Il complotto del duomino

Che cosa spinge determinate persone che mostrano un’attitudine logica a negare il complotto quando esso è evidente? La mia tesi è che sia un’inclinazione culturale di matrice giudaico-cristiana a considerare l’archetipo dell’autorità come “attendibile a priori” perchè è il “vertice della piramide” sociale, quindi in quello che dice “c’è sempre un fondo di verità“. La fondazione psicologica della “deferenza” che, Freud insegnava, ha un appiglio importante nel super-io (che è l’archetipo del rapporto col paterno).

Insomma: prendiamo un filopalestinese sincero, che “sa” come e quanto l’informazione da noi sia manipolata per far passare che i palestinesi siano terroristi o, nella migliore delle ipotesi progressiste, che siano “ambigui” cioè non si capisce bene perchè non accettino le rosee prospettive pensate per loro dagli israeli e “tirino i kassam”.
Un filopalestinese che segua la questione mediatica italiana in merito, sa bene che c’è un complotto. Che se scrivessi sul corriere come scrive un Fulvio Grimaldi saresti in mezzo alla strada in 5 minuti. Che c’è un complotto, quindi, perchè c’è una qualche autorità che vuole così.

Ecco un tipo così, come mai non riesce a credere che la panzana che ci hanno raccontato i media sull’attentato al berlusca è una cazzata, una messa in scena fatta anche alla brutto dio, che questo video ha evidentemente smascherato.

e cioè cosa si rende evidente da queste immagini inequivocabili? Che Berlusconi  non aveva la faccia sporca di sangue prima di essere entrato in macchina. Quindi la storia del duomino ( http://www.notizie.net/verit%C3%A0-di-tartaglia-non-sopporto-ho-fatto-tutto-solo ) cosi come ci è stata raccontata, è falsa, perchè si appoggia ad una teoria falsificabile con “uletriori osservazioni”

Ma la gente che vede il video sente la radio, vede la tv, sente anche l’opposizione dare per scontato che se lo dice lui è vero, quindi preferisce, in nome di questo dovere di fede verso l’autorità, credere alle parole e non ai propri occhi.

Francesco Bacone avrebbe chiamato questo atteggiamento pregiudizio, “idola theatri” e l’avrebbe considerato un serissimo ostacolo alla dedizione alla filosofia nella vita.

Fonte: www.cloroalclero.com
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28.12.2009