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Confronto: Unificazione Tedesca e Eurozona


Eshin
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CONFRONTO TRA L’UNIFICAZIONE TEDESCA E L’EUROZONA (si ringrazia il prof. Vladimiro Giacchè)

Processed with MOLDIV

Cerchiamo oggi di analizzare quello che è stato sicuramente uno degli eventi più importanti degli ultimi 50 anni, cioè la riunificazione della Germania. Si è discusso molto delle conseguenze che questo evento ha avuto in Europa, nella politica internazionale.
Meno spesso si sono analizzate le sue conseguenze all’interno della parte “debole” della Germania, cioè quella orientale.

Innanzitutto il Dogma indiscutibile che ci è stato propugnato per anni è che la Germania Ovest dimostrò una generosità senza pari concedendo il suo Marco, la moneta pià forte del mondo all’epoca, ai tedeschi dell’Est. Cambio 1:1. Tutti uguali. Tutti tedeschi.
All’Est venne chiesta in cambio una cosa, in apparenza molto ovvia, cioè l’adozione dell’economia di mercato.
Thilo Zarrazin, collaboratore di quello che poi sarebbe diventato il presidente della Repubblica Kohler, scrisse a Kohl dicendogli che all’Est non poteva essere lasciato nemmeno un minimo di economia pianificata. La Germania Est avrebbe dovuto adottare INTEGRALMENTE e in blocco le regole economiche dell’occidente.

Il problema è che l’unione monetaria è un’arma proprio per questo aspetto, cioè l’attuazione in blocco dell’intero sistema economico della Germania Ovest per un paese che non poteva sopportare una trasformazione così repentina.

Lo stesso Sarrazin disse, nel 1994: “Con l’immediata incorporazione dell’economia della DDR nell’area economica e valutaria del Marco tedesco, il processo di RIFORMA (vi ricorda qualcosa?, nda) acquisisce una nuova qualità, una configurazione completamente diversa.
Quei rompicapo, quei problemi quasi insolubili come la possibilità di introdurre in un sistema di economia pianificata rapidamente e SENZA COSTI SOCIALI ECCESSIVI un sistema di prezzi funzionante, la competizione, un mercato dei capitali efficace SVANISCONO, in quanto tutto questo è già presente nel giorno stesso della conversione della moneta”.

Ovviamente, in quel momento, i tedeschi dell’Est furono molto felici di ottenere la moneta più forte del mondo. L’unico “piccolo” problema era che ciascuno di loro era sì consumatore, ma era anche produttore, lavoratore.
Un rapporto di conversione tra le due monete c’era già, e veniva usato nelle transazioni commerciali, visto che il 30% dell’export dell’Est andava all’Ovest). Questo rapporto era di 1 : 4,44.

Imponendo un cambio di 1:1 in una nott,e i prezzi della Germania Est subirono una rivalutazione del… 350%.
(Trecentocinquanta).
Karl Otto Pohl, presidente della Bundesbank (quindi non l’ultimo arrivato) disse, davanti ad una commissione d’inchiesta proprio sull’unificazione, che in quel modo “l’economia della DDR fu sottoposta ad una cura da cavallo che NESSUNA ECONOMIA sarebbe stata in grado di sostenere”.
Inutile dire che aveva ragione.

Dal 1 Luglio 1990 le imprese dell’Est persero ben 3 mercati:
1) Il mercato della RFT e degli altri Paesi occidentali (dato che con una moneta molto più forte i suoi prodotti non convenivano più).
2) Il mercato dell’Est Europa, per lo stesso motivo.
3) Il mercato interno, invaso dai prodotti dell’Ovest, più convenienti.
La più immediata conseguenza fu, ovviamente, il fallimento di numerosissime imprese.
Ben 7600 grandi imprese (circa il 90% del totale) rischiarono di finire in una situazione di grave insolvenza e chiesero liquidità al governo centrale. Come secondo passo, poi, le imprese in difficoltà vennero privatizzate in blocco.

-Il PIL della DDR perse il 44% tra il 1989 e il 1991.
-La produzione industriale crollò del 65% nello stesso periodo.
-Le imprese che vennero poi privatizzate avevano a inizio 1990 circa 4.100.000 lavoratori. Nel 1994 scesero a 104.000.

E attenzione, parliamo di un Paese di 16.000.000 di abitanti di cui 9.000.000 di lavoratori.
Uno dei grandi fautori di tutto questo, che oggi conosciamo bene, cioè Wolfgang Schaeuble, disse nell’aprile del 1990: “Era ben chiaro che con l’introduzione della moneta occidentale le imprese della DDR di colpo non sarebbero più state in grado di competere”.
Capito? Era ben chiaro a tutti!

Poco prima molte imprese vennero poi privatizzate.
La società fiduciaria che privatizzò tutto aveva qualcosa come 8500 imprese, 20.000 esercizi commerciali, 7500 trattorie/ristoranti, 900 librerie, 1800 farmacie. Tutto viene “preso” da questa società fiduciaria, la Treuhandastaldt.
Molto venne liquidato a inizio opera, poco fu risanato. Il bilancio finale fu in perdita per 257 miliardi di marchi.

Si trattò della completa assimilazione di un paese. Visto che i prodotti orientali non erano più convenienti, molte aziende privatizzate vennero poi vendute per… un Marco.
Molte aziende non vennero neppure vendute tramite asta, ma tramite trattativa privata. Guarda caso l’87% delle aziende venne acquistato da aziende della Germania Ovest…

E attenzione: non c’è stato un simile crollo di NESSUN paese dell’Est europeo, e anche la crescita successiva della Germania Est è stata molto inferiore a quella degli altri paesi dell’area.
Poi ovviamente ci si metterono anche gli “esperti” a disinformare. Tutti parlarono e parlano ancora di miracolo economico per l’Est. Peccato che il calcolo ufficiale dei dati venne fatto partire… dal 1991, cioè il punto più basso raggiunto dalle condizioni della Germania Est, quando si segnò un -44% di PIL rispetto a 2 anni prima.

Ora si potrebbe obiettare: “Sì, va bene tutto, però visto che venne attuata anche l’unificazione politica, la Germania Ovest fece dei trasferimenti monetari verso l’Est!”.
Giustissimo.
Ma a chi servirono questi trasferimenti?
Servirono alla Germania OVEST, visto che i cittadini dell’Est compravano merci prodotte da aziende dell’Ovest. E anche le eventuali infrastrutture costruite a Est… vennero fatte aziende dell’Ovest!

Quali furono, in sintesi, i vantaggi per la Germania Ovest?
1) Le aziende guadagnarono in un attimo un nuovo mercato, quello della Germania Est, fatto da 16 milioni di consumatori.
2) Aumento di qualcosa come 300 miliardi di Marchi come patrimonio delle aziende dell’Ovest (in seguito allo smantellamento del tessuto produttivo dell’Est).
3) La Germania Ovest sostituì la Germania Est nel mercato dell’Est europeo.
4) Le aziende dell’Est, nella migliore delle ipotesi, divennero succursali dell’Ovest.

Ora seriamente, come definireste tutto questo? Un successo? Anche se fu definito disastroso dai suoi stessi fautori?
No, appunto. Fu un disastro.
Ma quale correlazione esiste tra questo e l’unificazione monetaria europea?

Innanzitutto l’unificazione tedesca accelerò l’unificaizone europea. Il giorno stesso dell’unione politica, Mitterand disse al suo consigliere Jacques Attali (uno degli ideatori dell’Euro, che parlando con Alain Parguez definì i popoli europei “plebaglia”) che bisognava “sciogliere” la Germania in Europa.
Il modo per farlo fu, naturalmente, la moneta unica, nonostante il parere contrario di molte persone autorevoli, come il presidente della Bundesbank Karl Otto Pohl, che al Parlamento europeo nel 1991 sconsigliò di proseguire lungo quella strada, perché l’unificazione tedesca era stata un disastro.
(Piccola curiosità: pochi giorni dopo si dimise… alla faccia dell’indipendenza della Bundesbank!).

Vi fermo subito: sappiamo tutti benissimo che ci sono differenze tra l’Euro e la riunificazione tedesca. Ma ci sono anche molte similitudini.
– Il sacro dogma della stabilità dei prezzi, cioè la lotta all’inflazione come principio fondante dei
trattati ad iniziare da quello di Maastricht.
– L'”indipendenza” della Banca Centrale Europea.
– Una rivalutazione per gran parte delle monete europee (per l’Italia è tra il 20 e il 30%, di certo non il 350% come nella Germania Est).
– La conseguente perdita di competitività per i paesi che hanno visto una rivalutazione.
– Il vantaggio strutturale ottenuto dalla Germania Ovest.

Di nuovo, si potrebbe obiettare, che in Europa non c’è stata l’unione politica, cosa che invece ci fu in Germania, e che quindi la soluzione sia attuare l’unione politica anche in Europa.
Questo, però, non è la soluzione per almeno 3 motivi:
1) In Germania l’unione politica, appunto, c’è stata. Ma questo non ha impedito la distruzione dell’Est.
2) Ormai siamo arrivati in una condizione in cui qualunque correttivo sarebbe inutile. È troppo tardi. Ormai la Germania ha ottenuto un vantaggio troppo consistente rispetto agli altri paesi.
3) Una unione politica darebbe legittimità più o meno democratica ad un assetto profondamente squilibrato, e a quel punto abbandonare questo abominio europeo sarebbe impossibile.

Anche se in proporzioni diverse, gli effetti dell’euro nel Sud Europa sono gli stessi della riunificazione nella Germania Est: calo del PIL, calo della produzione industriale, disoccupazione, emigrazione in Germania (ex-Ovest), necessità di “riforme strutturali”, cioè TAGLIO AI SALARI, per recuperare la competitività perduta in seguito all’utilizzo di una moneta non collegata alle condizioni dell’economia reale, colpevolizzazione delle vittime.
E quest’ultimo in particolare è molto presente anche oggi, specialmente in Italia. TU fai politiche SBAGLIATE che ti ho imposto IO, stai male perché sono politiche sbagliate, ma la colpa è tua perché non hai attuato abbastanza quelle politiche, perché sei corrotto, perché sei inefficiente…

Se non siete convinti del rapporto tra unificazione tedesca ed Euro, lo faccio dire da nientemeno che Angela Merkel.
Nel dicembre 2013, nel Consiglio Europeo di Parigi, la Merkel propose di attuare una serie di scambi BILATERALI tra la Germania e i singoli Paesi. Il Paese avrebbe attuato riforme strutturali (vi ricordate cosa significa questo?) e in cambio la Germania avrebbe fatto dei crediti a quel Paese.
Tralasciamo naturalmente il fatto che la Merkel non abbia parlato di Europa, ma di scambi bilaterali, dimostrando che l’Europa unita non è mai esistita.
Mariano Rajoy ricordò una cosa molto semplice, cioè che accordi del genere sarebbero dovuti essere decisi dai PARLAMENTI, non dai governi (Reeeeenziiii, ti ricorda qualcosa questo? Il PARLAMENTO? Sai cos’è? Hello?).

Ecco la famosa risposta della Merkel:
“Sono cresciuta in uno Stato (la Germania Est, nda) che ha avuto LA FORTUNA DI AVERE LA GERMANIA OVEST CHE L’HA TOLTO DAI GUAI.
Ma nessuno farà lo stesso per l’Europa. Se tutti si comportano come si comportavano i comunisti, allora siamo finiti. Finché sarò Cancelliera aiuterò tutti, ma non so se potrò farlo un’altra volta.
LA VITA NON È GIUSTA. SE AVETE MANGIATO TROPPO E SIETE INGRASSATI, MENTRE ALTRI SONO MAGRI, vi aiuto a pagare il dottore. Non è un diktat. AIUTARE CHI NON SI PUO’ AIUTARE DA SOLO RICHIEDE DELLA COMPRENSIONE DA PARTE NOSTRA”.

A voi le riflessioni.

Luca Tibaldi
http://scenarieconomici.it/confronto-tra-lunificazione-tedesca-e-leurozona-si-ringrazia-il-prof-vladimiro-giacche/


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AlbertoConti
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– Una rivalutazione per gran parte delle monete europee (per l’Italia è tra il 20 e il 30%, di certo non il 350% come nella Germania Est).

Che a regime la rivalutazione dell'euro-italiano sia continuativa è chiarissimo, dipende (è dipesa) dal differenziale d'inflazione tra Italia e Germania.

Ma all'inizio, complice il governo berlusconi, la pizza che prima costava 7.000 Lire, poi è costata 7 Euri, il famoso cambio-reale 1 euro = 1.000 Lire, contro il cambio ufficiale, applicato alla transizione lira-euro, di 1 euro = 1936,27 Lire, praticamente il doppio. Questo significa che la transizione per noi è stata al contrario che per i tedeschi dell'est: nel salvadanaio loro si sono trovati un gruzzoletto moltiplicato per 4, noi diviso per 2. Questo significa SVALUTAZIONE DEL 50% della vecchia lira rispetto al nuovo euro, al momento della transizione lira-euro, o comunque nei mesi successivi. Questo per il mercato interno, mentre per l'esportazione non si son visti vantaggi.

Come si spiega?


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PietroGE
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Molte cose in questo articolo non sono corrette. La DDR era in condizioni pietose nel 1989, avevano valuta occidentale solo per qualche mese. Anche questo è stato un fattore che ha contribuito alla riunificazione. Il Paese era in sostanza economicamente fallito. La struttura economica era obsoleta, la produttività scarsissima e le macchine antiquate. Gli esperti mandati dal governo tedesco per fare il punto della situazione hanno tutti confermato che non c'era niente da salvare, l'economia del Paese doveva essere ricostruita da zero. Il governo tedesco aveva fatto due calcoli e i costi per una ricostruzione pagata dal contribuente erano enormi. È stato deciso così di privatizzare il più possibile per far partecipare i privati alla ricostruzione. È ovvio però che i privati e le aziende tedesche dell'Ovest avevano solo due cose in mente: produttività e profitto.
I costi in termini sociali sono stati enormi, l'infrastruttura però è stata ricostruita ed è ora moderna e efficiente.

Il cambio del marco orientale aveva due aspetti : uno economico, sintetizzato nell'articolo dalla posizione della Bubdesbank e uno politico : la popolazione doveva essere compensata per tutti gli anni della dittatura. Ha prevalso la seconda posizione anche se il costo economico è stato molto alto. Con il senno di poi tutti riconoscono che non c'era altra scelta.

Confrontare la riunificazione tedesca con l'introduzione della moneta unica è sbagliato per tutta una serie di motivi. Tra la BRD e la DDR c'è stata unificazione politica, cosa impossibile a livello europeo, ci sono stati, e ci sono tuttora, trasferimenti di ricchezza tra le due parti della Germania, anche questo impossibile a livello europeo. Non esiste differenza di cultura e di atteggiamenti dei confronti dell'economia, anche se ad Est la gente è più per il sociale e ad Ovest più individualista.

L'Italia è entrata nella moneta unica con un cambio troppo alto e ha rivalutato i prezzi in un modo che ha depresso la domanda interna per molto tempo. Da 1936, o giù di lì, siamo passati a 1000 lire per un euro.


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AlbertoConti
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Il governo tedesco aveva fatto due calcoli e i costi per una ricostruzione pagata dal contribuente erano enormi. È stato deciso così di ....

.... rifarsi con "l'operazione euro" supportata dagli USA.


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AlbertoConti
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– Una rivalutazione per gran parte delle monete europee (per l’Italia è tra il 20 e il 30%, di certo non il 350% come nella Germania Est).

Che a regime la rivalutazione dell'euro-italiano sia continuativa è chiarissimo, dipende (è dipesa) dal differenziale d'inflazione tra Italia e Germania.

Ma all'inizio, complice il governo berlusconi, la pizza che prima costava 7.000 Lire, poi è costata 7 Euri, il famoso cambio-reale 1 euro = 1.000 Lire, contro il cambio ufficiale, applicato alla transizione lira-euro, di 1 euro = 1936,27 Lire, praticamente il doppio. Questo significa che la transizione per noi è stata al contrario che per i tedeschi dell'est: nel salvadanaio loro si sono trovati un gruzzoletto moltiplicato per 4, noi diviso per 2. Questo significa SVALUTAZIONE DEL 50% della vecchia lira rispetto al nuovo euro, al momento della transizione lira-euro, o comunque nei mesi successivi. Questo per il mercato interno, mentre per l'esportazione non si son visti vantaggi.

Come si spiega?

C'è qualcuno in grado di rispondermi? E' una domanda vera, di cui non conosco la risposta. Grazie.


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SanPap
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– Una rivalutazione per gran parte delle monete europee (per l’Italia è tra il 20 e il 30%, di certo non il 350% come nella Germania Est).

Che a regime la rivalutazione dell'euro-italiano sia continuativa è chiarissimo, dipende (è dipesa) dal differenziale d'inflazione tra Italia e Germania.

Ma all'inizio, complice il governo berlusconi, la pizza che prima costava 7.000 Lire, poi è costata 7 Euri, il famoso cambio-reale 1 euro = 1.000 Lire, contro il cambio ufficiale, applicato alla transizione lira-euro, di 1 euro = 1936,27 Lire, praticamente il doppio. Questo significa che la transizione per noi è stata al contrario che per i tedeschi dell'est: nel salvadanaio loro si sono trovati un gruzzoletto moltiplicato per 4, noi diviso per 2. Questo significa SVALUTAZIONE DEL 50% della vecchia lira rispetto al nuovo euro, al momento della transizione lira-euro, o comunque nei mesi successivi. Questo per il mercato interno, mentre per l'esportazione non si son visti vantaggi.

Come si spiega?

C'è qualcuno in grado di rispondermi? E' una domanda vera, di cui non conosco la risposta. Grazie.

http://goofynomics.blogspot.it/2014/11/la-conversione-liraeuro.html e relativa discussione


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AlbertoConti
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Grazie, ho letto la "tabbbella". Bagnai mi pare di aver capito che giustifica come naturale il concambio, evidenziando la grande svalutazione della lira dall'80 al 95 e modesta rivalutazione negli ultimi anni, prima dell'euro. Non spiega però il raddoppio quasi improvviso dei costi di generi primari e case. Dice un commentatore di Bagnai:

"Ricordo pizze a 7-8000 mila lire passate a 7-8 euro. Idem bibite, cinema, etc. Hanno approfittato della novità insomma, e della gente tramortita, e probabilmente inizialmente ne hanno beneficiato certe categorie."

che è poi quello a cui facevo riferimento io, e che ingenera il paradosso di cui parlo. Ad essere sincero c'è ancora qualcosa che mi sfugge.


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venezia63jr
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Non ti sfugge niente,
trovo invece macabro
giustificare quello che hanno fatto ai tedeschi
dell'est, con la scusa che erano indietro li hanno
spogliati e resi di nuovo schiavi.
Comunque gli alleati usano i tedeschi perche'
devono fare la parte dei cattivi, la gente non
differisce il vero tedesco dal finto tedesco, il finto
tedesco e' quello che vedete in tv, che fa la parte
del cattivo, ma e' cattivo anche con gli altri,
e' sempre lo stesso problema: le minoranze
etniche che sfruttano la massa informe.
Gaia, lo scrive chiaro nel segreto della moneta.


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AlbertoConti
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Azzardo un'interpretazione dell'accaduto.
Nel quinquennio precedente l'adozione dell'euro, per volontà politica degli eurofanatici nostrani, che facevano il gioco della Germania (vedi Visco: "alla Germania serviva un partner "debole" che svalutasse l'euro"), si forzò artificialmente una parziale rivalutazione della lira, finalizzata all'operazione d'ingresso nell'eurozona come membro fondatore, vista come un vanto dai medesimi (ciampismo).
Una volta dentro la "svalutazione interna" potenzialmente accumulata negli ultimi 5 anni ha avuto libero sfogo, sfiorando punte del 50% in certi settori, poi seguiti dalla rivalutazione immobiliare e quindi degli affitti (complice l'apparente boom della prima fase del ciclo di Frenkel), in modo da impoverire sempre i più poveri.
Tale svalutazione non venne registrata dall'ISTAT con vari artifici, ma contribuì a mitigare il processo inevitabile di "rivalutazione interna" dovuto all'impossibilità di aggiustare il cambio con l'euro-tedesco.
Il combinato disposto dei due fenomeni contrapposti, che restituisce un differenziale d'inflazione ISTAT con la Germania di un paio di punti l'anno nella fase centrale del ciclo di Frenkel, ha prodotto due inevitabili conseguenze: perdita di concorrenza con la Germania (che ha così assorbito larghe fette dei nostri mercati interni) e impoverimento dei lavoratori, che vedevano un cambio "percepito" di 1 euro = mille lire e perdevano i posti di lavoro per la chiusura delle fabbriche espulse dal mercato unico.

Praticamente cornuti e mazziati, mentre i più ricchi lo diventavano ancor di più, come in ogni Paese governato da quisling.

P.S per non dare adito a interpretazioni diverse dal quanto intendevo dire:
"svalutazione/rivalutazione interna" è quella della moneta, che va esattamente al contrario di "rivalutazione/svalutazione" di ciò che la moneta compra, es. la pizza o l'appartamento.
Il riferimento all'ISTAT riguarda sempre l'inflazione italiana, il cui differenziale con la Germania determina la "rivalutazione interna" dell'euro italiano rispetto a quello tedesco.


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makkia
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Una volta dentro la "svalutazione interna" potenzialmente accumulata negli ultimi 5 anni ha avuto libero sfogo, sfiorando punte del 50% in certi settori, poi seguiti dalla rivalutazione immobiliare e quindi degli affitti (complice l'apparente boom della prima fase del ciclo di Frenkel), in modo da impoverire sempre i più poveri.

Più che impoverire (effetto certo ma differito) io direi indebitare.

Il ciclo di Frankel si esprime anche con l'enorme afflusso di capitali esteri, e un appiattimento brusco dell'inflazione nominale.
In pratica gli istituti di credito, inondati di capitali, hanno allentato i cordoni della borsa e prestato tutto il prestabile a chiunque, con valutazioni impossibili (100% del valore di un mercato già drogato, allungamento a 25 anni, garanzie reddituali farlocche) e a tassi del 3-4% che per noi (abituati al 7-9% della lira) sembravano irrisori.
E oltre alla bolla immobiliare (che da noi peraltro non è scoppiata "alla spagnola" o peggio alla giapponese solo perché allora eravamo un popolo di risparmiatori da guinness e ci siamo mangiati tutto), c'è l'ubriacatura da "prestitempo": il prestito al consumo e carte revolving.
Gli effetti li vedi nel tempo, perché all'inizio la percezione di entusiasmo fa girare il denaro anche se non sarebbe saggio che girasse così tanto.

Mentre il 40% della popolazione "non sentiva la crisi", le risorse e i risparmi del 99% venivano drenati inesorabilmente.

i lavoratori, che vedevano un cambio "percepito" di 1 euro = mille lire

Oddìo... Percepito solo da una parte. Chi faceva la spesa tutti i giorni la vedeva differentemente.
I prezzi al consumo di fatto raddoppiarono quasi universalmente ma nel privato moltissimi stipendi si assestavano intorno al cambio reale: 2 milioni diventarono 1.050 euro per tutti i "ricattabili" (i cococo e "il popolo delle partite IVA" non li ha mica inventati l'Euro ed erano milioni).
Nel pubblico l'effetto ci fu ma non fu così traumatico e fu ammortizzato perché nel pubblico gli stipendi partivano leggermente più bassi che nel privato, quindi i 1.000-1.200 euro con promessa di adeguamento "da carriera", grazie alle "magnifiche sorti, e progressive" che l'Euro avrebbe portato, sembrarono inizialmente accettabili (e i fringe benefit compensano tutt'ora).
L'Italia "da un milione al mese" (la bassa manovalanza industriale e agricola) fu inizialmente benficiata, con la soglia psicologica dei 900€ che erano praticamente il cambio teorico 1€ = 1.000£. Che però non si sarebbe più mosso da lì.
Gli stipendi del manifatturiero rimasero buoni (buonini, sarebbe meglio) perché sembrava che l'economia tirasse, ma questo si dimostrerà un cappio dal quale la piccola e media impresa non riuscirà a liberarsi: licenziamenti o fallimento diventeranno gli unici sbocchi, almeno per chi non esporta.

Insomma, la compressione salariale ci fu da subito ma non per tutti: uno schiacciamento che diede quasi il dovuto agli ultimi e spinse leggermente verso il basso chi stava bene... ma massacrò senza pietà chi non poteva difendersi. La macelleria sociale cominciò da subito. E non furono gli ultimi (fra gli indeterminati, almeno) i primi a essere colpiti, fu la classe media.
Ma tutti speravano nel futuro.


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AlbertoConti
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Grazie makkia, condivido la tua analisi dei fatti.

A me interessava capire l'aspetto tecnico alla base dei fenomeni, in riferimento alla moneta. In particolare c'è stato questo fatto strano, che i prezzi reali sono quasi raddoppiati, il che normalmente coincide con un inflazione del 100%, mentre l'ISTAT registrava un inflazione ancora più bassa di prima (dell'introduzione dell'euro), con grande (... e vibrata) soddisfazione degli eurofanatici che vedevano in questo "fatto" il salvataggio della patria, visto che la vecchia "liretta" aveva vissuto in passato fasi inflazionistiche drammatiche. Da qui la polemica tra "inflazione misurata" e "inflazione percepita", cioè l'ennesima presa per il culo della gente che doveva sottostare alla descrizione ufficiale dei fatti, mediaticamente sostenuta.

Se invece si fosse detta la verità al Paese, sarebbe stato chiaro da subito che la nostra inflazione reale risultava enormemente superiore a quella tedesca (con l'evidente conseguenza di aumentare i costi di produzione rispetto alla Germania, sbattendo le nostre imprese fuori mercato), e l'unico modo di contenerla era deprimere i consumi impoverendo la popolazione e "moderando" i salari e le pensioni.

Cioè sarebbe stato chiaro agli italiani ciò che ancora la maggioranza non capisce, che l'euro anzichè salvarci ci stava irrimediabilmente rovinando.


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AlbertoConti
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Se quanto detto sopra è vero, e dimostrabile, mi domando se non sarebbe il caso di denunciare l'ISTAT per falso ideologico, e gli eurofanatici per tradimento della Patria.

Ai posteri l'ardua sentenza.


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makkia
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Se quanto detto sopra è vero, e dimostrabile, mi domando se non sarebbe il caso di denunciare l'ISTAT per falso ideologico, e gli eurofanatici per tradimento della Patria.

Sull'ISTAT non saprei, il famoso paniere è molto particolare e viene aggiornato, non so quanto in malafede e quanto per rispondere a oggettivi cambiamenti della società e delle abitudini al consumo. Probabilmente tutte due le cose.
Di fatto, la mimetizzazione dell'inflazione in regime di brusco aggancio a una valuta molto più forte diventa pasticciatissima.
Come si comportano i salari? Come i prezzi al consumo? Di quali settori merceologici? Il rapporto aumento-prezzi è compensato da aumento salari? E il potere d'acquisto come si va a misurare rispetto a un cambio che (come abbiamo visto) influisce in modo diverso a seconda del settore d'impiego?
Tu dirai "ma quello è proprio il loro lavoro!". Ma in quel frangente era un incubo.
Tecnicamente non sono qualificato. Io so solo che ho visto media e politica altalenare fra lode e fastidio verso i dati (il top è stata la Fornero che rinnegava gli analisti del suo stesso ministero).
Questo mi fa pensare che i tecnici il loro lavoro l'abbiano comunque svolto, fra difficoltà e compromessi, e che producano e abbiano prodotto comunque dati sui quali i professionisti si basano.

Sulla messa al muro dei politici per alto tradimento non avrei molte perplessità.
Comincerei da molto prima dell'EU, tuttavia. Se ti vuoi levare uno sfizio lungo un'interessantissima ora:
https://www.youtube.com/watch?v=5lPGzvfnI9M


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AlbertoConti
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Sull'ISTAT non saprei, il famoso paniere è molto particolare e viene aggiornato, non so quanto in malafede e quanto per rispondere a oggettivi cambiamenti della società e delle abitudini al consumo. Probabilmente tutte due le cose.
Di fatto, la mimetizzazione dell'inflazione in regime di brusco aggancio a una valuta molto più forte diventa pasticciatissima.

Quel che so è che l'inflazione è un numero, che esprime l'aumento annuo di prezzo di alcune merci rappresentative di un qualche cosa, ad es. il cosiddetto "costo della vita". E' ovvio che il costo della vita di un ricco è tutt'altra cosa del costo della vita di un povero, quindi ci sono tante inflazioni quante sono le categorie considerate. C'è poi un costo delle materie prime, dei trasporti, dell'ora lavorata, ecc. che impattano sui costi di produzione dell'industria manifatturiera, e così via. Questa è l'inflazione più importante per capire come ci hanno deindustrializzati (conosco personalmente Galloni, un grande a modo suo).

Il fatto è che gli istituti nazionali di statistica sanno quello che fanno, e in teoria dovrebbero produrre dati unici sull'inflazione-paese, omogenei e confrontabili con quelli di altri paesi. Evidentemente la pizza non c'era nel paniere, per ordine politico, altrimenti i dati sarebbero stati molto diversi, e non dico altro.

Ricordo però una discussione all'epoca con il prof. Beppe Scienza, a margine di una sua conferenza a Lecco, che riteneva, contrariamente a me, che gli immobili, e quindi i conseguenti affitti, non dovessero far parte del paniere ISTAT.

La triste conseguenza di tutto ciò è che non si può più fare un ragionamento sensato a partire dai dati econometrici, quando questi sono inaffidabili. Da qui, dubbi, ignoranza, confusione, che è poi l'obiettivo di chi vuol negare la verità dei fatti.


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