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Freccero:"Rai in franchising. Basta con la tv commercia


Tao
 Tao
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Freccero: «La Rai in franchising. Ora basta con la tv commerciale»

L'ex direttore di Raidue interviene sull'acquisto di Endemol da parte di Mediaset e spiega: «Il re è finalmente nudo.
I programmi di maggior successo erano da tempo acquistati dalla casa di produzione spagnola. Ora serve un nuovo modello»

«Il re è nudo». Parola di Carlo Freccero, ex direttore di Raidue in attesa di nuovo incarico dopo 5 anni e mezzo, una delle (poche) menti che in questi anni di buio hanno tentato di resistere, di proporre un altro modello di televisione. Ma perché è nudo?

«L'acquisto della Endemol da parte di Mediaset - spiega - svela quello che già stava accadendo: i programmi di maggior successo della Rai arrivavano sempre dalla società spagnola, ma ora che è stata acquistata il meccanismo è più chiaro: anche la tv di viale Mazzini è commerciale». E' un momento nevralgico, critico. Il pluralismo, o quel che resta, è messo a serio rischio. Ma proprio per questo Freccero non rinuncia all'ironia. «La prima cosa che ho fatto appena saputo dell'acquisto è stata quella di telefonare a Antonio Ricci. Mi sono congratulato con lui: "Adesso sarai sempre informato se i pacchi di Affari tuoi , programma di prime time di Raiuno firmato Endemol, sono stati taroccati o, come dico io, pettinati, per dire che tutto è calcolato, costruito per essere all'ultimo respiro. Non avrai più bisogno di scoprirlo con i servizi di Striscia la notizia "».

Qual è la formula vincente di Endemol che la rende così forte?

I programmi di grande successo ripropongono tutti la stessa formula ben rappresentata dal Grande fratello , format matrice della Endemol. Il meccanismo di aggregazione, repulsione, coalizzazione tra partecipanti si esprime con la nomination fatta dal pubblico. Sviluppa l'interattività dello spettatore permettendo a tutti i programmi Endemol la multimedialità: possono essere fruiti, cioè, anche su una piattaforma multimediale. E' questa la cifra autorale che permette il successo di questi programmi. Non solo il Grande fratello , ma anche Affari tuoi o Il miliardario se ne avvalgono. Il protagonismo del pubblico, espresso attraverso l'auditel, entra dentro il programma, fa parte della sceneggiatura, coinvolge direttamente lo spettatore.

Quali prospettive si aprono per il mercato non solo italiano?

L'acquisto fatto da Mediaset è molto importante perché si potrà esportare il catologo anche in quei paesi dove è appena arrivata la tv commerciale. Si farà sì che il pubblico diventi consumatore. C'è un terzo elemento presente. E' chiaro che il mercato della tv generalista è ormai maturo: è necessario estendere, diversificare la tv commerciale non solo nella vendita di contenuti, ma anche con il digitale, la tv a pagamento etc.

Che cosa comporta tutto questo per la Rai?

Come dicevo il re è nudo. L'acquisto di Endemol ha disvelato come la Rai dipenda da Mediaset. Non dipende solo dal punto di vista politico, come abbiamo scritto durante i cinque anni del governo Berlusconi affrontando per esempio il nodo del conflitto di interessi. Dipende per il fatto che la Rai è a sua volta tv commerciale. Affari tuoi , che ha permesso di raggiungere il primato degli ascolti su Raiuno, non è basata su un modello alternativo, ma è in concorrenza diretta con Mediaset. Certo, dovremmo anche discutere del suo pubblico, che è anziano e che, lo dico con un linguaggio marxista, non ha coscienza di essere pubblico. Ma la cosa curiosa è un'altra. Si è passati dalla Rai lottizzata degli anni 80 a un altro modello: nella fase della Rai industrializzata tutto è dato in esterno, in out-sourcing. I padroni di viale Mazzini sono le case di produzione esterne. Diciamola tutta: le reti Rai sono in franchising: espongono, mostrano, propongono prodotti altrui, che non sono frutto di una politica editoriale, ma nascono all'interno della strategia industriale delle grandi case di produzione internazionali.

Rispetto al problema posto dal conflitto di interessi oggi cambia qualcosa?

Se prima il problema era il fatto che il maggior imprenditore televisivo era anche il capo del Governo, oggi assistiamo a un ulteriore salto di qualità. Non dipendiamo dalla tv commerciale solo dal punto di vista politico, ma anche a livello di contenuti. E' questo l'aspetto fondamentale.

Che fare per evitare che la Rai affondi?

Tutti quanti oggi fanno una fuga in avanti. Esaltano la possibilità che la Rai possa risolvere i suoi problemi declinandosi al futuro. Sono d'accordissimo: la comunicazione tenderà sempre più a essere personalizzata e i nuovi media affermano questo processo. Ma vorrei ricordare a tutti quanti che nella società dell'informazione l'abbondanza di reti, di fonti, crea un cortocircuito comunicativo. Alla fine cioè prevale il messaggio più semplice, prevale la tv generalista. E' vero che è in crisi, vecchia, superata, che i nuovi media la assalgono. E' verissimo. Ma a internet o a altri mezzi di comunicazione più sofisticati accedono solo coloro che hanno già una convinzione, un coinvolgimento, perché costa fatica, un percorso personalizzato. Per tutti gli altri vale il messaggio della tv generalista, che si raggiunge senza sforzo, in ogni momento della giornata. E' l'unico spazio condiviso, per milioni di spettatori. La battaglia per la tv generalista non va quindi sempre superata immaginando il futuro. Vale la pena tentare di avere delle proposte, di affermare un progetto editoriale autonomo che ora manca. La Rai, se non si prendono provvedimenti, se non si propone qualcosa di alternativo, dipende da un unico modello.

E' un discorso che vale per tutta la televisione?

Il modello del reality ha invaso tutto. Anche l'informazione è diventata gossip, spettacolo, soap opera. A livello culturale si rischia moltissimo. Siamo passati, in questi anni, dalla sociologia al teleromanzo. Spero che la crisi della Rai consenta una presa di consapevolezza. La politica deve smettere di pensare alla tv pubblica come occupazione di posti. C'è invece un modello culturale da ripensare, da rivedere.

Negli Usa, prima, era proibito a chi era possessore di una rete di essere anche fornitore di contenuti ad altre tv. Può essere una soluzione da perseguire anche in Italia per via legislativa?

Non è più così neanche negli Stati Uniti. Le leggi sono fatte per essere aggirate. Il vero sforzo che va fatto è culturale. Mi chiedo e chiedo agli altri: è possibile ripensare a una Rai che abbia la sua autonomia editoriale, diversa dalla tv industriale di oggi? A noi qui interessa fare la diagnosi, capire da quale virus è colpita la Rai, le soluzioni le lascerei a domani. Bisogna che prima si discuta, che si capisca quello che è accaduto. E' compito poi della politica fare le leggi, l'importante che si dia una nuova missione alla tv pubblica.

Angela Azzaro
Fonte: www.liberazione.it
16.05.07


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