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CH: impiegare rifugiati nelle aziende agricole


vic
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http://www.gdp.ch/svizzera/impiegare-i-rifugiati-nelle-aziende-agricole-id75576.html

Svizzera - Progetto pilota
Impiegare i rifugiati nelle aziende agricole
Dieci imprese - tra cui una ticinese - assumerranno, per i prossimi tre anni, sia rifugiati riconosciuti che candidati ammessi provvisoriamente. La necessita' di manodopera incontra cosi' l'esigenza, sempre piu' importante, di integrazione.

ATS/RED - 21 maggio 2015

Assumere rifugiati riconosciuti e candidati ammessi provvisoriamente in aziende agricole permetterebbe a questi lavoratori di integrarsi meglio e ai contadini di disporre di mano d'opera. Dieci imprese tentano l'esperienza in un progetto pilota, che durera' tre anni.

In questo modo si darebbe anche la possibilita' a queste persone di migliorare le conoscenze linguistiche e di acquisire nuove competenze. Anche il loro accesso al mercato del lavoro sarebbe facilitato, hanno sostenuto ieri nel corso di una conferenza stampa i rappresentanti dell'Unione svizzera dei contadini (USC) e la Segreteria di stato della migrazione (SEM). Gli agricoltori potrebbero invece disporre di mano d'opera che abita nella regione e in particolare in un'ottica a lungo termine. Inoltre, le collettivita' avrebbero l'opportunita' di risparmiare, visto che questi rifugiati diventerebbero finanziariamente indipendenti.

Le dieci aziende agricole che partecipano al test hanno gia' assunto rifugiati o lo faranno entro l'anno (tra le aziende, anche una ticinese). Il salario lordo versato il primo mese ammonta a 2300 franchi lordi. A partire dal secondo mese questi lavoratori riceveranno un salario conforme alle norme minime dettate dal contratto normale di lavoro, ossia, nella maggior parte dei Cantoni, 3200 fr. Le aziende otterranno un indennizzo di 200 fr. mensili per i compiti amministrativi supplementari legati alla valutazione del progetto. Quelle che offrono anche vitto e alloggio alla manodopera riceveranno altri 200 fr. d'indennita' mensile forfettaria.

Diverse aziende impiegano gia' da anni rifugiati, ma questo tipo di esperienza non e' sempre facile. In certi Cantoni, per esempio, l'assunzione segna la cessazione immediata di qualsiasi appoggio da parte dello Stato: possibilita' di dormire presso l'alloggio per richiedenti l'asilo, cassa malattia e vitto. Il progetto pilota deve adesso mettere in evidenza le condizioni generali ideali e i fattori di successo atti a consentire un'integrazione dei rifugiati nel mondo del lavoro in ambito agricolo.

"Il progetto - ci spiega Sem Genini, segretario agricolo cantonale UCT - e' anche una risposta alle esigenze sorte dopo l'approvazione dell'iniziativa UDC contro l'immigrazione di massa, ovvero un modo per far fronte alla preventivata carenza di personale nel settore agricolo".

In Ticino e' gia' realta'

Le aziende ticinesi non sono nuove all'iniziativa. Il Servizio In-Lav di SOS Ticino si impegna infatti gia' da alcuni anni in questa direzione, cercando impieghi per rifugiati provenienti, soprattutto, da Eritrea, Somalia, Iraq, Afghanistan e Siria. E lo scorso anno anche Agrifutura, in collaborazione con SOS Ticino, aveva promosso una serata informativa sul tema.

"Spesso - spiega al "Giornale del Popolo" Giovanni Berardi, presidente di Agrifutura - si tratta di persone provenienti da ambienti rurali, dunque gia' con esperienze nel settore, che possono essere un valore aggiunto per le nostre aziende agricole. Occupano infatti posti per i quali si fa fatica a trovare personale".

In Ticino i rifugiati vengono impiegati in azienda, ma anche collocati in squadre per la pulizia dei sentieri. E, con un'adeguata formazione, Berardi auspica possano essere impiegati anche negli alpeggi. Non solo: si potrebbe -- aggiunge - utilizzarli per il recupero dei terreni agricoli, partendo dunque da compiti di base come il raccogliere rami e pulire le boscaglie. Per poi cercare di capire eventuali capacita' che li portino ad assumere ruoli con piu' responsabilita'.

"E' un progetto da seguire con interesse - continua Berardi - perche' risolverebbe due problematiche: la carenza di manodopera del settore agricolo e il bisogno di integrazione". Se e' innegabile il valore per le aziende, una simile esperienza e' importante anche per il lavoratore: contribuisce a farlo sentire valorizzato nella sua ricerca di un nuovo equilibrio.

"Questa deve essere - conculde Berardi - un'occasione per offrire a queste persone un nuovo inizio e una possibilita' di capire se il settore agricolo possa essere la strada giusta per loro. Bisogna, in altre parole, tener conto delle aspirazioni personali, evitando che l'agricoltura diventi un 'parcheggio sociale' ".


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