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Italia, soluzione lontana


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Da: www.cdt.ch/commenti-cdt/editoriale/47530/italia-la-soluzione-non-e-vicina.html

Italia, la soluzione non è vicina

di Lino Terlizzi - 16 luglio 2011

Mentre la Camera dei deputati si accingeva ad approvare ieri la fiducia al Governo e la manovra economica, stava uscendo l’aggiornamento della cifra del debito pubblico italiano: a fine maggio era a 1.897,472 miliardi di euro, in aumento rispetto ai 1.890, 516 di fine aprile. La coincidenza è forse frutto dell’ironia della sorte, oppure dell’iniziativa di avversari del ministro dell’Economia Tremonti, che un tempo erano pochi ed oggi sono invece di più, e non solo nell’opposizione.

Fatto sta che i numeri richiamano la cruda realtà, che è quella di un debito pubblico sempre di circa il 120% del Prodotto interno lordo.

L’approvazione rapida della manovra economica, da parte di Senato e Camera, può forse servire a calmare a breve i Paesi forti dell’Eurozona, preoccupati per via del possibile contagio legato alla crisi greca, ed una parte del mercato.

Ma purtroppo non avvia la soluzione dei problemi di fondo dell’economia italiana. Per quel che si capisce nella marea di numeri e provvedimenti, la manovra utilizza nella sostanza vecchie ricette di aggiustamento dei conti pubblici, che già in passato non hanno avuto successo, agendo soprattutto sul lato delle maggiori entrate e quindi aumentando di fatto una pressione fiscale già elevata.
Il Governo attuale aveva fatto della riduzione della pressione fiscale un suo cavallo di battaglia, in realtà in quella direzione non si è andati ed ora l’emergenza dovuta alla crisi dell’Eurozona non può giustificare il fatto che negli anni scorsi sia stato fatto poco sia sul piano della questione fiscale sia sul piano del riavvio della crescita economica.

Il debito, soprattutto pubblico ed in alcuni Paesi anche privato, è «il» problema di questa fase, perché in molti casi negli anni scorsi si è esagerato ed ora arriva il conto.

L’Italia è tra i Paesi che più hanno esagerato in termini di indebitamento pubblico. E l’asserzione tremontiana secondo cui l’Italia sta meglio di molti altri, perché ha un indebitamento privato relativamente basso, ancor più alla luce di quanto avviene oggi appare parziale. Se una gamba è malata, è scarsa consolazione dire che l’altra però non sta così male. Occorre evidentemente curare la gamba malata e più la cura viene rinviata, più il problema si acuisce.

Né appare oggi molto confortante per l’Italia dire che i titoli pubblici che rappresentano il suo debito sono in mano prevalentemente ad italiani. A parte che una presenza di investitori esteri comunque c’è, resta il fatto che in un quadro in cui la spesa pubblica viene tagliata poco o nulla, anche quando non è produttiva e non è sociale, ed in cui la crescita economica è bassa, ebbene le tasche degli italiani non potranno essere sempre e comunque una garanzia di investimenti in titoli pubblici.

Crescita economica, appunto.
Il debito ed il deficit pubblici si misurano in rapporto al Prodotto interno lordo e se quest’ultimo cresce poco il problema della riduzione dell’indebitamento e del disavanzo trova un ulteriore ostacolo.

Non è un mistero che l’Italia da molti anni cresca meno della media dei Paesi sviluppati. Il Paese resta importante ed è fornito di un tessuto di piccole e medie imprese molto attive, che contano anche su eccellenze. Ma nel suo complesso il sistema, appesantito da diseconomie, burocrazie, inefficienze, infrastrutture non sempre adeguate, cammina piano.

Nuovamente, occorre dire che poco è stato fatto in tutti questi anni per un rilancio reale. Ed ora non si capisce bene come le imprese e le famiglie, colpite dagli inasprimenti previsti dalla manovra, possano muoversi in direzione di questo rilancio.

È chiaro che si riproporrà più avanti la necessità di una miscela di misure che comprenda da un lato incentivi fiscali per le imprese in grado di investire e creare reddito e occupazione, dall’altro tagli ad una spesa pubblica che da tempo ha superato il limite. Per fare questo ci vuole però anche un quadro di certezze politiche. L’attuale Governo è partito nel 2008 con una maggioranza ampia, che si è poi assottigliata. Le divisioni non sono più solo tra maggioranza ed opposizione, ma anche all’interno della maggioranza.

Al ministro Tremonti viene riconosciuta la capacità di tenere la frontiera dei conti pubblici, ma ciò è già stato fatto da altri e poi, soprattutto, questa frontiera in futuro non basterà.
L’Italia oggi non vuole essere presa di mira dai mercati e non vuole abbandonare l’euro. In questo l’Italia ha ragione, perché con una lira debole e svalutata l’economia italiana avrebbe un sollievo solo temporaneo e pagherebbe poi un conto salato con tassi di interesse molto più elevati e con una perdita ulteriore della competitività delle sue merci e dei suoi servizi nel lungo periodo.

Ma per essere più vicina alla Germania e più lontana dalla Grecia l’Italia ha bisogno di ben altro. Questa manovra economica corre lungo sentieri già percorsi.

Il centro dei problemi del sistema Italia, legati all’indebitamento ed alla scarsa crescita, non è ancora stato affrontato ed è destinato a riemergere.


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