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Chi non nega il negazionismo e’ inutile che quereli ?


Tao
 Tao
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Sono note le vicende del “Master Enrico Mattei” all’Università di Teramo o, almeno, ne è noto quel tanto che la stampa ha consentito che noto divenisse.
In sostanza il polverone sollevato contro l’iniziativa promossa dal Prof. Claudio Moffa si concreta (ammesso che i polveroni abbiano una concretezza) nello scandalo per essere stato oggetto di esso il fenomeno della criminalizzazione (in senso tecnico: riduzione ad oggetto di fattispecie penale) del c.d. negazionismo, dell’atteggiamento, cioè, di quegli scrittori e pubblicisti che negano che l’Olocausto degli Ebrei sia stato consumato dalla Germania Nazista o ne negano l’entità, alcune delle modalità etc. Propriamente il negazionismo si concreta (e nella forma ancora più assurda nella criminalizzazione, sempre in senso tecnico, giurisprudenziale, se non legislativa) nell’affermazione dell’avvenuto genocidio degli Armeni nel 1915.
C’è poi un negazionismo “strisciante” consistente nella pura e semplice smemoratezza, che assai più efficacemente copre altri (e, purtroppo, numerosi genocidi, tutt’altro che “circoscritti”, ammesso che abbia senso una simile classificazione).

Ma torniamo a Teramo ed al Master del Prof. Moffa. Scandalo, dicevamo, per esservi stata sostenuta (anche da chi ora scrive) l’assurdità di un reato di negata verità storica, di falso sia pure evidente (ma, tuttavia, presunto juris et de iure) per soppressione di evento storico.
Ma scandalo pure per aver dato voce a taluni studiosi stranieri, che sono stati fatti oggetto di persecuzione, non solo intellettuale, per aver assunto posizioni negazioniste.
La questione ha una sua rilevanza anche nel nostro Paese per le concrete proposte di leggi “antinegazioniste” e per l’incapacità, anche da noi, di confinare la questione stessa, semmai, sul piano delle pure curiosità folli cui sempre si sono abbandonati, quasi a controbilanciare il conformismo imperante, fin troppi intellettuali.
Ma il polverone non si è esaurito nello “scandalo” e neppure nelle proteste violente, la cui gravità è innegabile. Più grave è che la violazione del “politicamente corretto”, che è stata compiuta a Teramo, sembra abbia messo in movimento una sorta di “ricadute” allarmanti.
Perché, più allarmante dello stesso incitamento all’intolleranza, è il, sia pur dissimulato, atteggiamento secondo cui chi si lascia andare a violare le “buone regole del politicamente corretto” dovrebbe, di fatto, sottostare ad ogni aggressione anche “collaterale” e non pretendere tutela giudiziaria..

Sta di fatto che su un sito internet “Informazione Corretta” è apparso un pezzo di tale Brunello Mantelli che sembrerebbe sia stato già oggetto di altra querela del Prof. Moffa per interventi collegati con gli episodi di intolleranza da lui lamentati, pezzo nel quale si definisce il Master, oltre che privo di contenuti scientifici, anche “apertamente antisemita” e, in relazione alle dichiarazioni di Moffa in ordine all’intenzione di “trasferire” il lavoro del Master in un corso post laurea in Roma in una struttura autonoma “Istituto Enrico Mattei di Alti Studi sul Medio Oriente”, non solo sollevava interrogativi sui finanziamenti di cui avrebbe avuto bisogno tale iniziativa, ma avanzava ambiguamente dubbi sulla correttezza dell’amministrazione del Master tenuto all’Università di Teramo e sulla trasparenza del relativo finanziamento.

Ora, la Procura della Repubblica di Roma ha chiesto l’archiviazione della querela, in quanto “le espressioni utilizzate non superano i limiti della continenza e rappresentano espressione critica che non integra i poteri di reato”.
Il limite del diritto di critica, è e sarà sempre, più labile di quanto sarebbe auspicabile e sempre nei confronti della critica ai “cattivi” sembra si sia, a prescindere proprio dalla “cattiveria” in sé, più indulgenti che verso la critica a chi si mantiene dalla parte del “politicamente corretto”. Può darsi che ciò sia inevitabile.
Ma da che mondo è mondo accusare taluno, specie se investito di funzioni pubbliche, quale è un professore universitario, di poco chiari maneggi di denaro, di ricevere finanziamenti occulti per iniziative nell’ambito della docenza è sempre stato considerato addebito infamante che non è lecito usare con disinvoltura.
Lasciare poi nel vago una tale accusa, è fatto che ne aggrava la portata anziché ridurla.
Ma ciò che è singolare e sintomatico nella richiesta di archiviazione, è che anche l’attribuzione (questo niente affatto vaga) di “aperto antisemitismo” all’iniziativa teramana del prof. Moffa venga considerata rientrare nella continenza essendo una espressione (del diritto di) critica.

Insomma “antisemita” è o non è una qualifica grave, offensiva intollerabile? Se addirittura negare, sia pure contro l’evidenza che i cosiddetti “semiti” (cioè gli Ebrei) sono stati fatti oggetto, nella storia recente (ma non solo in essa) di un’atroce sterminio è da ritenere (come già in altri Paesi) debba considerarsi reato, come si fa a dire che attribuire a taluno la qualifica di “aperto antisemita” o di promotore di iniziative “apertamente antisemite non sia diffamazione ma espressione di misurata critica, quando la “diffusione di idee” razziste è già reato nel nostro Paese?

Soprattutto fa spicco una considerazione. Si direbbe che, una volta che uno “si espone” rifiutando di seguire la corrente anche nelle appendici più discutibili del politicamente corretto, non può essere protetto anche se gli si vuole attribuire ciò che discutibile non è. Non è “antinegazionista” (o “incrimina negazionista”). Non lo si può (ancora) incriminare per questo, ma nel subconscio di chi deve giudicare sembra affacciarsi il pregiudizio: che non venga a lamentarsi se gli dicono “antisemita”, anzi propagatore di antisemitismo con pubbliche manifestazioni antisemite (reato).
E, già che ci siamo, se qualcuno, per dar forza al discorso, gli dice che è pure un tantino imbroglione con i conti della sua iniziativa o che, almeno, ha finanziamenti inconfessabili, non stiamo ad andar per il sottile, se l’è cercata.
Può darsi che lo zelo (che non riteniamo mai eccessivo) nell’invocare una giustizia al riparo di andazzi e di controsensi ci renda eccessivamente sensibili a certe impressioni, chiunque abbia avuto a patirne le conseguenze negative. Ma, francamente, ci sentiremmo più sereni e tranquilli se avessimo la certezza che nel punire accuse avventate, tra l’altro, di un’amministrazione inconfessabile non si abbia riguardo per il carattere “politicamente corretto o meno” di un Master

Mauro Mellini
Fonte: www.giustiziagiusta.info
Link: http://www.giustiziagiusta.info/index.php?option=com_content&task=blogcategory&id=25&Itemid=71
16.04.2009


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