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Europa, immigrazione, integrazione


vic
 vic
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http://www.gdp.ch/rubriche/tribuna-libera/opinioni/leuropa-non-puo-crescere-chiudendo-le-porte-al-resto-del-mon-id117786.html

Opinioni
L'Europa non puo' crescere chiudendo le porte al resto del mondo

di Pedro da Costa Ranca (*) - 13 aprile 2016

L'immigrazione sembra rappresentare una grande sfida non solo per il nostro Paese, ma per tutta l'Europa. Purtroppo, l'opinione pubblica corre spesso il rischio di avere una distorta visione del fenomeno dell'immigrazione.

A cio' contribuisce l'azione dei grandi massmedia che si occupano soprattutto di gravi e continue emergenze che portano a trascurare una corretta percezione del fenomeno, riguardante milioni di cittadini stranieri. Si tende a parlare di immigrati solamente quando accadono gravi fatti che attentano all'ordine pubblico; si parla di immigrati collegandoli alla criminalita' organizzata, si parla insomma di immigrati come un "problema". Ed e' per questo che il fenomeno dell'immigrazione viene trattato come un "problema".

Da qui la nascita negli Stati europei di una politica di integrazione, cioe' una politica dell'alloggio, dell'assistenza sociale e dell'istruzione, ma anche purtroppo di una politica di chiusura di frontiere, nata da una visione ingenua o strumentale del fenomeno. Un paradosso se si pensa che giorno dopo giorno ci si incammina verso un "allargamento" dell'Europa. Ed e' appunto come "Europa" che bisogna affrontare il problema.

Bisogna considerare l'integrazione non alla stregua di un problema politico ma come una sfida che ha come premio la crescita dell'intera Comunita' Europea. "Un passo, un nuovo Stato, un'altra terra, una cultura estranea, un'altra lingua e tanta voglia di tornare a quelle radici da cui forzatamente e necessariamente mi allontano". Forse questi o tanti altri pensieri affollano la mente di un immigrato. Difficile ricostruire quelle emozioni che mai si sono provate, difficile immaginare di essere un "esule". Forse, disagio, disagio, nient'altro che disagio prova chi si trova ad affrontare questo difficile passo, o peggio solitudine.

L'integrazione degli immigrati in questi ultimi anni e' diventata fonte di accesi dibattiti in tutta l'Europa allargata. Infatti la maggior parte degli Stati membri sono interessati da movimenti migratori e alcuni di essi, che si sono trasformati da Paesi di emigrazione a Paesi di immigrazione, si trovano ad affrontare per la prima volta il problema dell'integrazione.

La teoria e la prassi circa l'immigrazione, come gli approcci dei vari Stati nei confronti degli immigrati, variano a seconda delle storie di immigrazione. Ne e' un esempio la questione ancora aperta su quali gruppi etnici dovrebbero essere i destinatari delle politiche di integrazione, ovvero su come si debba considerare l'immigrato: individuo singolo o appartenente a specifiche categorie definite per origine nazionale, religiose, eta', sesso, per motivazioni di arrivo (rifugiati, emigrati per motivi economici o familiari) o per le loro capacita' (da quelli specializzati a quelli meno specializzati)?

Da come la si voglia intendere il processo di integrazione deve essere esteso a tutte le categorie di immigrati, tenendo comunque conto delle differenze etnografiche. Innanzitutto l'integrazione non e' altro che quel processo attraverso il quale si va ad istituire una fitta rete di relazioni fra lo "Stato" e il "singolo individuo", un processo in cui, poi, va a sovrapporsi l'azione di diversi enti, governativi e non, come datori di lavoro, sindacati, associazioni religiose, centri di accoglienza e formazione che sostengono gli immigrati.

Molti, infatti, sono gli ostacoli che l'immigrato si trova ad affrontare, primo tra tutti quello della lingua. Da qui la necessita' di promuovere un programma di accoglienza dell'immigrato, mirato a fornirgli un bagaglio linguistico sufficiente, almeno, ad un suo agevole inserimento nel tessuto sociale e lavorativo. Una delle premesse essenziali affinche' i rapporti migliorino e quel dialogo si apra, sta nell'accettazione e nella comprensione della nostra realta' da parte di coloro che vengono da fuori e scelgono di vivere in questo Paese. Mai come oggi la "paura dello straniero" , la sfiducia nelle sue capacita', quell'assurdo considerarlo come "diverso", solo perche' appartenente a modelli etici e culturali differenti, diviene un concetto del tutto fuori luogo in Europa, come altrove. Non si cresce chiudendo le porte al mondo.

--
(*) gia' collaboratore dell'Ufficio del delegato cantonale all'integrazione degli stranieri

-- PS --
Raramente metto le foto che accompagnano gli articoli, in questo caso c'ho ripensato, per via che il nostro non sembra proprio patrizio di Corticiasca, come si usa dire. Questi insegnamenti imperativi mi fanno venire in mente un servizio della tele romanda di qualche anno fa, in cui dei Greci di Ginevra non la finivano mai di insegnare come andrebbe gestita la Svizzera. Oddio, paese che vai, opinione che trovi, cento teste cento idee.
Ma perche' non predicano a casa propria, che forse sarebbe piu' utile?

Rispondendo a PietroGE, mi sembra che il Costa Randa, oltre a declassare i problemi a non problemi, si scorda completamente i numeri. Un conto e' emigrare, un altro invadere. Un conto e' integrare un africano in una classe scolastica, un altro e' avere classi di 20 con 19 nazionalita' differenti. Va bene l'arricchimento culturale, ma non al prezzo dell'impoverimento totale della cultura locale, sempre piu' relegata a fenomeno da zoo o da museo.

Insomma Costa Randa, c'e' anche una limite alla velocita' di integrazione.
Che comunque paghiamo noi e non gli immigrati. Per essere precisi e giusti. Quanti saranno una ricchezza e quanti un problema lo vedremo. Le statistiche criminali non sono mica tanto incoraggianti. Ah, ho capito, bisogna aprirsi di piu', apriremo pure le carceri allora. Sono, zeppe di stranieri. Ma guarda i casi della vita. Non e' un problema, no. Sembra un problema, percio' apriamo le carceri: liberi tutti. Mandiamoli alle scuole linguistiche: si dice mani in alto, buttati a terra, dammi la borsa, apri la cassa, dammi i soldi. Un minimo di educazione linguistica, perdio!

Ecco da chi si fa(ceva) consigliare il governo cantonale su questi temi, buono a sapersi.


Citazione
PietroGE
Famed Member
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Post: 4106
 

La solita solfa. Domanda : e se l'immigrato non si vuole integrare? E se quello che non si vuole integrare ha, per di più, acquisito la cittadinanza? Che facciamo, aspettiamo che tutta l'Europa diventi un gande Libano o peggio una grande Siria?
Questo articolo è una collezione di scemenze.


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MarioG
Famed Member
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Post: 3055
 

L'immigrazione sembra rappresentare una grande sfida non solo per il nostro Paese, ma per tutta l'Europa. Purtroppo, l'opinione pubblica corre spesso il rischio di avere una distorta visione del fenomeno dell'immigrazione.

A cio' contribuisce l'azione dei grandi massmedia che si occupano soprattutto di gravi e continue emergenze che portano a trascurare una corretta percezione del fenomeno, riguardante milioni di cittadini stranieri.

Si', effettivamente i massmedia concorrono a dare una percezione decisamente distorta del fenomeno, ma non nel senso che dice questo imbroglione (da Costa Ranca... bah).
A cominciare da i vantaggi/svantaggi, costi/benefici.
Dai media sappiamo solo che ci pagheranno le pensioni...


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mda1
 mda1
Reputable Member
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Post: 341
 

a parte che caro pedro cercati un lavoro invece di dire c.a.z.z.a.t.e a spese dei contribuenti.
ma poi ci fosse un giornalista immigrato dico uno.
fanno la morale a noi poveri e loro ricchi, che fanno lavori non soggetti alla globalizzaZIONe, ci fanno pure la morale.
ma vacagare pedro.


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olmo
 olmo
Estimable Member
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Post: 209
 

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http://www.gdp.ch/rubriche/tribuna-libera/opinioni/leuropa-non-puo-crescere-chiudendo-le-porte-al-resto-del-mon-id117786.html

Opinioni
L'Europa non puo' crescere chiudendo le porte al resto del mondo

di Pedro da Costa Ranca (*) - 13 aprile 2016

L'immigrazione sembra rappresentare una grande sfida non solo per il nostro Paese, ma per tutta l'Europa. Purtroppo, l'opinione pubblica corre spesso il rischio di avere una distorta visione del fenomeno dell'immigrazione.

A cio' contribuisce l'azione dei grandi massmedia che si occupano soprattutto di gravi e continue emergenze che portano a trascurare una corretta percezione del fenomeno, riguardante milioni di cittadini stranieri. Si tende a parlare di immigrati solamente quando accadono gravi fatti che attentano all'ordine pubblico; si parla di immigrati collegandoli alla criminalita' organizzata, si parla insomma di immigrati come un "problema". Ed e' per questo che il fenomeno dell'immigrazione viene trattato come un "problema".

Da qui la nascita negli Stati europei di una politica di integrazione, cioe' una politica dell'alloggio, dell'assistenza sociale e dell'istruzione, ma anche purtroppo di una politica di chiusura di frontiere, nata da una visione ingenua o strumentale del fenomeno. Un paradosso se si pensa che giorno dopo giorno ci si incammina verso un "allargamento" dell'Europa. Ed e' appunto come "Europa" che bisogna affrontare il problema.

Bisogna considerare l'integrazione non alla stregua di un problema politico ma come una sfida che ha come premio la crescita dell'intera Comunita' Europea. "Un passo, un nuovo Stato, un'altra terra, una cultura estranea, un'altra lingua e tanta voglia di tornare a quelle radici da cui forzatamente e necessariamente mi allontano". Forse questi o tanti altri pensieri affollano la mente di un immigrato. Difficile ricostruire quelle emozioni che mai si sono provate, difficile immaginare di essere un "esule". Forse, disagio, disagio, nient'altro che disagio prova chi si trova ad affrontare questo difficile passo, o peggio solitudine.

L'integrazione degli immigrati in questi ultimi anni e' diventata fonte di accesi dibattiti in tutta l'Europa allargata. Infatti la maggior parte degli Stati membri sono interessati da movimenti migratori e alcuni di essi, che si sono trasformati da Paesi di emigrazione a Paesi di immigrazione, si trovano ad affrontare per la prima volta il problema dell'integrazione.

La teoria e la prassi circa l'immigrazione, come gli approcci dei vari Stati nei confronti degli immigrati, variano a seconda delle storie di immigrazione. Ne e' un esempio la questione ancora aperta su quali gruppi etnici dovrebbero essere i destinatari delle politiche di integrazione, ovvero su come si debba considerare l'immigrato: individuo singolo o appartenente a specifiche categorie definite per origine nazionale, religiose, eta', sesso, per motivazioni di arrivo (rifugiati, emigrati per motivi economici o familiari) o per le loro capacita' (da quelli specializzati a quelli meno specializzati)?

Da come la si voglia intendere il processo di integrazione deve essere esteso a tutte le categorie di immigrati, tenendo comunque conto delle differenze etnografiche. Innanzitutto l'integrazione non e' altro che quel processo attraverso il quale si va ad istituire una fitta rete di relazioni fra lo "Stato" e il "singolo individuo", un processo in cui, poi, va a sovrapporsi l'azione di diversi enti, governativi e non, come datori di lavoro, sindacati, associazioni religiose, centri di accoglienza e formazione che sostengono gli immigrati.

Molti, infatti, sono gli ostacoli che l'immigrato si trova ad affrontare, primo tra tutti quello della lingua. Da qui la necessita' di promuovere un programma di accoglienza dell'immigrato, mirato a fornirgli un bagaglio linguistico sufficiente, almeno, ad un suo agevole inserimento nel tessuto sociale e lavorativo. Una delle premesse essenziali affinche' i rapporti migliorino e quel dialogo si apra, sta nell'accettazione e nella comprensione della nostra realta' da parte di coloro che vengono da fuori e scelgono di vivere in questo Paese. Mai come oggi la "paura dello straniero" , la sfiducia nelle sue capacita', quell'assurdo considerarlo come "diverso", solo perche' appartenente a modelli etici e culturali differenti, diviene un concetto del tutto fuori luogo in Europa, come altrove. Non si cresce chiudendo le porte al mondo.

--
(*) gia' collaboratore dell'Ufficio del delegato cantonale all'integrazione degli stranieri

-- PS --
Raramente metto le foto che accompagnano gli articoli, in questo caso c'ho ripensato, per via che il nostro non sembra proprio patrizio di Corticiasca, come si usa dire. Questi insegnamenti imperativi mi fanno venire in mente un servizio della tele romanda di qualche anno fa, in cui dei Greci di Ginevra non la finivano mai di insegnare come andrebbe gestita la Svizzera. Oddio, paese che vai, opinione che trovi, cento teste cento idee.
Ma perche' non predicano a casa propria, che forse sarebbe piu' utile?

Rispondendo a PietroGE, mi sembra che il Costa Randa, oltre a declassare i problemi a non problemi, si scorda completamente i numeri. Un conto e' emigrare, un altro invadere. Un conto e' integrare un africano in una classe scolastica, un altro e' avere classi di 20 con 19 nazionalita' differenti. Va bene l'arricchimento culturale, ma non al prezzo dell'impoverimento totale della cultura locale, sempre piu' relegata a fenomeno da zoo o da museo.

Insomma Costa Randa, c'e' anche una limite alla velocita' di integrazione.
Che comunque paghiamo noi e non gli immigrati. Per essere precisi e giusti. Quanti saranno una ricchezza e quanti un problema lo vedremo. Le statistiche criminali non sono mica tanto incoraggianti. Ah, ho capito, bisogna aprirsi di piu', apriremo pure le carceri allora. Sono, zeppe di stranieri. Ma guarda i casi della vita. Non e' un problema, no. Sembra un problema, percio' apriamo le carceri: liberi tutti. Mandiamoli alle scuole linguistiche: si dice mani in alto, buttati a terra, dammi la borsa, apri la cassa, dammi i soldi. Un minimo di educazione linguistica, perdio!

Ecco da chi si fa(ceva) consigliare il governo cantonale su questi temi, buono a sapersi.

Il costa randa dimostra che la sola integrazione possibile avviene nel non-luogo del politichese più mefitico, dove si parla e non si dice nulla, si ripete ua sceneggiatura imparata a memoria che da decenni è sempre lo stessa e non è servita a nulla se non a disegni èlitari; in quel regno tutti diventano "uno" e insieme trivellano gli sfinteri al prossimo, nel nome dell'amore!
Profondamente maligni!


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Black_Jack
Noble Member
Registrato: 2 anni fa
Post: 1577
 

Questa estate ci sarà l'invasione totale.
Pattuglie di immigrati armati addestrati e arruolati nella polizia di Stato batteranno le città strada per strada, casa per casa, per snidare i piccoli borghesi xenofobi.
Cani molecolari dotati di un olfatto prodigioso li staneranno ovunque si nascondano identificandoli a chilometri di distanza per quel caratteristico odore di soffritto stantio che sempre regna sovrano nelle case middle class e che si deposita indelebile sulle loro pelli intimamente subalterne.
La Grande Sostituzione sta per avere inizio.
Scappate finché siete in tempo, voi anime prave!


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spadaccinonero
Illustrious Member Guest
Registrato: 2 anni fa
Post: 10314
 

integrazione possibile o no, nei prossimi vent'anni l'andazzo sarà questo
parola di pd (e 5s)


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