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CH_IT: la buegada della tassazione dei frontalieri


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Grazie Italia: sara' il Belpaese ad affossare l'accordo fiscale con la Svizzera?

di Lorenzo Quadri (*) - 18 gennaio 2016

Ma guarda un po': il famigerato accordo sulla fiscalita' dei frontalieri, di cui si e' sentito parlare nei giorni immediatamente precedenti il Natale, sta provocando sfracelli nella vicina Penisola. Nei giorni scorsi la Lega Nord l'ha definito "una sciagura da imputare al governo Renzi" (il premier non eletto che si fa i selfie). Non e' chiaro come si possa sostenere che la prospettiva che un domani - collocato temporalmente in un indeterminato futuro - i frontalieri siano chiamati a pagare le stesse imposte dei cittadini italiani che vivono e lavorano in Italia, sarebbe una sciagura. Misteri della retorica politica. Che i frontalieri paghino le imposte come i loro concittadini, dovrebbe semmai essere un'esigenza di equita'. Oltre che un imperativo per le esauste casse pubbliche.

Come previsto...

Fatto sta che la Lega Nord per prima (buon sangue non mente) sembra essersi resa conto di un fatto palese: chi aumenta le imposte ai frontalieri, perde le elezioni in Lombardia. Magari non solo li'. Ecco dunque che, come ovvio - ovvio dal punto di vista di partito politico del Belpaese - la Lega Nord si stende sui binari (non quelli inesistenti della Stabio-Arcisate, tanto per restare in tema) per affossare l'accordo con gli svizzerotti. E dato che, come diceva il grande Toto', "acca' nisciuno e' fesso", non occorre scomodare il Mago Otelma per prevedere che ben presto altre forze politiche si accoderanno: il tornaconto elettorale non ha partito. Cio', ovviamente, accadra' prima che l'accordo arrivi sui banchi del pittoresco parlamento di Roma. Ecco dunque concretizzarsi il paradosso piu' volte annunciato da queste colonne. L'Italia, principale - diciamo pure: unica - beneficiaria di un accordo da cui incasserebbe centinaia di milioni di "euri" d'imposte ogni anno senza dover versare uno straccio di contropartita, potrebbe essere la prima ad asfaltarlo. Perche' il tornaconto elettorale, quindi le cadreghe, vale piu' delle centinaia di milioni nel disastrato erario.

E noi?

E allora c'e' da chiedersi cosa dovrebbe fare invece la controparte elvetica. Il Ticino, dall'accordo lungamente negoziato (?) dall'ex ministra del 4% (**) e dal suo tirapiedi De Watteville, non guadagna neanche le briciole. Rischia addirittura di andare in perdita, se decade il moltiplicatore al 100% per i frontalieri deciso dal Gran Consiglio () e se a questi ultimi vengono riconosciute le deduzioni applicate ai residenti (ennesimo progetto-fetecchia che grida vendetta, per il quale possiamo ringraziare, ancora una volta, l'ex ministra del 4%).

Per questo sempre meno ridente Cantone, dunque, guadagno fiscale pari a zero. Mentre per l'accesso degli operatori finanziari svizzeri al mercato del Belpaese e per la cancellazione delle black list illegali, campa cavallo.

Adesso, se non altro, e' esplicito che ci sara' una forte opposizione politica italiana all'aumento delle imposte ai frontalieri: quindi anche l'auspicato effetto antidumping in Ticino generato dalla maggior pressione fiscale sui frontalieri, rischia di andare a ramengo.

Cosa cambia?

Cosa cambierebbe, dunque, con l'entrata in vigore dell'accordo? Cambierebbe che il Ticino non avrebbe piu' l'arma dei ristorni da bloccare. Arma di provata efficacia, come si e' ben visto allorquando venne utilizzata. L'errore che fece il Consiglio di Stato () fu di sbloccare troppo presto e di non ribloccare gli anni successivi, malgrado di argomenti per farlo se ne sarebbero trovati a iosa. Istruttiva al proposito l'ultima presa di posizione della maggioranza governativa antileghista in cui, con logorrea degna di miglior causa, si spiegava perche', malgrado la sfilza di motivi per non farlo, per l'ennesima volta si versava il "tesoretto" alla Penisola.

Situazione semplice

In fondo la situazione e' semplice. Il Ticino ha un interesse ad un nuovo accordo se ci guadagna almeno l'equivalente degli attuali ristorni, quindi una sessantina di milioni all'anno, se i frontalieri pagheranno piu' tasse e quindi dovranno giocoforza pretendere stipendi piu' elevati, e se la Svizzera viene levata dalle black list. Non citiamo nemmeno la completazione delle opere ferroviarie italo svizzere, visto che non e' ancora carnevale. Se queste condizioni, ed in particolare la prima, non sono date, meglio tenersi la situazione attuale, bloccando pero' i ristorni a tempo indeterminato. Se dunque sara' l'Italia, per tornaconto dei partiti, ad affossare l'accordo-ciofeca di Widmer Schlumpf e De Watteville, ci fara' un favore.

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(*) deputato al Consiglio Nazionale (parlamento) per la Lega dei Ticinesi, e' municipale di Lugano e fa il direttore del domenicale gratuito "Il Mattino della domenica"
(**) Eveline Widmer-Schlumpf (PBD), non si e' ricandidata per il Consiglio federale (governo), le e' succeduto a dirigere il Dipartimento delle finanze Ueli Maurer (UDC), il quale ha liberato il Dipartimento militare al neoeletto Consigliere federale Guy Parmelin
(***) parlamento cantonale


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