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Fusaro - Renzi e la rottamazione capitalistica della scuola


Arcadia
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Renzi e la rottamazione capitalistica della scuola

Occorre reagire a questa barbarie, naturalmente. E occorre reagire a partire dalla cultura: la rivoluzione è anzitutto culturale. Per reagire occorre che i docenti, precari e non, si oppongano: insegnando il valore dei classici e della storia, dell’arte e della filosofia, e dunque del pensiero critico che, solo, può contestare fermamente il cretinismo economico e il rimbecillimento programmato ovunque dominanti.

di Diego Fusaro - 27 marzo 2015

Non deve stupire il DDL di riforma della scuola del governo Renzi. E non deve stupire in quanto non contraddice le attese. La riforma della scuola del rottamatore postmoderno fiorentino è, infatti, del tutto coerente con l’obiettivo del neoliberismo e con la già in atto distruzione capitalistica della scuola: rimozione della cultura, aziendalizzazione degli istituti scolastici, rimbecillimento programmato dei discenti demenzialmente trasformati in “consumatori di formazione”, debiti e crediti come nel perverso mondo della finanza, annullamento del processo formativo, offerte formative in linea con la sacra legge della competizione di mercato. E la lista potrebbe allungarsi a piacimento, di imbecillità in imbecillità.

Se fossimo nell’“Amleto” shakespeariano, si direbbe che vi è del metodo in questa follia. E questa follia si inscrive in un processo di “riforma” – la magica parola con cui si rimuovono diritti e si distrugge tutto ciò che non è allineato con il folle progetto neoliberista – della scuola che è in atto da diversi anni. È un progetto nemmeno troppo velato di distruzione pianificata del liceo e dell’università: e ciò tramite quelle riforme interscambiabili di governi di destra e di sinistra che, smantellando le acquisizioni della benemerita riforma della scuola di Giovanni Gentile del 1923 (criticabile finché si vuole, ma ad oggi insuperata perché centrata sull’idea di sviluppo dell’essere umano), hanno conformato – sempre in nome del progresso e del superamento delle antiquate forme borghesi – l’istruzione al paradigma dell’azienda e dell’impresa (debiti e crediti, presidi managers, informatica e inglese in luogo del latino e del greco, e mille altre amenità coerenti con la ristrutturazione capitalistica della scuola).

“Per il capitale ogni limite è un ostacolo”: così Marx, nei Grundrisse. E la scuola è, per il capitale, un limite che deve essere superato: in essa si formano, storicamente, esseri umani e non consumatori; per di più, esseri umani con coscienza critica, spessore culturale e capacità di giudizio, esattamente ciò che il fanatismo dell’economia finanziaria non può tollerare e deve, per ciò stesso, distruggere. Distruggere la scuola significa decapitare intere generazioni di teste pensanti. La stessa domanda, sempre più in voga, “che possibilità di lavoro mi dà lo studio della filosofia o dell’arte?” rivela un inedito riassorbimento della formazione nell’ambito dell’aziendalizzazione e dell’assiomatica del do ut des: in una rimozione integrale di ciò che un tempo era notissimo, ossia che la scuola deve formare e non produrre acefali calcolatori e produttori di profitto. Immaginate se nell’Accademia di Platone o nel Peripato di Aristotele si fosse domandato ai due filosofi “che lavoro troverò dopo?”!

Il precariato non bastava. Il precariato è il sogno realizzato del neoliberismo e del capitale vincente: ridurre la società ad aggregato atomico di monadi isolate e senza stabilità lavorativa ed esistenziale, chine al cospetto degli ordini del potere, impossibilitate a reagire, del tutto dipendenti dal volere dell’economia e dei suoi sacri dogmi. Con il nuovo DDL alla patologia funesta del precariato si aggiunge il potenziamento del ruolo del preside: questi potrà decidere autonomamente come assumere e/o trasferire i vari docenti secondo dei criteri che vengono detti “trasparenti” – la neolingua orwelliana non cessa mai di stupirci – ma che, non essendo definiti, probabilmente saranno quelli del rispetto della didattica, ma poi soprattutto del rispetto del programma ministeriale e dell’insegnamento allineato col pensiero unico (con automatico trasferimento di chi non si adatta cadavericamente). Chi non si adatta, chi canta fuori dal coro, chi non accetta le verità imposte, si prepari ad essere trasferito in Siberia o, fuor di metafora, nella provincia dell’impero.

Pare che il preside potrà, secondo questi criteri, assumere a chiamata dei precari o chiedere di trasferire degli insegnanti di ruolo su posti che si rendano vacanti. Insomma, i precari e i non precari dovranno essere rispettosi e bene in linea, non dovranno permettersi di ritagliarsi sfere di autonomia di pensiero e magari anche di contestazione della follia in atto. Il ricatto del trasferimento è sempre in agguato! Insomma, i docenti – precari e non – dovranno collaborare attivamente, senza opporsi, a rinsaldare quello che di fatto è il ruolo sempre più evidente delle scuole ridotte ad aziende con offerte formative, debiti e crediti: porsi come luoghi di addestramento delle giovani menti al pensiero unico inoffensivo e politicamente corretto. Orwell e Huxley erano, al confronto, dilettanti!

Non è, invece, chiaro se il preside potrà anche spostare degli insegnanti che abbiano la loro sede titolare, ma è certo che i neoassunti potranno esserlo con contratti triennali a chiamata, e poi venire licenziati a seconda di come si comporteranno. Siamo al cospetto, dunque, di una dittatura da parte di mandarini di regime.

Occorre reagire a questa barbarie, naturalmente. E occorre reagire a partire dalla cultura: la rivoluzione è anzitutto culturale. Per reagire occorre che i docenti, precari e non, si oppongano: insegnando il valore dei classici e della storia, dell’arte e della filosofia, e dunque del pensiero critico che, solo, può contestare fermamente il cretinismo economico e il rimbecillimento programmato ovunque dominanti.

http://www.lintellettualedissidente.it/corsivi/renzi-e-la-rottamazione-capitalistica-della-scuola/


Citazione
Anonymous
Illustrious Member
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La rivoluzione non è culturale, ma materiale.
La coscienza di classe non è cultura ma consapevolezza dei rapporti di classe.
La coscienza non potrà mai e poi mai essere insegnata nell'istituzione borghese, ma può essere assimilata nel partito rivoluzionario attraverso la militanza politica, attraverso il lavoro quotidiano di diffusione del giornale di partito, partecipando alle iniziative dell'organizzazione.
Ecc.
Signor Fusaro, sarà pure un dotto del marxismo, ma non ha capito niente di pratico del marxismo.

PS: lo scopo della scuola borghese è formare futuri quadri e mano d'opera più o meno specializzata...


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Rosanna
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"Occorre reagire a questa barbarie, naturalmente. E occorre reagire a partire dalla cultura: la rivoluzione è anzitutto culturale. Per reagire occorre che i docenti, precari e non, si oppongano: insegnando il valore dei classici e della storia, dell’arte e della filosofia, e dunque del pensiero critico che, solo, può contestare fermamente il cretinismo economico e il rimbecillimento programmato ovunque dominanti."

Fusaro purtroppo non ha considerato che la gran parte dei docenti sono piddini, dunque non sono dotati di pensiero critico, mi sembra. Consiglio a Fusaro la lettura di un bel libricino, particolarmente illuminante:

George Lakoff, "Non pensare all'elefante"

gli italiani hanno in testa l'elefante, di destra o di sinistra che sia, e non sono minimamente interessati a sgomitare oltre le rassicuranti pareti del proprio carcere ideologico, perché dovrebbero farlo ?
Per salvare una cultura che è stata definitivamente demolita dalla speudocultura del consumismo e dello spettacolo?

Meglio Pasolini, di Fusaro:

"Io vi prospetto quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova "trahison des clercs": una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime sia pure ancora soltanto come nuova cultura e nuova qualità di vita. Vi richiamo a quanto dicevo: il consumismo può rendere immodificabili i nuovi rapporti sociali espressi dal nuovo modo di produzione "creando come contesto alla propria ideologia edonistica un contesto di falsa tolleranza e di falso laicismo: di falsa realizzazione, cioè, dei diritti civili". La massa degli intellettuali che ha mutuato la lotta per i diritti civili rendendola così nel proprio codice progressista, o conformismo di sinistra, altro non fa che il gioco del potere: tanto più un intellettuale progressista è fanaticamente convinto delle bontà del proprio contributo alla realizzazione dei diritti civili, tanto più, in sostanza, egli accetta la funzione socialdemocratica che il potere gli impone abrogando, attraverso la realizzazione falsificata e totalizzante dei diritti civili, ogni reale alterità. Dunque tale potere si accinge di fatto ad assumere gli intellettuali progressisti come propri chierici. Ed essi hanno già dato a tale invisibile potere una invisibile adesione intascando una invisibile tessera".

Pier Paolo Pasolini


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Tetris1917
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Anche la scuola borghese potrebbe preparare rivoluzionari antisistema di primo livello. Marx o Lenin o che ne so ...... lo stesso Guevara, Rimbaud, Majakovskij, ....ecc avevano preparazioni classiche in scuole borghesi. Alla fine conta l'uso che ne fai delle poche nozioni che ti entrano nel cervello e della capacità di converso d'elaborazione che hai. Insomma, un buon professore in una scuola borghese può accendere una scintilla ma la paglia deve essere pronta....e la paglia si prepara con le condizioni materiali che gli uomini vivono. Diego Fusaro ha studiato Marx, ma questo fa di Fusaro un rivoluzionario antisistema?


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Jor-el
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La scuola pubblica serve a diverse cose, fra cui dare una formazione di base alle masse. Tale formazione serve per preparare la manodopera ma anche e soprattutto i consumatori, in modo particolare al giorno d'oggi, con l'importanza che ha ed avrà la produzione e il consumo di immateriale. Dal momento che, in prospettiva, i lavori qualificati saranno riservati a una minoranza di specialisti (che saranno formati a parte in alcune scuole private) mentre la grande maggioranza vivrà di sussidi, credito al consumo e lavoro discontinuo e dequalificato, alle multinazionali serve un abbassamento generale del livello di formazione medio, in modo da stimolare una domanda di prodotti di basso standard (a tutti i livelli, dall'alimentare al culturale). In questo senso ha ragione Fusaro: serve una rivoluzione culturale, una battaglia per avere un'istruzione pubblica di qualità.
Il fatto che gli insegnati siano in buona parte del PD è una tragedia. Accetteranno la bassa propaganda sulla "buona scuola" come oro colato e si getteranno di slancio nella competizione "meritocratica" (=leccaculismo istituzionalizzato e spionaggio retribuito). L'unico modo per contrastare tutto ciò è riuscire a bucare il muro della propaganda pidocchia. D'altronde, dagli insegnanti non è mai venuto nulla di buono. Speriamo negli studenti.


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