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Freud, i sigari e le pipe di Magritte


Tibidabo
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Parlando di ermeneutica due utenti di buon senso mi hanno ricordato la frase di Freud: "A volte un sigaro è solo un sigaro" ossia non è sempre il simbolo di un fallo.
Intanto a questo proposito ricordo la celebre scena del pompino metaforico ne "La duchessa di Langeais" di Balzac, che la dama eponima fa al sigaro del marchese di Montrivaux.

Il punto però è un altro.

Prendete una cosa insignificante come un tavolo e due sedie per lato.
C'è da chiedersi qualche perché?
C'è da chiedersi che significa?
No, è un tavolo con due sedie e basta.

Ora immaginate di stare a teatro.
Si spengono le luci, si alza il sipario e sulla scena, illuminati dall'occhio di bue, appaiono...un tavolo con due sedie...
Subito, in maniera automatica, "tutti" gli spettatori si chiedono: "Perché? Che significa?"

Cioè l'arte è quello spazio (scenico, letterario, visuale) dove si esegue una operazione che consiste precisamente nel rendere le cose - oggetti, immagini, parole, avvenimenti narrati - metafora (il che tra l'altro implica che l'ermeneutica - interpretazione - non è proprietà esclusiva dell'artista ossia non si limita alla decodifica del "messaggio" che è solo una parte a volte molto ridotta del campo ermeneutico creato dall'opera).

Un'immagine vale più di mille parole


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PietroGE
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Non ci sono sempre messaggi da inviare a questo o a quello. Vedere messaggi dappertutto anche quando l'artista vuole solo rappresentare qualcosa e basta significa impossessarsi di qualcosa a cui non si ha diritto e usarlo per scopi propri. Non mi sembra una cosa giusta.


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Tibidabo
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Non ci sono sempre messaggi da inviare a questo o a quello. Vedere messaggi dappertutto anche quando l'artista vuole solo rappresentare qualcosa e basta significa impossessarsi di qualcosa a cui non si ha diritto e usarlo per scopi propri. Non mi sembra una cosa giusta.

Che significa "rappresentare qualcosa e basta"...

Ma la cosa interessante è questa tua visione secondo la quale l'interpretazione significa appropriarsi di una cosa altrui.
Seguimi senza metterti sulla difensiva come io non sto in posizione aggressiva.
Si parla e la mia idea è che chi sostiene le tue tesi lo fa per una sorta di inibizione.

Scrivi testualmente:

"Impossessarsi di una cosa di cui non si ha diritto"

Non ti è mai venuto in mente che per fruire un'opera d'arte paghi un prezzo (il costo dell'oggetto o il biglietto o le tasse per mantenere i musei)?
E se paghi perché non hai il diritto?

È proprio questa cosa di aver scritto che "non hai il diritto di impossessarti" per "SCOPI PROPRI" che è incredibile.

Ma di chi vuoi che siano gli scopi?
Evidentemente di qualcun altro.
Chi?
L'artista?
E no, perché la maggioranza degli artisti sono morti da secoli e secoli.
Di chi ti stai preoccupando, Pietro?
Io dico che hai introiettato quella mentalità di media borghesia che non riesce nemmeno a "pensarsi" libera da una autorità che la domina e la protegge in maniera pesantemente paterna, di fronte alla quale si ha paura ma anche si è felici di tornare a essere bambini cioè non pienamente responsabili.
Chi fa il tuo tipo di ragionamento, a mio avviso, proietta sull'interpretazione artistica l'atavico timore del subalterno nel toccare la roba o la donna del padrone (che desidera ardentemente entrambe, ovviamente).

L'arte invece è patrimonio comune cosí come gli ebrei considerano patrimonio dell'ermeneutica comune i testi sacri.

Mi hai lasciato di stucco con questa cosa del non diritto di impossessarsi per uso proprio riferito...all'interpretazione...

Lo so e lo dico da anni che l'ermeneutica è una questione delicatissima sia sul piano personale di ognuno che su quello politico e dei rapporti sociali ma vedere una simile manifestazione di soggezione mi lascia interdetto.

Pietro, l'opera d'arte è di chi la interpreta al di là del possesso fisico dell'oggetto un libro o un dvd o un cd sono tuoi, il quadro famoso no, ma in ciascuno dei casi sei solo tu che la rendi veramente arte fruendone, interpretandola e condividendola.

Però temo che non bastino le parole di fronte a una inibizione cosí radicata.

Voglio dire che tu pensi che io interpretando in questo modo dimostro di essere qualcuno che fa il furbo, qualcuno che potenzialmente è un trasgressore, una sorta di imbroglione imbonitore...tu giudichi come moralmente "dubbia" la mia azione di fare ermeneutica libera, infatti dici che "non ne avrei il diritto"...e che ho degli scopi miei !!!!!!...istintivamente ti chiedi se questo non celi anche altri aspetti moralmente dubbi...pensi che io lo faccia per credermi più di quello che sono e via dicendo...

È pazzesco ma è cosí.

Lo so già ma ogni volta che lo vedo è qualcosa che mi lascia sbalordito.


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PietroGE
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Ti faccio un esempio per cercare di chiarire : Bob Dylan nella sua famosa canzone Mr Tambourine man parla di un uomo che suona il tamburino e a lui chiede di portarlo lontano dal mondo. Il testo si può leggere su internet. Ovviamente, visto il periodo storico in cui fu scritta la canzone molti critici hanno identificato l'uomo col tamburino col dealer delle droghe. Dylan però ha sempre risposto che le droghe non c'entrano un bel niente e il Mr Tambourine man non è altro che un uomo che suona il tamburino.
Ora che dire : l'autore sbaglia? Non sa quello che dice, anche se la canzone l'ha scritta lui? Bisogna per forza immaginarsi un 'messaggio' nascosto?


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comedonchisciotte
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Se mi consentite un movimento nel campo affine della letteratura, vorrei ricordare due frasette di Eco dalle "Postille a Il nome della rosa":

Un narratore non deve fornire interpretazioni della propria opera, altrimenti non avrebbe scritto un romanzo, che è una macchina per generare interpretazioni.
[...]

L’autore dovrebbe morire dopo aver scritto. Per non disturbare il cammino del testo.


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Tibidabo
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Se mi consentite un movimento nel campo affine della letteratura, vorrei ricordare due frasette di Eco dalle "Postille a Il nome della rosa":

Un narratore non deve fornire interpretazioni della propria opera, altrimenti non avrebbe scritto un romanzo, che è una macchina per generare interpretazioni.
[...]

L’autore dovrebbe morire dopo aver scritto. Per non disturbare il cammino del testo.

Appunto.
Il problema che mi pongo è perché questo provoca tanta ansia nella gente.
È proprio un timore unito a una sorta di vergogna e sono assolutamente convinto che lí si trovi la chiave per ricostruire il senso di appartenenza del popolo.


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Cataldo
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Ripeto l'invito ad affrontare la lettura di "opera aperta di Eco", che svolge alcune delle tematiche cosi care a DesEsseintes, anche sul piano "politico" della faccenda. Di mio penso che comunque la fruizione genera interpretazioni personali, che siano esplicitate o meno è un accessorio, ma la difficoltà ad esplicitarle in modo consapevole potrebbe essere alla base di questa "ansia" che vede DesEsseintes.
Ho visto l'antologica più completa ad oggi di Magritte a Basilea nel 2005, e le tele dal vivo hanno un impatto forte, più che in altri autori, cosi come vedere Odissea nello spazio al cinema è diverso che vederlo in tv, questo per dire che anche la mera ghestaltica ha una sua influenza nel discorso interpretativo, la perdita di definizione del campionamento digitale, nella musica, nella riproduzione delle immagini, genera uno sfocamento generalizzato che forse ha una sua influenza in questa difficoltà di cui sopra.


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comedonchisciotte
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Appunto.
Il problema che mi pongo è perché questo provoca tanta ansia nella gente.
È proprio un timore unito a una sorta di vergogna e sono assolutamente convinto che lí si trovi la chiave per ricostruire il senso di appartenenza del popolo.

Infatti in generale approvo il tuo punto di vista.
Però Eco predica bene e razzola male nel momento in cui spiega il suo punto di vista.
E così Freud sembra abbia detto quella frase sul sigaro che è solo un sigaro.
Insomma, se qualcuno vuole sapere l'interpretazione dell'autore, lasciamolo fare.

A parte ciò, mi resta il dubbio che, oltre all'ermeneutica, abbia senso la semiotica come disciplina applicabile alle opere d'arte.


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Tibidabo
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Insomma, se qualcuno vuole sapere l'interpretazione dell'autore, lasciamolo fare.

Ma infatti parlando di 2001 ho parlato solo delle intenzioni dell'autore.
Solo che, come giustamente dice Eco, nessun autore ti dirà mai cosa vuol dire con certe metafore particolarmente criptiche.
Per capire cosa vuole dire devi interpretare tu al di là di quello che "dice" esplicitamente l'artista per esempio nelle interviste o nei libri.
Fellini non ha mai detto cos'è la manta morta alla fine della Dolce Vita però qualcuno l'ha capito perché si salvò a stento dall'essere malmenato.
Qualcuno aveva decifrato l'arcano evidentemente e si era impermalito...

Le intenzioni del regista sono uno step importante prima di tutto perché si tratta di imparare a decifrare un linguaggio.
Dopo ci sono le implicazioni che possono essere anche indipendenti dalla cosciente volontà dell'autore.
Ogni opera ha una sua relazione con i rapporti fra le classi sociali e quello è uno dei campi in cui che l'artista lo voglia o no si può interpretare "senza autorizzazione".

Ma questa opera di decifrazione spaventa moltissimo la gente che in generale si sente in terribile soggezione ai musei ma in particolare diventa matta di fronte ai quadri astratti in cui non c'è più la ridicola linea guida della verosimiglianza.
Se quindi qualcuno comincia a dire che esistono delle intenzioni che il regista o l'artista ha voluto velare, i fruitori meno liberi vanno letteralmente nel panico e diventano aggressivi.
Gli stai dicendo che tu riesci a non essere sottomesso come loro e questo non è accettabile.
Voglio dire...sappiamo di cosa parlo perché qui dentro è successo già diverse volte...e su questioni che dovrebbero essere del tutto anodine come l'arte...invece scoppiano polemiche assurde...
Qui per 2001 si sta verificando una notevole eccezione e meno male.


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Tibidabo
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A parte ciò, mi resta il dubbio che, oltre all'ermeneutica, abbia senso la semiotica come disciplina applicabile alle opere d'arte.

Certo ma l'ermeneutica si avvale o può avvalersi della semiotica ossia la seconda è un mezzo della prima.
L'ermeneutica però ha una funzione sociale quindi politica.
Ricordiamoci che gli ebrei dopo la distruzione di Adriano erano rimasti senza terra, senza armi e solo con un libro.
Hanno fondato il loro nuovo senso di appartenenza, probabilmente il più forte oggi, solo sulla infinita ermeneutica di quel libro.


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