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Diego Fusaro- il '68

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Rosanna
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Se mai ci fu nella storia una rivoluzione i cui obiettivi vennero per la maggior parte realizzati, questa è rappresentata dai moti studenteschi e politici che possiamo raggruppare sotto il termine “Sessantotto”, che però mostrò – ai più diffidenti ed avveduti – tutta l‘eterogenesi dei suoi fini e tutto il suo fallimento politico, tanto da far sospettare che dietro ai protagonisti di quegli eventi e alle masse giovanili ci fossero una precisa volontà di destabilizzazione geopolitica ed una longa mano di persone fisiche, portatrici di un progetto di distruzione delle nazioni europee. Il presente volume non vuole tracciare la storia di quella callida “utopia”, né la parabola dell’involuzione dei suoi attori nell’individualismo di massa, nella droga, nel sesso, nel disimpegno, nel fricchettonismo, nella resa al Sistema profumatamente pagata anche con cariche istituzionali. Né vuole ricordare i gruppi “fascisti” davvero contestatori del Sistema fin dalle sue radici ideali, ridotti al silenzio dall’onnipresenza manesca del Sessantottismo, dall’infantilismo dei loro “capi”, dalla repressione politica. Il volume vuole invece mettere in evidenza chi ha illuso la disgraziata gioventù del 1968 consegnandola alla tirannia del più bieco liberalcapitalismo.
Il volume ripropone in modo organico il capitolo XIII, completato dalle sezioni francese e italiana del capitolo XV della più ampia opera "Dietro la bandiera rossa" e la sezione italiana della prima appendice a "Trafficanti di sogni" con le dovute correzioni e gli aggiornamenti occorsi nei quattro anni seguiti alla pubblicazione delle due opere.

http://www.libreriaeuropa.it/scheda.asp?id=9640

La tesi di Valli Gianantonio, autore del testo "Il Sessantottismo", appare piuttosto contraddittoria, perché prima definisce il '68 "una rivoluzione i cui obiettivi vennero per la maggior parte realizzati, questa è rappresentata dai moti studenteschi e politici che possiamo raggruppare sotto il termine “Sessantotto”, poi dice che "però mostrò – ai più diffidenti ed avveduti – tutta l‘eterogenesi dei suoi fini e tutto il suo fallimento politico, tanto da far sospettare che dietro ai protagonisti di quegli eventi e alle masse giovanili ci fossero una precisa volontà di destabilizzazione geopolitica ed una longa mano di persone fisiche, portatrici di un progetto di distruzione delle nazioni europee."

Allora è stata una "Rivoluzione riuscita o fallita"? La pace è guerra e la libertà è schiavitù? Mi ricorda qualcuno.

Ma Gianantonio non si accontenta, continua il suo sproloquio sostenendo che "i gruppi “fascisti” furono davvero contestatori del sistema fin dalle sue radici ideali, ridotti al silenzio dall’onnipresenza manesca del Sessantottismo, dall’infantilismo dei loro “capi”, dalla repressione politica."

Qui non è presente solo un bieco e meschino revisionismo della storia (vedi Winston di Orwell), ma anche un ipocrita oscurantismo nei confronti dell'avvento della postmodernità, che ha tradotto gli ideali del '68 nella "società dello spettacolo", i cui responsabili sono proprio i reduci di quei gruppi fascistoidi che hanno alimentato la metamorfosi consumistica e neoliberista. Vedi Berlusconi, Craxi, Bossi, Fini ...

Cos'è ? Ansia cognitiva ?


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MarioG
Famed Member
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Se mai ci fu nella storia una rivoluzione i cui obiettivi vennero per la maggior parte realizzati, questa è rappresentata dai moti studenteschi e politici che possiamo raggruppare sotto il termine “Sessantotto”, che però mostrò – ai più diffidenti ed avveduti – tutta l‘eterogenesi dei suoi fini e tutto il suo fallimento politico, tanto da far sospettare che dietro ai protagonisti di quegli eventi e alle masse giovanili ci fossero una precisa volontà di destabilizzazione geopolitica ed una longa mano di persone fisiche, portatrici di un progetto di distruzione delle nazioni europee. Il presente volume non vuole tracciare la storia di quella callida “utopia”, né la parabola dell’involuzione dei suoi attori nell’individualismo di massa, nella droga, nel sesso, nel disimpegno, nel fricchettonismo, nella resa al Sistema profumatamente pagata anche con cariche istituzionali. Né vuole ricordare i gruppi “fascisti” davvero contestatori del Sistema fin dalle sue radici ideali, ridotti al silenzio dall’onnipresenza manesca del Sessantottismo, dall’infantilismo dei loro “capi”, dalla repressione politica. Il volume vuole invece mettere in evidenza chi ha illuso la disgraziata gioventù del 1968 consegnandola alla tirannia del più bieco liberalcapitalismo.
Il volume ripropone in modo organico il capitolo XIII, completato dalle sezioni francese e italiana del capitolo XV della più ampia opera "Dietro la bandiera rossa" e la sezione italiana della prima appendice a "Trafficanti di sogni" con le dovute correzioni e gli aggiornamenti occorsi nei quattro anni seguiti alla pubblicazione delle due opere.

http://www.libreriaeuropa.it/scheda.asp?id=9640

Questo conferma in qualche modo l'interpretazione del Fusaro. Il fatto che "gli obiettivi vennero nella maggior parte realizzati" e' innegabile.
Anzi possiamo dire che l'oggi e' il '68 compiuto, dalla scuola alla societa'.
Assai pertinente l'osservazione:
"...tanto da far sospettare che dietro ai protagonisti di quegli eventi e alle masse giovanili ci fossero una precisa volontà di destabilizzazione geopolitica"
Quindi perfetta continuita' con l'odierna fase storica. Certi fedeli di quell'epoca tuttativa, destatisi dal sogno e' alquanto a disagio per il risultato, oppongono un'ultima disperata difesa psicologica aggrappandosi a un contro '68 che avrebbe cancellato i "progressi" conseguiti, ovvero al mito della rivoluzione tradita.


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Tonguessy
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Cos'è ? Ansia cognitiva ?

Più che ansia la chiamerei dissociazione cognitiva. O gnosi bipolare.


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Primadellesabbie
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@ Rosanna e MarioG

Il '68 é stato anche il rifiuto di lasciar ripartire e riorganizzare la società, come stava accadendo, con le stesse caratteristiche che aveva prima della guerra.

Infatti, i responsabili della sconfitta, perduta la guerra ed il confronto con la storia, per una combinazione di sviluppi potevano impunemente gridare al tradimento e non prenderne atto.

Il brano postato rende bene l'idea.

Riguardo alle conseguenze delle agitazioni di quegli anni, le strutture portanti (stato, chiesa, scuola, ecc.) non erano preparate ad una messa in discussione così radicale, e di conseguenza incapaci di riorganizzarsi in maniera diversa e adeguata alle esigenze sopraggiunte e ci misero del tempo a riprendersi.

E proprio in questo sta il problema, dove la frattura fu superata da volontà ed intelligenza, dopo qualche soprassalto le cose ritornarono a funzionare su nuove basi con il bagaglio intatto, in altri casi non si ripresero ed il patrimonio sul quale avrebbero potuto contare andò perduto.

Ora, davanti allo sfacelo dei nostri tempi, le cui cause affondano le radici in strati ben più profondi del '68, gli sciacalli fanno il loro solito lavoro, non possono fare altrimenti, ma da loro non verrà alcuna indicazione utile a capire quegli avvenimenti e il clima che si respirava, questo é sicuro.


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Rosanna
Famed Member
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@ Rosanna e MarioG

Il '68 é stato anche il rifiuto di lasciar ripartire e riorganizzare la società, come stava accadendo, con le stesse caratteristiche che aveva prima della guerra.

Infatti, i responsabili della sconfitta, perduta la guerra ed il confronto con la storia, per una combinazione di sviluppi potevano impunemente gridare al tradimento e non prenderne atto.

Il brano postato rende bene l'idea.

Riguardo alle conseguenze delle agitazioni di quegli anni, le strutture portanti (stato, chiesa, scuola, ecc.) non erano preparate ad una messa in discussione così radicale, e di conseguenza incapaci di riorganizzarsi in maniera diversa e adeguata alle esigenze sopraggiunte e ci misero del tempo a riprendersi.

E proprio in questo sta il problema, dove la frattura fu superata da volontà ed intelligenza, dopo qualche soprassalto le cose ritornarono a funzionare su nuove basi con il bagaglio intatto, in altri casi non si ripresero ed il patrimonio sul quale avrebbero potuto contare andò perduto.

Ora, davanti allo sfacelo dei nostri tempi, le cui cause affondano le radici in strati ben più profondi del '68, gli sciacalli fanno il loro solito lavoro, non possono fare altrimenti, ma da loro non verrà alcuna indicazione utile a capire quegli avvenimenti e il clima che si respirava, questo é sicuro.

Il '68 è un movimento complesso, non lo si può sfigurare con un'analisi dissociata e superficiale.

Parte dalle rivolte dei campus americani, da Berkeley alla Columbia University, contro la massoneria e l'autoritarismo delle amministrazioni accademiche e per la difesa dei diritti civili dei neri, contro la pena di morte, la guerra in Vietnam e per il disarmo nucleare.

Si trasferisce nel "maggio francese", stesse rivendicazioni contro il capitalismo, l'imperialismo, di natura sociale, politica e filosofica
(Marx, Marcuse).

Per quanto riguarda l'Italia, quelle contestazioni si associarono l'anno successivo a quelle operaie, segnando l'inizio di una protesta decennale, come ha detto prima radisol (E non si possono strumentalmente staccare i pochi primissimi mesi, genericamente "antiautoritari" e "generazionali", di quel movimento magmatico... dove, fino alla spedizione squadrista di Almirante all'università di Roma, trovarono qualche spazio anche i fascisti ..... da tutto il decennio successivo ... il famoso "decennio rosso" ... )

Molti studenti condividevano assai poco i valori dominanti nell'Italia del "miracolo economico": l'individualismo, il potere totalizzante della tecnologia, l'esaltazione della famiglia borghese, la corsa ai consumi.

Non pochi erano spaventati dall'ossessione consumistica degli anni '60. Il '68 dunque fu molto di più di una semplice rivolta contro la sclerotizzazione della scuola e della cultura ("Lettera ad una professoressa" di Don MIlani), fu essenzialmente una rivolta etica, un rilevante tentativo di rovesciare il sistema culturale dominante, contro la minaccia di un'interiorizzazione dei valori della società capitalistica.

Nulla è neutro dice il '68, nel senso che tutto è segnato dal marchio di classe che porta con sé. Non c'è l'umanità neutra dunque, ma gli sfruttati e gli sfruttatori, i governanti e i governati, chi ha potere e chi non ce l'ha. Non è neutro il linguaggio né il sapere scientifico.

Il movimento degli studenti prende le mosse già all'inizio del 1967. L'occupazione della Sapienza parte il 7 febbraio, in connessione con la protesta contro il disegno di legge di un progetto di riforma universitaria, elaborato dal ministro della Pubblica istruzione Luigi Gui. Ad animare il movimento è un gruppo politico da poco costituitosi, Il Potere operaio di Pisa, i cui leader sono Adriano Sofri e Gian Mario Cazzaniga. Le idee che questo gruppo viene elaborando diventeranno poi la base delle «Tesi della Sapienza», uno dei documenti più discussi all'interno del movimento italiano. In esse la figura sociale dello studente viene letta come «forza-lavoro in formazione», attraversata da processi di proletarizzazione che avvicinano la condizione degli studenti a quella della classe operaia.

Quindi le radici del '68 sono piuttosto complesse e andrebbero approfondite nel giusto verso, prima di darne giudizi affrettati e faziosi, come fanno Fusaro e il soprannominato Valli Gianantonio.


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Tonguessy
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Nulla è neutro dice il '68, nel senso che tutto è segnato dal marchio di classe che porta con sé. Non c'è l'umanità neutra dunque, ma gli sfruttati e gli sfruttatori, i governanti e i governati, chi ha potere e chi non ce l'ha. Non è neutro il linguaggio né il sapere scientifico.

Ci penserà la postmodernità a rendere tutto neutro, ovvero a neutralizzare le contrapposte ideologie. E' il cambiamento epocale da capitalismo industriale a postindustriale, ovvero finanziario. Ha colto tutti di sorpresa, tolto la sovranità agli Stati, ridotto la democrazia ad un cumulo di insignificanti quanto roboanti proclami, ed ha ripreso alla grande ciò che il '68 era riuscito a bloccare: le guerre imperialiste. L'unica concessione a tale neutralità è il bipolarismo apparente (quello politico) e quello sostanziale: o con me o contro di me. Tutto ciò che si discosta dal pensiero unico viene bollato come devianza, e come tale associata al terrorismo. Riduzioni dei diritti, aumento esponenziale dei doveri. Questo è stato possibile perchè mentre il pensiero unico ha uniformato l'arco politico neutralizzando il linguaggio, il settore produttivo ancora in vita ha uniformato le coscienze neutralizzando la Realtà, sostituita dall'iperrealtà. La lotta di classe è diventata così una specie di slot machine, dove la perdita e la vincita sono non più fattori determinati dalle forze in campo, ma da una specie di destino manifesto di chiarissima origine calvinista. L'esplosione del neolibersimo come forma postmoderna dell'etica protestante e la neutralizzazione della sinistra e della forza che ha saputo storicamente mettere in campo sono due aspetti intimamente collegati.
Fusaro purtroppo ignora tutto questo e continua a propinarci melensi riassunti di storie travisate e senza strutture analitiche convincenti.


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MarioG
Famed Member
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[quote="Tonguessy"]

Ci penserà la postmodernità a rendere tutto neutro, ovvero a neutralizzare le contrapposte ideologie. E' il cambiamento epocale da capitalismo industriale a postindustriale, ovvero finanziario. Ha colto tutti di sorpresa, tolto la sovranità agli Stati, ridotto la democrazia ad un cumulo di insignificanti quanto roboanti proclami, ed ha ripreso alla grande ciò che il '68 era riuscito a bloccare: le guerre imperialiste. L'unica concessione a tale neutralità è il bipolarismo apparente (quello politico) e quello sostanziale: o con me o contro di me. Tutto ciò che si discosta dal pensiero unico viene bollato come devianza, e come tale associata al terrorismo. Riduzioni dei diritti, aumento esponenziale dei doveri. Questo è stato possibile perchè mentre il pensiero unico ha uniformato l'arco politico neutralizzando il linguaggio, il settore produttivo ancora in vita ha uniformato le coscienze neutralizzando la Realtà, sostituita dall'iperrealtà. La lotta di classe è diventata così una specie di slot machine, dove la perdita e la vincita sono non più fattori determinati dalle forze in campo, ma da una specie di destino manifesto di chiarissima origine calvinista. L'esplosione del neolibersimo come forma postmoderna dell'etica protestante e la neutralizzazione della sinistra e della forza che ha saputo storicamente mettere in campo sono due aspetti intimamente collegati.
Fusaro purtroppo ignora tutto questo e continua a propinarci melensi riassunti di storie travisate e senza strutture analitiche convincenti.

Ci andrei piano a decretare la fine degli stati. Si potrebbero avere delle brutte disillusioni. Se intende quelli europei, non c'e' dubbio. Ma dietro ad essi si muove e acquista spazio una forza schiettamente statale, non il vuoto o una vaga Internazionale del capitale.
Rispetto alla sua, le spiegazioni del Fusaro hanno il pregio dell'intellegibilita'.


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