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Intervista a Giuseppe Genna


Tao
 Tao
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«L'oscenità degli italiani? Assistono alla Storia ma non partecipano»

L'epiteto che lo accompagna su internet lo definisce "miserabile". Giuseppe Genna frena: «quello era Hugo; ma lui ci credeva, non usava la distanza ironica.» Di mestiere, Genna fa lo scrittore. E' una persona gentile che cerca un lavoro che non trova, anche se pubblica per Mondadori ed è letto all'estero. E' un umanista, dice, che cerca un posto per costruire un punto di riferimento culturale a Milano e non lo trova. E' un autore che cerca delle risposte; che crede nella necessità di una rivoluzione socialista - «tutte le rivoluzioni lo sono» - affinchè si ritrovi il contatto perduto tra le persone a causa del sorriso ironico.
Un aperitivo nel posto più lontano dalla Milano da bere che offre la zona di Porta Romana (comunque un bar) è l'occasione per parlare di tante cose. Prima di tutto, del suo nuovo romanzo - è un romanzo? - Italia De Profundis , pubblicato per Minimum Fax.
«Nel testo, il personaggio "Giuseppe Genna" vede il cadavere di suo padre, frequenta uno sciamano che gli dice che morirà prima dei 60 anni, ama e non è riamato, gira per Berlino; poi si fa di eroina, ha rapporti con tre travestiti, uccide o forse no una specie di Piergiorgio Welby; è giurato a Venezia, parla con David Lynch, è solo, va in un villaggio turistico allucinante. Strema, almeno quanto è stremato...»

Tutto frullato in una specie di diario per dire che l'Italia è arrivata al De Profundis...

Siamo un Paese all'avanguardia nell'antiumanismo, un territorio in cui un insegnante è pagato un terzo che negli altri paesi, in cui l'intellettuale è un cretino. In quanto scrittore non ricco, mi dice una ragazza di una editrice, ho meno possibilità di fidanzarmi di uno che fa un altro lavoro: tutte queste cose hanno un riflesso immediato, politico. Certi soggetti hanno ridotto l'Italia a un termitaio. Ho scritto certe cose perchè so che c'è una sostanza antropologica della nazione, ma so che non esiste lo Stato, e lo dico avendo lavorato a Montecitorio. Il governo attua direttive che arrivano da Bruxelles, da Washington... Dal punto di vista geopolitico ormai siamo ai margini; conta di più il Botwsana - e cito questo Paese non a caso.

A parte la geopolitica, cosa c'è che non va?

Una volta c'era il treno pedagogico dato dalle grandi ideologie - comunismo e Dc - ma gli italiani sono ancora quelli di piazza Loreto: i milanesi che riempiono via Larga al comizio di Mussolini e quattro giorni dopo sono ad assistere mentre si appende il dittatore. Questa è l'oscenità: si assiste alla storia, ma non si partecipa. Noi italiani restiamo all'avanguardia, perchè non credo esista un Paese che abbia corrotto e prodotto un tale simulacro dell'umanismo. Qui da noi l'empatia è rotta; tra umano e umano vedo un flebilissimo legame. Alla gente non frega un cazzo se uno muore per strada. Questa è una affermazione qualunquistica, ma la verità oggi è questa; e la società impone a me di diventare così, un microfascita antropologico. Alla fine potevo scrivere, nel mio libro, "Giuseppe" o"Italia": uguale. Viviamo in uno Stato debordante e contagioso.

Nel romanzo racconta la sua esperienza tragicomica in un villaggio vacanze abitato da neo-italiani...

Io lì sono comico, non ironico. L'esperienza al villaggio, che è fantozziana, è in realtà tragica perché il personaggio "G.G." non soltanto è nel villaggio turistico (una bolla spaziotemporale in cui si condensa il peggio che la nazione può esprimere), ma "è" il villaggio turistico. Ciò che accade è comico perché il comico è una funzione del tragico.

Muore una persona, ma gli astanti pensano ad ingozzarsi...

Ma non c'è ironia, solo comicità. ...L'ironia è un nemico che ha distrutto l'amore e il rispetto per l'altro; è la parodia, un atteggiamento portato avanti indiscrinatamente nell'arte. Prendi Cattelan che impicca i bambini-manichini. Io dico: Impicca i bambini! Credici davvero! E invece è solo il gioco dell'idea. Scandalizza? Si, ma ci si può fare un sorriso perchè so che ciò che si vede non è vero...

Il nemico da combattere è l'ironia...

È uscito un libro, Il Tempo Materiale , dove questa cosa è detta esplicitamente... Tutto questo è nell'aria: di fronte al comico ridi e non capisci più un cazzo; per questo è rivoluzionario, ma l'ironico è diverso.

Nocivo?

E purtroppo la sinistra è il regno dell'ironia; la Dandini ne è l'emblema: simbolo del non prendersi e del non prendere mai sul serio la cosa in quanto cosa, l'altro in quanto altro. È anche la misinterpretazione di Berlusconi, che è più di tutto un sintomo di un desiderio degli italiani. A sinistra c'è il predominio del protocollo culturale ironico; a destra la radice fascita qualunquista, leghista, consumista: cioè la negazione dell'altro. ...Questo non riconoscere la serietà impedisce di fare il vero gioco. Quindi non si gioca più e non ci si diverte più. E' scomparso il sentimento tragico, cioè la forza del comico.

In Usa osservare è ancora più "cool" che partecipare?

Persino lì sono messi meglio di noi: in realtà lì il gesto tragico è ancora possibile. Pensiamo a Wallace: non è morto per l'ironia ma contro l'ironia. Se ci è arrivato lui! Questa è la roba bella della letteratura: senti che l'altro è un tuo fratello.

In Italia servirebbe quindi...

La rivoluzione, che sia socialista o comunista - non fascista, quella è stata solo un adeguamento massivo alla natura profonda dell'italiano - non è importante. Ma è impossibile perchè c'è stato un tale dilagare dell'atteggiameno post-moderno, per dirla in termini intellettuali, che c'è isolamento. E una rivoluzione sarebbe ironica. Chi ci crederebbere?

Il web può essere una buona piattaforma per far comunicare le persone?

Il sito Carmillaonline, che seguo, ha 400mila visite al mese: ci leggono in tanti e per tanto tempo. .La mia esperienza professionale parte col web: ho tirato su quello della Mondadori, poi mi hanno cacciato e ho trovato lavoro grazie a due esuli di Cuore che hanno dato vita a Clarence, che da chat abbiamo trasformato in portale. Fu un caso devastante: 1 milione di utenti e facevamo i cazzoni tutto il tempo.

Del tipo?

Alla riunione sulla morte di Agnelli dovevamo decidere il titolo. "Si è spento lentamente come una Duna", disse qualcuno. Io proposi: "«questa volta la cassa non è di integrazione". Era il nostro modo di lavorare! ...Anni stupendi di cui uno da collaboratore assunto - l'unica volta nella vita. E' una esperienza che rifaremmo, ma non troviamo i finanziatori. Lo sapevamo che era una bolla, però non immaginavo che dopo ci sarebbe stato il vuoto. Da allora non trovo lavoro; vivo grazie agli anticipi di Mondadori.

Ma non bastano.
Se fai della passione il tuo lavoro, se questo è umanistico, per me muori. Prima amavo la lirica, poi ho lavorato alla rivista Poesia e sono uscito devastato, non ho più scritto un verso; e non scriverei più un romanzo se uscissi dal giro: sono così intriso di letteratura che vedere le macchiette, l'editore che ti rompe i coglioni perchè il testo deve vendere con una scrittura alta ma che sia gradevole a tutti, è una agonia ...Per questo sono andato a Minimum fax: ho potuto pubblicare come credevo. Per me non è fondamentale essere accettato; ha senso anche un abbraccio mancato. Ma se il lavoro sull'io, quello che si fa scrivendo, è interrotto, è pesantissimo. Poi non è che guadagno tanto da dire: "vado a Amsterdam e scrivo da là". Non ho l'auto, ho un cinquantino scassato.... Un conto se sei Lucarelli, Ammaniti; un altro se come me vendi 10 mila copie. Poi c'è una congiuntura culturale politicamente devastante. ...Per questo bisogna militare nella via umanistica. Il web è importante - nei 90 ero tra i pochi a crederci - perchè se metto su una recensione di un libr
o, determino l'acquisto di almeno 1800 copie: nel mercato di oggi, ragionando da avvocato del diavolo, è tanto: la media è di 2500 copie vendute.

Si dice che gli italiani non leggono e che sono analfabeti di ritorno.

Anche di andata. Il 7% della popolazione acquista un libro ma non è detto che lo legga. Il 2,5% è composta da lettori medi; questo determina una struttura del mercato assurda. L'editoria cerca il mainstream, le cazzate alla Moccia spacciate per letteratura - a meno dei casi alla Saviano, che lo leggono anche i microfascisti ma non sposta nulla. Allora per fare 'ste robe lasci perdere chi compra centomila titoli all'anno. Per come impostano il mercato - le macrotirature in certi casi neanche previste - fanno errori: le classifiche sono pagate per indurre me a comprare in un certo modo. Prima entravo nelle librerie di Milano, alla domenica, e parlavo con commessi competenti che ne sapevano quattro volte più di me, adesso trovo solo supermercati antiumanistici. Non ci vado più nelle catene... Compra su internet, ti dicono. Ma anche Ibs è di Messaggerie! Da 'sta roba qui non ne esci. Sto parlando di editoria, ma questa "colla" è l'Italia.

Valerio Venturi
Fonte: www.liberazione.it
2.01.2009


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