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Fertilità e immigrazione di massa


Lif di euro-holocaust
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Fertilità e immigrazione di massa

Leggo l'articolo di Hipazia del 3 settembre ( http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16844 ). Va bene il riferimento alle ragioni mediche/genetiche/ecologiche/ecc. Tralascio le "colpe", da questo punto di vista (maschili? Femminili? Poco importante: tanto il punto rimane la coppia). Tralascio anche il fatto che la sterilità è comunque un fatto riguardante una minoranza, mentre le difficoltà nel concepire, evidentemente, essendo più episodiche, non possono spiegare totalmente il basso tasso di natalità.

Certo, per Hipazia, la questione dei giorni scorsi, sollevata dalla campagna pro-natalità (poi abortita), è (parole sue) "deprecabile questione paternalistica, fascistoide, retrograda o forse anti-immigrati". Ah! Ecco! Meglio mettere le mani avanti. Perché parlare di stato "teocratico", manco fossimo nel 1766 o nel 1936 e neanche nel 1966, è semplicemente ridicolo e fuori tempo. Hipazia conclude dicendo che uno Stato che se ne infischia della salute del corpo, e quindi degli ovociti e degli spermatozoi, dei propri cittadini non ha diritto di impicciarsi della fertilità degli stessi.

Peccato che gli stessi cittadini se ne infischino. Ora, a parte che non c'è alcuna campagna pro-natalità e che si è trattato solo di una iniziativa di parte, poi appunto abortita, rimane il fatto che al solo paventare un'iniziativa del genere sembra di essere ripiombati negli anni '70 del XX secolo. Ma così non è.

La rivoluzione radicale-progressista, fatta di divorzio, aborto, famiglie nucleari (ed eutanasia. Quest'ultima più negli altri Paesi europei, che in Italia), e che ha portato ad una società frammentata, in cui si è più facilmente incuneata l'altra rivoluzione del secondo Novecento, ossia quella individualistico-liberista, consorella della prima, nonostante i ridicoli distinguo che molti hanno fatto, fanno e faranno, ha vinto, tanto quanto ha vinto l'inquinamento o BigPharma.

Detto altrimenti, il basso tasso di fertilità non è il prodotto solo di un fattore, ma un insieme di varie concause:
-culturali
-politiche
-ecologiche

Oswald Spengler denunciava l'inferiore tasso di natalità europea già negli anni '20 e '30 del secolo scorso, ma certo è che dagli anni '70 è divenuto sempre più fattore rilevante. C'entrano gli spermatozoi e gli ovociti? Ovviamente no. I fattori ecologici sono divenuti crescenti, ma mai preponderanti, da quel momento in poi. Non spiegano l'inizio del declino, che è invece culturale.

Neanche c'entrano i fattori politici, perché la mancanza di asili nidi, ad esempio, per l'Italia (altrove, tipo la Francia, ciò non conta), è elemento parzialmente rilevante solo negli ultimi vent'anni, prima per ragioni economiche (distinguendo due diversi tempi, tra il prima e il dopo 2008), poi per la competizione, a svantaggio degli autoctoni, da parte delle masse allogene. Come detto però, il declino precede tutto questo.

Alla fin fine, denunciare lo Stato che se ne frega della salute dei propri cittadini è mentire, non perché lo Stato non sia menefreghista, ma perché non si vuole guardare in faccia quello che è realmente avvenuto negli ultimi 40 anni e perché non lo si vuole fare a partire dall'oggi.

Se la "natalità spinta" non è un valore, ed è anzi un disvalore, non si spiega il silenzio sull'immigrazione di massa, che di fatto è "natalità spinta per interposta persona". Con delle aggravanti non da poco, come il genocidio dei popoli autoctoni, così come l'espansione demografica incontrollata e senza progettualità (con quali esiti?).

Abbiamo detto, Hipazia ha però messo le mani avanti: guai a parlare di immigrazione, rispetto alla questione demografica! Ed è palesemente e macroscopicamente sbagliato! Perché è doppiamente assurdo che per decenni si sia così intensamente propagandato un certo stile di vita, in cui forme di morte (l'aborto, l'eutanasia, l'individualismo più deteriore) sono state magnificate, e poi si neghi un confronto e un dibattito serio sugli effetti di tali scelte e di come sono state fatte e di come si sarebbe potuto fare altrimenti. Ma è anche altrettanto assurdo negare che, paradossalmente o no, l'immigrazione di massa vada contro quello stile di vita, indipendentemente da chi ha voluto cosa e perché.

E ciò per due ragioni: una culturale, perché il "comunitarismo" degli allogeni (specialmente maomettani, ma non solo) se ne infischia bellamente di quello stile di vita, che pateticamente presume di aver costruito delle libertà, quando poi si sta lasciando scippare, senza reazione, e dopo una sola generazione o poco più, la propria realtà. Ed un'altra di tipo economico, perché gli stessi, di fatto, che hanno sponsorizzato quello stile di vita, hanno anche permesso o sponsorizzato l'invasione allogena, che tutto è meno che libertà individuale, dato che viene giustificata proprio con la necessità di sostituire, in massa, i lavoratori autoctoni, far crescere il mercato del lavoro (anche se poi gli immigrati finiscono per lavorare meno degli autoctoni, dati europei alla mano) e pagare le pensioni future.

Non fondare il futuro di uno Stato sulla crescita demografica e sulle nuove generazioni significa impostare lo stesso su basi differenti, che non siano il ricambio generazionale come lo abbiamo conosciuto. Giusto? Ma allora come? In realtà non è necessaria la crescita perenne, che è semplicemente assurda, perché è più razionale una sorta di altalena tra periodi di bassa e di alta crescita, ma che deve essere comunque controllata, per evitare il pericolo di un crollo troppo pronunciato dei cittadini in età lavorativa (più altri aspetti non secondari, dato che il ricambio generazionale riguarda tutti gli ambiti dell'esistenza, compreso quello culturale). Ma l'immigrazione di massa va contro questo. Ormai sappiamo che serve in realtà proprio allo status quo, perché rende di fatto non necessario riordinare razionalmente lo Stato, proseguendo come se nulla fosse rispetto al passato, con il solo beneficio della frammentazione del mondo del lavoro, non esistendo più una sola tipologia di lavoratori, per attese di stipendio e di diritti, ma differenti, spesso puntabili verso il basso.

Invece, nell'anno 2016 dell'era volgare, siamo ancora allo "stato teocratico". Gli individualisti-progressisti ancora utilizzano un linguaggio superato, preoccupandosi di questioni altrettanto superati, senza voler fare i conti con la realtà.

Se fai entrare milioni di allogeni (con stili di vita molto differenti) stai, di fatto, negando la possibilità che possa aver senso lo stile di vita individualistico-progressista. Il problema, però, non è quello (muoiano tutti gli individualisti-progressisti, come di fatto desiderano in cuor loro, dato lo stile di vita che hanno scelto), quanto che ciò contribuisce a mettere in pericolo anche qualunque altro stile di vita europeo ed occidentale, valido o no che sia.


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Farkas
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Se fai entrare africani ti prendi l'Africa con tutto quello che ha, se fai entrare gli arabi fai entrare l'Islam , se ti prendi gli zingari tribalismo paracriminale ,bangladesh e cinesi distruzione del tessuto commerciale e sociale. Con questa prospettiva di" invasione selvaggia", qualsiasi politica di incremento demografico non fa che favorire "loro" gli allogeni a scapito degli indigeni. Rileggetivi i libri dello storico Mazzarino e Alessandro Barbero sulle politiche di immigrazione dei romani,Barbero e sulla fine dell'Impero Romano Mazzarino .Stiamo al tramonto dell"Occidente".


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Lif di euro-holocaust
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Conosco gli storici che citi. Qualche tempo fa, in edicola, ho trovato anche un libriccino che vendevano originariamente allegato al Giornale. Si intitola "L'impero romano distrutto dagli immigrati" ed è scritto da Giuseppe Valditara, docente di diritto romano a Torino.

L'impero, da un certo punto in poi, dimenticò il buon senso, che consisteva nella misura e nella scelta di accettare solo coloro che già erano voluti diventare romani nei fatti, per una nuova politica di porte aperte a chiunque, in particolare con la follia dell'imperatore cristiano Teodosio. I tempi si stanno ripetendo, apparentemente...

Tornando al riferimento alla fertilità e natalità, mi auguro che nessuno sia così stupido da farne una questione "maschile" o "femminile". La sessualizzazione del declino demografico occidentale è palesemente una scemenza, buona per stornare da colpe culturali (e poi non solo culturali, come detto) trasversali.


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