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Aiuto, sono di sinistra ma sto diventando razzista

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Manunkind
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Vorrei aggiungere un cosa_

Anche io ho avuto il sospetto che la lettera del Poverini fosse falsa_ Mi sembra troppo ben costruita, troppo perfettamente panoramica su tutta la retorica del tema, fino all'inserzione della fraseologia tipica del cittadino che non si considera o non si vuol sentire razzista ma si trova ad affrontare problemi quotidiani legati con la presenza degli immigrati_ E poi tira troppo precisamente e scorrevole la volata al commento dell' "intellettuale di turno", Augias, sull'argomento - delicato, di come affrontare anche a sinistra un problema d'identità che pesa su tantissimi cittadini comuni, di sicurezza pubblica, e di passo, più in generale, un problema di legalità_

Diciamo che un "intellettuale stimato, riconosciuto e di buon senso" vuole, o gli viene proposto che potrebbe, affrontare questo tema delicato_
Per non farlo in una sede formale, o non solo in una sede formale, pensa di approcciarlo in una comunissima Rubrica di lettere, e così gli aggiunge anche un tocco di veracità popolare e quotidiana_

A quel punto può benissimo inventarsi la lettera che gli manca per partire di slancio_ Oppure può avere il cu.. di vedersi recapitare la lettera "perfetta" - statisticamente più difficile_

Io comunque ribadisco che il problema esiste, che è un problema sociale e quindi di pertinenza profonda delle "sinistre", che non è affatto connesso in modo lineare all'immigrazione, ma che investe più ampiamente il problema della Sicurezza Pubblica e della Legalità, trasversali sia sul piano "di classe" che su quello della cittadinanza_

Credo che con più sicurezza e legalità non avremmo nessun problema a vivere insieme, noi indigeni, con gli stranieri che vivono qui da 20 anni e ormai sono parte della famiglia, e con quelli che sono arrivati ieri l'altro_

Leonardo Migliarini


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Grandekhan
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Che vergogna. E Augias lo compatisce pure...


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psy
 psy
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Secondo me la lettera rispecchia in modo piuttosto speculare un sentire comune. Quindi anche se non è vera, è quantomeno veridica. Il che quindi non inficia l'analisi di Augias e quelle nostre conseguenzialmente.


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pensareinprofondo
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Io comunque ribadisco che il problema esiste, che è un problema sociale e quindi di pertinenza profonda delle "sinistre", che non è affatto connesso in modo lineare all'immigrazione, ma che investe più ampiamente il problema della Sicurezza Pubblica e della Legalità, trasversali sia sul piano "di classe" che su quello della cittadinanza_

Credo che con più sicurezza e legalità non avremmo nessun problema a vivere insieme, noi indigeni, con gli stranieri che vivono qui da 20 anni e ormai sono parte della famiglia, e con quelli che sono arrivati ieri l'altro_

IO CERCHEREI DELLE RAGIONI DI CONVIVENZA CIVILE GIA' TRA GLI ITALIANI.
E' UN MODO DI RAGIONARE IPOCRITA CHE ENUNCIA GRANDI QUESTIONI E REALIZZA SOLO INTOLLERANZA E RAZZISMO.
ABBIAMO ESPORTATO MODELLI COME MAFIA E CAMORRA IN TUTTO IL MONDO, IL CAPOLARATO E' UN MODO DI INTENDERE IL RAPPORTO DI LAVORO IN MODO SIMILE ALLA LEGGE 30, ABBIAMO OGNI GIORNO VIOLENZE SU RAGAZZINE E DONNE FATTE DA NOSTRI CONNAZIONALI E SIAMO TUTTI Lì A CERCARE COLPEVOLI DI UN ALTRO PAESE.
SE DOBBIAMO FARE LA GARA DEI LUOGHI COMUNI E' UNA GARA INFINITA.
UN PO' COME CHIEDERE AGLI ALTRI DI LAVORARE SENZA GUARDARE A QUELLO CHE FACCIAMO NOI.IN COSCIENZA.


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Territorio_Comanche
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Pietro Ancona fa credito a Corrado Augias di aver ricevuto e pubblicato in buona fede una lettera "in gran parte inventata". Io mi spingerei ancora più avanti.
Leggendo la lettera sulla prima pagina di Repubblica ero stato preso da una sorta di disagio "testuale" di fronte alla perfetta aderenza del testo alle necessità del momento e all'opportunità di dimostrare la disponibilità presso strati di opinione pubblica borghese e progressista_senza_esagerare ad un discorso di legge ed ordine basato su cliché xenofobici abilmente rielaborati in chiacchiericcio progressista.

Tale disagio scompare all'istante se pensiamo che il nostro bravo mercenario della penna, Corrado Augias, ha invertito l'ordine cronologico delle stesure: prima è stata scritta la risposta e poi la lettera che meglio preparava il terreno.
Mi stupisco invece dell'ingenuità di coloro che pensano che quei sentimenti siano autentici e diffusi, come se oggi si potesse credere al mito di una vox populi genuina ed incorrotta.
Non solo mi viene alla mente uno straordinario articolo americano, letto tanti anni fa, di consigli al lettore di quotidiani che, tra i tanti ammonimenti, raccomandava: "Non credete MAI alle lettere al direttore". Ma mi sembra ovvio che quella lettera avrà ora un seguito di sondaggi di opinione, del tipo di quelli in cui Ezio Mauro telefona all'istituto demoscopico e dice: "Mi servono per domani un 70% di si, un 25% di no, e un 5% di non lo so, è possibile?", "Sicuro dotto', glieli metto in forno subito".
Se in base ad un futile motivo una ragazza italiana viene uccisa accidentalmente con la punta di un ombrello da una Romena e la nazione si ferma per una settimana, mentre se una bambina polacca di cinque anni uccisa con una revoltellata da un italiano sparisce dalle cronache nel giro di 24 ore, come si fa a credere nella genuinità delle reazioni dell'opinione pubblica? Il clima xenofobico è attentamente preparato nelle redazioni dei giornali. Se i media dessero dell'immigrazione nel nostro paese una rappresentazione empiricamente corretta i sentimenti xenofobici degli italiani si dimezzerebbero in un istante.
Si può discutere del perché gli ambienti "progressisti" si siano messi a rincorrere la destra sul terreno delle paure della gente, da coccolare e vezzeggiare -- ho un paio di ipotesi, legate allo statuto di merce del lavoro degli immigrati, ma è non qui il luogo per esporle -- ma che vi sia una regia dietro ai climi, alle atmosfere che la gente respira è indubbio.


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Tao
 Tao
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Caro Augias,

del caso di Vanessa che lei cita nella sua risposta di oggi al signore che come me le ha scritto sulla lettera Poverini è stato montato scientificamente dai massmedia per scatenare un'ondata antiimmigrazione di grande portata. Francamente non ne capisco i motivi ma è stato così. L'allarme non è stato per il fatto in se ma per il modo come voi pennivendoli l'avete propinato. E' stato scritto e detto in tv che l'omicidio era volontario perchè c'era la volontà di uccidere, che probabilmente era la conseguenza di un tentativ o di rapina, che le due ragazze erano prostitute rumene. Insomma la creazione scientifica di due mostri, un coro infame dal quale si sono dissociate pochissime voci perbene come quella del Prof.Sabatucci che in Prima Pagina ha parlato serenamente di delitto preterintenzionale. Poi si è saputo che c'èra stata pure una pesante provocazione di schiaffi e pugni.

Ieri una ragazza di diciassette anni è stata selvaggiamente accoltellata davanti una discoteca da tre ventenni. La stampa ha molto insistito che si trattava di ragazzi di buona famiglia, quasi a dire " ma come è possibile, da ragazzi cosi bravi!.....Pensa se fossero stati tre marocchini!!
Leggendo la sua rubrica oggi trasecolavo. Credevo di avere in mano "La Padania". Comincio ad essere allarmato per la strada che ha imboccato "Repubblica", una strada in fondo alla quale troveremo la giustificazione in nome dell'ordine e della sicurezza dell'apartheid.
I greci avevano i perieci e gli iloti, due gradi di subcittadinanza. Pensavo che fosse finito il tempo dei ghetti, delle discriminazioni, credevo che il muro di Padova fosse l'infortunio incivile di un Sindaco stordito dalle grida leghiste.

Invece stiamo velocemente retroc edendo verso la barbarie.
Quando un giornale che per trentanni è stato il portavoce dell'Italia civile democratica e laica comincia a scivolare verso la subcultura di Bossi e Borghezio, ad approvare comportamenti e dichiarazioni inaccettabili di alcuni Sindaci pentiti di essere stati comunisti ed ansiosi di essere accolti nel salotto buono del liberismo, c'è davvero da preoccuparsi per questo Paese disgraziato nelle mani di una oligarchia vorace anelante a mezzi fascisti per conservare il potere e con una stampa asservita embededd. Veltroni si è costruito l'immagine di soccorritore degli africani ma a Roma schiaccia senza piètà gli immigrati verso lande deserte. Opinionisti che abbassano il livello del dibattito civile e che lungi dall'orientare verso valori civili assecondano gli istinti peggiori c he tutti abbiamo dentro.

Per fortuna, non tutto è nelle vostri mani, non tutto è controllato. In internet c'è una ricchissima pluralità di voci, di commenti, di opinioni, di fatti che la carta stampata in grande parte ignora e condanna al silenzio.
Ma fa sempre rabbia c onstatare come le differenze tra il Corriere della Sera e Repubblica siano quasi del tutto sparite in un unico coro manipolatorio fatto di ignoranza e di violenza verso i deboli

Pietro da Palermo
9.05.07


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psy
 psy
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Secondo me il voler vedere per forza una finzione dietro la lettera del Sig. Poverini sembra un eccesso di complottismo. Sia chiaro, non mi stupirebbe per niente se la lettera fosse davvero inventata di sana pianta, ma rimane il fatto che sono in molti in Italia a pensarla come il fantomatico sig. Poverini. E quindi? Se non esistesse? Dovremmo saltare a piè pari l'argomento? Non credo proprio. I giornali sono pieni di cazzate ben più grandi e più gravi di questa.

Territorio_Comanche vuole vedere nell'atteggiamento comune della gente dopo i fatti di Vanessa un razzismo invadente a tutti i costi (che, probabilemente, in qualcuno è presente davvero in forma più o meno latente). Io ci vedo l'atteggiamento normale di un popolo che si sente tale. In Italia ci sono gli Italiani, e per me è assolutamente normale che se accade qualcosa ad opera di qualche straniero ciò venga segnalato e avvertito come un ulteriore elemento di disturbo dalla popolazione. E ciò avviene anche se a compiere qualche malefatta sono dei tedeschi, degli svedesi o degli americani (in quest'ultimo caso a volte il fatto viene enfatizzato anche di più). E' sempre e comunque razzismo??
Io reputo addirittura una cosa positiva da un certo lato che ciò avvenga, perchè vuol dire che gli italiani hanno ancora un certo sentimento di comunanza di popolo, e che decenni di sudditanza culturale esterofila non hanno cancellato millenni di Storia (e non parlo solo dell'Impero Romano, ma soprattutto di cultura).

Che "il clima xenofobico è attentamente preparato nelle redazioni dei giornali" è vero, ma ha come scopo lo "scontro di civiltà". E quindi non ha di mira rumeni, albanesi e slavi. Inoltre si dice: "Se i media dessero dell'immigrazione nel nostro paese una rappresentazione empiricamente corretta i sentimenti xenofobici degli italiani si dimezzerebbero in un istante". Io credo proprio il contrario. Se i media dicessero veramente quello che pensa la gente, scoppierebbe un putiferio. Non so dove Territorio_Comanche viva, ma dove il problema dell'immigrazione è realmente impellente, la popolazione lo vive davvero come una questione da affrontare, talvolta anche con fastidio. Basterebbe farsi un giro nei quartieri dove l'immigrazione è "empiricamente" presente, e chiedere agli italiani cosa pensano, per capire. Ma poi scusate, perchè questo clima di "lotta allo straniero" (perchè a volte è veramente così, nessuno lo nega) ha come oggetto sempre determinati gruppi etnici, e molto di meno senegalesi, marocchini, tunisini e via dicendo? Io vivo in una città piena di immigrati africani, che vivono in tranquillità e vengono guardati molto meglio dei vari altri immigrati di altra nazionalità. Semplicemente perchè la popolazione "empiricamente" guardando intorno quello che succede percepisce gli uni più pericolosi degli altri, a torto o a ragione.

Finito questo lungo post, con cui volevo semplicemente spiegare meglio la "vox populi" che molto spesso, secondo me, viene soggiogata ai propri bisogni (da una parte come dall'altra), so che non convincerò Territorio_Comanche, ma mi sentivo in dovere di dire quello che molto spesso viene travisato. Perchè se è vero che a volte il razzismo viene sottovalutato, è altresì vero a mio avviso che a volte viene enfatizzato, trovandolo anche dove non c'è.


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Territorio_Comanche
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Io credo che Psy abbia fondamentalmente frainteso il mio riferimento alla vox populi. Credo che lui mi attribuisca il pensiero che il razzismo tra gli Italiani non ci sia, e quel tanto che emerge sia il risultato di una manipolazione mediatica.
In una misura molto limitata ciò è vero, perché io confermo la mia sfiducia nei sondaggi pubblicati sui giornali (secondo me fabbricati ad arte, non fosse altro per il modo di porre le domande, per ottenere presso i lettori più conformisti l'equivalente dell'effetto bandwagon dei sondaggi elettorali: "Caspita, Berlusconi è in testa! Allora lo voto anch'io, perché non mi piace stare tra i perdenti". Molti diventano razzisti così, si può chiamarlo effetto bandwagon, o effetto gregge, la sostanza non cambia).
Ma sull'incidenza reale di comportamenti razzisti tra gli Italiani io la penso esattamente al contrario: siamo razzisti eccome, e siamo molto più razzisti di quanto sarebbero fisiologicamente giustificato dalla semplice presenza di immigrati, se appena si dà un'occhiata al carattere limitato di questo fenomeno in Italia rispetto ad altri paesi europei come la Germania, la Francia e l'Olanda, assai più multietnici di noi.
Quando ho accennato all'effetto salutare dell'accuratezza empirica nella rappresentazione mediatica del fenomeno immigratorio, è perché ciò equivarrebbe a fare la tara a tutte le distorsioni ed esagerazioni operate da media e gruppi politici per interessi particolari.
Gli atteggiamenti xenofobi degli italiani sono per una buona metà l'effetto di una percezione distorta del fenomeno a seguito della cattiva informazione che si fa sull'argomento.
Psy porta come argomento impressionistico dove abita lui e dove abito io. Beh, io abito in un posto dove l'immigrazione è assai limitata e discreta, eppure tra i discorsi della gente l'elemento xenofobo emerge di continuo. Come si spiega se non presumendo che i germi sono sparsi a piene mani dai media?


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Tao
 Tao
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Su La Repubblica del 7 maggio è apparsa la lettera di un lettore, giustamente ripresa da comedonchisciotte.org, che scrive a Corrado Augias perché in preda terribili rimorsi di coscienza. Non è importante il nome del lettore, che pure si firma, più importante è l'esempio di certe dinamiche e di certi percorsi mentali che caratterizzano molte persone.

La lettera si apre con una breve, ma significativa, descrizione di sé: Ho 49 anni, vivo a Roma, lavoro al Quirinale, ho studiato, leggo buoni libri (credo e spero), mi interesso di politica, leggo ogni giorno 2 quotidiani, guardo in tv Ballarò e Matrix e voto a sinistra, sono stato candidato municipale per la Lista Roma per Veltroni. Cerco di insegnare alle mie figlie i valori della tolleranza e della nonviolenza, dell'importanza dell'istruzione, delle buone letture e dello studio, l'etica del lavoro e del sacrificio per ottenere qualcosa di duraturo e vero nella vita.

Poche frasi per dire: guardatemi, sono perfetto. Faccio tutte quelle cose che una persona perbene dovrebbe fare. Le faccio proprio tutte, leggo persino due quotidiani al giorno (chissà che impegno al Quirinale), leggo i libri giusti; sono di sinistra, e quindi giusto e mi sono pure candidato per le elezioni amministrative, …

… a riprova del mio spirito democratico e del mio impegno diretto nella cosa pubblica.

Però qualcosa non va, in questa splendida e perfetta vita: un'ombra minacciosa, turpe ed immorale.

A 49 anni sto diventando un grandissimo razzista e non riesco a sopportarlo.

La confessione non deve essere stata facile da pronunciare, non è facile ammettere di essere un razzista, anche perché ci sono delle leggi che vietano di essere razzista, quindi per un dipendente del Quirinale scriverlo ad uno dei più importanti giornali italiani firmandosi con il proprio nome, il rischio è alto.

A questo punto ci aspetteremmo la confessione di crimini inenarrabili, di croci bruciate, di uomini africani sgozzati e di ebrei percossi a sangue sulla pubblica via. Ci immaginiamo questo uomo dalla doppia vita, tenero e amorevole in casa, una bestia assetata di sangue straniero fuori casa. Ma non è così. Il lettore di Repubblica (e di un altro quotidiano) racconta perché lui è un razzista.

Scena numero 1: tram affollato, anziana signora che tossisce forte e ragazza slava che la insulta. Il lettore interviene e a sua volta viene preso a male parole.

Scena numero 2: altro tram, altra signora anziana che stavolta chiede ad una giovane di colore di cederle il posto. La ragazza di colore la appella con epiteti impronunciabili ed il nostro lettore interviene ancora una volta. La ragazza di colore gli sputa addosso “la gomma americana che ciancicava” (evidentemente i buoni libri e i due quotidiani al giorno non sono stati sufficienti). Lui, alla prima occasione buona, la afferra per il colletto e la sbatte fuori dal tram. Applausi generali e il lettore che scopre con orrore di essere un razzista.

Ed infatti questo perfetto uomo della sinistra istituzionale è davvero un razzista, anche se non a causa i motivi che lui crede.

Non c'è niente di razzista nell'aiutare una povera anziana e nel difenderla contro l'aggressione verbale di una giovane donna. E' un gesto fraterno ed umano, di fronte ad un debole vessato da una persona più forte ed arrogante di lui.

Ma il razzismo del lettore è sta proprio nel sentirsi in colpa. Perché? Perché egli si sente colpevole per essersi messo contro “una slava”. Si sente colpevole di aver aggredito una sorta di specie, anzi razza, protetta da non si sa quali leggi o codici morali. Se quel lettore non fosse razzista, non si porrebbe nemmeno il problema della nazionalità delle due ragazze. Le avrebbe considerate per quello che sono, due persone maleducate e prevaricatrici che si sono comportate in maniera deprecabile verso due povere anziane. Invece per lui “la slava” e “l'africana” sono semplicemente due categorie astratte, dei tipi di persone: sono semplicemente la forma concreta del concetto di razza.

Per il nostro progressista lettore sta avvendendo un cambiamento importante, ma non sostanziale: sta passando dall'idea che “tutti gli stranieri sono poveri da aiutare” all'idea che “tutti gli stranieri sono ladri e stupratori”.

Non vi è alcuna differenza fra le due posizioni: l'una si appaga di avere una razza da proteggere, l'altra si sazia del desiderio di avere una razza da sterminare. Ma entrambe non considerano le persone che un frammento insignificante di una unità onnicomprensiva chiamata “nazionalità” o “razza” o “cultura” a seconda dei casi.

Ed infatti è lo stesso lettore ad ammetterlo: si chiede sgomento per quale motivo la sua parte politica abbia per anni affermato che “i nomadi”, “gli slavi”, “gli africani” che rubano non andavano toccati; e non si accorge che in realtà anche lui è stato vittima di un meccanismo sadico e razzista, per cui le persone appartenenti a quelle categorie sparivano ai suoi occhi, per dissolversi all'interno di quelle stesse categorie protette e non punibili.

Il nostro lettore progressista continua, portando un altro esempio. In piazza Fontana di Trevi sventa per ben due volte un tentativo di rapina da parte di due piccole zingare. Allora, dopo averci fatto l'occhio, ogni volta che prevede il fattaccio, si reca dagli agenti di polizia presenti sul posto per invitarli ad intervenire. Gli agenti, non si capisce se parlino sul serio o no, gli dicono che “nessuno si muove perché devono stare vicino alle moto o alle macchine”. Avranno paura che le rubino.

Dopodiché si chiede perché le richieste di pene certe e carcere assicurato da parte degli elettori di centrosinistra si risolvano sempre nel loro contrario, ovverosia con la nomina a Ministro della Giustizia di Clemente Mastella.

Qui il povero progressista deve provare uno sgomento profondo. Anni e anni di fede assoluta nel suo ideale di tolleranza non violenta non gli hanno permesso di capire che quei poliziotti non sono lì per lui, ma contro di lui. Che quei poliziotti non interverranno mai per reprimere il crimine, di cui poco sono interessati, perché l'istituto della polizia è fatto per tenere buoni i cittadini. I ladruncoli e gli stupratori non costituiscono una minaccia per lo Stato di cui la polizia è guardiana ed il progressista lettore dipendente. Non è una questione di nazionalità, né di razza.

Da anni questi progressisti si chiedono come sia possibile che i loro eletti facciano l'esatto contrario di quello che gli elettori chiedono. E alla fine la risposta non ce l'hanno, perché sono irrimediabilmente persi nelle categorie mentali create a bella posta per tenerli confusi. Di fronte alla polizia che non interviene pur assistendo al reato, non ne traggono l'ovvia conclusione che la polizia non è lì per fermare il crimine; rimangono confusi e disorientati e chiedono con maggior forza l'intervento della polizia. Come un naufrago tra i flutti, sbracciano scompostamente per rimanere a galla, mentre è proprio quello sbracciare la causa della loro morte.

Mentre il governo libera criminali e assassini vari, il lettore progressista non trae la logica conclusione che il governo non sta seduto a Palazzo Chigi per proteggerlo, ma per fare gli altrui interessi; e invece si chiede come mai, e perché, e come sia potuto accadere.

Ed intanto non modifica il suo modo di vedere il mondo, e così se prima “gli stranieri andavano accolti tutti in quanto stranieri” ora “gli stranieri vanno mandati fuori del raccordo anulare”.

In una parola, razzismo. Razzismo mascherato da sentimentalismo prima, razzismo modello law and order dopo.

Dubbi retorici assalgono il lettore, ma sempre basati su di un falso assioma: se io stuprassi una giovane araba alla Mecca o a Casablanca, se venissi preso dalla locale polizia a cosa a
ndrei incontro? E se a Bucarest, in metropolitana, avessi accoltellato un giovane rumeno per una spinta ricevuta, che mi avrebbero fatto le locali autorità?

Se questo accadesse, naturalmente le autorità locali lo perseguirebbero. Ma non perché è italiano! Il razzismo è stato così ben occultato, quando gli è stato insegnato ad essere “tollerante con i negri”, che ormai la questione razza/nazionalità ha preso il sopravvento; non è il passaporto che rende perseguibili o meno e non è vero che la polizia non persegue gli immigrati: la polizia non persegue i criminali. Punto. Le statistiche parlano da sole: la polizia non persegue il crimine, italiano o straniero che sia.

Però è sempre presente in massa alle manifestazioni di pacifici cittadini che protestano, è presente per difendere i cantieri della TAV pagati con i soldi nostri. E' presente sempre, tranne quando qualcuno di notte entra in casa di qualcun altro. Allora la telefonata di rito al maresciallo si conclude sempre nel solito modo: “Non possiamo farci niente noi”.

Ma le paure del nostro lettore alla fine si materializzano per quello che sono:

Non voglio lasciare più il monopolio della legalità alla destra e quindi non capisco, perché dare il voto locale agli immigrati, dopo 5 anni di permanenza nel nostro Paese

Ecco qual è il problema. Primo, non perdere i voti di chi sostiene coloro che predicavano il razzismo sotto forma di tolleranza. Secondo, non dare il voto agli immigrati. Chissà perché poi? Se lavorano e pagano le tasse, non hanno forse il diritto di partecipare gioiosi alle delizie democratiche? No taxation without representation, non si diceva così un tempo? Per quale motivo, in una democrazia, coloro che ci vivono devono soggiacere a regole senza avere parte nel processo decisionale? Nessuno, se non quello di essere stranieri. Razzismo.

Possiamo immaginare questo padre di famiglia che insegna la tolleranza ai propri figlioli: “tesoro, devi rispettare i negri, capito?”; “lascia in pace quella slava!”; “piccola, lo sai che non tutti gli zingari rubano?”

Tutto questo ricorda molto la scena del cucchiao del film The Matrix. Neo/Anderson, il protagonista, vede un bambino che riesce a piegare un cucchiaio con la forza del pensiero e vuole fare lo stesso, ma è dibattuto: da un lato il signor Anderson, che sa che il cucchiaio non si può piegare col pensiero; dall'altro lato Neo che vuole credere che sia possibile. E allora il bambino gli dice: “Non tentare di piegare il cucchiaio, è impossibile. Cerca invece solo di capire la verità: non esiste alcun cucchiaio”.

E lo stesso dovrebbe fare il nostro lettore progressista: invece di dividere gli esseri umani in categorie, non importa quanto buone e degne di rispetto e tolleranza siano, dovrebbe solo tentare di capire che esistono le singole persone, non le categorie.

E annullare le responsabilità individuali in favore di quelle collettive, cioè tollerare qualsiasi azione da parte di singoli individui perché considerati appartenenti a categorie da proteggere, non è un processo meno aberrante che credere di dover sterminare milioni di singoli perché appartenenti a categorie da eliminare. La disposizione mentale è la stessa, e gli esiti non potranno che essere gli stessi.

Giorgio Mattiuzzo (Pausania)
Fonte: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/
Link: http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=1806
9.05.07


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psy
 psy
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Per Territorio_Comanche: Sul fatto che molte opinioni siano indotte siamo d'accordissimo. Per il resto, prendo atto che abbiamo punti di vista diversi. Si può avere opinioni diverse senza insultarsi.

Interessante, molto interessante le parole di Giorgio Mattiuzzo. In parte anche molto condivisibili. E' vero che andiamo valutati come singoli, e non come appartenenti ad etnie o nazionalità. Tuttavia nemmeno si può biasimare se lo si fa. Ripeto, penso sia una cosa piuttosto naturale. Vi faccio due esempi (lo so, sono estenuante con questi esempi).

Passate davanti a un pub, e vedete un inglese ubriachissimo. Pensate "guarda quest'ubriacone" come fareste per una persona qualunque, o pensate "guarda quest'inglese ubriaco", avendo nella mente il clichè degli inglesi che bevono tutti i giorni? Lo so, è un pregiudizio, in fondo. Ma i pregiudizi, come dice Popper, non sono sbagliati a priori; sono semplicemente pre-giudizi.

Il secondo: penso a quei servizi che fanno le iene, dove un cieco combina un casino, fa il maleducato ma nessuno dice niente perchè, in fondo, è un cieco. E' giusto? No, direbbe Mattiuzzo, e no dico anche io. Ma si può biasimare più di tanto una reazione del genere? O la si deve considerare per quella che è, cioè una reazione istintiva verso una categoria più debole o svantaggiata?

Concludo dicendo che siamo da sempre portati a ragionare per categorie. E questo non perchè l'ha detto Kant.


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Manunkind
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Ho alcune riflessioni in più sull'argomento, che mi sono venute in mente ripensandoci e mi sembrano importanti, le scrivo qui_

Reciprocità
Visto che oggi, nel confronto astioso di taluni con altre culture, va tanto di moda invocare la reciprocità: "io non voglio nessuna moschea nel mio paese finché non ci sarà una chiesa cattolica a Riyadh o a Teheran" - e magari la chiesa c'è e non lo sanno nemmeno: quanti per esempio conoscono la Chiesa di Siria? - allora vorrei fare due riflessioni veloci applicando una sana reciprocità dialettica al caso del razzismo_
Senza contare che quella rigida interpretazione della reciprocità è come un rifiuto dei principi fondanti di questa nostra cultura che gli stessi proclamano di voler difendere_
Nel documentario sul Lago Vittoria "L'incubo di Darwin", del regista tedesco Hubert Sauper, una delle protagoniste è Elizabeth "Eliza" Msese, prostituta, e verso la fine si saprà che nel frattempo è stata uccisa da un turista australiano_ Ora io spero che per i casi come questi, dove un turista occidentale commette un grave delitto in un paese del terzo mondo, i suoi concittadini reclamino per lui lo stesso rispetto della legge che sbraitano per gli immigrati in casa loro_
E spero che chiunque gridi isterico, ma giustificato, contro l'immigrato che da noi stupra una donna, poi abbia la stessa fermezza nel ripudiare magari suo zio che va in vacanza in Brasile a comprarsi una ragazzina di 12 anni_

Razzismo - Classismo
A me sembra evidente che dietro ogni razzismo diffuso, scartando appunto quel razzismo ideologico che è molto più limitato, ci sia sempre una paura, una repulsione di classe_ Se quelle ragazze davvero incivili e maleducate fossero state turiste americane o tedesche, a nessuno sarebbe venuto in mente di giudicarle per la loro cultura di origine, né di screditare tutta la loro cultura per il loro comportamento_
Non ho mai visto razzismo nei confronti di ricconi tedeschi o giapponesi o inglesi o americani che si innamorano di certe nostre regioni e le invadono, magari inflazionando anche i prezzi locali, trasformandoli da turistici a lussuosi, e provocando un'impennata dei prezzi immobiliari_
Non ho mai visto un alto tecnico italiano protestare se un alto tecnico giapponese o tedesco compete con lui nel suo campo di impiego_
Un imprenditore giapponese o americano che investa in Italia potrebbe darsi a migliaia di reati molto più gravi di uno scippo - inquinamento, riciclaggio di denaro, evasione totale, commercio di droga, collusione con la mafia, corruzione, reati di borsa, falsi fallimenti, truffe, strozzinaggio, etc.. etc.. - ma nessuno si sognerebbe di accusarlo in quanto appartenente a una popolazione diversa_

Io per esempio vivo in Cile, che è un paese abbastanza benestante rispetto ai suoi vicini - e per questo ha subito una forte immigrazione dal Perù che ha aumentato il razzismo dei cileni verso i peruviani molto più di quanto non fosse storicamente_ Però anche qui non ho mai visto un cileno essere razzista nei confronti dei tedeschi, inglesi, francesi o italiani che hanno formato qua le loro colonie benestanti_
Anzi, la prova più forte che il razzismo sia in realtà una forma di classismo la si trova proprio in società con fortissimi squilibri di condizione_ Proprio in queste società quei giudizi stereotipati sulle "culture inferiori" - che sono fannulloni, che sono incivili e volgari, che sono sporchi, che sono immorali e rubano - vengono affibbiati dalle classi più abbienti alle classi più povere, senza che ci sia nessun elemento razziale di mezzo_
Due persone possono avere le stesse caratteristiche fisiche, lo stesso cognome, la stessa religione, votare lo stesso partito, e uno potrà dire dell'altro le stesse cose che gli Italiani dicono dei Senegalesi_

A very cool paradox
Infine vorrei far notare che il comportamento rozzo, irrispettoso, cafone di quelle due ragazze non è proprio delle loro culture di origine_ In quasi tutte le culture tradizionali si nasceva e si cresceva in un ambiente di profondo rispetto per gli anziani - al limite avevano proprio il problema opposto, un eccessivo autoritarismo verso i bambini e i giovani che sfociava spesso in violenza_

Quelle culture hanno imparato da noi ad essere così immorali e volgari_ Sono comportamenti tipici della cultura postmoderna, materialista, metropolitana, globale, che si è diffusa proprio partendo dall'Occidente_

Leonardo Migliarini


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Manunkind
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Infine vorrei fare un'osservazione sull'articolo di Mattiuzzo, che è pieno di giudizi interessantissimi ma in certi punti scivola nel dogmatismo_

Riconosco l'importanza critica di tutta la discussione di una grossa parte della sinistra contro lo "Stato di Diritto"_
Ma affermazioni come

(...) Anni e anni di fede assoluta nel suo ideale di tolleranza non violenta non gli hanno permesso di capire che quei poliziotti non sono lì per lui, ma contro di lui. Che quei poliziotti non interverranno mai per reprimere il crimine, di cui poco sono interessati, perché l'istituto della polizia è fatto per tenere buoni i cittadini. (...)

sono antiliberali all'origine e puzzano di lavaggio del cervello retrò_

E tutta l'esperienza del XX secolo ci dovrebbe far capire dove si può finire quando si comincia a mettere in discussione l'applicazione del Diritto Liberale_

Tra l'altro ricordo che tutti quei principi per cui noi europei ci sentiamo così "avanzati" almeno sul piano civico, si devono proprio a quella Cultura del Diritto liberale_ A partire dai Diritti Fondamentali dell'Uomo_

Leonardo Migliarini


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