventa piu’ legittimo e piu’ desiderabile. E’ molto difficile convincere la gente ad abolire un diritto che li riguarda, mentre e’ molto facile convincerli ad abolire un diritto che viola i diritti dell’elettore.

Se mi parlate del diritto del mio blog di scrivere liberamente le mie opinioni, sono perfettamente d’accordo con l’idea di scendere in piazza a difendere tale diritto. Se pero’ tale diritto va oltre i miei diritti, e sancisce il diritto di UN ALTRO blog/giornale di piazzarmi una SPIA a 2 km da casa per spiare quel che ci faccio dentro, beh, allora preferisco rinunciare ad un piccolo diritto per tutelarne uno GRANDE.

Sono perfettamente disposto a tacere, e se necessario a chiudere il MIO blog, se il prezzo e’ quello di legittimare la violazione della vita privata mia e di altri. Mosley o Berlusconi o le loro escort che siano.

Gira una vulgata secondo la quale il diritto alla liberta’ di parola sia cosi’ importante che pur di averlo bisognera’ rinunciare a qualcosa: e certo, a qualcosa devono rinunciare sempre gli altri e sempre quelli che odiamo. Beh, no: se devo decidere che un diritto sia piu’ importante di altri, sono io che decido cosa sia piu’ importante di cosa.

Sono perfettamente disposto a chiudere questo blog per salvare la privacy di casa mia. Se una legge , al piccolo prezzo di questo blog, impedira’ a chiunque abbia i mezzi di Repubblica di sbattere chiunque (me compreso, in teoria) sulla berlina spiandolo in vari modi, beh, e’ un prezzo che sono dispostissimo a pagare.

Esistono due modi per mantenere un equilibrio dei diritti sufficientemente garantista da tutelare i diritti dei piu’ deboli contro gli eccessi di chi ha piu’ mezzi. Il primo e’ la responsabilita’, cioe’ un atteggiamento di chi ha i mezzi per spiarmi, tale da non violare diritti altrui mantenendo il proprio diritto di cronaca dentro i limiti dei diritti altrui. Il secondo e’ l’autorita’ : quando si abusa di un diritto a spese dei diritti altrui, interviene la legge e riporta equilibrio.

Quando non c’e’ responsabilita’, deve intervenire l’autorita’.

Penso che il ddl contro l’abuso della liberta’ di stampa sia buono. Non e’ auspicabile, perche’ sarebbe stato auspicabile che i possessori di teleobiettivi si guardassero bene dall’usarli in questo modo: ma se e’ un fatto che la responsabilita’ sia venuta meno, allora e’ benvenuta l’autorita’.

Questo blog chiede, vuole, auspica che nessun giornale di tiratura nazionale, con qualsivoglia pretesto (6) possa pagare professionisti dello spionaggio allo scopo di violare la mia volonta’ di godere del diritto alla privacy. Se una persona prende tutte le precauzioni in proprio potere per tutelare la propria privacy, le quali vengono aggirate da una maggiore professionalita’ nello spionaggio, e’ la spia a dover venir condannata.

Io non voglio che Scalfari abbia la possibilita’ di rendere pubblica la vita privata dei suoi nemici solo perche’ ha i mezzi materiali per farlo e la volonta’ di farlo: i diritti di Scalfari devono fermarsi dove iniziano i miei.

Considero questa una lotta per i diritti: finche’ i diritti rimangono confinati nel campo dei diritti altrui, e’ molto difficile fare una campagna che abolisca tali diritti. Se si abusa di tali diritti violando quelli altrui, sara’ facilissimo chiedere ai cittadini di abrogarli. Se ogni manifestazione degenera in una distruzione della citta’, e’ molto facile chiedere che vengano vietate le manifestazioni: chi reprime duramente le degenerazioni sta assicurando la durata del diritto stesso. Cos`’ come, di fronte a simili violazioni, sara’ sempre piu’ facile chiedere delle VERE abrogazioni.

Cosi’, chi disciplina contro gli eccessi una stampa che ormai fa i propri porci comodi a spese dei diritti altrui , sta salvando il diritto di parola.

Questo blog non sciopera perche’ ritiene che il ddl “contro la liberta’ di stampa” sia una legge contro gli abusi di tale liberta’ , e se anche cosi’ non fosse, SCELGO di rinunciare (eventualmente) alla mia liberta’ di parola e di opinione per salvare quella alla mia privacy. Se ci troviamo in una situazione nella quale devo rinunciare ad uno dei due diritti, ebbene la scelta e’ fatta: rinuncio alla mia liberta’ di parola per salvare la mia privacy.

E quindi, ben venga un bavaglio alla stampa, perche’ QUESTA stampa non merita altro che galere, bavagli e manette. E lo stesso dicasi di certa blogsfera. E se per questo dovro’ chiudere questo blog, beh, pazienza.

Sara’ il piccolo prezzo per qualcosa di piu’ grande.

Uriel
Fonte: www.wolfstep.cc
Link: http://www.wolfstep.cc/1425/no-questo-blog-non-scioperera/#more-1425
7.07.2009

(1) Li insulto nella speranza che si tolgano dai coglioni e la smettano di leggermi, ma sono cosi’ a corto di idee che per riempire il LORO giornale di merda hanno bisogno di copiaincollare da qui. Oh, anche quelli che vengono dati a Repubblica sono soldi di tutti: voglio sapere come li spende Scalfari. Non e’ che col ricavato ci va a mignotte, vero? Ho DIRITTO a spiare Scalfari, perche’ vive di soldi pubblici (i fondi per l’editoria) e voglio assicurarmi che li spenda bene.

(2) Su Scalfari e delle sue vacanze girano aneddoti interessanti. Ovviamente si tratta di falsita’, ma sono convinto che se osassi riportarne qualcuna qui verrei querelato. In nome della liberta’ di stampa DI ALCUNI, ovviamente.

(3) Non erano giochi nazisti piu ‘ di quanto Johnny Rotten con una svastica sulla maglietta fosse nazista: il sadomaso utilizza abitualmente estetiche di coercizione, che vanno dal “giochiamo al carcere” al “giochiamo ai nazisti”, “giochiamo alla caserma”, eccetera. Esiste anche una forma di feticismo in alcune coppie miste, che si richiama allo schiavismo americano. Per come la vedo io, nessuno deve essere chiamato a rispondere del suo immaginario erotico, e se lo realizza con altri adulti consenzienti sono affaracci suoi: se una coppia mista vuole giocare a schiavi negri e padroni bianchi (ovviamente a seconda di chi dei due sia bianco o nero) sono affari loro. Idem se vogliono giocare ai nazisti.

(4) In Italia spionaggio e’ un reato, e la villa del Presidente del Consiglio e’ coperta da segreto di stato, specialmente se ospita (anche a titolo di cortesia) un capo di stato straniero. in QUALSIASI paese civile, quei giornalisti sarebbero ricercati, catturati e condannati.

(5) Diverse coppie sadomaso si fanno cose che normalmente , negli stupri, lasciano le donne in ospedale per settimane e che vengono usate come tortura da diverse polizie del mondo. Tuttavia, essendo una cosa volontaria e coinvolgente, l’indomani li vedi garruli e felici.

(6) No, nessuna legge vieta ad una prostituta di diventare parlamentare , ministro, qualsiasi cosa. E no, nessuna legge disciplina la scelta dei ministri o dei candidati alle elezioni. Lo fa la morale, ma questo e’ argomento di voto: gli elettori dicano cosa ne pensano in sede di voto. Dire che io ho diritto di sapere cosa fa Berlusconi perche’ ci sono di mezzo soldi pubblici equivale a sancire che posso spiare qualsiasi impoegato statale per vedere come spenda lo stipendio. Non li pago mica per comprare l’ iPhone, io.


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Anonymous
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La volpe spellachiata si dichiara apertamente lui mal sopporta i giornalai e i giornalacci.
Un'altro che ha delle nostalgie per l'uomo forte.
Cerca di dare una parvenza democratica a quello che scrive ma in realtà è il solito borghesuccio piccolo piccolo reazionario.
Un altro che si ritiene detentore di verità assolute.
Ma va là /ma va là


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