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CH: sul servizio pubblico radiotv


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http://www.liberatv.ch/articolo/29957/con-il-canone-generalizzato-la-rsi-sara-meno-libera-non-piu-solo-servizio-pubblico-ma

Con il canone generalizzato la RSI sara' meno libera. Non piu' solo servizio pubblico ma "ente pubblico". E ora si apra il dibattito...
L'ANALISI - Quello di essere paragonato da molti a una sorta di "piano occupazionale" e' un aspetto di cui la direzione della RSI e la CORSI dovranno tener conto, ma non e' l'unico e nemmeno il principale dei problemi

di Marco Bazzi - 19 giugno 2015

Il voto di domenica scorsa sul canone generalizzato, approvato a livello nazionale con una maggioranza risicatissima (50,08%, dunque con uno scarto inferiore a 4'000 schede) ha aperto - finalmente! -, un dibattito politico ed editoriale sulla SSR e sul suo ruolo di "servizio pubblico".

Ad aprire le danze ci hanno pensato in questi giorni gli editori, sparando cannonate che preludono allo scatenarsi di un'aspra battaglia.

Ma quel dibattito andava lanciato gia' prima, durante la campagna sul referendum contro la modifica della legge sulla radiotelevisione. Non si trattava tanto, come qualcuno ha fatto in Ticino, di mettere in discussione la qualita' di certi programmi o i proverbiali sprechi della corazzata di Comano e Besso.

Il dibattito andava (e ora andra'!) invece fatto su un altro livello, che e' quello della concorrenza, del libero "mercato" e degli equilibri nel complesso mondo dei media. Richiamando per esempio all'ordine chi per anni ha rastrellato pubblicita' sul mercato locale (anche a tariffe svaccate) approfittando della posizione dominante e incontrastata della RSI. E facendo piazza pulita delle varie societa' che per anni hanno lucrato sul prestito di personale alla RSI, fungendo da agenzie di collocamento.
Adesso che c'e' il canone generalizzato e "blindato" tutte queste cose devono finire. Anche le evidenti sacche di spreco dovranno essere passate al setaccio, esattamente come si fa per gli apparati statali.

Il dibattito che ora bisogna avviare tocca pero' soprattutto la liberta' di informazione, e quindi la libera formazione dell'opinione pubblica, di cui le reti SSR non possono continuare a rivendicare l'esclusiva. Porsi come principale (quasi unico) garante mediatico di un'informazione indipendente (e dunque della democrazia a livello mediatico) e' insostenibile e arrogante.

Non ci crede piu' nessuno al discorso dell'indipendenza determinata dall'autonomia finanziaria ("noi abbiamo il canone e non ci facciamo condizionare da nessuno"). A parte il fatto che sappiamo che non e' vero, perche' il primo fattore di condizionamento la SSR ce l'ha in casa, ed e' la politica, la democrazia nell'informazione non passa da monopoli, duopoli o concentrazioni editoriali, ma da una pluralita' di voci e di testate. E chi, sia pubblico sia privato, rema nella direzione opposta mette a rischio una delle basi della democrazia stessa.

Nessuno si aspettava un'ondata cosi' massicciamente negativa da parte dell'elettorato contro il "canone obbligatorio senza se e senza ma". Si puo' sostenere, come ha fatto a Modem (*) il direttore della RSI, Maurizio Canetta, che i cittadini svizzeri hanno maturato un'idiosincrasia nei confronti dei continui aumenti di tasse e balzelli e che per questo hanno votato cosi'. Ma il discorso regge poco se si considera che chi gia' pagava il canone piu' caro d'Europa (la maggioranza dei cittadini) in futuro paghera' un po' meno.

Quello di domenica sembra piuttosto un voto di protesta verso l'istituzione SSR, e in Ticino, dove e' prevalso il no (52%), suona come un voto di protesta nei confronti della RSI.

Il Tages-Anzeiger non ha perso l'occasione per farci le pulci: "I piu' grandi approfittatori della SSR dicono no", ha intitolato, sottolineando che i ticinesi contribuiscono al canone solo per il 4,5% ricevendo una quota superiore al 20% per le sue emittenti, e ricordando che "mamma RSI" sfama centinaia di famiglie essendo il secondo datore di lavoro dopo il Cantone: "Un abitante su 300 - compresi vecchi e bambini - lavora per la RSI".

Quello di essere paragonato da molti a una sorta di "piano occupazionale" e' un aspetto di cui la direzione della RSI e la CORSI dovranno tener conto, ma non e' l'unico e nemmeno il principale dei problemi.

Adesso, ottenuto sul filo di lana quel che voleva - una garanzia di finanziamento pubblico, dunque una vera e propria imposta - la SSR, che beneficia della quasi totalita' del canone, dovra' fare maggiormente i conti con i propri finanziatori: i cittadini contribuenti. Esattamente come il Cantone, i comuni e la Confederazione (discorso che vale, attenzione, anche per le emittenti private, radio e tivu', che beneficiano del canone).

Da domenica scorsa la SSR e' infatti, ancora piu' di prima, un "ente pubblico" e non solo un servizio pubblico. Non lo e' soltanto nell'immaginario collettivo, ma nella realta' dei fatti. E' quindi, paradossalmente, meno "libera" di prima. E i cittadini che d'ora in poi si vedranno prelevare il canone dalla longa manus dello Stato senza poter accampare scuse si sentiranno giustamente e doppiamente legittimati a dire la loro su tutto cio' che riguarda il piccolo grande mondo della radiotelevisione nostrana.

Nel contesto del dibattito sul voto (ma ancora prima, a livello parlamentare, visto che si trattava di una revisione della Legge sulla radiotelevisione), andava chiarito una volta per tutte il tema della concorrenza che, specialmente la televisione pubblica, rappresenta per tutti i media privati, dai giornali ai siti web. Una concorrenza troppo facile, che parte da una posizione di predominio assoluto e di immense disponibilita' finanziarie.

Non arrivo a dire che bisogna impedire la pubblicita' sulle reti SSR, ma limitarla bisogna si', soprattutto quella locale. Bisognava (e adesso bisogna!) anche stabilire un chiaro divieto, in prospettiva futura, alla pubblicita' sui siti web della SSR. Probabilmente la gente ha capito che questa revisione legislativa era a senso unico: per la SSR solo vantaggi e zero sacrifici.
Giacomo Salvioni, presidente della Stampa Svizzera in Ticino, ha detto. "Ora e' indispensabile discutere su quale servizio pubblico la SSR debba offrire ai propri telespettatori. Per quanto riguarda la RSI servizio pubblico vuol dire raccontare soprattutto la Svizzera, e non continuare a concentrarsi su contenuti locali facendo concorrenza ai media privati locali".

Opinione condivisibile, ma la posizione di Salvioni e' ancora piu' condivisibile quando dice: "Il sito Internet della RSI dovrebbe essere limitato a vetrina informativa dei propri programmi, e non fare concorrenza ai siti privati proponendo contenuti giornalistici".
Non solo il sito rsi.ch, ma anche il portale tvsvizzera.it, che ha beneficiato di un contributo statale di 3 milioni di franchi (!!!) per proporre informazione sulla Svizzera e sul Ticino verso l'Italia, ma che totalizza visite ridicole in paragone ai costi: in maggio ha avuto la miseria di 172'000 visite, con meno di 280'000 pagine viste. Chiudere e basta, cosa si puo' dire d'altro?

Da oggi, su queste palesi storture, ogni ticinese potra' dire la sua e pretendere di essere ascoltato.

--
(*) rubrica radiofonica quotidiana di RSI/Rete1, la trasmissione menzionata puo' essere ascoltata qui: http://podcast.rsi.ch/ReteUno/Modem/MODEM1930-15-06-2015.mp3

-- Dico la mia --

Fai bene Bazzi a battere il ferro finche' e' caldo. La RSI gode di tanti, forse troppi privilegi. E fa un po' senso constatare che sono giornalisti ben remunerati, con una pensione che ogni altro cittadino si sogna, ad entrare nelle case a raccontare la crisi. Fanno l'effetto dei v
isitatori dello zoo.

Ma qui voglio esprimermi su un altro aspetto del servizio pubblico radiotelevisivo. L'aspetto di ambasciatore verso l'estero.

I media elettronici sono, con la stampa scritta, un veicolo per far capire fuori dal paese che aria tira in Svizzera. Che non sara' chissa' quele centro del mondo, eppero' qualcosa da dire ce l'ha, soprattutto con la costante pratica della democrazia semidiretta. Forse e' proprio per non mostrare come funziona la vera democrazia che per esempio in Italia la Svizzera viene pervicacemente ignorata dai media di stato. E' uno dei tanti residui sciovinisti lasciati dal fascismo. All'Italia farebbe piu' che bene conoscere un po' meglio come viene praticata la democrazia vera. E questo possono farlo egregiamente i media pubblici svizzeri in lingua italiana. E' un loro compito essere ambasciatori verso l'estero del modello svizzero. Oddio, nessuno pretende che funzioni altrove. Pero' come fonte di spunti puo' sempre servire.

Si tratta in fondo di applicare un minimo di principio di reciprocita'.
Siamo invasi da RAI, Canale 5, LA7, per non dire di ARTE e delle emittenti francesi e tedesche, taciamo poi di Sky e cosi' via.

La SSR ha fatto e fa troppo poco come ambasciatrice del paese all'estero.
E' anche colpa sua se nei media italiani quando si parla di Svizzera si leggono praticamente solo strafalcioni o luoghi comuni pietosi, indice di quanto l'ignoranza sia sempre piu' diffusa in Italia.

Con l'aria che tira nell'UE, essere consapevoli di rappresentare un modello alternativo all'attuale interpretazione di solidarieta' fra stati che l'UE pretende di rappresentare in modo unico, e' quasi doveroso.
Io rimango costantemente stupito, quando capita di colloquiare con qualche frontaliere che viene a lavorare quotidianamente in Ticino, quale sia l'ignoranza sulla Svizzera. Eppure abita a pochi km e parla la stessa lingua, ha lo stesso retroterra culturale. Certo e' sempre un'impresa ardua generalizzare, eccezioni ci sono sempre. Pero' e' piuttosto lampante questa ignoranza, pure su cose minute.

Quindi e' un dovere della SSR, proprio in quanto servizio pubblico, farsi voce piu' forte verso l'estero. A mo' di ambasciatrice culturale della Svizzera.

Sono convinto, che una miglior conoscenza di come funziona questo paese piccolo geograficamente, ma mica tanto piccolo economicamente e culturalmente, possa servire da spunto per chi vuol smuovere le acque in un paese stagnante, in tanti sensi, per non dir di peggio, qual e' l'Italia politica di oggi.

Saro' un sognatore, ma secondo me, la Svizzera gia' nel recente passato avrebbe potuto contribuire molto di piu' ad indirizzare meglio certi movimenti italiani, penso alla Lega ed al M5S. Che molto spesso hanno dato l'impressione, visti da qua, di star scoprendo, e pure male, l'acqua calda.

Si rende conto l'italiano medio del numero di volte che un cittadino svizzero e' chiamato a dire la sua? Non solo per eleggere dei rappresentanti, ma pure su questioni puntuali. Si rende conto il cittadino UE, che se l'UE si desse la pena di ascoltare un po' di piu' cosa pensano i suoi cittadini, forse a certi obbrobri non si sarebbe arrivati. Non fosse che per l'effetto dibattito. Si sarebbe discusso in lungo ed in largo di Maastricht, del Fiscal Compact, di Lisbona, dell'aiuto alla Grecia, ecc. ecc. E si sarebbe pure discusso di sciocchezze come la dimensione delle banane, dei profilattici e dell'utilita' delle vecchie lampadine a filamento. Questo permette la democrazia, se ben praticata. Certo e' una gran noia essere continuamente chiamati ad informarsi ed a esprimersi. Sempre meglio che star zitti e mugugnare.

Oh, capisco bene che pure qui su CDC ci sia una bella combriccola di gente che deride il modello svizzero. Purtroppo per loro, il modello alternativo che sta nella loro testa e' per ora solo ideale, ben poco reale. Invece il modello svizzero, affinatosi non senza difficolta' interne nel corso degli anni, anzi dei secoli, funziona da mezzo millennio. E certi principi di mutuo aiuto vi sono praticati e radicati meglio che non in quel costrutto abnorme che e' l'UE.

Dire abnorme e' un complimento, sarebbe piu' corretto dire fasullo, in quanto l'UE attuale e' il tradimento vero e proprio del pensiero dei suoi padri fondatori.

In questo contesto la voce della SSR all'estero sarebbe piu' che salutare.
Come sarebbe salutare per esempio sentire la voce della radiotelevisione islandese. Purtroppo emette in una lingua ignorata in Italia, Francia e Germania. Non cosi' la SSR, che emette nelle principali lingue europee, eccetto l'inglese.

Insomma Bazzi, concordo sul flop pazzesco del portale tvsvizzera.it, ma non concordo affatto sul fatto di chiudere la porta verso l'estero. Perche' per farsi capire occorre anche farsi sentire. E se si ha qualcosa da dire tanto meglio.


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