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Italia-Uruguay: Il Calciatore dalla Triste Figura


Tao
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Ieri mi sentivo in una condizione eccellente per vedere Italia-Uruguay. Non mi sono mai perso, in realtà, un solo Mondiale di calcio. Smetto di leggere e di fare ricerche, sprofondo sul divano cercando di vedere quante più partite possibili. Non amo il calcio ma non lo odio, mi piacciono le passioni dispiegate ai massimi livelli. Non ho nessuna specializzazione e forse non godo nemmeno di qualità: vedere coreografie di ossessioni mi struttura. Mi appendo a qualità olimpiche parassitando vite monomaniache: l’idea fissa, penso sempre, avrebbe potuto salvarmi. E invece procedo claudicante lungo una normalità che inciampa su scelte precarie. Poi arrivano i Mondiali o le Olimpiadi e sento trascendere i miei limiti quotidiani. Però non riesco a distruggere l’intera mia personalità, non elaboro, mio malgrado, pensieri lineari in grado di farmi godere il momento di gloria di uomini davanti alla prova.

Da un lato mi piace condividere la stessa passione con milioni di persone in tutto il pianeta, contemplando lo spettacolo di ventidue giocatori funamboli che compongono e scompongono schemi diversi per segnare la rete; dall’altro, però, sono condannato a essere Io, con tutte le schiavitù e i limiti che questo comporta. E quindi tento di studiare l’orizzontalità nella quale si muovono uomini capaci di esercizi agonistici unici, individui in grado di elaborare tali ghirigori estetici da apparire, pur tra coordinate spaziali e temporali appiattite, vere e proprie visioni culturali. Ma, al contempo, partita dopo partita, riesco a rimuovere le riflessioni complesse e ad apprezzare sempre di più lo scontro sportivo.

Ero quasi compenetrato nella tensione. Cioè, non solo mi godevo la perizia tecnica di ogni campione, quasi sobbalzando dal divano al colpo di tacco inutile e strabiliante di Verratti o davanti alle consuete allucinazioni di Pirlo, capaci non di prevedere il gioco ma di realizzarlo attraverso fantasie premonitrici; ero inoltre del tutto rapito dalla tensione. Finalmente partecipavo allo spettacolo anche da un punto di vista emotivo. Non so se era proprio empatia, ma stavo quasi assumendo le pose del tifoso normale, intento a bandire la sportività per un intervallo di novanta minuti di tempo e capace di odiare la squadra avversaria. I movimenti all’interno della mia testa erano sincronizzati sui meccanismi inceppati della partita: costituivano un unico blocco dovuto a un’angoscia da prestazione snervante. Credevo quasi che gli spostamenti fossero proiezioni automatiche del mio cervello, ma che in realtà sullo schermo nel campo tutto si fosse, in modo insostenibile, pietrificato.

Ma poi, a un certo punto, uno scarto faceva impazzire l’intero spettacolo. Quella dinamica immobile, in grado soltanto di simulare di trasferirsi da una zona all’altro del teatro di gioco, era arrivata nell’area della nazionale italiana con un’ansia ancora paralizzante. Era partito un cross casuale alla ricerca di una spinta d’inerzia – di uno spasmo, di una contrattura fortuita – e, invece, ai confini dell’area piccola, davanti a Buffon, si era squadernata trionfale un’apoteosi circense. Poche volte nella mia vita mi era capitato di assistere a un gesto di tale e tanta potenza. In verità, i cronisti su Sky mi avevano già raccontato durante ogni partita dell’Uruguay il passato artistico di “El Pistolero”. Avevo sentito più volte di quell’uomo capace di sfogare la rabbia al centro di prestazioni superbe. E in maniera latente la mia passione per il mondo inconscio si era eccitata. Ma i cronisti sportivi non sapevano rendere a dovere il personaggio. Per loro, come per la maggior parte delle persone attratte dal duello calcistico, il caso andava stigmatizzato moralisticamente e rinchiuso ai confini dell’anomalia. Ma la cosa più grave era che anch’io, dedito alle Lettere, mi fossi lasciato tramortire da una sindrome da tifoseria e avessi alla fine creduto che un calciatore come Suárez fosse semplicemente un uomo malato. E adesso invece mi trovavo in preda all’eccitazione davanti agli infiniti replay.

Fissavo incredulo quello scatto primordiale della bocca dell’attaccante uruguayano. All’inizio si spintonavano lui e Chiellini, si tiravano la maglia e sembrava una contesa banale, ma poi mi trovavo a guatare la fisionomia del difensore italiano, l’ottusità dello sguardo, il modo semplice – ruvido quadrato artigianale deprimente – di contrastare l’avversario e, a quel punto, mi era sembrato di scorgere negli occhi di Suárez un lampo di rivalsa. Erano due forme di ottusità parallele trovatesi al redde rationem. L’attaccante mi appariva come un esemplare supremo di eroe tracotante, mi pareva che il suo fisico e i suoi movimenti incarnassero un’ambizione smisurata: concentrava aggressività, eleganza, testardaggine ma anche una paradossale forma di introflessione. Mentre sentivo informazioni balorde ­– ovvero Suárez in terapia da uno psicologo per imparare nuovi sistemi di respirazione – e sapendo simultaneamente come, dopo la partita, sarebbero esplose innumerevoli trovate, creative sì, ma banalizzanti, da parte mia tentavo in ogni modo di comprendere l’uomo.

Si reiterava l’immagine di Suárez contro Chiellini, il primo saltellava con un’energia isterica e ghignava senza volerlo a causa dei denti da castoro, mentre l’altro si sbracciava controllando i gesti tramite grande personalità ed esperienza. E mi sembrava evidente che la palla pazza uruguayana riuscisse con sempre maggiore difficoltà a tollerare quella superficie di gomma contro cui si spegneva ogni velleità di rimbalzo. E allora l’impressione era che il duello concentrasse ed esaltasse a livelli insopportabili il crampo metafora della partita. E nessuno sembrava essere più in grado di sciogliere il dramma, era come se a un dolore acutissimo nessuno sapesse trovare la definizione, la parola terapeutica. Oppure – e mi scuso per l’insistenza sul tema – come se per grandi tragedie storiche nessuno fosse in grado di elaborare, in campo letterario, trame idonee, anziché abusare di quelle convenzionali inventate in diversi contesti temporali.

E invece alla fine, in un solo momento, la bidimensionalità spaziale e temporale distruggeva i suoi limiti e ingigantiva assumendo dimensioni culturali straordinarie. Per frantumare il blocco nel campo non c’era che un modo: essere donchisciotteschi. Suárez si librava con una temerarietà inopinata e da una posizione rivoluzionaria spaccava le forme con una rabbia eslege. Assumeva involontariamente i connotati del prescelto attraverso un gesto animalesco e, in modo sacro, sanguinario. Per il tramite del morso improvviso ci si inabissava in un mondo sommerso: quella scarica di collera svelava i relitti di un inconscio che nel corso dell’esistenza aveva masticato e metabolizzato verità rigurgitate adesso grazie a una pulsione incivilizzabile. La corsa di Chiellini verso l’arbitro sembrava rappresentare le voci omologate di una società prona alla realtà dei fatti. Chiellini si svestiva, ed esponeva il dolore e la colpa, incarnando la posizione vittimaria di chi si sottrae alla responsabilità.

L’Uruguay, in quel momento esatto, per me, aveva trionfato su infinite esistenze, altro che sui Mondiali.

Alessandro Garigliano
Fonte: www.minimaetmoralia.it
Link: http://www.minimaetmoralia.it/wp/italia-uruguay/
25.06.2014


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Primadellesabbie
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Lettura faticosa per uno che il calcio lo ha praticato fin che ha potuto e che si ostina a 'sentire' lo spirito della partita e pretende di goderne l'evoluzione.

Faticosa ma fondata.

Come proporrei di giustiziare ritualmente con cadenza stagionale, su una pubblica piazza, un burocrate estratto a caso, come terapia per placare la rabbia e la frustrazione del 'popolo', così si dovrebbe cucinare in un pentolone, posto nel mezzo di uno stadio, almeno un chiellini all'anno e distribuirne i brani ai tifosi, per ricompensarli parzialmente delle tante espropriazioni estetiche subite a causa dell'abuso di questi alloctoni, utilizzati biecamente nello sport prediletto.

Mi sembra che l'affrettata iniziativa del giovane uruguaiano sia in questa direzione, ma in contrasto con autorevoli opinioni d'oltralpe che, in passato, hanno proposto altri metodi, mutuati da certi usi delle popolazioni sarde.

PS - Pare che, preoccupata dell'integrità dei propri iscritti, la federazione inglese imporrà al Liverpool di predisporre una museruola.
http://www.bbc.co.uk/news/blogs-trending-28015816


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eccone un altro con il cervello in pappa dalle seghe mentali che attacca con la premessa autoassoluttrice: "Non amo il calcio ma..." e vai col pippone a due mani...TAO piantala con sto pattume, rileggiti il TAO e portaci biscardi, a questo punto va bene anche moggi....


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vic
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L'episodio mi sembra esagerato, ed esasperato dai media.

Chiellini non e' uno stinco di santo, sportivamente parlando.
Proprio durante la partita contro l'Uruguay le telecamere hanno inquadrato almeno due volte delle placcate/cinturate degne del gioco del rugby in piena area di rigore. Sarebbero stati due rigori (con espulsione) da fischiare contro l'Italia.

Nessuno dice mai niente degli interventi difensivi oltre il regolamento da parte degli italiani. Lo fanno tutti? No, non lo fanno tutti, e non in questa quantita' industriale. E' la mentalita' del furbastro che si e' fatta largo da tempo pure nel calcio. Si pensa di poter vincere anche senza talento.

Balotelli ha zero talento calcistico. Dov'e' un tuffo di testa di Balotelli alla van Persie? O un tiro secco nel sette alla Shaqiri? Dove sono i passaggi illuminanti? Pirlo, ma dai, non ha combinato nulla. Un passaggio raffinato come quello di Inler a Xhaka nella partita disastrosa della Svizzera contro la Francia (con goal al volo di Xhaka), l'Italia non lo ha mai mostrato nemmeno per sbaglio. E' una squadra bollita l'Italia. Si vede che Suarez ha una preferenza gastronomica per il bollito.

Ne dico un'altra: il ranking Fifa sara' impreciso, pero' qualcosa vuol pur dire. E che diciamo dei movimenti giovanili?

Shakiri, che ha appena realizzato la tripletta, faceva parte del team svizzero della under-21 che ando' in finale all'europeo di categoria. Allenatore il bravo, modesto e competente Pierre Tami. La Svizzera under-17 vinse il titolo mondiale di categoria. I giocatori di quella squadra ora si stanno facendo le ossa, ma prima o poi anche loro approderanno in alto.

Un commentatore sportivo italiano ha affermato che l'Inghilterra e' una squadra sopravvalutata. A me sembra che l'Italia pure lo sia, e da parecchio tempo, fin dall'ultimo mondiale vinto contro la Francia su corner. Non venite a dirmi che mostro' grandi numeri in quella partita l'Italia. Ebbe fortuna, come spesso le successe ai mondiali.

Dove sono finite le grandi squadre italiane nei tornei europei? Spariscono nella nebbia. Molti pensano che la Spagna sia finita e bollita. Niente di piu' sbagliato: il movimento calcistico giovanile iberico e' piu' vivo che mai. A differenza di quello italiano, che, vista la fama di grande nazione calcistica, fa abbastanza pieta'.

Dove sta il novello Roberto Baggio? E non vado a rivangare il talento che fu di Mazzola, Rivera, Facchetti, perfino di Mariolino Corso con le sue punizioni a foglia morta. Balotelli? Ma fatemi ridere. Non ha un numero che sia un numero. Commette un mucchio di falli. Insomma talento zero: e' un giocatore qualunque, malgrado il fisico imponente. Chi si ricorda del bomber del Cagliari Gigi Riva, puo' capire cosa intendo.

La Spagna credo che risuscitera' presto, perche' ha una base giovanile calcistica d'ottimo livello. L'Italia, mah.

Se mi sbaglio mi corriggerete.

😉


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suarez è uno psicopatico. nulla di male intendiamoci, ci vuole anche quello in una squadra. noi di anormali ne avevamo diversi ma vanno saputi gestire e non è lavoro per Padre Prandelli....


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Primadellesabbie
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@ vic

É da molto che non vedo ragazzini giocare a calcio nei prati in Italia (in altre parti ci sono e li vedo), so che alcuni accompagnano i figliuoli alle "scuole di calcio" che alcune squadre hanno allestito.

Hai visto il Messico? Cosa ne pensi?


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vic
 vic
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Ciao,

ti ricordi il mondiale vinto dall'Italia in Messico nel 1970?

Un'Italia dove i talenti c'erano.
Di quel Messico ridevano un po' tutti i commentatori.

Ed ora eccoci qua. Hanno una squadra ben messa, talentuosa, che corre.
Con un allenatore che porta un nome magico: Herrera.

Osservavo il Messico contro il Camerun, in particolare mi incuriosiva la stazza atletica. Messicani piuttosto smilzi ed africani robusti ma atletici. Eppure il Camerun ha fatto pieta' come gioco e come tattica. Non solo in quella partita.

E' questo il bello del gioco del calcio. Ci sono dei dogmi pseudoscientifici: un buon giocatore deve essere fatto cosi': alto tot, peso tot, velocita' tot, stacco tot. Un portiere: almeno 190 cm se no non si parla nemmeno di convocarlo.

Eppure Iniesta e Messi son li' a demolirle queste teorie biomeccaniche. Nemmeno Neymar e' un Marcantonio. Vero cade un po' troppo, eppure tiene in piedi il Brasile, giovane com'e'. Qui in Svizzera tutti concordano che il portiere di domani e' Yann Sommer, che sta lasciando Basilea per lidi teutonici. Anche lui non rientra negli stereotipi biomeccanici: teoricamente sarebbe troppo "piccolo" per il ruolo. Forse e' per questo che Hitzfeld gli preferisce sempre Benaglio. Balotelli biomeccanicamente sarebbe perfetto. Purtroppo e' un mezzo brocco calcistico, anche se talentuoso mediaticamente.

Da noi c'e' Shakiri che proprio alto non e', eppure fa ricordare i tempi leggendari di Fatton, Ballaman, Huegi II, Vonlanthen. Quelli che fecero fuori l'italia di Boniperti 4 a 1 ai mondiali del 1954 e che fecero sognare la generazione di mio padre. Da allora praticamente il buio: sconfitte onorevoli. Che palle con ste sconfitte onorevoli. Sa na po' piu'! Preferisco una sconfitta disonorevole come quella contro la Francia. CHe serve a fare il punto della situazione ed a raddrizzare la baracca. Pero' l'impegno che ci mettono i latinoamericani da noi non c'e' ancora. La famosa garra non c'e'. Mi sa che e' per quello che si sono qualificate cosi' in tante del centro/sudamerica. Naturalmente ci vuole tattica, che agli africani scarseggia ancora troppo. E tecnica, la quale secondo me nasce dal calcio di strada, di piazza prima ancora che dalle scuole di calcio. E questo calcio "stradale" lo troviamo, guarda un po', soprattutto in Africa e nell'America latina. Sempre meno da noi.

Del Messico mi piace quel portiere tutto agilita', con quella chioma controtendenza che deve portargli fortuna. Hanno addosso un'entusiasmo pazzesco questi messicani.
Pero' occorre anche dire che dietro hanno un bacino enorme, 100 milioni di abitanti non sono proprio niente.

Cosa che non puo' dire il Costa Rica. Il suo allenatore dev'essere un genio della tattica. Ha messo in campo un 5-4-1 da imbrigliare chiunque. Non e' catenaccio, e' far giocare una squadra corta, che pero', come quella messicana corre ed ha talento tecnico.

E se arrivasse in semifinale il Costa Rica?

Una finale Messico - Costa Rica sarebbe una manna per gli scommettitori pazzi. Pero' rispecchierebbe bene il carattere di questo bel mondiale: dei centro/sudamericani, quelli che corrono.

Dire Argentina e Brasile e' troppo banale.

In amichevole la Svizzera recentemente s'e' ben battuta con entrambe. Ma e' una squadra che ha regolarmente delle strane amnesie, per cui spero che batta l'Argentina, sapendo che e' solo un sogno. L'attacco svizzero puo' perforare la difesa argentina, ma anche viceversa come ben sa Messi.

Sono anni ormai che attendo invano una bella squadra africana. Sinceramente un volo alla van Persie me lo sarei aspettato da un atleta africano. Chissa' se ce la faro' mai a vedere il Pele' d'Africa. Mi sa che arrivera' prima lo Speedy Gonzales messicano.

Bel mondiale comunque, pieno di sorprese e zeppo di goal, anche molto belli.

Felipao conosce bene i suoi, ed un motivo per far giocare in attacco Fred e Hulk ce l'avra' pure. So che mio padre quando parlava di Garrincha e Pele' parlava di veri fuoriclasse. Tra l'altro che dovevano giocare in un contesto che tollerava falli pazzeschi.

Hulk e Fred fuoriclasse? Sara'. A naso si vedono piu' fuoriclasse nell'Argentina che nel Brasile, a naso. Il grande Brasile si fece fregare diverse volte da un difesa troppo debole. Ecco il tallone d'Achille dell'Argentina: la difesa.

Quella messicana tiene meglio, e pure quella del Costa Rica.

Speriamo di vederne ancora delle belle. E' bello vedere un pianeta intero scaldarsi per lo stesso gioco. Il gioco piu' naturale del mondo: quello della palla.

Gli arbitri.
Speriamo che gli arbitri nella fase finale perlomeno fischino un intervento pericoloso che spacca lo zigomo. Tutti li' con san Chiellini, poverino. Noi cosa dobbiam dire di von Bergen che quasi perde un occhio, senza che l'arbitro fischiasse niente. L'on ne peux pas siffler contre la France! Ma intanto lo zigono rotto e' ed andra' operato. Ed il giocatore si trova all'ospedale a Berna. Merci les coqs!

Troppi errori arbitrali pacchiani. La Bosnia ne sa qualcosa.

In fondo in fondo, da Inghilterra 1966 gli errori arbitrali madornali si sono sempre ripetuti. Pero' la tecnologia di ripresa televisiva e' talmente progredita che ormai ce ne accorgiamo tutti immediatamente quando succede.

Tutti salvo certi commentatori televisivi. Il goal fatto secondo loro con la spalla dall'Uruguay, se lo si osserva dall'inquadratura giusta, si vede benissimo che e' di testa. Quindi Godin ha fatto un bel gesto atletico.

Televisivamente il piu' bel goal e' stato quello di testa di Van Persie: lancio che attraversa mezzo campo, volo ginnico di un'intelligenza mostruosa ed atterraggio sull'erba hollywoodiano.

Potenza del mezzo televisivo, occorre riconoscerlo. Immagini che superano qualsiasi commento, parlano da sole.

Bel mondiale, finora.
Speriamo che continui cosi', a sorprendere.


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Whistleblower
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Carino quest'articolo, scritto molto bene. Alla fine devo dire che una certa bellezza nel morso di Suarez, nella sua follia assolutamente non-normalizzabile, l'ho trovata anch'io.


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Primadellesabbie
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Ho un pallino, quando guardo le partite tengo un occhio sul giocatore che ha la palla e due sul resto della squadra, per vedere come si muove (le zumate sul volto dei giocatori mi fanno impazzire), gli spazi ci sono sempre ma bisogna cercarseli, il giocatore con la palla deve avere più opzioni.

É evidente che con i colossi il gioco diventa tetro e monotono e, per compensare la mobilità, giocano a contatto continuo dell'avversario: inguardabile (tenere d'occhio, nei momenti cruciali, mani e braccia dei goleador di stazza super large!).

I catalani (taglia media) hanno mostrato (e insegnato) che si possono prendere i tempi, se si é sufficientemente abili con la palla, e il ritmo che ne deriva e il disorientamento degli avversari fanno il resto.

Gli africani sono esuberanti (ho sempre il timore che si facciano male) ed hanno buoni tiratori quando riescono a coordinarsi, ricordo partite piacevoli in Sud Africa, ma qui non si raccapezzavano con la mobilità dei messicani, insolitamente (?) e piacevolmente precisi nei passaggi.

Ho ricordato per provocazione le 'scuole di calcio', secondo me si vede quando uno viene dalla strada e quando invece... c'é la differenza tra Edith Piaf e le Spice Girls.

Per il resto sono d'accordo con tutte le osservazioni che hai fatto, grazie.


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A
 A
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ai mondiali il terzo morso di suarez i bookmakers lo davano 175 a 1.
qui per gli appassionati del genere c'è il secondo
https://www.youtube.com/watch?v=GopdzPxE2gk&feature=kp


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Primadellesabbie
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Recupero questa discussione perché trovo la dichiarazione di Zamparini, sempre loquace, durante una recente intervista, che coincide con l'osservazione che avevo proposto:

...E poi - prosegue - sapete quale è il nostro problema? A calcio da noi non gioca più nessun ragazzino. Ma non solo a calcio, nessuno gioca più a nulla nei cortili italiani, ormai deserti, perché poi i ragazzi sono tappati in casa davanti a un computer o con la consolle della playstation in mano. ...

Grande Algeria!


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Anonymous
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Curioso leggere i peana di vic per i calciatori svizzeri più talentuosi di origine straniera, da parte di una persona strafavorevole al controllo delle frontiere.


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cdcuser
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Ciao,

ti ricordi il mondiale vinto dall'Italia in Messico nel 1970?

😯

é ironico?


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