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Gli assassini di Abdoul Salam Guiebre


Tao
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[Il 14 settembre 2008, dopo un'indegna ondata continuativa di allarme infondato sulla sicurezza propalata dai media nazionali, veniva ucciso a Milano Abdoul Salam Guiebre, 19 anni, di Cernusco sul Naviglio, massacrato a colpi di spranga intorno alla Stazione Centrale da padre e figlio baristi, proprietari di un locale dove il ragazzo e alcuni suoi giovani amici forse avevano rubato per bravata un pacchetto di biscotti. Di origine burkinabé, il ragazzo decedeva all'ottavo colpo di spranga. Alla generale mobilitazione a Milano, non partecipò il Sindaco. Il processo si è iniziato, dopo che i colpevoli, il cui volto non è mai stato mostrato in tv o sulla stampa, hanno offerto prima 50.000 euro e poi 100.000 per risarcire la famiglia Guiebre; e hanno formulato per bocca dei loro avvocati un pentimento in occasione della prima udienza. In merito, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo appello inviato dalla traduttrice e teorica della letteratura Donata Feroldi. La Redazione]

Non lo chiamerò Abba perché non lo conoscevo personalmente. Non lo chiamerò Abba perché vorrei farla finita con la finta confidenza giornalistica che spiana la strada all’indifferenza solleticando la vena sentimentalistica di questo paese che ama sentirsi migliore nel momento stesso in cui archivia la pietà e la solidarietà umane incarnate in una forma dignitosa, non lacrimevole. Non lo chiamerò Abba perché, a differenza dei suoi amici, non sono adolescente: a loro dunque, a loro soltanto, il privilegio di chiamarlo col nome dei giochi e degli scherzi, col nome del cuore. A loro, ai suoi genitori, ai suoi fratelli e sorelle: alla sua famiglia e a tutti quelli che, davvero, gli hanno voluto bene quando ancora era vivo.

Vorrei che noi, abitanti di questo paese, di questa città che è stata la sua, pur così matrigna, potessimo vedere il volto dei suoi assassini e interrogarci su quello che si può leggere negli occhi di qualcuno che in una notte di furia abbatte un innocente, senza fermarsi un momento a guardare il volto umano che ha di fronte: accecato di rabbia immotivata. Vorrei che potessimo vedere quegli occhi senza sguardo che sono anche i nostri occhi: occhi dimentichi di ogni bene, privi della luce che fa di un uomo un uomo, occhi ciechi.
I loro nomi non sono niente. Dopo tanti mostri sbattuti in prima pagina – per esserlo, per essere quei mostri che vogliamo che siano, per poterli meglio dimenticare – viene negato a tutti noi, cittadini di questo paese, di conoscere il volto di qualcuno che, pur restando umano, pur restando di questa carne e di questa terra, fa un passo fuori dal consorzio degli uomini, si arma di una spranga e nella notte insegue un ragazzo e lo ammazza così, come un cane, sull’asfalto di un marciapiede, “per futili motivi”. Di chi sono i volti, di chi sono le mani che hanno armato la mano che si è armata di una spranga?
Anche questi volti, anche queste mani – mani armate di penna e microfono – vorremmo vedere sul banco degli imputati. E vorremmo sentire dalle loro bocche, dalle bocche di tutti e non solo da quelle degli assassini di Abdoul – che ancora non hanno parlato, lo hanno fatto solo per interposta persona, per bocca dei loro avvocati – vorremmo sentire, se non un mea culpa, una parola di dignità, se non di pentimento, una parola di presa di responsabilità umana perché “siamo umani e niente di quello che è umano può esserci estraneo”.

Non ci è stato negato invece l’osceno spettacolo dei momenti che hanno preceduto la morte di Abdoul, la marcia violenta e inesorabile dei corpi armati di spranga nell’immagine sgranata di una telecamera di sorveglianza – la prova dei fatti, trasmessa in prima serata in supremo disprezzo per il dolore di un padre e una madre, di fratelli e sorelle, di amici ed amiche, che hanno così potuto assistere agli ultimi istanti di quell’essere amato. Perché dare in pasto quel video alla platea sempre satolla e distrattamente avida di cibi ed emozioni forti all’ora del desco serale? Per quale idea di verità? quale idea di giustizia? quale diritto di cronaca? Cosa può giustificare una simile violazione delle basi più elementari del rispetto umano, di quel naturale istinto alla pietas, noto a tutte le latitudini ma evidentemente non qui, nella patria dello spettacolare integrato, diffuso e concentrato al contempo? Non ho visto quel video, me l’hanno riferito, non avrei guardato, mi sarei coperta gli occhi in segno di pudore.

Qual è il prezzo della vita di un uomo? La vita di un uomo, di un ragazzo, non ha prezzo. Ma non è questa una ragione per offrire un’elemosina irrisoria per la pelle di un giovane di differente colore, per infliggergli l’estremo insulto di un obolo gettato dalle mense dell’abbondanza, quand’anche l’abbondanza non fosse la condizione di chi lo ha abbattuto. La mano che getta questo obolo è imbeccata da altre mani – armate di disprezzo –, e sono queste le mani che vogliamo interpellare, questo il gesto che non possiamo più tollerare. Non vi è risarcimento possibile per la morte di un innocente, e quand’anche fosse provata in sede processuale l’innocente scorribanda adolescenziale, nulla potrebbe giustificare lo spregio di una moneta gettata per terra, su quello stesso asfalto su cui Abdoul ha incontrato la morte per mano di un padre e di un figlio che insieme, come in un apologo biblico, hanno sacrificato un Abele che era Cam e Isacco insieme. Cos’è questa sporcizia, questo nero purulento che normalmente chiamano bianco? Cos’è questo candore di pelle che occulta abbagliando una nera melma rabbiosa dimentica delle proprie origini meticce, “mediane”?

Questa città che è un incrocio, e persino nel nome porta testimonianza della propria natura ibrida, di luogo di sosta e passaggio, ha potuto tradire così il proprio omen, senza che nessuna voce si alzasse a contraddire lo scempio, a riportare il presente e la storia nel loro alveo?

Tutti noi sappiamo i nomi di quelli che hanno armato le mani, sono conservati negli archivi dei telegiornali e dei quotidiani, tutti noi abbiamo dovuto ascoltare ad nauseam i discorsi che – come i proclami della Radio delle Mille Colline in Rwanda – hanno fatto crescere l’odio e la diffidenza per qualcuno che, pur umano, pur cittadino, veniva costantemente additato come diverso: un corpo estraneo, espulso infine, abbattuto, come un animale in un mattatoio, un cane randagio in mezzo a una strada. A questo è ridotta la nostra città, il nostro paese. A questo episodio, emblematico tra altri altrettanto emblematici e innumeri. E la serie sembra non voler finire.

Chi sono questo padre e questo figlio che, insieme, hanno potuto compiere un crimine così tremendo, hanno potuto intrecciare il loro legame di sangue al versamento di un sangue innocente, adolescente? Chi sono? Chi siamo? Cosa siamo diventati?

Chiedo per Abdoul Salam Guiebre, a nome mio e dei miei concittadini, un processo giusto, un processo che restauri in pienezza la nostra dignità di abitanti di questo paese, di qualunque provenienza e colore, di qualunque lingua, usanza e religione. Chiedo ai miei colleghi intellettuali, ridotti a proletariato mentale, a manovalanza cognitiva alienata e complice, privata di qualsiasi dignità, di assistere al processo per l’assassinio di Abdoul con un silenzio assordante, un anonimato che si renda visibile e pressante, perché sia resa giustizia alla sua vita e al suo nome, ai sacrifici e alla dignità di suo padre, di sua madre e dei suoi fratelli e sorelle. Chiedo a noi stessi una rivolta muta e pesante, un silenzio che possa dimostrarsi più forte di qualsiasi osceno sentimentalismo spacciato via inchiostro e via etere, via pixel e via radio, chiedo un soprassalto di dignità che sappia essere all’altezza della lezione che ci è stata impartita dai suoi familiari e dalla sua comunità nel corso di tutta questa vicenda. Possiamo ancora diventare uomini e donne. Non è detta l’ultima parola.

Vorrei concluder
e con le parole pronunciate alla 39ª sessione dell’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite a New York, il 4 ottobre 1984, da Thomas Sankara, allora Presidente del Burkina Faso, parole prese a prestito dal poeta tedesco Novalis:

“Presto gli astri ritorneranno a visitare la terra da cui si sono allontanati durante i nostri tempi oscuri; il sole deporrà il suo spettro severo, tornerà stella tra le stelle, tutte le razze del mondo si riuniranno di nuovo, dopo una lunga separazione, le vecchie famiglie orfane si ritroveranno e ogni giorno vedrà nuovi incontri, nuovi abbracci; allora gli abitanti del tempo che fu torneranno verso la terra, in ogni tomba si risveglierà le cenere spenta, ovunque bruceranno le fiamme della vita, le vecchie dimore saranno ricostruite, i tempi antichi si rinnoveranno e la storia sarà il sogno di un presente di durata infinita.” (1)
Spero che la terra d’Africa, dove è sepolto, sia per Abdoul più lieve di quanto non sia stata questa grigia contrada che non merita il nome di “Terra degli Uomini Integri”, qual è quello della patria dei suoi avi, il Burkina Faso.
Spero che i suoi assassini possano trovare il perdono di qualche dio, qualunque sia il suo nome, o di nessun dio, qualunque sia il destino prescritto alla nostra specie, perché non meritano l’odio, che hanno seminato, e neppure il disprezzo, che hanno dimostrato, ma solo la coscienza che, se nulla di quello che è umano può esserci estraneo, è necessario per tutti noi interrogarci su cosa sia diventata e cosa diventi giorno dopo giorno questa nostra incarnata umanità.

Del suo assassinio e della morbosa e ipocrita complicità che ne è seguita, del gioco delle riprovazioni, strumentalizzazioni e controstrumentalizzazioni, io provo vergogna.

La prossima udienza del processo per l’assassinio di Abdoul Salam Guiebre si terrà a Milano, il 14 maggio 2009.

Donata Feroldi
Fonte: www.carmillaonline.com
Link: http://www.carmillaonline.com/archives/2009/04/003020.html
24.04.2009

1. “Bientôt les astres reviendront visiter la terre d’où ils se sont éloignés pendant nos temps obscurs ; le soleil déposera son spectre sévère, redeviendra étoile parmi les étoiles, toutes les races du monde se rassembleront à nouveau, après une longue séparation, les vieilles familles orphelines se retrouveront et chaque jour verra de nouvelles retrouvailles, de nouveaux embrassements ; alors les habitants du temps jadis reviendront vers la terre, en chaque tombe se réveillera la cendre éteinte, partout brûleront à nouveau les flammes de la vie, le vieilles demeures seront rebâties, les temps anciens se renouvelleront et l’histoire sera le rêve d’un présent à l’étendue infinie".


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Melkitzedeq
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Ma smettiamola con questo buonismo pietoso che sta sempre dalla parte di Caino, specialmente se immigrato.

Con questi discorsi non si fa che fomentare il razzismo invece che sopirlo.

Il ragazzo africano era un ladro ed i due baristi hanno reagito all'ennesimo furto. Ovviamente la reazione e' stata spropositata e quindi i due stanno subendo un processo, non stanno mica a piede libero a sprangare innocenti immigrati africani. Questo continuo rimestare nel torbido della sinistra che vuole dipingere ogni italiano che reagisce alle ingiustizie subite da parte di immigrati come un pericoloso neonazista mentre fa dell'immigrato (anche quando ruba, rapina, stupra) sempre e' comunque un martire del razzismo ed una vittima della societa' non fa che portare la Lega e Berlusconi alla maggioranza assoluta dei consensi. Bravi continuate cosi'.


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Galileo
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Però tu con questo nome “Melkitzedeq” di che origini sei?

Concordo con te, in ogni caso. Basta con questa “demonizzazione” dell’immigrato, perchè ci si ritorcerà contro.


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Boero
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Allora giusto per ribadire,se viene ucciso un nero DA DEI BIANCHI queste sono le reazioni.Ok giusto,è morto qualcuno.Ma se muore un bianco ucciso dai neri?E SE A ESSERE UCCISI DAI NERI SONO 3000 BIANCHI L'ANNO COME ACCADE IN SUDAFRICA QUALCUNO DICE QUALCOSA?C'E' QUALCUNO CHE FA IL COCCODRILLO?NO.IO MI SONO PREFISSO CHE AVREI FATTO CONOSCERE IL GENOCIDIO DEL POPOLO BOERO,MA L'IPOCRISIA CON CUI DEVO SCONTRARMI E' FORTE,CIO' CHE VIENE SPACCIATA PER SINCERA PIETA' E' PURO NARCISISMO,PER POTER DIRE:''QUANTO SIAMO BRAVI'',''QUANTO SIAMO BELLI'',SIAMO I MIGLIORI...


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Galileo
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Fammi riflettere…Boero.

Come prima cosa credo di aver detto che basta! Smettiamola di far notizia falsa, utile, mirata, etc. Tu, mi entri nel mio locale, di qualunque colore tu sia, io mi difendo se posso. Questa è la NOTIZIA. Poi vedi, c’è chi la vuol vedere in bianco e nero, chi a colori, chi ritoccata con il fotoshop, però sempre questa rimane la notizia.

Ora, possiamo star qui un pai di giorni a discutere che aveva fame, perchè africano, perchè qualcuno in Africa lo ha fregato dicendogli che qui in Europa cè lavoro, che lui ci ha creduto perchè tanto…non ha più niente da perdere…

Ora, che tu mi venga a mettere dentro i Boeri, che sinceramente non so neanche dove stiano, presumo Africa da come parli: dimmi che c’entra?

Vui promuovere una causa per i Boeri? Fallo. Ma fallo in maniera corretta.


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mikaela
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Allora giusto per ribadire,se viene ucciso un nero DA DEI BIANCHI queste sono le reazioni.Ok giusto,è morto qualcuno.Ma se muore un bianco ucciso dai neri?E SE A ESSERE UCCISI DAI NERI SONO 3000 BIANCHI L'ANNO COME ACCADE IN SUDAFRICA QUALCUNO DICE QUALCOSA?C'E' QUALCUNO CHE FA IL COCCODRILLO?NO.IO MI SONO PREFISSO CHE AVREI FATTO CONOSCERE IL GENOCIDIO DEL POPOLO BOERO,MA L'IPOCRISIA CON CUI DEVO SCONTRARMI E' FORTE,CIO' CHE VIENE SPACCIATA PER SINCERA PIETA' E' PURO NARCISISMO,PER POTER DIRE:''QUANTO SIAMO BRAVI'',''QUANTO SIAMO BELLI'',SIAMO I MIGLIORI...

Le mando la storia dei Boeri e chi li ha massacrati tanto per arle capire che il suo commento non c'entra niente con questo bellissimo articolo
----STORIA DEI BOERI----
Un Afrikaner è un sudafricano bianco, di estrazione calvinista Ugonotta olandese, tedesca o belga, che parla l'afrikaans, una lingua derivata principalmente dall'olandese del XVII e XVIII secolo, che oggi integra prestiti dai linguaggi africani e dalla lingua inglese.
Gli Afrikaner (ampiamente noti fino al XX secolo come Boeri, dall'olandese boer, "contadino") discendono principalmente dai coloni Calvinisti bianchi che occuparono il Capo di Buona Speranza durante il periodo di amministrazione (1652-1795) della Compagnia Olandese delle Indie Orientali (Vereenigde Oostindische Compagnie o VOC) e nel susseguente periodo di amministrazione britannica. Negli anni 1830 e 1840 una stima di 12.000 pionieri Boeri (Voortrekker) penetrò nei territori del futuro Natal, nelle province del Transvaal e dello Stato Libero di Orange, allo scopo di mettersi fuori dalla portata dell'autorità britannica, per sfuggire alle implacabili guerre di confine, al colonialismo britannico e alle sue politiche di anglicizzazione, e per allentare la pressione su una frontiera sovraffollata, nella quale la terra stava diventando scarsa.
Mentre alcuni storici sostengono che questa serie di migrazioni, in seguito note come Great Trek, venne causata perché i Boeri non furono d'accordo con le restrizioni britanniche sulla schiavitù, è un dato di fatto che molti di questi "Boeri-marcianti" (coltivatori migranti, semi-nomadi) non possedevano schiavi, contrariamente ai loro più ricchi cugini della parte occidentale del Capo, che non emigrarono né presero parte al Great Trek.
La vasta maggioranza dei Voortrekkers erano "Boeri-marcianti" provenienti dalla parte orientale del Capo, che erano impegnati nella pastorizia. Cionondimeno, la promulgazione britannica dell'Ordinanza 50, nel 1828, che garantiva pari diritti davanti alla legge per tutte le "persone libere di colore", fu un fattore del malcontento Boero, come è ben documentato in numerose fonti contemporanee; le varie repubbliche dalla vita breve fondate dai Voortrekkers avrebbero tutte racchiuso la disuguaglianza razziale nelle loro costituzioni.
Il Great Trek fu principalmente il risultato del "cedimento della diga" formata dalla repressione delle migrazioni di popolazione e dalle pressioni sulla popolazione, quando la migrazione ad est dei "Boeri-marcianti" giunse a una fermata virtuale per almeno tre decenni. Anche se alcuni "Boeri-marcianti" si spinsero oltre il fiume Orange in periodi precedenti.
Durante il cosiddetto Great Trek essi combatterono contro gli Zulu (dopo che i capi dei Voortrekker, Piet Retief e Gerhard Maritz, assieme a quasi metà dei loro seguaci vennero uccisi da Dingaan e dai suoi guerrieri dopo che questi avevano inizialmente firmato con loro un trattato territoriale), che all'epoca occupavano le stesse aree in cui erano entrati i Boeri.
I Boeri stabilirono stati indipendenti in quello che oggi è il Sud Africa: il Natalia/Transvaal (la Repubblica Sudafricana) e lo Stato Libero di Orange.
Il desiderio inglese di estendere il loro impero coloniale nelle aree Boere portò a due Guerre Boere nel 1880-1881 e nel 1899-1902, che finirono con l'inclusione delle aree Boere nelle colonie britanniche.
A seguito dell'annessione britannica delle Repubbliche Boere, la creazione dell'Unione del Sud Africa, nel 1910, andò in qualche modo nella direzione della sfumatura delle differenze tra coloni britannici e Afrikaner. La maggioranza nera, comunque, venne esclusa dalla pari partecipazione negli affari della nazione fino al 1994 a causa della politica di apartheid (il termine in lingua afrikaans che significa "segregazione") attuata della dirigenza politica sudafricana.
Il termine Afrikaner comprende diverse comunità di bianchi di lingua afrikans. Il suo primo utilizzo risale al 1707 ma non venne usato ampiamente fino a dopo la guerra Anglo-Boera agli inizi del XX secolo. Prima di allora le varie comunità bianche di lingua afrikaans erano conosciute come Boeri, Trek-Boers, Olandesi del Capo (quelli che vivevano nella parte occidentale del Capo) o Voortrekkers. Si pensa che il termine Afrikaner sia stato usato per distinguere all'interno della popolazione bianca, quelli di lingua afrikaans da quelli di lingua inglese.
Prima Guerra Boera
Il primo scontro venne fatto precipitare da Sir Theophilus Shepstone che annesse il Transvaal (la Repubblica Sud Africana) per i britannici nel 1877, dopo la Guerra Zulu.
I Boeri protestarono e nel 1880 si ribellarono. I Boeri erano vestiti in abiti color kaki, mentre le uniformi britanniche erano di un rosso brillante, in netto contrasto con il paesaggio sudafricano, il che permise ai Boeri di bersagliare facilmente gli avversari da grande distanza.
Dopo che una forza britannica comandata da George Pomeroy-Collery venne pesantemente sconfitta nella Battaglia di Majuba Hill, nel febbraio 1881, il governo britannico di Gladstone diede ai Boeri l'autogoverno nel Transvaal, sotto la teorica supervisione britannica.
Seconda Guerra Boera
Ma ci fu una continua pressione sui Boeri, in seguito alla scoperta dell'oro nel Transvaal nel 1885 nel crinale di Witwatersrand.
Ci fu una corsa all'oro di coloni non Boeri, detti uitlanders.
I nuovi coloni venivano scarsamente considerati dai Boeri e in cambio ci furono pressioni per rimuovere il loro governo.
Nel 1896 Cecil Rhodes sponsorizzò un inefficace colpo di stato, l'incursione di Jameson e il fallimento di ottenere migliori diritti per i britannici venne usato come scusa per giustificare un ammasso di forze militari nella zona del Capo. C'era un'altra ragione per l'intenzione britannica di prendere il controllo della Repubblica Boera: all'epoca ci fu un tentativo della Repubblica del Transvaal di legarsi all'Africa Sud-occidentale Tedesca, una possibilità che i britannici, che tenevano d'occhio il sopraggiungente scontro con l'Impero Germanico, decisero di contrastare.
I Boeri, gudati da Paul Kruger, colpirono per primi. I Boeri attaccarono nella Colonia del Capo e nel Natal tra l'ottobre 1899 e il gennaio 1900. I Boeri furono in grado di assediare con successo le guarnigioni britanniche nelle città di Ladysmith, Mafeking (difesa dalle truppe comandate da Robert Baden-Powell) e Kimberley e inflissero ai britannici tre diverse sconfitte nel giro di una setimana, dal 10 al 15 dicembre 1899.
Non fu fino all'arrivo dei rinforzi, il 14 febbraio 1900, che le truppe britanniche comandate da Lord Roberts poterono lanciare una controffensiva per soccorrere le guarnigioni (la liberazione di Mafeking il 18 maggio 1900, provocò violente celebrazioni in Inghilterra) e permettere ai britannici di prendere Bloemfontein il 13 marzo e la capitale Boera, Pretoria, il 5 giugno.
Le unità Boere si diedero alla guerriglia per altri due anni, i britannici, ora sotto il comando di Lord Kitchener, risposero costruendo fortini, distruggendo fattorie e confiscando il cibo per evitare che cadesse in mano ai Boeri e ponendo i civili Boeri in campi di concentramento.
Gli ultimi Boeri si arresero nel maggio del 1902, e la guerra finì con il trattato di Vereeniging nello stesso mese.
22.000 soldati britannici morirono, così come 25.000 civili Boeri.
Il trattato pose fine all'eseitenza del Transvaal e dello Stato Libero di Orange come Repubbliche Boere e le pose all'interno dell'Impero Britannico.
Ma ai Boeri vennero dati 3 milioni di sterline in risarcimenti e gli venne promesso l'autogoverno (l'Unione del Sud Africa venne stabilita nel 1910).
I Boeri chiamano le due guerre come Guerre di liberazione.


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afragola
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bambule un altro fumatore d'oppio ...un popolo di tossici?
lora giusto per ribadire,se viene ucciso un nero DA DEI BIANCHI queste sono le reazioni.Ok giusto,è morto qualcuno.Ma se muore un bianco ucciso dai neri?E SE A ESSERE UCCISI DAI NERI SONO 3000 BIANCHI L'ANNO COME ACCADE IN SUDAFRICA QUALCUNO DICE QUALCOSA?C'E' QUALCUNO CHE FA IL COCCODRILLO?NO.IO MI SONO PREFISSO CHE AVREI FATTO CONOSCERE IL GENOCIDIO DEL POPOLO BOERO,MA L'IPOCRISIA CON CUI DEVO SCONTRARMI E' FORTE,CIO' CHE VIENE SPACCIATA PER SINCERA PIETA' E' PURO NARCISISMO,PER POTER DIRE:''QUANTO SIAMO BRAVI'',''QUANTO SIAMO BELLI'',SIAMO I MIGLIORI...

ma sti cazzi di boeri o di beoti .. cazzo ci facevano in un paese abitato da negroni cazzuti? ..ah certo ci facevano il lunedi dell'angelo o giocavano a salta la cavallina ..poveri ...questi boeri o beoti o della beozia
3000 bianchi l'anno? .da dove viene sta notizia ?
ma fuss' parente di AFFUSSE' il noto fumatore di oppio ?


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afragola
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bene bene allora se so' scannati tra bianchi e cazzo c'entrano i negroni?

allora sti 3000 so stati lavati stirati e inamidati da altri bianchi anglosassoni? guerra interimperialista ah si beh e che c'entrano gli zulu? madonna bubu? ....mah ...fermate il mondo voglio pisciare ...magari in testa a certi mononeuronici ..


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Eurasia
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Uno dei due baristi, credo il padre, ha precedenti penali... scritto in più di un articolo ma senza andare troppo nei particolari... mentre il vissuto del ragazzo è stato rivoltato come un calzino... giusto per poter trovare una giustificazione alla reazione bestiale dei due... per un pacco di biscotti poi... del valore magari nemmeno di 5 euro... mentre ora ne offrono 100 mila... assurdo... e poi dicono che in Italia non esiste la pena di morte... esiste... esiste... ed è quella che infligge l'uomo comune... sfrenato e incapace di autocontrollo nella sua agressività ... Dobbiamo renderci conto che ci troviamo di fronte al proliferare patologico di una violenza senza freni ... Parere del tutto personale ma secondo me si stanno consolidando le distopie di Orwell e di Huxely...


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mikaela
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nel 1986 abitavo vicino Jhoannesburg (Vanderbilpark) dove c'e' la piu' grande raffineria del mondo di petrolio estratto dal carbone.Andavo in giro tranquillamente e prendevo gli autobus pieni di gente locale(tutti neri) che erano diversi dagli autobus dei bianchi( proibiti a neri).Era il periodo di appartid e nessuno mi ha torto un capello. mi hanno anche raccontato che i locali combatterono contro gli inglesi a fianco degli olandesi cioe' i Boeri. Furono solo guerre di potere. E' sempre la supremazia imposta dal piu' forte (e con questo non voglio dire che i Boeri erano dei santi sempre colonialisti erano forse uno studio piu' approfondito sicuramente ci fara' scoprire che non erano migliori degli inglesi )
La storia si ripete sempre ma a quanto pare nessuo vuole capire


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Tao
 Tao
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ALL’ALBA del 14 settembre scorso i due proprietari di un bar in via Zuretti, a Milano, Fausto e Daniele Cristofoli, padre e figlio, entrambi pregiudicati (l’Italia è zeppa di pre
giudicati a piede libero, ma non per responsabilità dei magistrati, come si tende a far credere, ma delle leggi che hanno il dovere di applicare) uccisero a colpi di spranga Abdoul Guibre, detto Abba, 19 anni, un ragazzo di colore originario del Burkina Faso ma di cittadinanza italiana, che insieme ad altri ragazzi aveva portato via dal loro negozio due confezioni di Ringo e un Kinder. Il processo è iniziato due giorni fa. L’accusa è di omicidio volontario aggravato da futili motivi. Ma è probabile che i due se la cavino con una pena relativamente mite: perché hanno chiesto il rito abbreviato,
hanno confessato, tenteranno di risarcire il ‘danno’ con centomila euro.

Il padre di Abba, Assan Guibre, un operaio metalmeccanico che si è trasferito da noi 22 anni fa, portandosi in seguito la sua numerosa famiglia e incrementandola (moglie e cinque figli), ora cittadino italiano, intervistato dal Tg2 la mattina della prima udienza ha detto pochissime e semplici parole. «Io ho fiducia nella giustizia italiana». E al giornalista che lo incalzava: «Ma lei oggi vedrà in aula gli assassini di suo figlio» ha risposto: «Io non sono la giustizia». Come a dire che i suoi sentimenti personali non avevano rilievo sulla sentenza.

Il comportamento di Assan Guibre mi ha colpito. Non solo per la dignità dimostrata in un momento così traumatizzante come un processo che non può che rinfocolare il dolore per il figlio perduto. Ma che un uomo che viene da un’altra cultura e da un’altra religione, la musulmana (dove vige il principio dell’occhio per occhio, dente per dente)
dichiari la sua fiducia nella nostra magistratura, oltrepassando i propri sentimenti, dopo che noi da quindici anni non facciamo che delegittimarla ad opera delle nostre classi dirigenti, in cui impera un buonismo bipartisan (a destra a favore di lorsignori, a sinistra dei criminali da strada) pronto a dimenticare subito le vittime dei reati e a trovare
ogni giustificazione per chi delinque e, in un paese dove non c’è gaglioffo, d’alto e di basso bordo, che non si proclami vittima di un complotto della Magistratura, lo trovo commovente. Anche se dovrebbe essere normale.
Assan Guibre si è comportato come dovrebbe ogni cittadino in un processo, che sia parte lesa o imputato. Ma ormai per trovare un cittadino italiano che si comporti in modo dignitoso davanti alla giustizia bisogna andarlo a cercare in Burkina Faso, uno dei sette Paesi più derelitti del pianeta.

Massimo Fini
Fonte: http://www.massimofini.it/
Uscito su "Il Giorno" il 24/04/2009


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Galileo
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Qui stiamo facendo polemica per un pacco di Ringo? O qui stiamo cercando di vedere l’azione in se? Valutiamo l’atto, di entrare in un locale e “rubare” nel senso di appropriasri di qualcosa che non è tuo, che poi a me da “diritto” di difendermi, o valutiamo il valore che diamo ai Ringo paragonandolo con la sprangata?

Sinceramente non so come qualificare questo articolo di Fini. Tendenzioso? Fazioso? Boh!


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