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Giappone, una tragedia che cambierà la nostra vita


Tao
 Tao
Illustrious Member
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Alle catastrofi naturali siamo, purtroppo, abituati da tempo. Agli incidenti gravi delle centrali nucleari sicuramente no. Per questo, il cordoglio e lo sgomento per gli avvenimenti giapponesi vanno molto al di là di quelli, in qualche misura stereotipata, che hanno fatto seguito ai gravi e frequenti terremoti recenti, da Haiti alla Nuova Zelanda. A differenza di quelle catastrofi, la fuga di radioattività dalla centrale di Fukushima non rimane un fatto esterno da affrontare con un’appropriata dose di «buonismo» ma chiama in causa la stabilità del sistema economico mondiale, il nostro consumo di energia, e quindi il nostro modo di vivere, penetra nella nostra vita quotidiana, semina dubbi e inquietudini, condiziona le nostre scelte di politica industriale.

Anche se, come tutti ardentemente ci auguriamo, gli incendi ai reattori di Fukushima non avranno ulteriori conseguenze, è chiaro che l’energia nucleare ha fatto un grosso passo indietro dal quale riemergerà, se e quando riemergerà, con maggiori costi economici - per la sicurezza addizionale che si renderà necessaria per l’eventuale costruzione di nuovi impianti - e con maggiori costi politici, per la facilmente prevedibile avversione di tutte le popolazioni del mondo a vedere costruire una centrale nucleare a poca distanza dalle proprie case.
Il che rende necessario per l’intero pianeta, ma in particolare per l’Europa e per l’Italia, affrontare un problema scomodo, sempre rinviato nella sostanza: l’era dell’energia a buon mercato è finita. Di petrolio «facile», ossia di quello che si tira fuori bucando il suolo fino a poche centinaia di metri a un costo di 20-30 dollari al barile, non ce n’è più, con la possibile eccezione dell’Iraq, dove le guerre hanno ritardato l’estrazione; il petrolio «difficile» occorre estrarlo da migliaia di metri di profondità, sotto la terra e sotto i mari, a costi molto superiori; il gas naturale potrà supplire temporaneamente e parzialmente a questa carenza ma le riserve energetiche hanno sostanzialmente smesso di aumentare mentre la domanda dei Paesi emergenti diventa sempre più vivace. Oggi ci lamentiamo per qualche centesimo di aumento nel prezzo della benzina ma la prospettiva più credibile di lungo periodo è quella di sensibili rincari per benzina, gasolio, ed elettricità da cui possono derivare spinte inflazionistiche generalizzate.

Un problema di questo genere dovrebbe essere affrontato, oltre che a livello mondiale, anche a livello europeo. E invece è impressionante constatare che Germania, Francia, Italia e tutti gli altri continuino nei fatti a seguire politiche nazionali delle quali sono particolarmente gelosi; uno degli indici con i quali si misurerà il successo (o forse la possibilità di sopravvivenza) dell’Unione Europea sarà la capacità di coordinare, superando egoismi e miopie, una serie di politiche oggi prerogativa dei governi nazionali, dalla previdenza sociale all’energia, appunto.

E’ bene dire subito che, anche prima di Fukushima, l’energia nucleare non sarebbe bastata a risolvere i problemi ma avrebbe portato soltanto a una loro attenuazione come parte di un mix comprendente energia solare ed energia eolica. E che queste due forme di energia, che richiedono investimenti non certo indifferenti, non soddisfano ugualmente bene a ogni tipo di bisogni. Sono assai più efficienti per illuminare e scaldare le case che per muovere treni e far funzionare altiforni. E se non provocano emissioni inquinanti, possono avere altre importanti controindicazioni come la distruzione del paesaggio.

La lezione di Fukushima sembra allora chiara: quella centrale esplosa quasi in diretta sui nostri schermi televisivi segnala la fine di un modo di produzione legato all'energia facile, flessibile e abbondante e di uno stile di vita in cui si esce da una stanza senza preoccuparsi di spegnere la luce. Ci aspetta un mondo in cui guarderemo nervosamente, oltre che agli indicatori dell'inquinamento globale, alla bolletta dei consumi elettrici. L'accesso facile e l'abbondanza energetica non saranno più garantite e potrebbero rappresentare una nuova discriminante tra ceti sociali ricchi e ceti sociali poveri, oltre che tra Paesi ricchi e Paesi poveri.

A meno di trovare nuove fonti energetiche a buon mercato, una ricerca sul cui successo è difficile esprimere valutazioni, la risposta migliore per l'Italia e per l'Europa sta nel miglioramento dell'efficienza energetica delle fonti attuali. Basti pensare che, nelle automobili dei tempi del primo shock petrolifero, il consumo di benzina per chilometro era superiore del cinquanta, talora perfino del cento per cento a quello delle automobili attuali, che i nuovi elettrodomestici consumano considerevolmente meno di quelli della passata generazione e che la coibentazione delle case consente risparmi straordinari.

Raddoppiare l’efficienza energetica equivarrebbe di fatto a raddoppiare le riserve energetiche e consentirebbe di guadagnare almeno un paio di decenni in attesa di soluzioni «definitive» ancora remote. Un simile raddoppio dovrebbe essere non soltanto un auspicio bensì anche obiettivo specifico di politica industriale, da incoraggiare e sostenere adeguatamente con strumenti fiscali e con azioni mirate nel campo della ricerca, per l'industria italiana ed europea, troppo spesso aggrappate per necessità a prospettive di breve periodo e ad obiettivi di mera sopravvivenza.

Mario Deaglio
Fonte: www.lastampa.it
Link: http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8521&ID_sezione=&sezione=
19.03.2011


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Truman
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Si, va bene.
Ma perchè le azioni degli Lloyd di Londra salivano prima del terremoto?


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vic
 vic
Illustrious Member
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Post: 6373
 

La grande domanda e' su come saranno le auto di domani, sempre che la gente abbia abbastanza soldi da permettersele.

Se finisce il petrolio finisce la plastica, finiscono un mucchio di materiali a buon mercato. Le auto probabilmente costeranno per questo di piu', anche fabbricarle costa energia. E come andranno? Se saranno elettriche non c'e' risparmio che tenga, il fabbisogno di elettricita' aumentera'. Rimane anche la domanda, come saranno gli accumulatori? Non ditemi al litio, eh. Dopo tre anni sono da buttare e costano un occhio. Le riserve di litio sono poi cosi' immense? Come si fabbricano i pneumatici senza petrolio? Come si mantengono le strade senza petrolio?

Qui va a finire che andremo solo a piedi, in bici, a cavallo e in treno/metro'.
Il problema dell'auto va poi ingrandito e risolto anche per le navi, per gli aerei e, si', anche per i vettori spaziali.

Come sara' il trasporto di domani? Risparmiare significa anche cambiar modo di andare in giro, e probabilmente significa andare in giro meno: niente vacanze esotiche, niente pendolarismo per il lavoro, niente scie chimiche (meno male) perche' non ci saranno piu' tanti aerei, niente satelliti perche' non siamo mica matti a buttar via tutto quel carburante prezioso per degli sfizi da guardoni militari. Oh gia', pure niente militari, che sono quei tali che l'energia la buttano via senza remore. Forse e' da li' che deve cominciare il risparmio: dai militari.

Ma che bella prospettiva, un effetto collaterale proprio coi fiocchi. W il risparmio energetico. W la fine del petrolio. W la fine dell'uranio. W quelli che studiano le vere energie alternative. Che non sono ne' il solare ne' l'eolico, perche' e' assai arduo far andare tutto il traffico cosi'. Forse le navi potrebbero cavarsela, certo non proprio come oggi ma insomma, potrebbe forse funzionare col vento.

Vuoi vedere che rispuntera' il nucleare sotto altre forme, oggi assai nascoste? Non quelle di cui tutti parlano in questi giorni, ma altre, diverse, molto diverse. Roba da far crollare l'industria nucleare, si' quella vecchia e decrepita che richiede montagne di cemento, montagne d'acciaio e montagne di precauzioni. Il nucleare risorgera' come una fenice ed avra' un altro nome.

Lo vogliamo capire che i reattori sono come la macchina a vapore! Che differenza c'e' fra lo spostare barre di uranio e buttar palate di carbone? Non la chiameremo mica alta tecnologia! Dal nucleare si puo' e si deve pretendere ben altro. Oggi come oggi, per fare un altro paragone, quello delle telecomunicazioni, il nucleare e' fermo al telegrafo ed all'alfabeto Morse. Chi mai si sogna piu' di utilizzarli!

Risparmio si', ma non nella ricerca e sviluppo. Non avremo mica scoperto l'energia nucleare per poi buttarla via o per farne solo bombe e proiettili superpenetranti! Scherziamo o cosa!

Dal nucleare occorre pretendere quel che si e' ottenuto dal motore a vapore in poi, o quel che si e' ottenuto dall'uso dell'elettricita' prima e dell'elettronica poi. Uno sviluppo di quel tipo, non quel girare attorno alle cosiddette generazioni che e' come girare attorno all'ombelico.

Non facciamo gli stupidi: il nucleare di oggi e' il nucleare da macchina a vapore, vecchio come il cucu'. Gigantesco e pesante come l'indutria pesante sovietica.

Come vedete sono tutte considerazioni fatte senza citare i problemi delle scorie. Perche' quelli sono problemi da nucleare di ieri, non da nucleare di domani.
Ne rimane parecchia di strada da fare, non solo col risparmio, ma anche col sudore della fronte, quella con dietro il cervello.

Pensiamoci su', va.


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